Incontro a Ord Mantell - parte 2

Quando riacquistò conoscenza, Renci si trovò legata di traverso sulla parte posteriore di un motospeeder, parcheggiato assieme ad altri tre davanti all’ingresso di un piccolo edificio di pietra.
I legacci che la trattenevano erano così usurati che bastò un semplice strattone per liberarsi, ma poi rimase immobile nell’udire una conversazione a breve distanza.
«Perché solo loro due possono guardare la gara? Anch’io ci ho scommesso dei soldi!»
«Qualcuno deve pur controllare la ragazza, no?»
«E perché non l’abbiamo portata dentro?»
«Perché in quella catapecchia c’entrano a malapena due persone! Se ci fossimo messi davanti all’holonet a guardare la corsa, l’avremmo urtata tante di quelle volte da riempirla di lividi, e sai bene che al capo non piace che gli roviniamo le schiave.»
«L’abbiamo colpita con quattro raggi stordenti! Secondo me, potremmo fare il giro della galassia senza passare per l’iperspazio prima che si svegli!»
Eruppero delle risa sguaiate, e poi la voce riprese:
«Io vado dentro! Ti racconterò come va a finire!»
«Escremento di bantha! Non ti darò la soddisfazione di...» e il rumore di una porta che sbatteva impedì a Renci di sentire il seguito.
Pensando di non poter avere un’occasione migliore, la ragazza scese dalla sella e diede un’occhiata intorno. Si trovava all’ingresso di Great Rock, a pochi metri da una strada affollata. Volgendo lo sguardo, cercò lo zaino e la propria arma. Non li trovò, e ritenne che non sarebbe stato il caso di entrare nella casupola per reclamare le sue proprietà.
Dopo aver frettolosamente spazzolato con le mani i suoi vestiti stropicciati, si diresse di corsa verso la strada.

«E con questo direi che siamo a posto!» esclamò con un sorriso Qexi, mentre rimetteva a posto il suo stick di credito nella tasca resa virtualmente inaccessibile dalla sua pancia prominente.
«Vedo che si sono liberati due posti a quel tavolo. Sedetevi, vi offro da bere.»
Dalia infilò il datacard nella giubba e fece segno a Sheen di precederla al tavolo. Durante il tragitto, la ragazza sentì chiaramente una mano afferrarle il sedere. Volgendo appena lo sguardo per identificare il bersaglio, ruotò di scatto su se stessa, sollevando il ginocchio. Il colpo era in grado di procurare molto dolore indipendentemente dalla fisionomia della vittima, ma era particolarmente efficace contro le razze dotate di organi riproduttivi situati nella zona dell’inguine.
Fu con notevole soddisfazione, quindi, che Dalia vide un uomo dai capelli scuri molto unti crollare a terra, portandosi le mani al basso ventre.
Quando infine si mise seduta accanto a Sheen, vide che si trovava vicina a uno zabrak così grosso che sarebbe probabilmente risultato più alto di lei anche se fosse rimasta in piedi.
«Mi sa che abbiamo terminato la missione, vero Dalia?» esordì Sheen.
«Credo proprio di sì. Una grossa perdita di tempo, se vuoi sapere la mia opinione. Non capisco che tipo di esperienza avremmo potuto fare, a parte difenderci dagli importuni» e terminò la frase indicando due persone che ne stavano trascinando una terza, chiaramente dolorante.
«Che cosa...?» balbettò Sheen.
«Ho usato... la forza» disse Dalia.
Il padawan, confuso, ribatté:
«Davvero? Io non ho percepito nulla!»
«Tu no, ma quel tizio laggiù ha percepito bene» disse la strega di Dathomir, e per la prima volta Sheen le vide sul volto un sorriso.
“Sarebbe anche bella, se non fosse che proviene da un popolo di divoratrici di uomini!” pensò il ragazzo.

L’attenzione di Renci fu catturata dal trambusto proveniente da un locale alla sua sinistra. Mentre si avvicinava alla porta, un uomo venne scaraventato fuori oltre la soglia, rotolò per un paio di metri sul terreno e rimase raggomitolato in posizione fetale, gemendo sommessamente.
“Ognuno ha i suoi problemi” pensò la ragazza mentre si infilava nel bar.
La marea di gente presente all’interno costituiva un’ottima copertura e Renci si addentrò in direzione del bancone, nel punto più lontano dalla porta. Inoltre, là dentro avrebbe avuto maggiori probabilità di trovare qualcuno che la aiutasse.

Dalia e Sheen stavano sorseggiando dai loro bicchieri, senza prestare la minima attenzione ai compagni di tavolo, quando colsero un movimento e davanti a loro, in mezzo al twi’lek e allo zabrak, comparve una giovane donna umana. Non poteva avere più di venticinque anni e aveva i capelli castani tenuti fermi da un berretto con visiera; quello che colpiva l’occhio era il livello di sporcizia di cui erano insozzati i suoi vestiti e il suo viso.
Renci si mise un dito sulle labbra e disse con voce udibile a malapena:
«Sareste interessati ad aiutare una fanciulla in difficoltà?»
Dopo qualche secondo di sbigottimento, il twi’lek rispose:
«Che cosa si dovrebbe fare?»
Renci iniziò a raccontare:
«Sono un’esploratrice spaziale, e mi guadagno da vivere tracciando mappe di pianeti e sistemi stellari. Stavo ripartendo da Ord Mantell con alcune informazioni importanti, quando il sistema di guida del mio Z-95 Headhunter ha deciso di prendersi una vacanza. Sono riuscita a effettuare un atterraggio di fortuna nelle desolazioni rocciose e sono partita per raggiungere Great Rock, dove avrei potuto assoldare qualcuno per scortarmi indietro alla mia nave e ripararla.»
Dalia si intromise nella conversazione:
«Scusa, per arrivare qui non hai avuto bisogno di protezione?»
«Mi sono imbattuta in un gruppo di briganti, che infestano il pianeta come parassiti il pelo di un bantha. Volevano portarmi dal loro capo, ma durante una sosta sono riuscita a fuggire.»
Lo zabrak aveva seguito lo scambio di battute con uno sguardo poco interessato; rivolgendosi a Renci, disse:
«Supponiamo che ti scortassimo alla tua nave e la riparassimo. Noi che ci guadagniamo?»
Dalia e Sheen si domandarono contemporaneamente a chi potesse riferirsi il gigantesco zabrak con quel plurale, quando notarono che la folla nei pressi della porta si era divisa in due ali. Erano ora chiaramente distinguibili due uomini, uno alto e magro, l’altro basso e tarchiato, che indossavano una sorta di camicia grigia e rossa, alquanto vistosa.
Renci si accucciò dietro il tavolo e indicandoli, disse:
«Sono due di quelli che mi hanno rapito. Vi offrirò cinquecento crediti a testa, se mi aiutate a tornare alla mia nave e la riparate.»
Lo sguardo dello zabrak divenne improvvisamente più attento, e si alzò in piedi facendo scivolare la mano destra al fianco, dove era appesa una pistola blaster.
Il twi’lek appoggiò una mano sulla spalla di Renci e le sussurrò:
«Rimani al coperto.»
Quindi si alzò, e la ragazza notò la carabina appesa alla schiena della creatura e il coltello alla cintura.
Dalia e Sheen, intanto, si erano scambiati un altro sguardo dubbioso e, quando volsero di nuovo l’attenzione ai due che erano entrati, capirono che erano diretti proprio verso di loro.
Con una scrollata di spalle, Sheen si alzò in piedi scostando gli abiti, in modo da mostrare la spada laser che portava al fianco.
Dalia, per parte sua, rimase tranquillamente a sedere, rivolta verso i due uomini in avvicinamento.
Quando fu a ridosso del tavolo, il più alto dei due indicò oltre il bordo dove Renci stava tentando invano di diventare invisibile.
«Stiamo cercando quella ragazza. Consegnatecela!»
La mano dell’uomo volò alla fondina del blaster e, di colpo, tutte le discussioni all’interno del locale cessarono.
Gonfiando il petto e guadagnando così qualche altro centimetro, lo zabrak rispose con voce stentorea:
«Io non vedo nessuna ragazza!» e volse la testa a destra e a sinistra, in modo da spaziare per tutto il locale.
Il malvivente più piccolo sbiancò visibilmente alla vista della torreggiante creatura e afferrò il compagno per la manica, sussurrando:
«Forse è meglio se ce ne andiamo!»
L’altro si tolse bruscamente la mano dal braccio e, piegandosi per guardare meglio oltre il tavolo, disse:
«Sono sicuro di averla vista qui.»
Dalia, ancora seduta, si rivolse a lui dicendo:
«Io l’ho vista.»
Renci ebbe un tuffo al cuore, mentre lo sguardo dello zabrak si faceva impercettibilmente più minaccioso, e Sheen faticava a celare la sorpresa.
Quando ebbe ottenuto l’attenzione del sudicio brigante, la strega di Dathomir effettuò un breve gesto semicircolare con la mano destra, e affermò con risolutezza:
«E’ uscita dal locale pochi attimi dopo che siete entrati.»
La fronte corrugata dell’umano si distese e, ignorando il gruppo seduto al tavolo, si girò verso il compagno:
«Mi è sembrato di averla vista uscire dal locale poco dopo che siamo entrati.»
Terminata la frase, si diresse verso l’uscita, trascinandosi dietro il brigante tarchiato.
Sheen si affrettò a cancellare il sorriso che gli era affiorato alle labbra quando si accorse che Dalia lo stava guardando.
Rimettendosi seduto, lo zabrak chiese:
«Allora, dove eravamo rimasti?»

Ora che le conversazioni all’interno del bar erano riprese, Renci si sentì rassicurata nel continuare:
«Dispongo di uno stick di credito per le emergenze, in un comparto segreto nella stiva del mio caccia. Se voi quattro siete disposti ad accompagnarmi alla nave e a ripararla, vi potrò pagare quando saremo sul luogo del mio atterraggio di fortuna.»
«Quanto tempo ci vorrà per arrivarci?»
«Si era parlato di cinquecento crediti, mi pare.»
Il twi’lek e lo zabrak parlarono contemporaneamente, e Renci rispose:
«Avevo ipotizzato un viaggio di un giorno o poco più. Sicuramente, dovremmo passare una notte all’aperto a meno che voi non disponiate di un veicolo.
Sì, l’offerta è quella, ma potrò pagarvi solo quando raggiungeremo la nave, come vi ho detto.»
Sheen si sporse verso Dalia e mormorò, pieno di aspettativa:
«Che facciamo, la aiutiamo? Non mi dispiacerebbe per niente.»
Ripensando alla conversazione avuta con Kirana Ti, la ragazza disse:
«Potrebbe essere una buona occasione per fare esperienza. Per me va bene.»
Mentre il padawan e la strega confabulavano, lo zabrak e il twi’lek avevano accettato la proposta dell’esploratrice, che chiese:
«E i vostri amici?», e indicò i due che parlavano.
Il twi’lek rispose:
«Onestamente, non sono nostri amici. Anzi, non li conosco proprio.»
In quel momento, Dalia si rivolse a Renci:
«Noi due siamo d’accordo nell’accompagnarti, ma servirà che qualcuno di loro sappia trafficare con le navi spaziali, se bisognerà ripararla.»
«A quello posso pensare io!» esclamò lo zabrak.
«Comunque credo che, se dobbiamo viaggiare insieme, sarà meglio fare delle presentazioni. Io sono Kyrl Talah» disse il twi’lek.
«Il mio nome è Dalia Lyx» aggiunse la strega di Dathomir.
«Io sono Sheen Ryu, e sono un apprendista padawan su Yavin 4.»
«Rea Gaarth» disse l’enorme zabrak.
«Piacere di conoscerti, Kyrl! Salve, Rea!» esclamò gioviale Sheen.
«Ragazzo, per te io sono il signor Gaarth» affermò recisamente il gigante.
La giovialità del giovane Jedi si smorzò in un lampo.
Percependo la tensione, Renci disse:
«Io sono Renci Tosh. Ora, dato che siamo tutti d’accordo, direi di mangiare e partire appena possibile. Se camminiamo di buona lena, potremmo raggiungere la mia nave nel primo pomeriggio di domani.»

La massiccia twi’lek dalla pelle azzurra aveva un’espressione bramosa sul viso, reso inquietante dalla cicatrice che le percorreva verticalmente il viso dalla fronte alla bocca, in corrispondenza dell’occhio sinistro.
«E per il pagamento?» incalzò.
Il piccolo e grasso brigante, dopo aver provato l’intimidazione di uno zabrak tatuato alto due metri, non intendeva ripetere l’esperienza nello stesso giorno, soprattutto in un vicolo scuro.
Infatti, se il mastodonte era una vista a lui ignota, la cacciatrice di taglie chiamata Gida Luroon era fin troppo conosciuta nell’ambiente criminale di Ord Mantell.
«Il mio signore ha già provveduto alla consegna, con le solite modalità» balbettò l’uomo.
«Se questa Renci Tosh non è completamente stupida, non si avventurerà da sola nelle desolazioni rocciose, sempre che sia quella la sua intenzione» disse la twi’lek, la cui corporatura non era assolutamente paragonabile alle leggiadre danzatrici per cui la sua razza era famosa.
«Il mio signore vuole che la ragazza sia consegnata viva» azzardò il brigante.
«Se la cattura implicasse l’eliminazione di altre persone, il compenso dovrà essere aggiustato!» terminò la twi’lek, allontanandosi in direzione della periferia di Great Rock.
Il malvivente rimase a guardare la schiena di Gida, mentre pensava a come riferire al suo datore di lavoro il nuovo sviluppo della trattativa.

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