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Nel nostro contesto
mediatico e sociale la figura femminile subisce un continuo processo di
idealizzazione, di lavoro di lima contro gli inestetismi e di sublimazione
del difetto individuale. Le donne di Stefano Lerose non
hanno niente a che fare con quest'universo plastificato. Scaturiscono
da regioni oscure dell'inconscio e si inseriscono nella tradizione che
ha informato tutta l'arte simbolista, quella degli "idoli di
perversita'", passando attraverso le deformazioni impietose
dell'Espressionismo, fino all'estetica dell'ibridazione con la sfera animale
propria degli anni Novanta. Le donne di Lerose sono delle mutaforma, oggetti
dell'amore doppi e mutevoli, e la loro apparenza raramente coincide con
quello che sono in realta'.
LE MUTANTI
Ci sono due nudi di ragazzine, un
bionda e una mora, entrambe con pettinature composte da brave ragazze per
bene, entrambe con particolari perturbanti che appartengono alla sfera
del demoniaco. La bionda sotto il caschetto da ciellina, ha due pupille
dilatate da uccello predatore, una posa sconnessa, una sproporzione
inquietante fra la parte alta e la parte bassa del corpo,
la carne del ventre incongruente flaccida rispetto alla giovinezza del
soggetto, e soprattutto un paio di canini affilati come rasoi, che la
vampira ostenta, in un sorriso sfrontato e vizioso. L'emergere del lato
diabolico si coniuga sempre alla profferta sessuale, che puo' essere
il gesto esibizionista della bionda, che si scopre il pube, oppure lo
sguardo di sottecchi e il sorriso concupiscente della mora, fra
i cui capelli spuntano un paio di corna. A livello compositivo la mora si
frappone fra lo spettatore/autore, e una tavola sghembo con sopra un
foglio bianco e una matita, ovvero gli strumenti basali del
mestiere del pittore. Figurativamente presenta delle deformazioni corpose di
matrice espressionista, la mano in primo piano e' enorme, quasi maschile,
l'altra innervata e sensibilmente piu' piccola, le spalle sono storte,
l'addome gonfio di carne.
LE FREAK
Lo studio della difformita' - una delle
cifre stilistiche dell'opera di Stefano Lerose passa attraverso le
raffigurazione di donne obese, colte sempre nell'attimo
dell'invito carnale. il soggetto de "Lo sguardo perduto" e' una donna
avvolta da fasce di carne floscia, col seno a penzoloni, che si offre da
dietro guardando dritto verso lo spettatore. I suoi lineamenti squadrati si
smussano nel buio circostante. Il buio nasconde il volto della
protagonista di un'altro olio su tela , un'altra donna
enorme con le gambe aperte e il colorito putrido, le cui carni hanno
un'enfieta' e un livore da cadavere. il buio ancora una volta
sfigura il viso del soggetto de "l'attesa" , una vecchia in bianco e nero
con mammelle e corpo cadenti. La deformazione si acutizza
ulteriormente in altri due nudi. un "senza titolo" da incubo, in cui una
donna idrocefala con occhi a mandorla e seni perfetti spunta minacciosa
dall'ombra. "la donna timida" mostra un'umanoide nuda con la testa deturpata
da una focalizzazione a fish-eye il cui busto, ventre e
gabbia toracica sono scomposti in tre metameri verminosi. Il freak
sorride, e nel frattempo dischiude una delle sue gambe cachitiche.
BEAUTIFUL ONES
le raffigurazioni femminili piu'
estetizzanti sono un nudo in posizione fetale, molto volumetrico, dalle
linee nette e corpose. Questo nudo presenta un'eccedenza vistosa di
pieghe di pelle sull'addome, ma sono pieghe carezzevoli, morbide, avvolgenti
come un bozzolo. Abbiamo poi un nudo sdraiato, in mezzo a colate di colore
rosso, con una massa di capelli ricci e le gambe sode e levigate. Questa
purificazione figurativa della donna, che in quest'unico caso viene
rappresentata "bella", e' contraddetta dal titolo dell'opera, "L'inganno".
RITRATTI E CARICATURE
l'aberrazione di forme e proporzioni
continua al di la' dello studio sulla figura femminile, e trova il suo apice
nella serie di ritratti virati, i cui soggetti presentano masse ossee
debordanti, distese di rughe, nasi che sembrano presi da un quadro di
Cranach, lineamenti che sono ferite. Dalla stessa matrice esce
la serie dei rictus, altri ritratti in cui la crudelta' della caricatura
emerge in sordina, nei lineamenti contratti dal sorriso, che evidenzia
rughe, rigidita' facciali, vacuita' sguardo.
GLI OUTSIDERS
Attraverso questi percorsi Stefano Lerose
si inserisce nella tradizione della ritrattistica naif americana, che
raffigura l'uomo comune senza abbellimenti, con in esposizione le vestigia
corporali del diolore e della follia. I disegni soprattutto si
livellano sulla bidimensionalita' iconica, e ricordano l'arte
degli assassini seriali, realizzata dentro ai carceri di massima sicurezza.
tutta la serie degli outsiders si muove lungo questo crinale. Abbiamo una
gamma di personaggi marginali, reietti dalla societa', soli ed infelici,
come "L'amico pazzo", che si rulla una sigaretta con espressione avvilita.
Ha scarpe a buon mercato, capelli da clown, e la fidata bottiglia che
spunta da dietro. Stessa compagnia e stessa pettinatura per un'altro beone
del ventre gonfio e l'incarnato giallo e cereo, che pero' guarda lo
spettatore con un ghigno soddisfatto, perche quella e' la sua "Ora
felice". Vediamo come Lerose si distingua all'interno dall'iconosfera
patinata della figurazione contemporanea, scegliendo come soggetti
privilegiati donne disfatte, uomini perdenti, vecchi etilisti, tutto cio'
che e' brutto, emarginato, sgradevole, e che si p่one fuori da quei canoni
di giovinezza, successo, accettabilita' sociale e felicita' coatta che
vengono imposti a tutti come ingiunzioni paradossali, come compiti
imperativi impossibili. Stefano Lerose rivela la bellezza sublime dei freak,
ovvero quella bellezza che fa parte di ognuno di noi
luiza samanda turrini
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