Il sole azzurro di Ord Mantell si stava avvicinando all’orizzonte, ma la luce
era abbondantemente sufficiente a Renci da permetterle di capire la direzione
verso la quale si trovava la sua nave.
Il viaggio era stato privo di eventi significativi, a parte un passaggio
rischioso lungo un tratto di terreno cedevole; il padawan aveva rischiato di
scivolare giù per un pendio ma, grazie ai suoi pronti riflessi, era riuscito ad
arrestarsi dopo pochi metri. Utilizzando un po’ del cavo liquido che possedeva,
un materiale che si solidificava e diventava robusto a contatto con l’atmosfera,
Kyrl lo tirò su e il gruppo poté continuare il cammino.
Renci e Sheen si trovavano davanti agli altri, con l’esploratrice che
controllava il terreno in cerca di tracce, mentre il Jedi scrutava con
attenzione le formazioni rocciose circostanti, per individuare eventuali
pericoli. Kyrl e Rea parlottavano tra loro un po’ più indietro, con Dalia che si
trovava accanto a loro ma non partecipava alla conversazione.
A un certo punto, il twi’lek indicò un punto situato sulla cima di un pendio,
dove era visibile una creatura avvolta in lunghe vesti, che procedeva nella loro
stessa direzione.
I cinque componenti del gruppo si fermarono, e Dalia notò che l’individuo
camminava trasportando un fucile blaster a canna lunga; la ragazza diede un
avvertimento:
«E’ armato. Sheen, va’ a dare una controllata.»
Il giovane Jedi le scoccò un’occhiata in tralice, ma partì comunque di corsa per
raggiungere il punto indicato; gli altri estrassero le proprie armi e si
disposero per coprirlo.
Vedendo che lo zabrak impugnava due pistole blaster, Renci azzardò:
«Rea, se me ne dai una, potrei contribuire alla difesa tenendo d’occhio uno dei
lati.»
«Ragazza,» esordì il gigante. «Queste qui sono le mie bambine, a cui devo la
vita. E ora non disturbarmi, mentre salvo la tua!»
Nel frattempo, Sheen aveva quasi raggiunto la figura sulla cima del crinale;
quest’ultima si era voltata e, avvolto da un turbante, il padawan riconobbe il
viso dalla tonalità verde di un rodiano, con la pelle screpolata per la lunga
esposizione al clima di Ord Mantell.
Nonostante la corsa, nella voce di Sheen si notava solo un leggero ansito quando
disse:
«Salve!»
«Salute a voi,» rispose il rodiano. «Anche voi siete a caccia di savrip?»
aggiunse, gettando un occhio alle persone rimaste indietro.
«Cosa?» rispose il giovane Jedi.
«Beh, se non siete a caccia di savrip, per quale motivo vi siete avventurati
nelle desolazioni di Ord Mantell?»
«Uhm... la storia sarebbe un po’ lunga... » disse Sheen.
Il rodiano diede qualche rapida occhiata al cielo e all’orizzonte di fronte a
sé, poi esclamò:
«Si sta per fare notte. Se volete, possiamo raggiungere quel bosco e mangiare
qualcosa insieme. Così, avrai il tempo di raccontarmi la tua storia, e io ti
dirò qualcosa di me. A proposito, il mio nome è Teerik.»
«Sheen Ryu» replicò il padawan, mentre entrambi si incamminavano verso i quattro
che attendevano più in basso.
Alla luce del piccolo fuoco da campo, Teerik sembrava non stancarsi mai di
parlare. Aveva approfondito qualunque aspetto relativo ai savrip, una grossa
creatura umanoide nativa di Ord Mantell, particolarmente ghiotta di qualunque
cosa camminasse su due gambe e incline a stritolare l’avversario con le sue
potenti braccia.
Il rodiano viveva dando la caccia a tali creature, dato che la loro pelle e la
loro carne erano molto ricercate nei mercati di tutta la galassia. Poco prima di
andarsene, il cacciatore raccomandò ai viaggiatori di prestare particolare
attenzione una volta all’interno della foresta, dato che spesso i savrip si
recavano al suo interno per catturare le prede.
Con lo stato d’animo lievemente alterato da quell’ultima informazione, il gruppo
si accordò sulla necessità di fare turni di guardia e poi si dispose per
riposare, in attesa dell’ultima parte del viaggio.
Nessuno lo diede a vedere, ma l’indomani mattina, quando uscirono dalla foresta,
tutti e cinque i viaggiatori tirarono un sospiro di sollievo. Renci, in
particolare, era molto allegra.
«Credo che saremo alla mia nave tra non più di due ore!»
Il paesaggio era cambiato rispetto a quello che avevano trovato prima di entrare
nella vegetazione; a perdita d’occhio si vedevano canyon e altopiano, alture e
ammassi di roccia spazzati dal vento, non forte ma fastidioso.
Un’ora e mezzo dopo la gioiosa affermazione di Renci, si ritrovarono
all’imboccatura di un labirinto di anfratti, poco dopo aver superato una
collina. L’esploratrice fissò attonita la terra smossa e il piccolo cratere da
impatto che testimoniavano chiaramente l’avvenuto atterraggio di fortuna di una
nave spaziale. Solo che il veicolo non c’era.
Con uno sguardo impotente, Renci si rivolse ai compagni:
«Ehm... ci credete che la mia nave era qui l’ultima volta che l’ho vista?»
Il twi’lek fece qualche passo avanti e disse:
«Sicuramente una nave è precipitata qui, e non molto tempo fa.»
«E allora cerchiamola» disse lo zabrak. «Certamente non può essersi alzata ed
essersene andata da sola!»
Quindi si mosse per affiancare Kyrl, che si era già chinato per localizzare
qualche traccia.
Sheen e Dalia affiancarono Renci, e la strega di Dathomir mormorò come rivolta a
se stessa, ma in modo tale che l’esploratrice sentisse chiaramente:
«Eccoci qua! Un sacco di strada a vuoto!»
Affranta, Renci si andò ad appoggiare a una roccia a qualche metro di distanza.
Un rumore di ciottoli smossi la fece girare bruscamente, in tempo per vedere il
viso sfregiato di una robusta femmina twi’lek, che impugnava una pistola
blaster, a meno di quattro metri da lei.
Appena sbucata da un anfratto, Gida Luroon disse:
«Sogni d’oro» e fece fuoco.
Renci riuscì a evitare con un balzo il lampo blu, che si infranse sul punto dove
si trovava il suo petto un secondo prima.
Il rumore mise in allerta i quattro compagni, che reagirono alla minaccia
cercando di impugnare le armi.
Gida sapeva però che avrebbe avuto l’occasione di un altro colpo prima di
doversi mettere sulla difensiva e, una volta stordita la sua vittima, avrebbe
“consigliato” agli altri di lasciarla andare con il suo bersaglio, se non
avessero voluto problemi.
La sua linea d’azione venne frustrata da un guizzo improvviso.
Sheen, con un balzo prodigioso, atterrò di fronte alla cacciatrice di taglie,
con la spada laser magicamente comparsa nella sua stretta. Con un unico
movimento fluido, attivò l’arma e colpì il blaster dell’avversaria. La pistola,
divisa a metà, cadde dalla mano di Gida, che per lo sbalordimento aveva mollato
la presa.
Calcolando rapidamente le proprie possibilità, la tozza twi’lek si voltò
rapidamente e si diede alla fuga. Accanto a lei iniziarono a volare numerosi
colpi di blaster, che evitò procedendo a zig-zag. Vide una freccia che la
oltrepassava, ma ciò che la preoccupava di più era il rumore di qualcuno
lanciato al suo inseguimento.
Nei suoi precedenti incarichi, non aveva mai avuto bisogno di una via di fuga,
ma aveva sempre preparato un piano per tale eventualità. Ora, estraendo dalla
cintura un coltello, lo lanciò verso l’avversario e si tuffò poi dietro una
grossa roccia.
Sheen si vide arrivare contro la lama affilata, e reagendo d’istinto si lasciò
cadere a terra, permettendo al coltello di passargli sopra. Sicuro di avere in
pugno la fuggitiva, il Jedi aggirò la roccia dietro cui si era rifugiata,
sollevando la spada laser.
Fu investito da una nuvola di polvere e, quando riacquistò la vista, distinse la
sagoma di un motospeeder lanciato a tutta velocità verso la foresta.
Disattivando la spada laser, Sheen si apprestò a tornare dai suoi compagni.
Dalia lo stava aspettando poco discosta dagli altri, e si informò sul suo stato
di salute. Dopo averla rassicurata, il padawan vide che Renci e Kyrl stavano
confabulando a bassa voce, mentre Rea era di nuovo intento a esaminare il
terreno.
«... e quindi, penso che sia giusto adeguare il compenso» terminò il twi’lek.
«Settecentocinquanta crediti a testa. Di più non ho» propose Renci. Poi, vedendo
che lo zabrak si era avvicinato, continuò rivolta a lui:
«E credo che sarebbe meglio se fossi armata! Se non fosse stato per il Jedi,
sono sicura che ora non sarei qui!»
Brontolando, Rea le allungò la pistola blaster a canna lunga, dicendo:
«Ho trovato tracce di bantha che trasportavano qualcosa di grosso. Potresti
renderti utile, seguendole» aggiunse, imbevendo di sarcasmo l’ultima frase.
Quando il gruppo fu riunito, Renci si mise in prima fila, con l’arma sguainata.
«Ah, non sprecarmi troppe munizioni!» ghignò lo zabrak.
Sul far della sera, uscirono dal labirinto di canyon e si trovarono di fronte
una pianura costellata di piccole rocce. A circa duecento metri, sulla sommità
di un pendio, videro una struttura somigliante a una gru, e del movimento al di
sotto di essa.
«Potrebbe trattarsi di un cratere, piuttosto che di un’altura» disse Kyrl. «Ne
ho visti tanti su Ryloth, il mio pianeta natale. La nave potrebbe essere là
dentro.»
Rea aggiunse:
«Sono pronto a scommettere che quelli laggiù sono i bantha che l’hanno trainata
fin qui.»
Renci sbuffò:
«Altri briganti, interessati alle navi precipitate. Che facciamo?»
Kyrl si fece avanti:
«Con il favore delle tenebre, posso procedere di roccia in roccia fino ad
arrivare sulla sommità e sbirciare quello che c’è al di là. Voi, intanto, potete
coprirmi.»
Gli altri si dissero d’accordo, con Sheen che mostrava una certa impazienza per
il fatto che, non disponendo di armi a distanza, avrebbe dovuto farsi una bella
corsa per ingaggiare battaglia.
Quando si fece buio, il twi’lek si avviò, dirigendosi verso la gru; dopo una
cinquantina di metri, il terreno prese a salire. Quando si trovò a circa cento
metri dalla cima, venne accolto da un paio di frecce che sibilarono accanto alla
sua posizione.
Volgendo lo sguardo, vide due uomini rozzamente vestiti all’interno di una buca
sul fianco del pendio, che stavano ricaricando i loro archi. Gettandosi a terra
in modo da non offrire un facile bersaglio, imbracciò la sua carabina e rispose
al fuoco.
I suoi compagni si avvidero delle bordate di energia rossa che eruttavano
dall’arma di Kyrl, e balzarono fuori per intervenire.
Sheen iniziò a correre verso il punto in cui erano diretti i colpi del twi’lek,
mentre Renci, Dalia e Rea si mossero più metodicamente, in modo da scaricare un
grosso volume di fuoco e contemporaneamente avvicinarsi.
Dopo il primo scambio, Kyrl aveva smesso di sparare, nonostante le frecce
continuassero ad atterrargli intorno; concentrandosi e regolando il respiro,
sfruttò i suoi sensibili occhi da twi’lek per prendere la mira contro uno dei
predoni.
Il Jedi era sul punto di balzare all’interno della buca per attaccare il
malvivente più vicino, quando questi fu sbalzato all’indietro, raggiunto in
pieno da un colpo di blaster. Il suo compagno si voltò, e vedendo l’intruso
all’interno del suo nascondiglio, lasciò cadere l’arco e raccolse con un guizzo
una lancia rozzamente assemblata.
Avendo perduto il suo bersaglio originale, Sheen fu colto alla sprovvista
dall’allungo dell’avversario. Con un balzo cercò di schivare l’attacco, ma la
ferita che si ritrovò sul petto dimostrò che si era mosso in ritardo.
A qualche decina di metri di distanza, Kyrl era stato raggiunto dai suoi
compagni. Rea esclamò:
«Dannazione, non possiamo sparare! Potremmo colpire il ragazzo!»
Renci lo toccò su un braccio, dicendo:
«Non ti preoccupare, le tue armi non si raffredderanno!» e indicò due sagome
munite di archi che erano comparse sulla cima dell’altura. Mentre i nuovi
arrivati incoccavano le frecce, Dalia e Kyrl li accolsero scaricando loro
addosso le armi.
Sheen, intanto, si era reso conto che la ferita era più dolorosa che mortale, e
si preparò al contrattacco. Impugnò la spada laser e l’accese; il bagliore verde
che rischiarò l’interno della buca gli mostrò l’espressione terrorizzata del suo
nemico.
«Un Jedi?» balbettò questi.
La risposta del padawan si concretizzò in un fendente dal basso all’alto che
spezzò la lancia del brigante, subito seguito da un affondo repentino che colse
l’uomo in pieno petto, trapassandolo da parte a parte. Prima ancora che il corpo
fosse caduto a terra, Sheen si avvide dei due nuovi avversari, che stavano
tempestando di frecce il punto dove erano rintanati i suoi compagni.
Rea stava attendendo il momento giusto per sporgersi e rispondere al fuoco, e a
un certo punto pensò di non poter indugiare oltre: sbucò dal nascondiglio e
puntò l’arma. Una freccia ben direzionata lo colpì all’attaccatura della spalla
destra e, con un’imprecazione, lo zabrak fu costretto a ripiegare di nuovo al
coperto.
Alla vista del compagno ferito, Dalia chiuse gli occhi e cercò di tuffarsi nel
mare tranquillo della Forza; Kyrl e Renci videro la ragazza uscire da dietro la
roccia con l’arco già teso, tirare e poi riaccovacciarsi così rapidamente che
pensarono di essersi inventati tutto. L’urlo strozzato di un brigante colpito
alla gola fece capire loro che l’attacco della strega di Dathomir aveva avuto un
completo successo.
Rimasto solo, l’ultimo furfante vide una luce verde avvicinarsi a lui da destra,
mentre da davanti continuavano a provenire i rossi colpi dei blaster. Voltandosi
per fuggire, venne raggiunto da un tiro ben mirato di Kyrl, che lo colpì alla
testa e lo mandò a capofitto dall’altra parte del crinale.
Kyrl e Renci aiutarono Rea ad alzarsi e il twi’lek estrasse da un piccolo zaino
un dispositivo elettronico chiamato medpac, e lo applicò in corrispondenza della
ferita dello zabrak. Dopo pochi secondi, Rea sentì diminuire il dolore alla
spalla offesa, e fece capire bruscamente di potersi reggere in piedi da solo.
Dalia si rivolse ai tre compagni dicendo:
«Sheen sta facendo segno di raggiungerlo in cima all’altura.»
Il ragazzo stava infatti sbirciando oltre il crinale e aveva scoperto la
presenza di un cratere di forma più o meno circolare, ampio un’ottantina di
metri. Al suo interno erano visibili quattro tende, una delle quali più grande
delle altre, un alto cumulo di rifiuti e cianfrusaglie e, quasi direttamente
sotto di loro e a poca distanza dalla base della gru, un caccia stellare.
«La mia nave, finalmente!» esclamò Renci, quando fu in grado di vedere anche
lei.
«Sei ferito» disse Dalia, senza particolare emozione.
«Sì, ma è solo un graffio» rispose il Jedi, affettando un tono maturo.
«C’è chi sta peggio, come il signor Gaarth» aggiunse, accennando verso lo
zabrak, sul quale il segno della freccia avrebbe impiegato qualche giorno a
sparire.
Rea ribatté:
«Faremo meglio ad accertarci che non ci siano altri comitati di benvenuto, e
vediamo quello che possiamo trovare in quelle tende.»
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