Articoli vari.
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Starace, la verità sulla fine del gerarca fedelissimo (da "Il Giornale" del 13/03/2002) |
Achille
Starace non venne arrestato per la strada mentre faceva footing, in una sorta di
estremo delirio psicofisico, quasi incurante della tragedia storica che si stava
consumando attorno a lui: la morte del Duce e la fine del fascismo. Fu invece
prelevato dai partigiani in una stamberga, una pensioncina di quart'ordine.
Stralcio dell'introduzione del libro "Starace - il mastino della Rivoluzione fascista". |
"Nella galleria dei gerarchi di Mussolini, la figura di Achille Starace è stata tra le più malamente interpretate, complice una vulgata che, iniziata nel Ventennio stesso, non ha mai cessato di caricaturizzarla. Dal 1945 a oggi, ogni volta che ci si è occupati di Starace, lo si è messo idealmente davanti al plotone d'esecuzione, rinnovando gli stereotipi che sono stati tramandati su di lui: lo si è rappresentato invariabilmente come uomo volgare e come caporale di giornata, una sorta di articolo da caserma di quell'avventura totalitaria tradotta nella cifra della commedia all'italiana che fu il fascismo. Le barzellette su Starace circolate negli anni in cui questi fu il numero due del regime, hanno di fatto formato nell'immaginario popolare l'idea che costui fosse stato un cretino obbediente e un cafone incorreggibile. In fondo, a Starace è toccata la medesima sorte che, misteriosamente, ricevono le personalità politicamente forti che la natura non ha dotato di statura adeguatamente marziale: basti pensare alla quantità di facezie e di barzellette che durante la Prima Repubblica sono girate sul conto di Amintore Fanfani, il più gollista dei democristiani italiani, ma certo molto meno alto del generale francese. Starace fu qualcosa di assai diverso da una macchietta. Il bersagliere di Gallipoli fu il mastino della rivoluzione di Mussolini. Creò il mito del fascismo come perfetto modello di vita, obbligò gli italiani a indossare l'orbace, impose il "voi" al posto del "lei", abrogò la stretta di mano in favore del saluto romano e istituì il sabato fascista. Trasformò in pratica l'Italia in una grande caserma, guardando soprattutto allo sport come a un metodo per educare generazioni disciplinate, ridestando l'indole guerresca del popolo italico, discendente degli invincibili legionari romani. Fantasioso inventore e supremo organizzatore della liturgia fascista, inaugurò il rito del saluto al Duce in tutte le adunate del regime. Fedele a Mussolini fino all'adorazione, ma non per questo completamente ottuso e incapace di pronunciare una parola franca al cospetto del suo capo, fu il regista coerente del culto della personalità. Certo, Starace, in questa paranoia di divise e di mostrine, di adunate oceaniche e di parate al passo dell'oca, fu l'artefice forse inconsapevole della depoliticizzazione e dello svuotamento del partito fascista, inglobato nello Stato e divenuto un docile strumento di propaganda completamente asservito al Duce tanto da esserne il megafono.Ma non lo si può ridurre a semplice comparsa nel grande teatro dell'Italia mussoliniana. Eroe di guerra, uomo di potere ma anche caratterialmente incline a una certa bonomia, Starace fu un gerarca leale e fondamentalmente onesto, generoso senza alcuna riserva nel servizio all'idea in cui credeva. Averlo rappresentato come una sorta di interprete imbecille di un credo a lui anche intellettivamente superiore, o peggio come esecutore cieco di ordini, è stata un'operazione storicamente infondata e mistificante. Riducendolo alla misura di un individuo servile, si è tramandata un'immagine falsa di Starace, mettendo oltretutto in ombra le ragioni per le quali egli, dopo il 1939, cadde drammaticamente in disgrazia presso il Duce conoscendo molte umiliazioni e l'emarginazione quasi totale. Achille Starace fu invece tutt'altro che un cretino salito ai vertici della politica per un fortuito caso della storia. Egli fu innanzitutto un rivoluzionario coerente, anzi fu uno dei pochi gerarchi del Duce a credere fino in fondo alla necessità di trasformare l'italiano in un uomo nuovo, funzionale alla missione storica che il fascismo assegnava a se stesso per lo sviluppo della nazione. Di convinzioni antiborghesi e antiliberali, Starace fu il pungolo, la spina nel fianco che il regime assegnò agli italiani per impedire ogni fisiologico adattamento a equilibri che segnassero un abbassamento della temperatura rivoluzionaria, un intorpidimento della coscienza collettiva. Ben più che una sentinella dell'idea marciante e trionfante del fascismo, Starace fu un intrepido agente di trasformazione, un grande formatore di coscienze, all'interno dello spazio politico delle organizzazioni sociali e dei coreografici eventi di massa di cui fu infaticabile programmatore e promotore. Se le debolezze e i tic di Starace ce lo rendono talora perfino umanamente simpatico, altra cosa è una oggettiva ricognizione di fenomeni storici complessi e la ridiscussione di schemi interpretativi inadeguati e fuorvianti. La categoria demonologica del nazifascismo, che ancora grava pesantemente sul nostro clima culturale determinando i più ricorrenti schemi di riferimento mentali, non può e non deve intervenire a piegare a fini ideologici la corretta interpretazione dei fatti. Questo lavoro si propone, perciò, a beneficio del pubblico interessato a una rilettura del nostro passato, al fine di restituire una luce più vera e obiettiva alla figura storica di un personaggio ampiamente travisato, vittima di un'autentica dannazione della memoria."