King Arthur.
<In breve>
La scelta di raccontare quella che 'sarebbe' la storia dietro la leggenda dei
Cavalieri della Tavola Rotonda, si dimostra più o meno felice come quella di
esportare la democrazia in Iraq. Ne segue infatti un film che vorrebbe essere
epico, ma che alla prova dei fatti si dimostra pallosissimo, con una trama che
fa acqua da tutte le parti, attori che, salvo un paio d'eccezioni, fanno
seriamente rimpiangere i protagonisti del
Signore degli Anelli (il che è tutto dire) e che non riesce a entusiasmare
nemmeno un po'. I dialoghi poi... meglio non parlarne: al di là del piattume e
dello stereotipato fintissimo, colpiscono in quelli che dovrebbero essere i
momenti topici della pellicola le solite battute becere e stereotipate, quelle
tirate su giustizia, amore, fedeltà e onore che generalmente fanno strage fra i
diabetici che hanno scordato a casa
l'insulina. Per un attimo lo spettatore maschio spera in una virata nel trash
spinto e caciarone della Maledizione Della Prima Luna, con la Keira Knightely /
Ginevra in veste supereroina vendicatrice tarantinesca, ma poi si sveglia sudato
e si ritrova davanti la cruda realtà del film, che fa quasi rimpiangere 'Il
Primo Cavaliere' - ho reso l'idea, vero? Da evitare come la peste.
<Sarmazia, circa 300 d.C.>
L'esercito romano fa amorevolmente a fettine la cavalleria indigena. Dato che
comunque i Sarmati si sono comportati da Veri Guerrieri(TM), i Romani decidono
di salvar la vita dei superstiti: mandano quindi lì il loro strozzin... ehm
negoziatore di fiducia, concludono un patto vantaggioso per entrambi (ma
soprattutto per loro :look: ) e se ne tornano a libare all'ombra del Colosseo,
contenti per aver conquistato un posto insignificante e inutile a prezzo di non
si sa quanti caduti (si sa, i Romani non avevano il concetto dello Zero, e
quindi non era facilissimo per loro far di conto).
<Passano150 anni.>
In un villaggio sarmato arrivano i centurioni romani, per riscuotere il
pagamento di cui si accennava sopra; un ragazzino che si chiama Lancillotto
viene reclutato per servire nella cavalleria romana: gli antenati sconfitti
avevano infatti accettato di unirsi all'esercito romano, impegnando non solo se
stessi, ma pure i loro discendenti fino alla mille-millesima generazione (le
colpe dei padri...) Il ragazzino si avvicina al reclutatore e a quel punto fa
una domanda che forse avrebbe dovuto risparmiarsi: 'fra quanto potrò tornare a
casa?' Il Sergente Hartman se lo guarda dall'alto in basso, sgrana un sorriso da
squalo, e gli risponde angelico: 'la tua ferma durerà 15 anni, ai quali
ovviamente dovrai aggiungere svariati mesi necessari a portarti dal Buco Del
Culo Del Mondo dove ti trovi ora, a Quell'Altro Buco Del Culo Del Mondo dove
presterai servizio: la Britannia'. '15 anni? Alla faccia della leva!? ' commento
a caldo del tizio che mi sedeva accanto :look:
<15 anni dopo...>
Il Vescovo Germanius è in viaggio su un ammennicolo assurdo, che ricorda il
carretto di un truffatore del West, uno di quelli che vendevano gli elisir
contro tutti i mali; la meta è il Vallo Di Adriano. Il vescovo è un personaggio
importantissimo, e per questo viaggia in territorio ostile con una scorta di 6
legionari, un novizio e una controfigura (per farvi un'idea: avete presente i
sosia di Bush che scorrazzavano per Roma quando lo scimmione c'ha fatto visita?)
L'alto prelato viene ovviamente attaccato da un'orda di Wodt, popolo celta
vagamente incazzato con i Romani, e altrettanto ovviamente la scorta ridicola
viene maciullata dai terroror... ehm, dai nemici. È a questo punto che arrivano
i Magnifici Sette: Artù, Lancillotto, Tristano, Gawain, Galahad, Bors e Dagonet,
che piombano su dozzine di Wodt armati fino ai denti maciullandoli
adorabilmente. Per dovere di cronaca occorre dire che nel bosco frattanto fa la
sua comparsa Merlino, che sembra il Charlton Eston / Mosè de 'I Dieci
Comandamenti' spalmato di fango e con un tatuaggio in fronte; da bravo druido,
non perde l'occasione di dire qualche incomprensibile scemenza di circostanza.
Cambia la scena, i Cavalieri tornano al Vallo fra battute da caserma
sull'uccello di Bors, mentre Tristano, a metà fra San Francesco e Del Piero
parla amabilmente col suo, di uccello (che, a dispetto di quello che credete, è
un falco da caccia). Arrivati all'accampamento, l'amabile vescovo, navigato
politico dall'appeal che definirei fra lo schifanesco e il bondiano, arriva con
una faccia da culo degna del peggior portaborse, chiarendo al caro Artorius che
se vuole congedare i suoi uomini, questi dovranno compiere un'ultima missione
per la gloria di Roma.
Artù, da personaggino integro ma pur sempre realista, si congeda dal Serpente in
abito talare per eseguire; raggiunge gli altri, intenti a bere come spugne e a
divertirsi con la compagna e gli 11 bastardelli di Bors, che assomiglia più ad
un incrocio fra Gimli e Thomas Milliam, che non ad un cavaliere della Tavola
Rotonda (qui presentata come oggetto sacrilego che non permette al caro serpente
di cui sopra sedersi nel giusto posto che gli compete che secondo lui sarebbe a
capotavola, mentre cavalieri e spettatori lo infilerebbero più volentieri in un
porcile). I sei compagni di Artù, come c'era da aspettarsi, hanno i coglioni un
tantino girati, vuoi perchè hanno sgobbato in maniera tutt'altro che spontanea
per 15 anni al servizio di Roma, vuoi perchè la missione assegnata loro è un
vagamente suicida: i Sassoni infatti stanno invadendo la Britannia e a loro
tocca portare in salvo un funzionario romano il cui figliuolo è indicato come
'papabile' per la successione al Soglio Pontificio. Cosa c'è di suicida nella
missione? Semplice, gli imbecilli in questione abitano a ***Nord*** del Vallo di
Adriano (nel bel mezzo del territorio dei Wodt) e quindi i Magnifici Sette non
solo si ritrovano a dovere affrontare la minaccia incombente dei
Sassoni-Leghisti, ma pure quella certa e immediata dei Celti. :scratch: E qui si
intuisce subito che David Franzoni (lo sceneggiatore) e Antoine Fuqua (il
regista) non hanno intuito la lezione dei Fratelli Wachowski (Matrix): se
proprio devi infilare nella trama una cosa talmente illogica, stupida e forzata
da oltrepassare perfino il livello di 'stronzata colossale', almeno rimbambisci
gli spettatori con 20 minuti di combattimenti ultraspettacolari, effetti
speciali a gogo e belle gnocche in vestiti di pelle attillata come se piovesse:
qualsiasi cosa pur di non lasciare alla platea il tempo di riflettere sulla
trama. Il dinamico duo invece ci propina l'ennesima visione epica e lentissima,
con Artù che prega, Lancillotto che lo prenderebbe volentieri a schiaffoni, i
cavalieri che si preparano e attraversano il Vallo in pompa magna; il pubblico
ha quindi modo di pensare a tutti i buchi logici, incavolarsi a morte per
l'evidente presa in giro e soprattutto di annoiarsi; qualcuno si consola
slinguazzandosi con il partner, cercando di tener fuori dal cervello la pappina
proiettata in dolby surround, ma è una lotta dura. I Magnifici Sette frattanto
attraversano un bosco, dove vengono messi in mutande dai Wodt, che però invece
di farli 'a fettine sottili sottili che non potete dire di no' li risparmiano
all'ultimo momento, su suggerimento di Merlino che ha appena avuto una visione
mistica provocata dalla troppa peperonata di cozze.
Frattanto i Sassoni sono sbarcati dalle parti della Scozia e si preparano a
lasciar dietro di sé terra bruciata, cadaveri come se piovesse e manifesti
elettorali della Lega Nord (a conferma del fatto che non c'è mai limite al
peggio).
I nostri eroi arrivano quindi alla meta, dove scoprono che il babbo del futuro
papa non solo è amabile più o meno come il vescovo di cui sopra, ma che a
livello di stupidità è in grado di dare la paga anche allo sceneggiatore del
film: con un'armata 'che più ostile non si può' in arrivo, vorrebbe infatti
restarsene lì come se nulla fosse, convinto che Dio lo salverà.
Artù e soci hanno le palle un tantino stracolme e decidono di caricarselo a
forza, assieme ai poveracci che fino a quel momento hanno avuto la sventura di
servire l'imbecille in questione.
A conferma del fatto che il tizio è anche un po' (tanto) figlio di puttana, si
scopre che ha murato vivi un paio di monaci e alcuni Wodt per garantir loro
l'accesso in Paradiso. La scena che i Magnifici Sette si ritrovano davanti è un
po' un incrocio fra la fiction de 'Il Nome della Rosa' e la reality di Abu
Ghraib. Dalla cripta sotterranea tirano fuori appena due superstiti (un
ragazzino in odore di adozione da parte di Dagonet e la gnocca del film, la
Keira Knightley/Ginevra che finora mancava all'appello), salvo poi rimurare vivi
i monaci invasati. Tristano non è pazzo, si rende conto che con i Wodt nei
boschi e i Sassoni
alle spalle c'è poco da stare felici, che la cosa migliore da fare sarebbe
caricare su un cavallo i patrizi romani e darsela a gambe, ma Artù non ne vuole
sapere: deve salvare tutti i poveracci dell'accampamento, quindi tutti assieme
partono prendendo una strada impervia fra le montagne, con seguito di carretti e
indigenti (mentre alle loro spalle stanno arrivando i Sassoni incazzati come
furetti).
Tristano Del Piero continua a parlare con il suo uccello, Lancillotto e Artù
guadano fra il paterno e l'arrapato la bella Ginevra, mentre il patrizio romano
continua a berciare su quello che farà non appena arrivato al Vallo (i.e. fare
appendere i Magnifici Sette per le palle). A questo punto nel bosco riappare il
Mosè infangato, che fa un discorso profetico-incomprensibile all'Artù un po'
romano, un po' bretone.
Artù appare tutt'altro che convinto, vuoi perchè Merlino lo vuole convincere a
guidare i Wodt (avete presente, quelli che fino a 10 minuti prima erano i nemici
di Artù?) contro i Sassoni, vuoi perchè si scopre che è stato proprio Merlino a
guidare la scorribanda Wodt durante la quale ha perso la vita la mamna (bretone)
del caro Artorius (la scena con l'estrazione di Excalibur dalla tomba del babbo
ve la risparmio, siatemente grati).
Il battibecco si conclude con un nulla di fatto; Artù torna all'accampamento
dove scopre che il romano cattivo sta puntando un coltello alla gola del
ragazzino adottato da Dagonet, nell'intenzione di ricattare i Magnifici Sette. A
questo punto entra in sceMa Keira/Ginevra che tira fuori dal nulla un arco,
infilza il romano cattivo e guarda di traverso il futuro papa, con un
inequivocabile sguardo della serie: 'se apri bocca infilzo anche te'.
Frattanto i Sassoni sono sempre più vicini e i 'nostri' sempre più nella merda.
Il convoglio arriva ad un lago ghiacciato, unica via verso la salvezza. E' a
questo punto che si alzano le luci.
La platea confusa non fa in tempo a chiedersi da quando ci sia l'intervallo
anche al Warner Village, che i telefonini si mettono a squillare tutti
contemporaneamente.
Gli spettatori imbarazzati si guardano con espressioni da merde umane,
farfugliando che loro avevano spento i portatili, fanno per spegnerli, ma i
maledetti aggeggi continuano a squillare a spron battuto.
La platea risponde imbarazzata. Parte un messaggio pre-registrato:
'Gentile Spettatore, grazie ad un fantascientifico accordo fra il Produttore
Jerry Bruckheimer e la 'Magia Nera S.p.A.' siamo lieti di annunciarle con questo
rivoluzionario sistema mistico-tecnologico ereditato dalle telefonate minatorie
di The Ring, che il genio del nostro sceMeggiatore preferito ha in programma un
mirabolante colpo di scena: i buoni attraverseranno il lago ghiacciato e subito
dopo il lastrone cederà,
permettendo ai buoni stessi di togliersi i Sassoni dalle spalle. Ahi noi il
tutto comporterà il sacrificio di Dagonet, il quale si sacrificherà rimanendo
indietro per prendere a mazzate la lastra di ghiaccio che proprio si ostina a
non cedere senza un congruo sacrificio. Durante la scena i nostri favolosi
addetti ai dialoghi infileranno un piccante battibecco fra Ginevra e
Lancillotto:
<lui> certo che sono tanti
<lei> non avere paura: non permetterò che ti violentino
Nella speranza di avervi fatto cosa gradita con questo innovativo
servizio/spoiler, vi ringraziamo per i 7.50 Euri del biglietto'.
Il pubblico riattacca perplesso e il film ricomincia.
E' a questo punto che lo sceMeggiatore ci propina il colpo di scena più
telefonato della storia del cinema.
I Magnifici Sette (il sette è un numero mistico, quindi per un Dagonet che è
andato, è arrivata una Ginevra a far da rimpiazzo) arrivano al Vallo, si beccano
i complimenti del Serpente, i sudati congedi e decidono di fare i bagagli
assieme a tutto il resto dei presenti.
Artù è combattuto e approfitta dello smarrimento morale per bombarsi la dolce
Keira.
Il sesso si sa, è un afrodisiaco potente e soprattutto è in grado di
rincoglionire qualsiasi uomo.
Quindi mentre tutti fanno i bagagli, Artorius si veste da legionario, pronto a
sfidare i Sassoni ormai alle porte del Vallo.
I Romani e i Sarmati congedati tagliano la corda.
I Wodt nel bosco (misteriosamente passati al-di-qua del Vallo) si preparano a
vender cara la pelle.
I Sassoni son lì che pregustano la devastazione, mentre vengono intrattenuti da
un discorso bossiano del loro leader troglodita.
Artù in alta uniforme si arrampica su una collina e sfida i Sassoni.
Il condottiero nemico lo provoca esponendo una bandiera bianca e invitandolo a
parlare.
Artù si fruga nelle tasche, tira fuori un comodo telecomando e il portone nel
Vallo si spalanca come per magia.
Esce, in territorio ostile, scambia un paio di 'cazzate di circostanza' con il
leader della Lega e se ne torna al di qua del Vallo, richiudendo il portone con
il comodo telecomando.
E' a questo punto che la platea si domanda come mai l'innovativo servizio di
anticipazione dei colpi di scena più telefonati della storia non abbia ancora
avvertito del celere ripensamento dei Cavalieri Sarmati.
Questa legittima domanda non avrà risposta.
Sta di fatto che i compagni di Artù se ne tornano indietro, non senza che Del
Piero liberi il suo uccello :look:
E se pensate che finora la trama abbia fatto acqua da tutte le parti, v'avverto
che sta per essere messo in scena il naufragio del Titanic.
Nell'ordine:
Artù arringa i suoi amici con il classico discorso che fa cadere le braccia
il portone del Vallo si spalanca di nuovo
il leader leghista manda in avanscoperta i superstiti della scena del lago
ghiacciato, tutti ad eccezione del figlio, segno che il nepotismo non è
un'esclusiva di Roma Ladrona :look:
il portone si richiude alle spalle degli invasori (comodo il telecomando Faac,
no?)
i Wodt nascosti nel bosco bersagliano i sassoni con una pioggia di frecce,
mentre Artù e soci li falciano con non chalance, nascosti dal fumo dei fuochi
appiccati dai Romani in fuga (uno si potrebbe chiedere come mai le frecce dei
Wodt cadano solo e soltanto sui Sassoni, la risposta va ricercata nell'apposita
pozione magica preparata da Merlino-Panoramix)
un unico superstite leghista torna dal capo a fare rapporto
il Sassone infuriato decide di dar battaglia con tutto l'esercito
Tristano con un chiaro esempio di 'freccia a ricerca di calore' fa bellamente
fuori una spia che s'era nascosta su una quercia a 25 km di distanza
i Sassoni dilagano, e qua il colpo di genio della tattica: i romani hanno
spalmato il cardo dell'accampamento di pece, che i incendieranno con delle
frecce per dividere in due l'esercito nemico; frattanto la cara Keila si
permette un sensuale ammiccamento alla telecamera subito prima di scoccare una
delle sue frecce fatali (il pubblico sbavante ringrazia per il fan service)
seguono 10 minuti di scene di battaglia tutte uguali e tutte già viste in altri
80 film (dove però erano realizzate meglio)
ad un certo punto Ginevra è insidiata dal figlio del leader leghista;
Lancillotto si getta al salvataggio ma finirà infilzato dalla balestra del
vil nemico, non prima però di aver ricambiato il favore lanciando una delle sue
daghe
il Senatur nel frattempo si trastulla decapitando Tristano sotto gli occhi di
Artù, che come da copione corre infuriato e fa vendica l'amico
a questo punto i leghisti vengono ovviamente maciullati dai Wodt.
Chiude il tutto il classico lieto fine smielato: Artù viene incoronato Re dei
Britanni (popolo che fino a 10 giorni prima si divertiva a maciullare in tutta
allegria), si sposa Ginevra sotto gli occhi dei compagni d'arme, mentre un Bors
rassegnato si decide a chiedere la mano della sua signora, la quale non strappa
certo le vesti all'idea di sposarsi un maiale del genere.
Seguono titoli di coda, il pubblico si alza dapprima con un sospiro di sollievo,
che ben presto si trasforma in una valanga di improperi.