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Mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e dintorni

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anno X numero 6 - giugno 2001

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STFER, poi STEFER… C’era una volta

Il suo spirito nella neonata Met.Ro.?

di Alberto Crielesi e  Angelo Curci

Una delle immagini più famigliari che evocano i Castelli Romani è quella che vede protagonista il noto tram ad Imperiale - il vecchio tram a due piani della Stefer - immerso nella quiete (allora tutta bucolica) della Campagna Romana o mentre solennemente attraversa il centro storico di uno di questi paesi dei Colli Albani.

Quale sia l’origine di questo felice accostamento è subito detto.

La STEFER - la Società che svolse un ruolo insostituibile non solo nei collegamenti con la Capitale, ma anche in quelli tra i vari centri serviti, da Grottaferrata fino a Lanuvio ed a Velletri allora si e no collegati da una rete stradale a malapena tracciata - nei 78 anni che intercorrono dalla sua costituzione (1899) sino a quando fu messa in liquidazione (1976), oltre ad essere uno dei capitoli della storia e del folklore dei Castelli, fu uno dei fattori che ne determinarono la loro unione in unica entità ed il loro riavvicinamento a Roma …

Già perché prima del 1906 (anno dell’entrata in esercizio della rete tranviaria da Roma a Frascati, e da qui a Genzano) i nostri paesi vivevano isolati, uniti uno all'altro solo da un denominatore comune puramente geografico: l’appartenenza ai Colli Albani; Roma poi era distante diverse ore di viaggio dispendioso e scomodo e neanche le tre linee ferroviarie, la Roma - Frascati, la Roma - Albano - Nettuno, e la Roma - Velletri- Ceprano, con le loro stazioni lontane dal centro abitato, erano riuscite a spezzarne l’isolamento ed a realizzare quegli spostamenti di massa che avrebbero soppiantato definitivamente i tradizionali carretti e diligenze.

La Stefer riuscì in questo secolare compito, “riconsegnando”, come accennato, i Castelli a Roma e rendendoli a sua volta tutti uniti tra loro… come fratelli, così come ricorda il poeta albanense Augusto Crollari in un suo poemetto dialettale, Er Tranve de li Castelli Romani, del 1906, scritto in concomitanza dell’inaugurazione della tramvia castellana:

“Sia benedetto er giorno e quer momento
e benedetta sia la società che t’ha portato; mo’ st’allacciamento
fra sti paesi è na comodità
Marino, Arbano e tutti li Castelli
stanno attaccati come li fratelli”.

Che fascino poi questa parola STEFER. Una sigla ottenuta dalle iniziali della Società Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma, che al solo suono richiama il rumore metallico dei vecchi e cari tram, assolutamente introvabile negli analoghi marchi molte volte così  insipidi ed astrusi.

Un suono questo del tram - lo sferragliare - che divenne per anni il famigliare compagno di queste contrade: l’unico capace di amalgamarsi sia con la quiete delle mattinate, l’ozio dei meriggi e la pace della sera di tutti i giorni, sia col chiasso delle festività o il vocio delle “scampagnate fori porta”.

Ma, oltre a quanto già accennato, è da sottolineare come l’arco di tempo in cui maggiormente operò la STEFER, il cosiddetto periodo d’oro (1906-1941), coincida pure ad una felice stagione ricca per le nostre zone di profondi mutamenti urbanistici, culturali ed economici, e di cui la stessa Società tranviaria non fu certo estranea.
Ad esempio, riguardo alle modifiche al tessuto urbano apportate dall’istituzione della tramvia basti pensare: ad Albano, cui la posa dei binari comportò l’ampliamento del Corso e... (purtroppo) l’abbattimento della monumentale Porta Romana del Contini; a Marino con la sua entrata modificata (l’odierna Piazza Matteotti); al tratto della via Appia Nuova tra Genzano Velletri aperto proprio per il tram; alla stazione tranviaria di Lanuvio con l’apposito “anello” ecc.
E poi a tutte quelle ville e villini in stile liberty disseminati lungo la linea tranviaria da Frascati a Velletri, tutti costruiti sulle nostre colline in virtù della “comodità di comunicazioni” apportata dal “tram dei Castelli” della STEFER.

Riguardo ad altri mutamenti non bisogna dimenticare quel discreto servizio culturale reso sempre da questa Società.
Difatti, se i Romani che trovavano nel tram il mezzo più idoneo per gite e scampagnate, oltre i pinelliani “grottini” e  “fraschette” sacri a Bacco, ebbero modo di raggiungere e di conseguenza conoscere ed apprezzare il ricco patrimonio storico-artistico della zona, come: il Tuscolo e le  sue ville, l’abbazia di San Nilo a Grottaferrata, Marino, Castelgandolfo col suo Lago, Albano, l’Ariccia, Genzano con la sua Infiorata, Nemi e le sue navi romane ecc. (sin allora prerogativa di pochi appassionati e di studiosi), lo devono appunto a questa Società ed alla sua tramvia.
A ciò è da aggiungere anche quel vasto e tuttora fiorente trasporto giornaliero di umanità dai Castelli a Roma e da qui ancora ai Castelli in un incessante ritmo giornaliero assicurato in passato quasi esclusivamente dal nostro tram e, nei duri anni della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra, quel compito di rifornimento di derrate alimentari per Roma, con trasporti talvolta ardui, specialmente di quei prodotti degli allora numerosi orti e vigne.

Ed a pensare che gli ostacoli e le guerre spietate mosse contro la costruzione della tramvia elettrica erano stati tanti. Tra gli oppositori vi erano in prima fila ovviamente i vetturini ed i carrettieri, detronizzati nella loro secolare missione; poi le Ferrovie dello Stato che gestivano già tre linee ferroviarie della zona; anche qualche studioso - ・il caso del professore Del Pinto di Albano, che, giustamente, presentò alla Prefettura di Roma un reclamo perché impedisse l’abbattimento della Porta Romana per il passaggio del tram - e persino alcuni maggiorenti locali che vollero citare in giudizio la Società perché avversi all’innalzamento dei pali della linea aerea. 
Una serie di contrarietà che aveva persino portato un mano ignota a piazzare una bomba, si una bomba, nel 1908 sui binari tra Grottaferrata e Marino, attentato che portç al ferimento, pur lieve, del  conducente del tram, un certo Traversi. 

Ma in finale la vinse la STEFER con la sua tramvia!
E questa Società talmente s’incarnò nel territorio che, come abbiamo visto, ne divenne uno dei simboli.
Ora la STEFER ed i tram dei Castelli non esistono più.

Ciò è dovuto purtroppo, oltre che alla “modernità, alla cecità di chi non volle, quando era possibile - anzi necessario - aggiornare il sistema tranviario trasformandolo in una ferrovia leggera (metropolitana di superficie) che, se tuttora esistente, avrebbe assicurato a Roma una comunicazione rapida e più pulita con tutti i centri dell’area castellana che vi gravitano intorno e che vediamo invece raggiungibili con estrema difficoltà e scomodità nel caotico traffico stradale. Ma nell’immediato dopoguerra, all’inizio di quel discutibile mito che è la motorizzazione di massa, si volle vedere nel tram - e questo non solo per motivi politico-economici - un mezzo di trasporto ormai obsoleto, ingombrante, lento e capace solo di creare intralci alle autovetture fiammanti, sinonimo, queste ultime, di un progresso sudato e finalmente raggiunto… Così finì la tramvia dei Castelli ed in seguito la stessa STEFER.

Ma le recriminazioni sono oramai inutili, i tram non ci sono più e della presenza della Stefer nei Castelli non rimangono che poche cose: qualche palina di fermata arrugginita, edifici inghiottiti nel verde, una funicolare in disarmo, un ponticello che, monco del terrapieno, s’erge come un arco trionfale sulla ferrovia Roma - Velletri e qualche brano di binari che - ostinatamente - dopo qualche forte acquazzone riaffiora a margine di alcune vie dei Castelli.
Ma la parte più cara è rimasta nel cuore dei vecchi romani, dei castellani veraci ed in   particolare di quel nugolo di persone che nell’ambito della Stefer operarono.
Ora i “veterani” di questa società, dopo le recenti vicende, formano il nucleo storico, l’anima, se si può dire, della neonata società Met.Ro. s.p.a, (Metropolitana di Roma) la quale di quel patrimonio d’umanità e d’esperienza che fu la vecchia e cara Stefer ne legittima la continuità dichiarandosene la vera erede spirituale.
La Stefer   nacque alla fine del secolo scorso, quando la gestione di una ferrovia era un affare lucroso. Per questo motivo molte società straniere, in particolare belghe e francesi, presentavano all’allora Ministero dei lavori Pubblici ed al Comune di Roma progetti per la costruzione di linee ferroviarie e domande di concessione per la gestione delle stesse.
Nel 1898, una di queste società, la Compagnia Thomson-Houston de la Méditerranée, subito dopo essersi aggiudicata l’elettrificazione della Milano-Varese, inoltrava domanda al Mini­stero dei Lavori Pubblici per ottenere l’elettrificazione del tronco Roma-Frascati e la concessione della Ferrovia da Roma ad Ostia, secondo il progetto del­l’ing. Francesco Mora; contemporaneamente chiedeva al Comune di Roma la concessione di una linea tranviaria ur­bana, come corrispettivo del traforo sot­to il Quirinale, che avrebbe assunto a suo carico. Nella attesa di queste conces­sioni, la Compagnia iniziava la costru­zione di un modesto impianto idroelet­trico che, utilizzando le acque della Marrana dell’Acqua Mariana presso Grottaferrata, avrebbe sviluppato, in un’officina presso Villa Senni, l’energia sufficiente per l’alimentazione del breve tronco ferroviario Roma-Frascati.
Così per l’attuazione del suo programma, la Thomson-Houston, costituì la Società delle Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma che assunse la sigla (allora) di S.T.F.E.R., e questo “con atto 29 novembre 1899, a rogito Comm. Capo Dott. Enrico, Notaio in Roma, trascritto il giorno 12 dicembre in seguito a Decreto dellEcc.mo Tribunale dell’11 dicembre 1899", così come si legge in copia del suo primo statuto.
La prima sede sociale della neonata Società fu fissata in Via dell’Impresa n. 19 a Roma e qui accolse i suoi primi direttori, l’ingegnere Guido Mazzolani ed il cav. Roberto Cavallini, e l’esiguo organico composto da due soli dipendenti, uno scrivano ed un usciere, certi Emanuelli e Maggiori.
Prevedendo che l’elettrificazione del­la Roma-Frascati avrebbe creato una vasta corrente di traffico verso i Castel­li Romani, la Società pensò di collegare fra loro i paesi di quella zona, con una linea tranviaria che, partendo da Frascati, avrebbe raggiunto Grottafer­rata e Squarciarelli per proseguire, lun­go la Provinciale Maremmana, fino a Marino, Castelgandolfo, Albano, Aric­cia e Genzano. E poiché il tratto Fra­scati-Squarciarelli era allora privo di una comunicazione diretta, la Società propose all’Amministrazione Provincia­le di costruire una nuova strada Fra­scati-Grottaferrata-Squarciarelli, come corrispettivo della concessione della tramvia lungo la Provinciale Marem­mana.
Per Rocca di Papa, il cui abitato sa­rebbe rimasto fuori della comunicazio­ne, la Società progettò un tron­co ferroviario a scartamento ridotto in sede propria che, partendo dalla stazione ferroviaria di Ma­rino e attraversata la linea Frascati-­Genzano a mezzo d’una galleria elicoi­dale, avrebbe proseguito lungo l’alti­piano del Lago Albano, fino a Palazzolo, per raggiungere poi, con ampia cur­va, l’abitato dì Rocca di Papa.
Intanto il Ministero dei LL.PP. s’era pronunziato a sfavore dell’elettrificazione della Ferrovia Roma- Frascati, te­mendo che un aumento nel flusso dei viaggiatori avrebbe provocato ingorghi nella stazione di Termini, che già allo­ra si dimostrava insufficiente alle ne­cessità.
Di fronte a tale diniego, la Stfer passò allo studio di collegare la progettata tramvia Frascati-Genzano con la Capitale, mediante la costruzione di una tramvia Roma-Grottaferrata con capolinea nell’allora via Principe Umberto (via Giovanni Amendola). Que­sto collegamento con Roma rendeva inopportuna la ferrovia Marino-Rocca di Papa, il cui progetto fu sostituito con quello d’una linea tranviaria Squarciarelli-Rocca di Papa comprendente una funicolare nell’ultimo tratto.
Infine, essendo stato aggiudicato al­la Società Romana Tramways Omnibus il traforo sotto il Quirinale e la relati­va linea tranviaria - e fallite altresì le trattative per la concessione della Ferrovia Roma-Ostia - la Stefer poté dedicarsi interamente alla progetta­ta rete tranviaria dei Castelli Romani; per il collegamento con quest’ultimi il decreto di concessione riporta la data del 29 dicembre 1901.
Nel 1903, esattamente il 9 novembre, fu terminato il tratto tranviario di binari da Porta s. Giovanni e  la località Cave, l’odierna via Cave.
L’anno successivo furono completate la rimessa di Via Appia e quella di S. Giuseppe a Grottaferrata..
Il 19 gennaio 1906 fu aperto al pubblico il primo tronco della linea tranviaria elettrica dei Castelli: la Roma - Frascati.
Il cronista della Tribuna nel fare la cronaca della prima corsa argutamente rilevava che “ …la folla che aveva preso d’assalto le vetture era formata in gran parte di buongustai del vino dei Castelli…”. 
Il 31 marzo dello stesso anno si giunse sino a Marino quindi ad Albano il 2 aprile, il 4 aprile a Genzano.
L’apparizione in quell’anno del primo tranvetto elettrico della Stefer, fu un avvenimento acclamato con grande festa  dai Castellani: bande, mortaretti, tavolate…
Anche il saluto dei poeti, come il solito Crollari:

Tranve elettrico mio tanto aspettato,
te vedo trapassà su e giù p’Arbano;
oggi da Roma insino su a Genzano
nun senti che strillà: - Ben arrivato
Evviva er tranve ! - E tu, scappanno via,
semini da pè tutto l’allegria.

Nell’ottobre del 1906 fu la volta della deviazione per Rocca di Papa, nel tratto Valle Violata (Squarciarelli) - Valle Oscura, mentre nell’agosto dell’anno successivo (1907) fu inaugurata la funicolare che da Valle Oscura portava a Rocca di Papa.
Questa funicolare funzionava a contrappeso ad acqua, ossia ogni vettura era munita di un apposito serbatoio che riempito d’acqua alla stazione superiore si svuotava in quella inferiore; con tale sistema, che avrebbe trovato le simpatie dei moderni ambientalisti, il mezzo superava 105 mt. di dislivello con una pendenza massima del 385 per mille.
Nel 1912 il 4 marzo fu aperta la Roma - Velletri, nella tratta  bivio Via delle Cave - Capannelle - Frattocchie - Albano.
La linea Roma – Velletri,  dava la possibilità di mettere in contatto direttamente Roma con  i Castelli meridionali (Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Velletri) passando parallela all’Appia. Il 12 settembre dell’anno successivo fu inaugurato la tratta Genzano - Velletri e l’8 luglio del 1916 la diramazione Genzano - Civita Lavinia (Lanuvio). 
La prima guerra  mondiale non interruppe il completamento della rete tranviaria dei Castelli, né lo sviluppo della Società che già nel 1918 aumentò il capitale sociale da 3.500.000 a L. 8.350.000 e migliorò la sua struttura rendendola sempre più idonea alle esigenze del traffico.
Furono elaborati, a partire da quegli anni, tutta una serie di progetti – maggiormente mai realizzati - che prevedevano l’elettrificazione delle ferrovie (Roma – Frascati e Roma-Anzio –Nettuno) unificandole e coordinandole con le linee tranviarie in concessione alla Società sì da garantire un rapido collegamento di tutti  i Castelli tra loro – comprese le località che sino allora non  ne avevano beneficiato -  e questi con Roma.
Un primo esempio di interscambio!
Il 21 gennaio 1928 con delibera n.145 il Governatore di Roma acquistò l’intero pacchetto azionario della Stefer per il valore nominale di L. 8.500.000, azionista unico ne divenne il sindaco di Roma: un assetto che rimase  sino al 1976.
Nel 1932 la struttura che collegava Squarciarelli a Rocca di Papa fu abbandonata e sostituita con una funicolare a trazione elettrica su un tracciato spostato di circa un 1 Km., diminuendo il dislivello da superare (m. 92,75) costituito da tre livellette di pendenza diverse.
Nel 1941 vengono assorbite dalla Stfer due società: la Società Elettroferrontranviaria Italiana (Sefi), che gestiva la Roma – Lido, tuttora in esercizio, e la Società Anonima Ferrovie Vicinali (Sfv), che gestiva l’allora   Roma- Fiuggi – Alatri (l’odierna Roma – Pantano).
La Stfer cambia la propria la ragione sociale in S.T.E.F.E.R, ossia Società delle Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma, e trasferisce la sua sede da Via Appia Nuova a Via delle Mura Portuensi ove rimarrà sino al 1965.
Infine la guerra ed i bombardamenti, durante la quale la Stefer, a costo di sacrifici enormi, riuscì a mantenere in vita un servizio sufficiente, riattivando a volte di notte le tratte di linea andate distrutte durante le devastanti incursioni aeree!
Dopo il gennaio del 1944, il traffico coi Castelli fu definitivamente sospeso anche a causa dell’occupazione tedesca, mentre gran parte della rete veniva distrutta da azioni belliche e di sabotaggio: il monumentale ponte di Ariccia fu fatto saltare in aria, le rotaie tra Capannelle e s. Maria delle Mole furono asportate, i depositi e le sottostazioni di S. Giuseppe, Villa Dusmet, Frattocchie, Albano, Velletri, ecc. furono   seriamente danneggiate, ben 54 tonnellate di rame delle linee aeree furono rubate…
Nonostante questa triste panoramica la ricostruzione si avviò miracolosamente ed in modo abbastanza celere: il 9 giugno 1944, a pochissimi giorni dall’ingresso a Roma degli Alleati, riprese a funzionare il servizio urbano per Cinecittà, la linea fino a Grottaferrata è ripristinata il 29 giugno, mentre fino a Marino riprende il 26 novembre dello stesso anno. Nel 1945 fu riattivata il tratto Grottaferrata – Valle Violata - Valle Vergine; da Marino a Genzano invece il 27 giugno. Nel 1946 riaprono la linea più disastrata, la Roma- Albano, e la funicolare per Rocca di Papa. La tratta Albano – Velletri dovrà aspettare qualche anno, ossia fino al 1948, quando verrà ricostruito il viadotto di Ariccia.  Esclusa da questi ripristini è la diramazione per Lanuvio il cui servizio fu sostituito con autobus.
Negli anni 50 comincia il lento declino del tram della Stefer, con successive soppressioni di tratte fino alla chiusura totale.
Di questo decadimento ne furono i promotori l’accresciuto pendolarismo –  con quella distribuzione difforme del traffico, tipica del fenomeno -  gli autobus, seguiti     a breve distanza, da quelle accennata cecità politica  e la motorizzazione di massa. 
Nell’agosto del 1954 cadono i primi rami della vecchia pianta: la Genzano – Velletri, la Marino – Albano e la Grottaferrata – Frascati chiudono il loro esercizio. Ad aggravare la situazione, il giorno dell’Epifania del 1956, fu un grave incidente a Frattocchie che causò morti e feriti, provocando l’ennesima polemica sull’esistenza, o no, del tram.
Ed ancora, le linee Valle Violata – Marino e Cinecittà – Grottaferrata – Valle Vergine cessano nel dicembre del 1962; nel gennaio dell’anno successivo è la volta della funicolare di Rocca di Papa.
Infine la linea per Roma, la cui ultima corsa per Genzano partì nella mezzanotte del 3 gennaio 1965: era formata dal treno 94 + 294…
Sopravvissero, fino al 1970,  i due tratti urbani per Capannelle e Cinecittà, in particolare il tram di Cinecittà, inaugurato nel 1937 a servizio dell’allora centro cinematografico, che asseconderà lo sviluppo sia edilizio che industriale della zona, rimanendo fino agli anni 70 l’unico mezzo di comunicazione tra il centro di Roma ed i quartieri Tuscolano e Quadraro allora in rapida espansione edilizia.
Il 6 novembre 1976, a 76 anni dalla sua costituzione, la Stefer ha fine: fu trasformata nell’A.CO.TRA.L (Azienda Consortile Trasporti Laziali).
Intanto il processo di smantellamento della ex Tram dei Castelli ha il suo epilogo: nel 1978 viene abolita la tratta di Capannelle e nel febbraio 1980, poiché la metropolitana, inaugurata il 16 dello stesso mese, ne ricalca grosso modo il tracciato, chiude definitivamente il servizio per Cinecittà.
Quest’ultimo materiale rotabile, unitamente a tre motrici e ad un carro merci, fu accantonato nel deposito di Via Appia ove rimase sino a qualche anno fa [
fino al 1995 n.d.a.].

Ner deposito dell’Appia,
proprio in fonno ar capannone,
c’è un tranvetto co’ due piani
che da poco sta in pensione.
St’imperiale, si lo vedi,
cerca ancora de stà in piedi,
ma je resta, pe figura,
solamente l’armatura.
[…] Pe noiantri sto’ tramvetto
arto arto e stretto stretto
era l’ultimo ricordo
d’un’ artr’epoca più bella.
Era l’urtimo saluto
De la Roma in botticella,
de li busti, le bombette,
li ventaji e le pajette… (N. Del Bene)

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