Le foto.
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Foto relative alla cattura e alla fucilazione (RARISSIME).
La condanna a morte e l'esecuzione di Starace costituiscono uno dei tanti sanguinosi arbitrii di cui fu piena la cronaca di quei giorni. L'ex segretario del PNF, infatti, non aveva ricoperto alcuna carica durante la RSI. Inviso, anzi, a molti fascisti repubblichini, che lo accusavano di aver provocato con le sue direttive la progressiva paralisi subita dal partito durante il ventennio fascista e culminata nell'improvviso tracollo del 25 luglio 1943, Starace era stato persino detenuto per alcun mesi nel carcere di concentramento di Lumezzane (Brescia). Ma era stato poi rimesso in libertà perché, alla fine, era prevalso il concetto che egli non poteva essere processato per aver imposto ai fascisti una coreografia e un costume che erano stati accettati da tutti senza discutere. Tornato libero, Starace aveva trovato alloggio a Milano ma viveva poveramente, con un piccolo sussidio che gli veniva passato dalla Federazione fascista. Catturato dai partigiani e sottoposto al giudizio sommario di un "tribunale del popolo", volle assumersi tutte le responsabilità che gli venivano attribuite per essere stato uno dei massimi esponenti del regime e non rinnegò, al nemmeno in punto di morte, la sua fede all'ideologia fascista.