19-06-00 Arriviamo a Lubiana e scopriamo che i luoghi che ci hanno riservato sono un disastro: per il tubo non hanno trovato di meglio che un piccolo parco nascosto dietro il Cankariev Dom, il centro congressi soviet-style nel centro della città cuore di Manifesta, per di più accanto ad un campo da basket.... un’installazione ludica nascosta e accanto ad un playground esistente. Tra i curatori c’è maretta e ormai l’inaugurazione è alle porte, il transborderline sembra essere l’ultimo problema di cui gli organizzatori vogliono occuparsi e anche se trovassimo un altro spazio ci vorrebbero forse giorni per avere le autorizzazioni necessarie... Dimostriamo poi tutta la nostra approssimazione ed estraneità al mondo dell’arte quando chiediamo a Marcus, artista austriaco che ha dipinto la piazza tra lo Cankariev Dom e una banca di rosa, se possiamo collocare il tubo sulla sua opera. Le curatrici che se lo coccolano ci spiegano poi che sarebbe una sorta di stupro.... e forse hanno anche ragione. Leggo poi sul catalogo che quel rosa è stato calibrato con estrema accuratezza... comunque la piazza rosa ci piace. Stessa delusione per quanto riguarda lo spazio dedicato alle proiezioni: è una sala del Graphic Center, graziosa villa nel Tivoli park di Jose Plecnic, già residenza di Radetzki, quello della marcia, e portarci dentro il Campo Boario sembra un po’ un controsenso. La sera stessa andiamo a zonzo per la città in cerca di anfratti dove ficcare il tubo, di scantinati dove diaproiettare e da cui fare uscire la spirale, ma Lubiana ci appare troppo piacevole e curata per dare spazio a lacerazioni e/o incongruenze dello spazio urbano. O forse siamo noi che la conosciamo troppo poco e siamo arrivati troppo tardi.

TRANSBORDERLINE a Manifesta3. Ljubljana - confine Slovenia/Italia

20-06-00 Si consolida la convinzione che è a questo punto necessario un gesto definitivo, già prefigurato + volte ma sempre scartato per la sua apparente inattuabilità: portare il transborderline nel suo luogo ideale, ovvero il confine e così rilanciare un’operazione che altrimenti sembra destinata ad una riproduzione senza senso di quanto già fatto. Decidiamo allo stesso tempo di utilizzare la sala per costruirvi una sorta di modello in scala 1:1 del transborderline. La nostra decisione crea qualche problema organizzativo, c’è chi istericamente ci dice di stare calmi (ma noi siamo calmissimi!) e che siamo fuori dal budget e dunque portare il tubo al confine sono affari nostri, ma anche l’interesse di molti che si offrono di portarci arance quando saremo nelle prigioni slovene. La partenza è prevista per il mattino dopo, contando di installare il tubo al Graphic Center nel pomeriggio e preparare un comunicato -che poi finirà sulla home page di Manifesta- sulla nostra azione sconsiderata. Ma sconsiderata appare prima di tutto, se non impossibile, l’intenzione di costruire un pezzo di Transborderline al primo piano del Graphic Center: la matassa infatti non può passare per il portone e l’unico modo sembra di tirarla su dalla finestra metro per metro. Tre al primo piano e due nel giardino: questa la formazione. Dopo circa tre ore e dopo molta fatica e sudore riusciamo nell’impresa di portare i 350 kg di tubo al primo piano. Ian K., dopo averci osservato spingere su fino al primo piano pochi metri di tubo ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto, e da quel momento ci aiuta senza rispmarmiarsi (sarà con noi anche il giorno dopo. Riusciamo anche miracolosamente a sbrogliare un nodo apparentemente eliminabile solo con il frullino e a rompere solo un vetro della finestra.Questo tubo, tra l’altro, è terribilmente + rigido e pesante di tutti gli altri.

Stalker

Transborderline

21-06-00 Si parte alle 10: Luca e Carola nel camion con Augustin che conduce, gli altri quattro con Antonella di A12 e la sua Uno. Decidiamo di partire per Nova Gorica/Gorizia e andare a vedere com’è questo confine dentro la città e poi magari proseguire verso nord alla ricerca di un posto tranquillo dove piazzare il tubo. In realtà nessuno di noi ha mai visto un confine aldilà della dogana e facciamo diverse ipotesi su come sarà. Piccio scherzando mi chiede di dire qualcosa di interessante alla sua videocamera -è un’ora che riprende i cartelli dell’autostrada- e io gli rispondo che forse è un po’ stupido andare a cercare un confine come quello tra due stati quando ce ne sono di ben + netti ed evidenti all’interno di uno stato stesso. E’ una banalità, ma anche un dubbio legittimo. Muniti di piantina della città lasciamo macchina e camion e andiamo alla ricerca del confine dove niente (muri, fili spinati, guardie di vario tipo) sembra annunciarlo. Siamo evidentemente alla periferia della città: case basse, grandi prati ormai ingialliti dal sole cocente, un centro commerciale etc. Chiediamo informazioni qua e là finche uno sloveno ci indica il confine: è un cippo di fronte ad un vecchio muro di una villa con indicate le direzioni del confine prima e dopo di esso. Procediamo lungo la linea che porta al fiume e ci troviamo di fronte al giardino di una casa dove una signora sta dando da mangiare alle sue galline: lei è in Italia, noi in Slovenia e c’è solo una rete a separarci. Ci racconta che un tempo non c’era neppure quella e che l’ha messa perché nel suo giardino c’era un po’ di traffico di cinesi e non ricordo bene quali altri immigranti clandestini. Ci racconta anche di quando hanno deciso di far passare il confine proprio lì perché in tal modo le pompe dell’acqua sul fiume Isonzo/Soca sarebbero rimaste in Slovenia e anche di altre cose, della guerra, di come era bello essere austriaci, delle spie comuniste che passavano davanti al suo giardino, e delle SS che erano terribili però delle persone serie, non come quelli di oggi. Proseguiamo quindi giù per il bosco che ci porterà al fiume cippo dopo cippo dove il bagno nudi è una meraviglia ghiacciata e turchese e dove brindiamo a questa deriva sul confine. Risaliamo alla ricerca di una dogana e la prima che troviamo è chiusa da entrambi i lati, nel senso che le due casettine sono sprangate e si può tranquillamente fare avanti e indietro. I due agricoltori che lavorano lì ci raccontano che ogni tanto arriva una macchina della polizia e si ferma per un po’, ma che in fondo gli immigrati clandestini passano in altri punti e prima o poi li beccano. Non è un buon posto per il transborderline, troppe case, area poco interessante e poi andremmo a creare dei problemi agli agricoltori. Ripartiamo verso nord seguendo il confine su una strada che per un tratto passa in territorio italiano fiancheggiata con nostro stupore da altissime reti filospinate e da cartelli che proibiscono di fare fotografie.... Apparentemente la dogana e le barriere sono solo lungo e attraverso le strade, mentre altrove si può tranquillamente fare avanti e indietro, sempre che si riesca ad evitare una pattuglia della polizia. Quando ormai disperiamo di trovare un luogo adatto e dopo innumerevoli telefonate di Francesco Bonami che ci chiede dove siamo e se ci hanno già arrestati e che se non filmiamo tutto lui non ci crede, arriviamo in una valle dove il torrente che vi scorre coincide con il confine a Golo Brdo -strana assonanza con colabrodo-. Il luogo ideale è un’ansa del torrente sul cui greto vediamo due famiglie a fare il bagno e prendere il sole. Il confine e proprio lì, a cinque metri dalla sponda opposta alla nostra e i bagnanti arrivano alcuni dall’Italia e altri dalla Slovenia. Una signore che dice di lavorare all’ufficio immigrazione di Gorizia (!) ci sconsiglia di procedere, alla fine adducendo anche reati relativi alla violazione della proprietà privata. Ma non possiamo tirarci indietro, il camion toccherà pagarlo lo stesso, siamo arrivati fin qui e tornare indietro senza averlo fatto ci sembra più che un onta un’occasione mancata. Mentre scarichiamo i palloni vediamo arrivare una macchiana con un lampeggiatore sul tetto che sembra proprio una macchina in borghese della polizia: ricarichiamo tutto sicuri dell’arresto imminente e invece è seguita da un veicolo agricolo di dimensioni spaventose, da cui il lampeggiatore eccetera eccetera. Il camion torna indietro, scarichiamo tutto e infine la matassa. Toccherà farla rotolare giù per una scarpata con il rischio di abbattere qualche albero e il disastro ecologico ci preoccupa. Ma nonostante si incastri subito su un alberello sottile sottile risuciamo a farla ad arrivare sul greto del fiume senza danni. Piazzare il tubo sul greto stesso sarebbe una bellissima opera di land art ma forse anche perché sotto lo sguardo perplesso dei bagnanti decidiamo di non commettere questo danno ambientale e spingiamo il tubo aldilà del torrente e poi sopra il greto, al fianco di uno spiazzo erboso dove passa il confine e che sembra essere usato oltre che come parcheggio anche come area per fare il fuoco, mangiare etc.... e dunque ci sembra molto appropriata al transborderline. Montiamo tutto a tempo di record e ripartiamo come si suol dire stanchi ma molto felici. Più che stanchi distrutti e poi non abbiamo avuto il coraggio di fermarci un po’ sul fiume e fare un bagno rigeneratore spaventati più che da un arresto imminente dall’essere costretti a smontare tutto e riportarcelo indietro, ma non abbastanza distrutti per non pensare a come raccontare tutto questo e migliorare quella specie di tunnel da luna park al Graphic Center.
22-06-00 Giornata interamente dedicata a scaricare foto e fotogrammi per l’installazione al Graphic Center mentre lo Cankariev Dom si riempie di artisti e curatori venuti per l’inaugurazione e la conferenza stampa. Arriva anche Lorenzo! Stampiamo tutto in serata con le solite difficoltà hardware/software e poi tutti al buffet di inaugurazione.

23-06-00 Finalmente mettiamo mano all’installazione: apriamo le finestre (il tubo con la luce naturale è molto + bello) e allarghiamo i passaggi che da dentro il tubo ti permettono di uscire nella stanza, e dato che il videoregistratore+ monitor non ce lo danno giriamo i proiettori diapo verso il muro: le immagini, piccole come cartoline sono cosi luminose da vedersi perfettamente. Dall’altro lato della stanza le stampe della sera prima raccontano del transborderline, dal Campo Boario fino al torrente al confine tra Italia e Slovenia. Gli ultimi confini da superare sono quelli del’ ex palazzo lubianense del maresciallo Tito oggi residenza estiva del ministro della cultura sloveno, che ci accoglie con un meraviglioso buffet, e della sua piscina dove con Adel, Francisco e molti altri scateniamo una devastante partita a pallanuoto con un pallone del globall game, infine lasciato a gallegiare nella piscina, dono/rigraziamento/invasione di campo per il ministro (ma ci mancavano i Ferrero Rocher!).

Stalker - Transborderline