Arciconfraternita della SS.Annunziata |
LE ORIGINILA STORIA
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Le origini delle processioniLe confraternite italiane, sin dalle loro origini,
hanno organizzato autonomamente o in collaborazione con altre istituzioni
sia religiose che laiche, processioni e rappresentazioni sacre in
occasione di particolari ricorrenze. Queste manifestazioni di fede
avevano, ed in buona sostanza ancora conservano, aspetti di connotazione
eminentemente e sinceramente religiosa e penitenziale, dai quali però non
andavano e non vanno tuttora disgiunte talune espressioni di esteriorità
tendenti a far prevalere il lato emozionale delle manifestazioni stesse
attraverso l'esposizione scenografica e/o drammatica dell'evento oggetto
della celebrazione, come nel caso delle rappresentazioni della Passione e
Morte del Cristo. Accanto alla funzione religiosa vi fu quindi sotteso un
certo interesse propagandistico, nel senso migliore della parola, da
indirizzare verso la società civile per ottenere adesioni e consensi, sia
in campo religioso che a livello corporativo, nonché distinzioni tra le
singole associazioni onde suscitare o confermare tra le popolazioni
posizioni di prestigio collettivo e personale per i confratelli
partecipanti, principalmente per i quadri dirigenti. La storia delle processioni in Penisola SorrentinaLe origini delle processioni della Settimana Santa
nella Penisola Sorrentina non sono accertabili con esattezza.
Ricollegabili senza alcun dubbio all'antica consuetudine del mondo
confraternale sin dal suo sorgere, esse ebbero sicuramente un notevole
impulso durante la dominazione spagnola nel Regno di Napoli, ma la
consuetudine di andare in processione in preghiera cantando salmi nel
Giovedì Santo e di visitare gli Altari della Reposizione, i Sepolcri come
ancora oggi impropriamente si dice, è antichissima e risale a molti
secoli addietro. I Simboli
Le notti del Giovedì e del Venerdì Santo sono notti affascinanti.
"Incantesimo del Venerdì Santo", la musica di Wagner, come
d'incanto è la rievocazione della Passione e Morte del Cristo che le
Confraternite sorrentine rappresentano da secoli, recitando un dramma
millenario che coinvolge e commuove poichè ricorda un misfatto storico, il
crimine più grande dell'umanità. I confratelli interpretano con
convinzione il loro ruolo; penitenti ed attori ad un tempo, in modo
profondamente laico ma convintamente religioso, essi tendono a coinvolgere
emotivamente gli spettatori, quasi a volerli rendere responsabili delle
sofferenze a cui fu sottoposto il Cristo, anche a causa dei loro peccati,
attraverso la presentazione nei termini più drammatici e crudeli delle
torture a cui fu sottoposto. La loro rappresentazione non è dunque
manifestazione esteriore di fede o di tradizione popolare ma è
interpretazione di sentimenti più importanti che emergono dal profondo
dell'animo e si inoltrano nell'ignoto come ignoti sono gli stessi
incappucciati. Essi, negando il loro volto ed annullando la propria
identità, esprimono impassibilità ed emozioni, convinzioni e dubbi, fede e
tradizione, sovente un'ansia che anela nel segreto a ritrovare una libertà
interiore perduta, a rafforzare una fede sopita, ad espiare errori
attraverso un sacrificio, ancorchè minimo, nel portare una fiaccola, un
simbolo della Passione, una statua o una croce leggera, molto più leggera
di quella del Cristo. Il significatoLe processioni della Settimana Santa sono dunque una sincera ed accorata espressione di fede religiosa e di pentimento, non un avvenimento di folklore locale dettato solamente dalla tradizione o, peggio, da effimere esigenze turistiche, poichè, se così fosse, esse sarebbero già estinte da tempo come è avvenuto per altre manifestazioni. I sostenitori di queste tesi, e ve ne sono anche tra il clero, con un esame più approfondito potrebbero sicuramente convincersene. Quanti fratelli non assidui nel frequentare le funzioni religiose colgono queste occasioni per entrare nella loro Chiesa o nella Congrega e partecipare da ignoti penitenti, magari passando sommessamente dalla porta laterale o da quella piccola "sotto il campanile", complice un saio ed un cappuccio senza nome. Quanti giovani, lasciando gli abituali impegni e gli svaghi, trascorrono nei mesi precedenti la Settimana Santa intere serate in faticosi preparativi, in pazienti lavori per preparare il vestiario, per lucidare i lampioni, per concertare i canti; e per alcuni di loro tutto ciò è anche occasione per restare lontano dalle insidie della odierna società. La nostra religione è fatta anche di testimonianze, e di segni, e tali sono le nostre processioni, segni tangibili di fede, senza dubbio positivi anche se velati da residui sedimenti di orgogli e vanità personali e collettivi, da cui sarebbe auspicabile liberarsi. Esse non appartengono solamente alle confraternite che le organizzano o agli incappucciati che le interpretano; sono patrimonio di tutti e vengono intensamente vissute da tutti, penitenti e fedeli, attori e spettatori. Chi assiste ai bordi delle strade al lento passare dei confratelli dal volto coperto vive e partecipa in eguale misura alla rappresentazione del dramma. Attori e spettatori, tutti in ogni caso penitenti, restano immersi in lunghi e religiosi silenzi confermati dal fruscio dei sai, de passi lenti e cadenzati degli incappucciati, dall'incedere frettoloso dei maestri di cerimonia, in uno scenario spesso particolare e suggestivo reso più drammatico dalla luna che, correndo tra nuvole grevi, ora disegna ed ora cancella tremolanti e fantastiche ombre sul selciato luccicante per la pioggia o l'umidità della notte. Mitiche immagini senza tempo. Estratto dal libro di Bruno Balsamo - "La Confraternita del Pio Monte dei Santi Prisco e Agnello in Sant'Agnello" 1994 |