A.I.
(A.I.) 2001
La sigla "A.I." significa "Artificial Intelligence", intelligenza artificiale, titolo di un progetto di Kubrick mai realizzato. Tale film, basandosi su di un racconto di Brian Aldiss, sarebbe dovuto essere stato ambientato in un ipotetico futuro nel quale le calotte polari si siano sciolte, sommergendo buona parte delle terre emerse, avendo come protagonista un robot desideroso di diventare umano, in una sorta di favola di Pinocchio in chiave futuristica.
Attualmente Spielberg che già dalla precedente anno aveva preso in mano il lavoro, ha concluso il suo film che è uscito questa estate nelle sale americane, è stato presentato in anteprima europea al Festival di Venezia, e si prevede che in Italia sarà in programmazione dai primi di ottobre.
Esiste un sito ufficiale del film http://aimovie.warnerbros.com nel quale già da tempo si trova la locandina originale oltre trailer.
A quanto pare lo stesso Kubrick aveva indicato Spielberg come regista ideale del suo progetto, e Spielberg aveva promesso di rispettare e seguire, per quanto gli sia possibile, la visione che Kubrick avrebbe avuto del film.
Da ciò che si è sentinto, A.I. sembra sia stato diretto da uno Spielberg "diverso" dalla Spielberg tipico dei suoi precedenti film; ma Spielberg non sarà mai Kubrick, nonostante le varie citazioni che deve avere incluso in questo suo ultimo lavoro.
Agli ammiratori dell'Opera di Stanley Kubrick rimane il rammarico che tale progetto non sia stato l'ennesimo lavoro del grande regista.
Qui sotto è riportata la versione italiana del racconto di Aldiss. Il racconto è seguito nella prima parte del film: la sceneggiatura scritta da Spielberg infatti si rifà anche ad altri due successivi racconti scritti da Aldiss, dove si sviluppa la storia dell'androide David e del suo orso robotico Teddy.
Supertoys
che durano tutta l'estate
di Brian W. Aldiss
Nel giardino della signora Swinton era sempre estate. I delicati
alberi di mandorle che gli facevano ombra erano sempre in fiore.
Monica Swinton staccò una rosa color dello zafferano e la
mostrò a David.
- Non è incantevole? - gli chiese.
David la guardò e sorrise senza rispondere. Afferrò il fiore e
corse lungo il prato, per scomparire dietro il canile, dove era
in attesa il tosaerba-coltivatore, pronto a potare, spazzare e
accorrere dove era necessario. La signora Swinton rimase sola
sull'impeccabile sentiero coperto di ghiaia di plastica.
"Eppure, ho sempre cercato di volergli bene" pensò.
Quando si decise a seguire il bambino, lo trovò in cortile,
intento a spingere la rosa sull'acqua della piscina, come se
fosse una barca. Era rosso in faccia, stava in mezzo all acqua, e
non s'era tolto i sandali.
- David, caro, devi sempre essere così insopportabile. Vieni
subito dentro a cambiarti le calze e le scarpe. Il bambino la
seguì fino a casa, senza protestare, con i capelli neri che
sobbalzavano all'altezza del suo fianco. A tre anni d'età, non
aveva più paura dell'asciugatore ultrasonico in cucina. Ma prima
che la madre potesse portargli un paio di pantofole, si
divincolò e sparì nel silenzio della casa.
Probabilmente era andato a cercare Teddy.
Monica Swinton, ventinovenne, figura aggraziata e occhi tristi,
andò e in soggiorno, accomodando con eleganza le gambe.
All'inizio sedeva e pensava, presto si limitò a sedere. Il tempo
era in agguato alte sue spalle con il sorriso maniaco che
riservava ai bambini, ai pazzi e alle mogli i cui mariti sono
fuori, a cambiare il mondo in meglio.
Quasi per riflesso, allungò la mano e cambiò la lunghezza
d'onda della finestra. Il giardino svanì; al suo posto comparve
un pezzo del mondo esterno, pieno di gente che l'affollava, di
cartelloni e edifici, ma lei tenne il rumore al minimo. Era sola
come prima. Un mondo sovraffollato è il posto ideale per essere
soli.
I direttori della Synthank consumavano una pantagruelica
colazione per festeggiare il varo del loro nuovo prodotto. Alcuni
di loro portavano sulla faccia le maschere di plastica popolari
in quel momento. Tutti erano elegantemente sottili, nonostante il
ricco cibo e le bevande che ingurgitavano. Anche le loro mogli
erano elegantemente sottili, nonostante il cibo e le bevande che
consumavano. Una generazione più vecchia e meno sofisticata li
avrebbe etichettati come i VIP, a parte gli occhi. Occhi freddi,
calcolatori.
Henry Swinton, direttore generale della Synthank, si guardò
attorno prima di iniziare il discorso.
- Mi dispiace che tua moglie non sia con noi ad ascoltarti -
disse il suo vicino.
- Monica preferisce stare a casa, a pensare alle cose belle -
rispose Swinton, senza perdere il sorriso.
- Una così bella non può che pensare alle cose belle -
continuò il vicino.
"Togliti dalla testa mia moglie, porco", pensò
Swinton, anche ora senza smettere di sorridere.
Si alzò tra gli applausi, per tenere il discorso.
Dopo un paio di battute scherzose, venne alla parte importante: -
La giornata di oggi segna un vero passo in avanti per la
compagnia. Sono passati quasi dieci anni da quando abbiamo messo
sul mercato mondiale le nostre forme di vita sintetiche. Tutti
sapete che sono state un enorme successo, soprattutto i dinosauri
in miniatura. Ma nessuna di esse era intelligente.
Continuò: - È paradossale che oggigiorno possiamo creare la
vita ma non l'intelligenza. Il nostro primo prodotto, il
Solitario di Cresswell, è quello che vende di più, ed è anche
il più stupido.
Tutti risero.
- Anche se i tre quarti del nostro mondo sovraffollato soffrono
la fame, noi qui abbiamo la fortuna di avere a disposizione ne
più del necessario, grazie al controllo della popolazione. Il
nostro problema è oggi l'obesità, non la denutrizione. Penso
che a questo tavolo non ci sia nessuno che non abbia il suo
Solitario che lavora per lui nell'intestino tenue, un parassita
perfettamente sicuro che per mette al portatore di mangiare fino
al doppio senza dover rinunciare alla pro pria figura. Vero?
Tutti mossero la testa in segno affermativo.
- I nostri dinosauri in miniatura sono quasi altrettanto stupidi.
Ma oggi lanciamo una forma di vita sintetica intelligente: un
cameriere formato naturale. Non solo possiede l'intelligenza, ma
ne possiede una quantità controllata. Pensiamo che la gente
avrebbe paura di una creatura con un cervello umano. Il nostro
servitore ha un piccolo computer nel cranio.
Continuò: - Nel mercato ci sono già meccanismi con mini
computer per cervello: cose di plastica senza vita, Supertoys,
superbalocchi, ma finalmente abbiamo trovato il modo di collegare
i circuiti del computer con carne sintetica.
David sedeva accanto alla lunga finestra della stanza dei
bambini, e lottava con carta e penna. Alla fine terminò di
scrivere e cominciò a far rotolare la penna lungo lo scrittoio
inclinato.
- Teddy! - esclamò.
L'orsacchiotto era sul letto accanto alla parete, sotto un libro
con le figure mobili e un grosso soldatino di plastica. La voce
del padrone lo attivò, e l'orsacchiotto si levò a sedere.
- Teddy, non riesco a pensare quello che devo scrivere!
L'orso scese dal letto camminò rigidamente fino a lui e gli
abbracciò la gamba. David lo prese e lo mise a sedere sullo
scrittoio.
- Che cosa hai detto, finora?
- Ho detto... - Sollevò la lettera e la fissò con grande
attenzione. - Ho detto: "Cara Mamma, spero che adesso tu
stai bene, Ti voglio bene....".
Scese il silenzio, e infine l'orso disse: - Mi sembra che vada
bene. Va' sotto a
dargliela.
Scese di nuovo il silenzio.
- Non va bene. Lei non capirà.
All'interno dell'orso, un piccolo computer esaminò il programma
delle possibili risposte. - Perché non lo riscrivi con i colori.
David era andato a fissare fuori dalla finestra. - Teddy, sai
cosa mi chiedevo? Come puoi distinguere le cose vere da quelle
che non lo sono?
L'orso esaminò le alternative. Infine disse: - Le cose vere sono
buone.
- Mi chiedo se il tempo è buono. Non credo che mamma gli voglia
bene. L'altro giorno, un mucchio di giorni fa, ha detto che il
tempo se la lasciava alle
spalle. Il tempo è vero, Teddy?
- II tempo lo misurano gli orologi. Gli orologi sono veri. La
mamma ne ha, perciò devi volergli bene. Ha anche un orologio al
polso, insieme al telefono.
David aveva cominciato a disegnare un Jumbo jet sul fondo della
lettera. - Tu e io siamo veri, Teddy, giusto?
L'orsacchiotto di peluche lo guardò senza battere ciglio.
- Tu e io siamo veri, David - asserì. Era specializzato in
consolazioni.
Monica camminava avanti e indietro nella stanza, lentamente. Era
quasi l'ora del recapito telefonico della posta. Compose sul
telefonino da polso il numero della sua casella postale, ma non
le arrivò niente. Doveva' aspettare ancora qualche minuto.
Poteva tornare al quadro che stava dipingendo. Oppure poteva
telefonare a un'amica. O poteva aspettare che Henry rientrasse a
casa. Oppure poteva salire da David per giocare con lui.
Raggiunse il corridoio e si fermò davanti alla scala.
- David!
Non ebbe risposta. Chiamò una seconda volta e una terza.
- Teddy! - esclamò, più seccamente.
- Sì, mamma! - Dopo un istante, in cima alle scale comparve la
testa di Teddy, coperta di peluche dorata.
- David è nella sua stanza, Teddy?
- David è andato in giardino, mamma.
- Vieni subito giù, Teddy!
Impassibile in fondo alla scala, Monica lo guardò scendere
faticosamente di scalino in scalino sulle gambe tozze. Quando
raggiunse il fondo, lo raccolse e lo portò in soggiorno.
L'orsacchiotto rimase immobile tra le sue braccia. Si coglieva
soltanto una debolissima vibrazione del motore.
- Sta' qui, Teddy ti devo parlare. Lo posò sul ripiano del
tavolino e l'orsacchiotto rimase fermo come lei gli aveva
ordinato con le braccia alzate e aperte nell'interno gesto
dell'abbraccio.
- Teddy - chiese Monica - è stato David a ordinarti di dirmi che
era andato in giardino?
I circuiti del cervello dell'orsacchiotto erano troppo semplici
per qualsiasi sotterfugio.
- Si mamma.
- Allora mi hai detto una bugia.
- Si, mamma.
- Piantala di chiamarmi mamma! Perché David mi evita? Non ha
paura di me, vero?
- No. Ti vuole bene.
- Perché non riusciamo a comunicare?
- Perché David è ai piano di sopra.
La risposta la fece rimanere di stucco. Perché perdere tempo a
discutere con quella macchina. Perché non andare semplicemente
al piano di sopra; prendere David tra le braccia a parlargli,
come una madre amorosa dovrebbe fare col figlio che le vuole
bene? Sentì il peso del silenzio che gravava nella casa, con un
diverso tipo di silenzio provenire da ciascuna stanza. Sul
pianerottolo superiore, qualcosa si muoveva in grande silenzio:
David, che cercava di nascondersi da lei...
Henry era ormai arrivato alla fine del discorso, Gli invitati lo
ascoltavano attentamente, e così i giornalisti che si
affollavano lungo due pareti della camera dei banchetti,
registrando le sue parole e facendogli delle riprese di tanto in
tanto.
- II nostro servitore sarà, sotto molti aspetti, un prodotto del
computer. Senza computer non potremmo mai avere risolto la
complessa biochimica della carne sintetica. Anche il servitore
sarà un'estensione del computer perché avrà nella testa un
computer: un computer microminiaturizzato capace di occuparsi di
quasi tutte le situazioni che può incontrare nella casa. Con
alcune riserve naturalmente.
A queste parole si levarono le risate di coloro che ascoltavano
molti dei presenti conoscevano il dibattito scoppiato nel
consiglio di amministrazione della Synthank prima che si
arrivasse finalmente alla decisione che il servitore fosse
asessuato sotto la sua uniforme impeccabile.
- Tra tutti i trionfi della nostra civiltà, certo, e con i gravi
problemi della sovrappopolazione, è triste pensare che molti
milioni di persone soffrono sempre più di solitudine e di
isolamento. II nostro servitore sarà per loro una vera salvezza;
risponderà sempre, e neppure la più sciocca conversazione
riuscirà mai ad annoiarlo.
Continuò: - Per il futuro pensiamo di produrre altri modelli sia
maschili, sia femminili, e alcuni senza le limitazioni del primo
vi prometto! E poi c'è il nostro progetto più avanzato, veri
esseri bio-elettici. Non solo possederanno i loro computer
programmabili singolarmente: saranno collegati con la rete
mondiale dei dati. Così ciascuno potrà avere nella propria casa
l'equivalente di un Einstein. La solitudine sarà allora bandita
per sempre!
Sedette tra gli applausi entusiastici. Anche il servitore
sintetico, seduto al tavolo e vestito di una livrea priva di
ostentazione applaudiva soddisfatto.
Trascinando il proprio zainetto, David girò attorno al fianco
della casa. Salì sulla panchina ornamentale sotto la finestra
del soggiorno e guardò cautamente all'interno.
La madre era ferma in mezzo alla stanza. Aveva la faccia
impenetrabile; la sua mancanza di espressione spaventò il
bambino. La guardò affascinato. Non si
mosse; la madre non si mosse. II tempo sembrava essersi fermato
come si era fermato nel giardino. Teddy si guardò attorno, vide
David, scese dal tavolo e andò alla finestra. Procedendo a
tentoni con le zampe, alla fine riuscì ad aprirla.
Orso e bambino si scambiarono un'occhiata. -
- Io non valgo niente, Teddy. Scappiamo!.
- Sei un bambino molto bravo. La tua mamma ti vuole bene.
Lentamente David scosse la testa. - Se lei mi vuole bene, allora
perché non posso parlarle?-
- Non comportarti come uno sciocco, David. La mamma si sente
sola. Per quello ha te.
- Ma lei ha il babbo. Io ho soltanto te e mi sento solo.
Teddy gli diede una pacca amichevole sulla testa. - Se ti senti
così male, faresti meglio a tornare dallo psichiatra.
- Odio quel vecchio psichiatra: mi fa sentire come se non fossi
vero. Si lanciò di corsa lungo il prato; l'orso saltò fuori
dalla finestra e lo seguì con tutta la velocità che gli
permettevano le gambe tozze.
Monica Swinton era nella stanza dei bambini. Chiamò una volta il
figlio e poi s'interruppe, indecisa. Non si udiva alcun rumore.
Sulla piccola scrivania c'erano alcune matite colorate. Obbedendo
a un impulso improvviso, la donna si avvicino e sollevò il
ripiano. All'interno c'erano decine di foglietti di carta. Molti
erano scritti a colori, nella goffa calligrafia di David, con
ciascuna lettera di colore diverso da quella precedente. Nessuno
dei messaggi era finito.
Mia cara mamma, cosa pensi veramente, mi ami quanto...
Cara mamma, io voglio bene a te e a papà e il sole splende...
Cara cara mamma, Teddy mi aiuta a scriverti. Amo te e Teddy...
Cara mamma, sono il tuo primo e solo bambino e ti amo tanto che a
volte...
Cara mamma, sei davvero la mia mamma e odio Teddy...
Cara mamma, prova a dire quanto ti amo...
Cara mamma, il tuo bambino piccolo sono io e non Teddy e ti amo
ma Teddy...
Cara mamma, questa è una lettera che ti scrivo per dirti quanto
tanto tanto...
Monica lasciò cadere i foglietti di carta e scoppiò a piangere.
Nei loro colori allegri e disposti senza cura, le lettere si
allargarono a ventaglio e si posarono a terra.
Quando Henry Swinton prese il treno espresso che lo portava a
casa era al settimo cielo; per tutto il tragitto, di tanto in
tanto disse una parola al servitore sintetico che portava a casa
con sé. Il servitore gli rispose educatamente e puntualmente,
anche se le sue risposte non erano sempre del tutto rilevanti in
base agli standard umani.
Gli Swinton vivevano in uno dei più eleganti isolati cittadini,
mezzo chilometro al di sopra del terreno. Chiuso tra altri
appartamenti, il loro non aveva finestre che davano direttamente
sulla via; nessuno voleva vedere il mondo esterno sovraffollato.
Henry aprì la porta accostando l'occhio allo scanner del
riconoscimento retinico ed entrò, seguito dal servitore.
Immediatamente venne circondato dall'amichevole illusione del
giardino immerso in un'estate eterna. Era stupefacente come il
Whologramma riuscisse a creare miracoli in uno spazio limitato.
Dietro le rose e il prato si scorgeva la loro casa: l'inganno era
completo. Una grande villa georgiana pareva dargli il benvenuto.
- Ti piace? - chiese al servitore.
- Le rose talvolta soffrono della mosca nera.
- Queste rose sono prive di imperfezioni. Hanno la garanzia.
- È sempre consigliabile acquistare merce con la garanzia, anche
se costa un po' di più.
- Grazie dell'informazione - rispose Henry, asciutto. Le forme di
vita sintetiche avevano meno di dieci anni, i vecchi androidi
meccanici ne avevano meno di sedici; i difetti dei loro sistemi
venivano ancora eliminati uno alla volta, anno dopo anno.
Aprì la porta e chiamò Monica.
Lei arrivò immediatamente dal soggiorno e lo abbracciò,
baciandolo con affetto sulle guance e sulle labbra. Henry rimase
stupito.
Tirando indietro la testa per guardarla in faccia, vide che
sembrava irradiare luce e bellezza. Da mesi non fa vedeva così
emozionata. Istintivamente, la strinse più forte.
- Cara, cos'è successo?
- Henry, Henry... oh, caro ero cosi disperata... Ma ho scaricato
la posta del pomeriggio e... non a crederai! Oh, è meraviglioso!
- Per l'amor di Dio, donna, cos'è meraviglioso?
Poi scorse l'intestazione della fotocopia che aveva in mano,
ancora umida dopo essere uscita dal ricevitore: MINISTERO DELLA
POPOLAZIONE. Per lo shock e la speranza, tutto il colore gli
sfuggì dal volto.
- Monica... oh... non dirmi che abbiamo vinto l'estrazione!-
- Sì caro abbiamo vinto la lotteria di questa settimana per la
maternità! Possiamo concepire subito un figlio! Henry lanciò un
grido di gioia. Abbracciò Monica e prese a ballare con lei per
tutta la stanza. La pressione demografica era talmente alta che
la riproduzione doveva essere strettamente controllata. La
nascita di un figlio richiedeva l'autorizzazione dello Stato;
Henry e Monica attendevano da quattro anni quel momento. Con
frasi incoerenti gridarono la loro gioia.
Alla fine si fermarono, respirando a fatica, e si abbracciarono
nel centro della stanza, per ridere della loro felicità.
Quando era scesa dalla stanza dei bambini, Monica aveva
de-opacizzato le finestre cosicché adesso si scorgeva il
giardino all'esterno della casa. La luce del sole artificiale si
stendeva lunga e dorata sul prato... e David e Teddy li
guardavano dalla finestra.
Vedendo la loro faccia, Henry e la moglie divennero
improvvisamente seri.
- Che cosa ne facciamo di quelli? - chiese Henry.
- Teddy non dà problemi. Funziona abbastanza bene.
- David non funziona?
- Il centro di comunicazione verbale gli dà ancora problemi.
Penso che dovrà tornare di nuovo in fabbrica.
- Va bene. Vedremo come si comporterà prima della nascita del
bambino. Questo mi ricorda che ho una sorpresa per te: un aiuto
proprio adesso che ti servirà. Vieni in corridoio a vedere cosa
ho portato. Quando i due adulti uscirono dalla stanza, bambino e
orso si misero a sedere sotto le rose.
- Teddy... penso che babbo e mamma siano veri, no?
- Teddy rispose: - Mi fai certe domande cosi stupide, David.
Nessuno sa cosa significhi realmente "vero". Torniamo
dentro.
- Prima voglio prendere un'altra rosa!
Staccò un fiore dal vivo colore rosso e lo portò con sé nella
casa. Poteva metterla sul cuscino quando andava a dormire. La sua
bellezza e la sua morbidezza gli ricordavano la mamma.
Il testo originale del racconto di Aldiss:
Altri articoli su "A.I.":
Collegamenti esterni:
Torna all'indice