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LA STEFER ALLA CAMERA DEI DEPUTATI NEL 1954

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   Nell'annuale discussione parlamentare relativa al bilancio dei Ministeri dei Trasporti e della Marina Mercantile non di rado le vicende delle singole aziende di trasporto, seppure per motivi diversi dal servizio offerto e dallo stato patrimoniale, venivano da questo o quel parlamentare portate alla di- retta attenzione dell'aula. In questo caso, come in molti altri, la presa di posizione è legata al ruolo politico operato dalle aziende in seno alle amministrazioni locali.

   Per ben comprendere questo intervento si deve anzitutto tenere a mente che l'indirizzo politico del Governo di allora era teso a una sorta di sanatoria delle centinaia di società private che nell'immediato dopoguerra - per far fronte all'inattività delle ferrotranvie - avevano attivato autolinee in modo del tutto abusivo, inizialmente tollerate per far fronte alla mancanza di comuni- cazioni e successivamente regolarizzate con relative concessioni, a prescindere dalla sovrapposi- zione con le linee su ferro o su gomma delle aziende municipalizzate o comunque di proprietà comu nale. Come l'oratore qui sostiene - parlando della nota ditta "Autoservizi Zeppieri" - molte di ques- te società favorirono tali regolarizzazioni con cospicui finanziamenti alle attività di questo o quel partito.

   Seppure appare ovvio che la difesa della STEFER qui operata è legata a motivazioni chiaramente politiche (ma se Zeppieri finanziava la DC è risaputo che la STEFER era allora particolarmente legata al PCI), il discorso da comunque un quadro interessante della situazione economica delle due aziende di totale proprietà comunale, la municipalizzata ATAC e la Società delle Tramvie e delle Ferrovie Elettriche di Roma rilevata nel 1928 dal Governatorato. Disattese le circolari del Mi- nistro Corbellini, che nel 1947 aveva previsto la soppressione delle autolinee operanti in concor- renza con le ferrotranvie ricostruite, i trasporti pubblici extraurbani si stavano avviando verso la triste stagione della concorrenza che, nel Lazio, sarebbe stata risolta solo nel triennio 1973-76.

CXXXVIII.

Camera dei Deputati - Legislatura II

Seduta di venerdi 11 giugno 1954

 

Disegni di legge (Seguito deila discussione):

Stato di previsione della spesa del Ministero dei trasporti per l’esercizio

finanziario 1954-1955 (641); Stato di previsione della spesa del Ministero

della marina mercantile per l’esercizio finanziario 1954-1955 (816)

 
PRESIDENTE: E' iscritto a parlare l'Onorevole Rubeo. Ne ha facoltà.

RUBEO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell’annuale discussione che si tiene sul bilancio dei trasporti si constata come esista un grosso settore dei trasporti pubblici sistematicamente ignorato dall’attenzione dei governi che fino ad ora si sono avvicendati; mi riferisco ai trasporti urbani e suburbani delle nostre città e ai problemi che per questi servizi SI pongono.

   La giustificazione più ricorrente, dietro la quale si sono trincerati fino ad oggi i vari ministri, è una giustificazione di carattere puramente formale: questi servizi provvedono cioè alle necessità cittadine o, comunque, locali e pertanto non possono essere considerati, ai fini di certe provvidenze statali, nel quadro dei trasporti di interesse nazionale, per cui la cura di questi servizi spetterebbe esclusivamente ai comuni. Ma il problema del riordinamento e dell’efficienza stessa di questi servizi, i problemi di carattere economico e finanziario che si pongono per le aziende che li eserciscono, sono questioni di sostanza e non di forma. Tra le proposte e i voti che il relatore ha menzionato nella sua relazione vi è solo un breve cenno all’esigenza di una legge organica che consenta l’ammodernamento dei trasporti collettivi urbani e suburbani, sia municipalizzati sia gestiti da aziende private.

   Credo che questa necessità sia ormai così pressante da non poter essere più oltre accantonata dagli organi responsabili del nostro paese: tali sono i problemi che si pongono per questi indispensabili servizi pubblici di trasporto, urbani e suburbani, e, in molti casi, anche per quelli intercomunali, specie anzi per questi ultimi, quando, come nel caso che mi appresto ad esporre all’attenzione della Camera, essi possono essere considerati, di fatto, come veri e propri servizi urbani

Con la legge 2 agosto 1952, n. 1221, detta dell’ammodernamento, si è cercato di affrontare e risolvere la grave crisi economica e funzionale dclle ferrovie e tranvie extraurbane concesse all’industria privata. Su questa legge, e sul raggiungimento dei fini che essa si propone di raggiungere, parte della Camera ha già avuto modo più volte di esprimersi. Le sue critiche e riserve che in questi ultimi tempi hanno acquistato maggior valore, in quanto si vanno dimostrando giuste; tuttavia essa, ne! suo spirito, rappresenta un mezzo di progresso e di avvio a soluzione dei gravi e urgenti problemi che riflettono questo settore. Sull’applicazione di questa legge, comunque, ritengo opportuno, solo per inciso, richiamare l’attenzione del ministro dei trasporti sia per quanto riguarda la carenza degli uffici ministeriali, adibiti alla funzione dell’applicazione di questa legge, 5ia per quanto riguarda la tendenza delle aziende a considerare questa legge come un mezzo di speculazione per i loro privati interessi e non con lo spirito in cui essa è sorta e deve essere applicata.

 
 

Autobus extraurbani della ditta "Autoservizi Zeppieri", con la caratteristica Z gialla sul fron tale, a Subiaco nel 1969. La ditta aveva allora già assunto la nuova ragione sociale "A.LA. Zeppieri" (A.LA. = Autolinee LAziali), derivata dallo storico simbolo visibile sullo sportello aperto dell'autobus.

 
   
  (dal libro di Ogliari-Sapi: Partiamo Insieme)  
 

   Comunque, per questo settore dei trasporti pubblici, delle ferrotramvie extraur bane, sia pure tardivamente, il problema si è affrontato, anche se non in modo risolutivo e soddisfacente. Per quanto riguarda invece il settore dei servizi urbani e suburbani. che per la stragrande maggioranza sono eserciti da aziende rnunicipalizzate o comunque di proprietà dei comuni, nulla si è fatto, nonostante l’esistenza, per questi servizi, di problemi a volte più gravi e più urgenti di quelli esistenti nel settore extraurlaio, gneralmente gestito da aziende private.

   A questo proposito è necessario anche rilevare che ogni qual volta ci si ripropone di affrontare i1 problema del riordinamento, non viene considerato l’insieme dei rapporti (ad eccezione delle ferrovie dello Stato, per le quali si provvede con apposito provvedimento), ma viene. fatta iina particolare discriminazione che colpisce sistematicamente, si tlirebhe con particolare cura, le aziende di pruprieth pubìjlica, le quali sono escluse da qualsiasi beneficio; oppure, quando si 6 inteso fare delle concessioni minime, i relativi provvedimenti si sono sempre rivelati non soltanto del tutto inadeguati a sodisfare quelle esigenze minime, ma addirittura di nessuna pratica efficacia.

   Queste osservazioni fondamentali pongono in evidenza un particolare indirizzo politico del Governo e la tendenza a discriminare sistematicamente il settore pubblico da quello privato; e cih non, come sarebbe legittimo pensare, con l’intento di risolvere in precedenza i problemi del settore pubblico, ma per il fine opposto, vale a dire quello di assicurare la precedenza e un trattamento di particolare favore a un settore che comunque persegue gli scopi di una qualunque azienda privata, con l’aggravante che tali finalità sono raggiunte avvalendosi di una cospicua parte di beni patrimoniali finanziari dello Stato e, addirittura, con l’aggiunta di sussidi integrativi di esercizio. Così almeno è stato fino a oggi. D’altra parte esistono ormai delle situazioni molto gravi e preoccupanti nel settore delle aziende di servizi urbani e suburbani, per le quali occorre che il Governo esca dalla sua indifferenza e provveda ad affrontare i più urgenti problemi che si pongono per questi servizi, i quaii interessano milioni di cittadini

   Occorre affrontare questi problemi nell’ambito dell’interesse che essi rappresen- tano e che debbono sodisfare, tenendo soprattutto conto della preminente funzione sociale svolta da queste aziende

   Occorre prendere dei provvedimenti tendenti al riordinamento e all’ammoderna-mento di questi servizi, usando appieno dei mezzi e degli strumeiiti che già esistono e predisponendone dei nuovi per colmare le deficienze di quelli esistenti, soprat tutto per risolvere particolari e gravi situazioni che, come per quelle esistenti a Roma, esulano dai limiti del solo interesse cittadino e assumono una importanza di interesse nazionale. La dimostrazione più chiara dell’immobilismo politico perseguito dal Governo in questo importante settore dell’attività nazionale dei trasporti pubblici è rappresentato, in maniera molto eloquente, proprio dalla grave situazione esistente qui a Roma, situazione che si trascina e si aggrava ormai sempre più, in assenza di un qualsiasi provvedimento serio e concreto che afl’ronti e avvii a soluzione il problema dei trasporti urbani, extraurbani e suburbani e che possa, quindi, assicurare alla capitale della Repubblica un servizio efficiente e razionale

   Per affrontare concretamente questa questione è necessario che il Governo non continui a restare indifferente trincerandosi dietro formali giustificazioni, ma promuova, solleciti e, là ove occorra, intervenga direttamente, con appositi provvedimenti, per soddisfare le esigenze più eque e inderogabili. D’altra parte, il problema che l’attuale situazione dei trasporti cittadini romani pone è di tale portata che, considerando anche la incapacità dell’amministrazione locale dimostrata fino ad oggi, è possibile affrontarli concretamente solo se intervengono a questo scopo anche particolari provvedimenti. I servizi urbani e suburbani di Roma vengono eserciti da due grandi aziende: dall’« Atac», azienda municipalizzata, e dalla Stefer,  azienda di completa proprietà del comune di Roma.

   La Stefer provvede anche alle comunicazioni extraurbane con vasta parte dell’interland della città compreso fra il sud e il sud-est della città stessa. Queste linee assicurano le comunicazioni fra Roma e numerosi importanti centri, abitati da una popolazione stabile dell’ordine di circa 250 mila unit& e che sono con la capitale particolarmente legati da reciproci vincoli di carattere sociale, economico, urbanistico. Le stesse comunicazioni esercite da questa societa tra Roma e il Lido e quelle tra Roma e i Castelli romani debbono considerarsi ormai dei veri e propri servizi suburbani, in quanto, oltre che per l’esistenza di una stretta relazione di interessi economici e sociali tra questi centri e Roma, essi sono divenuti ambiti centri residenziali dei romani e lo diverranno sempre più in relazione al poderoso sviluppo urbanistico di Roma in direzione del mare e dei colli. D’altra parte, il volume di traftico riscontrato nel 1953 in questa azienda è il migliore indice della importanza di questi servizi. Servizi extraurbani: viaggiatori trasportati nel 1953, 21.478.569; servizi tramviari urbani: viaggiatori trasportati, sempre nel 1953, 67.953.778

   I servizi automobilistici, sempre gestiti dalla Stefer, hanno avuto 16.185.707 viaggiatori. Si ha quindi un totale effettivo su tutta la rete della Stefer N di 105.618.054 passeggeri, con un incremento, rispetto al 1952, di circa 1’11 per cento. Queste cifre si riferiscono al numero assoluto dei viaggiatori che si sono serviti di questi servizi. Per quanto riguarda, poi, 1’« Atac I), la grande azienda municipalizzata, essa gestisce tutte le linee urbane della città, fatta eccezione di quelle esercite dalla Stefer

   Questa azienda ha trasportato, nel 1953, 2.640.000 passeggeri in media al giorno, utilizzando, per questi servizi, una media effettiva di v 1.150 vetture autofilotramviarie al giorno su una rete di esercizio di 614 chilometri. Complessivamente, dalle due aziende (intendo sottolineare questo fatto) sono stati trasportati oltre un miliardo di passeggeri l’anno, cioè circa un terzo di quelli trasportati dalla intera rete urbana nazionale. Questo dà l’esatta misura dell’importanza dei problemi che si pongono per queste due aziende. Ho citato solo alcune cifre per dimostrare di quale portata è il numero di cittadini che è strettamente legato e interessato ai problemi di questo servizio. D’altra parte, tutto ciò è facilmente intuibile dal fatto che queste due aziende svolgono la loro funzione in un grande centro, come è quello della capitale.

   Sono circa 3 milioni di passeggeri che ogni giorno si servono di questi servizi, il cui grado di assoluta insufficienza 6 noto a tutti i cittadini di Roma e delle altre città; gli spettacolosi superafiollamenti che si verificano su tutte le linee nelle varie ore del giorno, i disagi a cui sono sottoposti nell’interno delle vetture i passeggeri, le lunghe e a volte vane attese del pubblico presso le fermate, l’irrazionale e ormai superato sistema di collegamenti tra le varie zone della città sono ormai divenuti quanto mai ingiustificabili

   I1 materiale rotabile, specie quello in servizio alla Stefer, è antiquato, lento e superato dal tempo; lo stesso dicasi per gli  impianti e le attrezzature. Tutto ciò è intollerabile in una grande città come è la capitale, dove convengono quotidianamente, da tutte le parti d’Italia e dall’estero, migliaia di persone per ragioni turistiche, di studio, di affari. In Roma risiede il centro del cattolicesimo: quindi è meta di fedeli che da tutte le parti del mondo (specie in alcuni periodi dell’anno) affluiscono qui numerosi. I1 grado di sviluppo civico della capitale della Repubblica risulta scosso dall’impressione negativa che questi cittadini di altri paesi provano per l’insufficienza dei  servizi autofilotramviari di Roma. Questo aspetto già di per sè dovrebbe giustificare un maggiore interessamento da parte del Governo, anche al di la dei limiti, oggi imposti, dell’attuale ordinamento giuridico dei rapporti tra le aziende concessionarie e lo Stato; ciò anche in conseguenza del fatto che le autorità comunali della città rimangono, come ho già detto, incapaci ad affrontare concretamente tali problemi: anzi, per molte ragioni, contribuiscono seriamente ad aggravarli. ‘In questi ultimi sei anni, e cioè dal 1948 a tutto il 1953, queste due aziende hanno avuto un passivo di esercizio che ammonta complessivamente a 15 miliardi e 500 milioni.

   Questo deficit è ripartito fra le due aziende nel modo seguente: Atac. I 9.996.473.000, Stefer N 5.449.688.349: deficit pauroso, somme che debbono seriamente preoccupare. Si noti che il deficit di esercizio delle due aziende diviene ogni anno sempre più grave, e le previsioni dell’esercizio 1954, per la sola Atac, comportano un deficit di 3.650.800.000, nonostante tutti i tentativi fatti per ridurlo con certi accorgimenti di cui poi parlerò

   Per eliminare tale situazione di insufficienza dei servizi e di grave passività della gestione, occorre porre mano, al più presto possibile, a una serie di provvedimenti radicali che consentano il riordinamento, il coordinamento e l’ammodernamento dei servizi; tutti problemi vecchi, per queste due aziende, di almeno vent’anni. Difatti, non appena si abbiano presenti le diversità di caratteristiche costruttive e di modalità di esercizio offerte dal quadro dei trasporti pubblici di Roma e provincia, appare subito manifesta la necessità di mettere ordine in questo complesso disparato e non omogeneo, e di raggiungere un’organizzazione coordinata e di maggiore efficienza. Pur non essendo mio intendimento affrontare in pieno questo importante problema di coordinamento, ritengo però opportuno richiamare l’attenzione del ministro competente, affinché si ponga mano ad un riordinamento generale che consenta il conseguimento di un sostanziale miglioramento dei servizi, con evidenti economie e semplificazioni di funzionamento e di organizzazione

   In tal senso, valendoci anche di quanto è stato fino ad oggi indicato da noti studiosi di questa materia, dobbiamo ritenere come tale coordinamento debba ricercarsi nell’ambito dell’amministrazione municipale della città. E ciò non soltanto per quanto riguarda i pubblici trasporti che vengono esercitati nell’ambito cittadino, ma anche per quelli esercitati in tutte le zone di influenza della capitale, in quanto è fuori discussione l’importanza preminentemente sociale che i trasporti hanno e la interdipendenza che essi mantengono con l’indirizzo e lo sviluppo urbanistico.

   Vale anzi, in proposito, insistere sulla connessione strettissima che l’esercizio e lo sviluppo dei trasporti pubblici ha con i piani regolatori urbani e suburbani, per modo che ogni direttiva che si intenda imprimere allo sviluppo edilizio è strettamente collegata ad ti na corrispondente organizzazione di trasporti. Occorre, quindi, essere nettamente favorevoli all’esercizio municipale dei trasporti pubblici, anche per quelli, come si è detto, che vanno al di là dello stretto ambito del territorio urbano. Inoltre, con l’esigenza, ormai inderogabile per Roma, di una vera e propria rete di ferrovie rapide urbane metropolitane, l’opportunità di un maggior coordinamento si rende sempre più manifesta, anche per evitare scoordinamenti con i servizi urbani di superficie, e per una più agevole ed integrale utilizzazione degli impianti e del personale. Nel frattempo occorre conseguire la radicale trasformazione degli impianti, sostituendo a mezzi e sistemi di esercizio dispendiosi, e non più rispondenti alle esigenze dell’accresciuto traffico, mezzi e sistemi moderni di esercizio e di lavorazione, che potranno, tra l’altro, far conseguire una rilevante economia nelle spese di gestione

   Tutto ciò, per quanto riguarda i servizi urbani della città, vu01 dire porre mano concretamente alla soluzione del problema nello stesso modo come questa soluzione fu vista, fin dal lontano 1929, dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, quando questo fu chiamato a pronunciarsi sul progetto di riforma tramviaria presentato dall’azienda del comune. L’alto conssesso tecnico subordinò la realizzazione del progetto di riforma alla condizione che, entro tre anni, si desse inizio all’attuazione pratica del progetto delle ferrovie metropolitane di Roma, già studiato da un apposito comitato presieduto dal professor Vallecchi. Senonché, la riforma fu attuata nel 1930, ma della rete metropolitana non se ne è fatto niente. Lo stesso tronco, attualmente in costruzione, non potrà portare che un modestissimo contributo al miglioramento dell’attuale situazione, data la limitata funzione a cui esso potrà soddisfare

   Da allora sono trascorsi oltre 20 anni. In questo lungo periodo la popolazione di Roma si è quasi raddoppiata, il traffico convogliato dai mezzi di trasporti collettivi si è quadruplicato, il traffico stradale è aumentato di circa i0 volte. Un raffronto con l’anno 1938 ci dimostra che, mentre i1 traffico autofilotramviario di Milano è aumentato del 37 per cento, quello di Roma è aumentato del 110 per cento. Mentre i chilometri-vettura effettuati a Milano sono aumentati del 26 per cento rispetto al 37 per cento dell’aumento del traffico passegferi, a Roma essi sono aumentati soltanto del 32 per cento rispetto all’aumento dei passeggeri che, come abbiamo detto, .è del 110 per cento. Come si può facilmente constatare, tale aumento dei chilometri-vettura non è proporzionale all’aumento dei viaggiatori, anche se si tiene conto della maggiore capacità delle vetture, che del resto a Roma viene annullata dalla diminuita velocità commerciale. Infine, se si prende in esame il rapporto tra le vetture-chilometro effettuate e i1 numero dei passeggeri trasportati, si ha l’indice di affollamento sui mezzi di trasporto urbani.

   Ebbene, mentre l’indice medio nazionale è per il 1952 di 9 passeggeri per vettura-chilometro, sempre per lo stesso anno, Roma ha 12 passeggeri per chilometro-vettura. Quindi è vero quando si dice che a Roma i cittadini viaggiano peggio che in qualunque altra città d’Italia e che le vetture sono le più affollate fra tutte quelle in servizio nelle grandi città italiane. Queste cifre confermano questa convinzione generale. Si tenga poi conto che questo aspetto del superaffollamento non è agevole risolverlo con il semplice aumento del numero delle vetture in circolazione, date le condizioni di particolare disagio in cui si svolge il trafico e la circolazione soprattutto nella vasta zona del centro della città. Alla luce di queste considerazioni emerge chiaramente l’assurdità di ostinarsi a mantenere in esercizio, soprattutto nella zona del centro della città, una rete di trasporti collettivi di superficie nelle condizioni attuali. La capacità di trasporto è insufficiente; le vetture, cariche al di là di ogni limite ammissibile, sono soggette a guasti continui ed a un deperimento precoce; il costo di esercizio ha raggiunto cifre iperboliche ed inammissibili.

   A questo si aggiunga che tale situazione si aggrava sempre più, giorno per giorno, e si dimostra più che matura per radicali provvedimenti.

   Tutti i pareri più autorevoli convengono sull’ormai improrogabile necessità di realizzare questa famosa metropolitana, per cui esiste tutta una serie di progetti che invecchiano nei cassetti ministeriali. Riferendomi sempre al problema del riordinamento e dell’ammodernamento, debbo dire che, per quanto riguarda la (( Stefer », la questione è ancora più seria. I1 problema di quest’azienda ha formato e forma tuttora oggetto di appassionato interesse da parte di tutta l’opiniorie pubblica cittadina, la quale da anni ne attende una soluzione sodisfacente. Credo siano noti all’onorevole ministro i dibattiti, i convegni, le polemiche sulla stampa che ormai da anni si fanno su questo problema: discussioni che tanto interesse e passione hanno sollevato anche in questi giorni. Fatta eccezione per la ferrovia Roma-Lido, tutti gli altri impianti e materiali rotabili hanno bisogno per tre quarti di essere radicalmente rinnovati.

   Per quest’azienda il problema dell’ammodernamento è un problema vitale e la sua soluzione non può più essere procrastinata. L’atteggiamento del comune di Roma, proprietario dell’azienda, e quello del Ministero dei trasporti, dimostrato oggettivamente nei conironti di questa azienda, autorizza a credere, e questa impressione è molto dillusa, che vi sia la precisa volontà di liquidare questo importante patrimonio collettivo per lasciar posto, anche in questo settore, alla speculazione privata di grossi gruppi monopolistici che hanno da tempo posto le loro mire su questi importanti servizi, i quali potrebbero assicurare loro dei larghi profitti, naturalmente a tutto danno dell’interesse pubblico. Alcuni anni or sono, precisamente nel 1951, pressato da un vasto movimento di cittadini e dalle sollecitazioni delle amministrazioni comunali interessate, l’allora ministro dei trasporti si impegnò ad atirontare il problema relativo a tutti i servizi gestiti dalla “Stefer”.

   A tal fine nominò un’apposita commissione, presieduta dal professor Neri, affinché fosse elaborato un progetto tecnico ed amministrativo che consentisse un completo riordinamento delle comunicazioni tra Roma e tutto il vasto comprensorio compreso tra il sud e il sud-est della città, riunendo in questo progetto, in una visione generale, gli studi ed i programmi di ammodernamento e di potenziamenti dei servizi eserciti in quella zona dalle ferrovie dello Stato e dalla “Stefer”.

   Questa commissione ha lavorato per circa due anni e - a quanto si dice - sarebbe arrivata a ottime conclusioni. Ho detto “si dice”, perchè fino ad oggi, cioè ad oltre un anno dal termine dei lavori, nessuna informazione ufficiale è possibile ottenere sulle conclusioni cui sarebbe pervenuta la commissione stessa. Ad una mia interrogazione, presentata nel settembre scorso, per chiedere al ministro se riteneva opportuno mettere i comuni di Roma, di Frosinone e gli altri comuni interessati a conoscenza dei risultati della commissione, mi si rispose: I1 problema è allo studio del Ministero, in quanto trattasi di una materia ricognitiva della situazione”, e che quindi il Ministero non riteneva opportuno di portare a conoscenza le conclusioni a cui la commissione era pervenuta

   Sarebbe opportuno che il ministro facesse conoscere alla Camera quali decisioni ha preso al riguardo, e comunque qual è il suo programma in merito al problema delle comunicazioni extraurbane e suburbane di Roma eser- cite dalla ((Stefern. Sarebbe opportuno, inoltre, conoscere anche quale iniziativa ha preso il Ministero dei trasporti nei confronti di questa azienda per quanto si riferisce alla legge per l’ammodernamento, la quale all’articolo 1 stabilisce che è il Ministero dei trasporti che, tenuto conto della funzione economico-sociale delle singole linee, deve determinare quali di queste linee ferroviarie o tramviarie extraurbane sono ammesse a godere dei benefici concessi dalla legge per  il loro ammodernamento.

   Non sarebbe certamente ammissibile che, nell’ormai cronica carenza di qualsiasi iniziativa da parte dei concessionari, il Ministero dei trasporti se ne stesse in attesa delle postulazioni aziendali.

   I1 famoso e clandestino piano Neri, che da tre anni si attende venga alla luce, si ha l’impressione che sia servito un po’, fino ad oggi, alla società, al comune di Roma che ne è il proprietario e al Ministero dei trasporti a menare, come si suo1 dire, il can per l’aia. Questa per lo meno è l’opinione, abbastanza diffusa, che esiste. Perciò, non vorremmo che questo fantomatico piano serva a far passare inutilmente altro tempo, con la conseguenza che le intere somme stanziate dallo Stato per l’ammodernamento vengano completamente assorbite dalle aziende concesse all’industria privata, ed escludere quindi di fatto la Stefer da tali benefici: benefici che, se non altro, consentirebbero a questa azienda di procedere a quei miglioramenti più urgenti e indispensabili che rientrano nel quadro di un programma di riassetto, più compleso ed organico, dei servizi. D’altra parte, quando il Ministero lo ha ritenuto, è intervenuto direttamente, sollecitando le aziende per la presentazione di piani di ammodernamento.

   Infatti, per esempio, la società delle ferrovie delle Dolomiti, Calalzo-Dobbiaco, non aveva chiesto nessun concorso dello Stato per l’ammodernamento dell’azienda; si era limitata soltanto alla sovvenzione di esercizio, lasciando gli impianti come erano. Senonché, poiché in quella località dovranno aver luogo nel 1956 le Olimpiadi invernali, il Governo ha invitato espressamente la società a presentare, con urgenza, un piano di ammodernamento, ritenendo che gli interessi del paese esigevano l’ammodernamento degli impianti e del materiale. Perché il Ministero non fa la stessa cosa par questa azienda, i cui servizi, anche sotto l’aspett,o dell’interesse turistico, sono di un’importanza permanente e non per soli periodi contingenti ? Forse perché questa è una azienda di proprietà del comune e là invece trattasi di una società privata ?

   D’altra parte, come già ho avuto modo di dire prima, esiste tutto un orientamento, da parte del Governo, di favorire, anche in questo settore, le industrie private a tutto scapito delle aziende municipalizzate o comunque di proprietà dei comuni. Questa discriminazione, poi, è fatta in modo particolare nei confronti delle aziende di Roma, grazie anche alla passività e alla incapacità con cui l’amministrazione comunale della capitale tutela gli interessi della città. Potrei citare una serie di fatti che confermano questo orientamento, ma mi limiterò a citarne solo pochi. Le concessioni di esercizio delle autolinee «Stefer» sono precarie, nemmeno provvisorie come quelle concesse alle altre ditte private.

   Esse hanno la durata di un mese, e quindi, mese per mese, occorre rinnovare la concessione per l’esercizio delle linee. Ciò non rende possibile nessun concreto miglioramento, per quanto riguarda l’acquisto di nuovi mezzi e la costruzione di nuovi impianti. Assistiamo passivamente al fatto che una parte della stampa cittadina attacca quotidianamente questa azienda, ritenendola incapace di far fronte alle esigenze del momento.

   Ma la realtà è un’altra: questa azienda è, sì, incapace di affrontare i servizi che deve svolgere, ma la responsabilità è per una gran parte del Ministero dei trasporti, il quale non consente all’azienda di procedere a quei miglioramenti. La «Stefer», infatti, in questi ultimi anni ha rivolto numerose domande al Ministero dei trasporti, per essere autorizzata a istituire nuove corse su tutte le linee, insistentemente richieste dagli utenti dei servizi. Tali richieste vengono sistematicamente ostacolate dagli organi periferici e centrali del Ministero, mentre si tollera che le ditte private, che svolgono servizi in concorrenza con la «Stefer»,  effettuino corse abusive in numero anche rilevante. Contro tali abusi, la c(Stefer» ha inoltrato al Ministero centinaia di reclami, producendo, come prova, anche la riproduzione fotografica degli orari esposti dalle ditte private nei capilinea, ove figurano le corse abusive. Il Ministero ha perfino tollerato l’esercizio di tratti urbani in concorrenza con gli stessi servizi urbani autotranviari della ((Stefer)), da parte della ditta Zeppieri, e precisamente nel tratto da Roma a Cinecitta sulla linea Roma-Montecompatri-Rocca Priora.

   Tale atteggiamento di aperto favoritismo verso le ditte private, a danno della Stefer, mantenuto dagli ambienti ministeriali, fu più volte denunciato anche nel consiglio comunale dei Roma, affinché il sindaco, a nome dell’amministrazione comunale, proprietaria della Stefer intervenisse energicamente presso le autorità ministeriali per la difesa degli interessi dell’azienda. Ma le cose, anziché migliorare, sono andate peggiorando, autorizzando così le ipotesi più azzardate sul funzionamento di taluni ambienti ministeriali, ove sembra che alcune grosse ditte private, esercenti autoservizi di linea, abbiano moltissima influenza. A Roma si dice che per la democrazia cristiana Zeppieri è molto utile, in quanto, specie nei periodi elettorali, con i suoi milioni cerca di recuperare parte degli elettori che Rebecchini, con la sua opera di sindaco, fa perdere al  suo partito. Attualmente si contesta alla Stefer il diritto alla concessione di esercizio di tutte le linee automobiIistiche extraurbane dei Castelli, gestite da questa azienda, in quanto la ditta Zeppieri e alcune altre minori rivendicano per loro tutte le concessioni della zona.

   Nella vertenza sorta per questa questione delle concessioni, è sintomatica e paradossale la proposta di conciliazione fatta dal Ministero: "La Stefer e Zeppieri si mettano d’accordo fra di loro, ripartendosi fra le due aziende le concessioni di esercizio e le zone di influenza". Con questa proposta il Ministero, ignorando i titoli di preferenza stabiliti dalla legge a favore della Stefer mette sullo stesso piano gli esosi interessi di un privato con quelli collettivi rappresentati da una azienda del comune. Altro esempio. Alle società esercenti ferrovie secondarie, lo Stato può ridurre le tasse erariali da11’8 al 3 per cento; tale riduzione è stata concessa a molte società che ne hanno fatto richiesta, mentre fu recentemente negata alla Stefer, con la motivazione che non avendo l’azienda proceduto in questi ultimi anni all’aumento delle tariffe, il deficit di esercizio, secondo il Ministero, va attribuito a colpa dell’azienda medesima.

   Sempre con la stessa giustificazione, i sussidi integrativi di esercizio, che Io Stato ha concesso fino ad oggi alle aziende in deficit per assicurare la continuità dell’esercizio, sono stati in questi ultimi anni ridotti per la Stefer di una somma pari al presunto maggiore incasso che l’azienda avrebbe realizzato con l’aumento del prezzo dei biglietti.

   Questa riduzione dei sussidi integrativi, che può considerarsi nella media del 50 per cento del  deficit, ha fatto perdere alla Stefer in questi ultimi anni somme rilevanti dell’ordine di qualche miliardo. I1 perdurare di questa situazione sta portando alla graduale smobilitazione dell’azienda e alla sua sostituzione con imprese private. Tale processo di liquidazione è attualmente in atto ormai già da qualche anno, cioè, da quando il comune ha consentito che l’azienda, non essendo in possesso dei mezzi occorrenti per l’acquisto di nuovo materiale, concedesse in appalto a ditte private l’esercizio delle linee urbane automobilistiche (50 vetture), assicurando alle due ditte appaltatrici dei larghi profitti. Infatti, all’inizio dell’appalto, queste ditte non avevano che pochi autobus vecchi e inadeguati, alcuni dei quali presi in sub-appalto a loro volta dalle ditte stesse. Oggi queste ditte appaltatrici hanno un parco di vetture rinnovato e aumentato di molte unità.

   Per quanto riguarda l'Atac, dobbiamo riconoscere che i1 maggior responsabile delle condizioni attuali di questa azienda è l’amministrazione comunale di Roma, la quale, come già ho detto, è incapace di affrontare i gravi problemi che si pongono a questa grande azienda, e per molti aspetti essa contribuisce a renderle difficile la vita. D’altra parte, negli stessi ambienti politici della giunta comunale e della maggioranza del consiglio, non si fa mistero dell’orientamento esistente circa la pretesa opportunità per i comune di disfarsi di queste grandi aziende municipaìizzate, sostituendole con imprese private e ciò, naturalmente, in perfetta linea con l’indirizzo politico che i1 Governo persegue in questo settore. Infatti, la coincidenza di questi indirizzi si dimostra oggettivamente, dai concreti at ti che informano i rapporti fra queste aziende e gli enti pubblici, cioè lo Stato e il comune. Durante i1 periodo bellico, per esempio, l’Atac ha subito dei gravissimi danni di guerra, valutati dall’azienda per una somma di oltre 12 miliardi di lire, e stimati, in base alle vigenti disposizioni, in 6 miliardi.

   Fino ad oggi l’azienda ha ottenuto a questo titolo, come concorso dello Stato, una somma di lire 861.161.446. Questo mancato completo rimborso dei danni di guerra ha messo in gravi difficoltà l’azienda, in quanto, in mancanza anche di conferimenti patrimoniali da parte del comune, ha dovuto provvedere all’approvvigionaniento del materiale e alla ricostruzione degli impianti, accendendo debiti con terzi e scontandoli poi a rate, con i proventi dell’esercizio e provocando, quindi, sensibili squilibri nei bilanci di esercizio.

   Tutto ciò in netto contrasto con le precise norme di finanza locale, circa l’imputazione delle spese nei bilanci di esercizio delle aziende municipalizzate. A proposito di queste irregolarità, è da rilevare come da parte degli organi di controllo governativi, sempre così zelanti nella ricerca di pretesti per mettere in difficoltà le amministrazioni comunali rette dai partiti di sinistra, non vi è stato nessun intervento, nei riguardi del comune di Roma, atto a non consentire più queste irregolarità amministrative. Un altro problema è quello relativo agli oneri che le aziende dei servizi urbani sono costrette a sostenere per il mancato incasso relativo ad un gran numero di persone che, per vari motivi, hanno diritto a viaggiare gratuitamente.

   Per Roma questo è un problema che assume un aspetto molto più grave di quello relativo alle altre città, per la mole delle concessioni che danno questo diritto, che a Roma assommano a circa 50 mila. L’onere effettivo, che la sola Atac deve sostenere per questo mancato incasso, è stato calcolato molto prudentemente in 800 milioni di lire l’anno. Anche questo problema deve essere affrontato e risolto nel senso di trasferire questi oneri a carico di quegli enti, che, per la loro stessa natura, sono i più qualificati ad assumerli (Stato e comune), considerando, magari, queste prestazioni, che equamente corrispondono a servizi prestati nell’interesse pubblico nazionale, ai fini di sgravi fiscali (imposta generale sull’entrata, tasse carburanti) da concedersi a queste aziende.

   Ho cercato, modestamente e schematicamente, di mettere in evidenza gli aspetti più gravi dei problemi che riguardano questi importantissimi e indispensabili servizi cittadini, per richiamare l’attenzione della Camera e del Governo sulla urgente necessità di provvedere al loro riordinamento, secondo le giuste aspettative e le eque esigenze delle cittadinanze che di questi servizi si servono. Come mi sono sforzato di dimostrare, questa necessità è sentita in modo particolare qui a Roma, dove la situazione di questi servizi è più grave che altrove. È evidente che per affrontare e risolvere questi problemi occorre uno sforzo finanziario che certamente i comuni, da soli, non potranno mai sopportare, specie quello di Roma su cui grava una situazione debitoria di oltre 100 miliardi e che, fino ad oggi, non ha dimostrato nessuna capacità di affrontarne la risoluzione.

   D’altra parte, tenendo conto dei gravi deficit di queste due aziende che, come già io detto, assommano per questi ultimi sei timi a oltre 15 miliardi di lire, e considerando i1 problema sotto l’aspetto di pura conve- iienza economica, volendo per ipotesi non tener conto della preminente funzione sociale li questi servizi, è evidente l’opportunità di proseguire a bruciare decine di miliardi 3er coprire annualmente deficit di esercizio queste due aziende, senza nessuna prospettiva di risanamento economico e tecnico delle iziende stesse. Sarebbe puramente illusorio pensare ad un risanamento dei bilanci di esercizio, da conseguirsi attraverso un aumento delle tariffe, il quale, oltra che portare un ulteriore aggravi0 all’economia domestica dei cittadini e a provocare - per naturali riflessi - squilibri sensibili nell’economia nazionale, non sarebbe di nessuna efficacia, in quanto non verrebbero rimosse le vere cause del deficit.

   Così pure illusorie e dannose si dimostrano essere le uniche economie che queste aziende romane hanno dimostrato essere capaci di realizzare fino ad oggi per rendere meno gravi i risultati economici della loro gestione. Mi riferisco alle economie fatte sulle spese del personale, ispirate sempre a criteri antisociali e sempre basate sul maggior sfruttamento dei lavoratori. Per esempio, all’Atac mancano oltre mille lavoratori per coprire l’organico necessario al funzionamento dell’azienda. Ebbene, da anni il lavoro di questi mille lavoratori che non vengono assunti 10 si fa fare al personale in servizio, sottoponendolo ad un lavoro forzato di 10-12 ore di servizio effettivo giornaliero. Nel 1953 1’Atac ha fatto effettuare al personale dipendente un volume di lavoro straordinario pari a 5 milioni e 500 mila ore, le quali sono costate all’azienda oltre 1 miliardo di lire in meno di quanto sarebbe costato il salario dei mille lavoratori non assunti. Naturalmente questo pessimo espediente, oltre a dare un triste contributo alla piaga purulenta della disoccupazione, mina lo stesso stato fisico dei lavoratori occupati fra i quali, nel 1053, nellasola Atac, su 9.500dipendenti, si è avuta una media di malati e di infortunati di 620 lavoratori al giorno. Dico al giorno, non all’anno. Analoga situazione esiste alla Stefer, ove sono adottati gli stessi metodi.

   Del resto, credo siano note le lotte che i ferrotramvieri romani stanno conducendo contro questo sistema di supersfruttamento in atto in queste aziende e per l’assunzione della mano d’opera mancante. Comunque, non è certo proseguendo su questa strada che si potranno risolvere i gravi problemi economici e funzionali di queste aziende, né è possibile trascinare ancora a lungo questo stato di cose senza provocare un evidente peggioramento della situazione. Occorre affrontare la questione in modo radicale, nel senso di estendere a queste aziende i benefici già concessi all’industria privata similare con la legge dell’ammodernamento. In tal senso, nel passato, ebbe modo di esprimere il suo parere favorevole anche l’attuale Presidente del Consiglio, il quale, il 17 maggio 1951, con una sua lettera diretta alla Federazione aziende municipalizzate di trasporto si esprimeva testualmente così:  “Difatti Io Stato già interviene con la concessione di sovvenzioni e di speciali sussidi integrativi di esercizio in favore delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna concesse all’industria privata e dei servizi automobilistici, filovie e funivie, quando ricorrano speciali ragioni di pubblico interesse Ora prosegue l’onorevole Scelba "non si vede perchè le aziende municipalizzate, sia pure limitatamente al settore dei trasporti (che è il più importante), non possono bene- ficiare, per le ragioni sopraccitate, di analoghe provvidenze”.

   I1 ministro dell’interno prosegue: «Questo Ministero non troverebbe difficoltà ad appoggiare una proposta di legge in tal senso, anche per venire incontro alla situazione delle aziende municipalizzate, che, specie in questo ultimo tempo, hanno dato nuova prova nell’interesse di vaste collettività, provvedendo con i propri mezzi agli importanti servizi disimpegnati, e che non sembra equo porre in condizioni di inferiorità di fronte alle aziende similari private». Così concludeva l’onorevole Scelba. Oggi queste dichiarazioni valgono più di ieri, e quindi è augurabile che ’onorevole Scelba non abbia cambiato parere, anzi, data la sua nuova posizione molto più autorevole di Presidente del Consiglio, è augurabile che sostenga, con maggiore autorità, presso i suoi collaboratori questo suo vecchio punto di vista. Naturalmente, purché non abbia cambiato parere.

   Occorre inoltre pagare a queste aziende il completo rimborso dei danni di guerra cui esse hanno diritto, così come è stato fatto per quelle private. Inoltre, anche per rendere più autonomi e reali i bilanci di esercizio delle aziende municipalizzate, occorre trasferire verso quegli enti che per la loro natura sono i più qualificati ad assumerli, cioè lo tato e i comuni, gli oneri che queste aziende oggi ingiustamente sostengono, per il mancato pagamento di prestazioni gratuite, fatte per conto di ‘quegli enti stessi. Mi riferisco ai titoli di viaggio gratuiti di cui ho parlato prima. Cito alcune cifre che si riferiscono alla sola Atac. Le concessioni date con tessere aziendali (a mutilati, invalidi di guerra, ecc.) sono 19.205, per un valore teorico di un miliardo 327 mila lire l’anno; le concessioni obbligatorie per legge (ai corpi armati di polizia, ecc.) sono 23.931, per un valore teorico di 2 miliardi e 9 milioni. L’azienda ha invece calcolato questi oneri effettivi nella misura di 800 milioni annui. Quindi, anche questo problema deve essere affrontato decisamente nel senso che abbiamo indicato. Questi provvedimenti, però, debbono essere necessariamente accompagnati anche da una sostanziale modifica degli attuali rapporti esistenti fra queste aziende e gli enti pubblici, nel senso che si ponga fine, da parte delle autorità governative, a quella politica di discriminazione a sfavore delle aziende pubbliche, che fino ad oggi, per lo meno oggettivamente, è stata perseguita.

   I1 Governo dovrebbe impegnarsi ad affrontare la risoluzione di questi problemi, che interessano milioni di cittadini, con un indirizzo politico che tenga conto al massimo della funzione di preminente interesse sociale assolta da queste aziende, e del fatto che esse costituiscono un patrimonio collettivo di tutti i cittadini, che va energicamente difeso contro ogni manovra, più o meno aperta, della speculazione privata.

   Nel quadro di questi provvedimenti e di questo nuovo indirizzo politico, è possibile trovare la soluzione anche dei problemi più gravi, come quelli esistenti, in questo campo, a Roma; la cui soluzione è strettamente legata allo sviluppo civico, sociale e urbanistico della capitale.

 

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