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GIOVANNI  BOCCACCIO (1313-1375)

 

LA  VITA

- Nacque nel 1313 da un mercante di Certaldo. Il padre, corrispondente della società commerciale dei Bardi, lo invitò a Napoli a fare tirocinio da mercante.

- Boccaccio invece si dedicò agli studi: prima di diritto canonico, poi letterari.

- Si innamorò di una donna che chiamò Fiammetta, forse la figlia naturale del re Roberto d’Angiò. Boccaccio narrò la vicenda secondo i modelli dell’ amore poetico, ma la vicenda fu intima e si concluse con l’ abbandono da parte della donna.

- Nel romanzo Elegia di madonna Fiammetta è invece l’ uomo ad abbandonare la donna che resta sola a Napoli, addolorata e innamorata. Ricostruzione romanzesca della vicenda reale.

- Nel 1340 la compagnia dei Bardi fallisce e Boccaccio deve tornare a Firenze per occuparsi del patrimonio familiare. Da allora passò la vita in ristrettezze a Firenze, ricevendo incarichi dal Comune: nel 1373 quello di leggere in S. Stefano a Badia la Divina Commedia, arrivando col commento al XVII canto dell’ Inferno.

- Nel 1351 incontrò Petrarca di cui divenne amico, e tale amicizia contribuì a distaccarlo dalle opere giovanili e dall’attività letteraria in volgare.

- Sotto l’influsso delle profezie di un religioso Boccaccio pensò addirittura di distruggere il Decameron ma fu dissuaso da Petrarca..

- Tra disagi e malattie trascorse gli ultimi anni della vita; si ritirò a Certaldo dove morì nel 1375.

 

LE  OPERE  MINORI  IN  VOLGARE.  I  CARATTERI

- Boccaccio fu autodidatta e nella sua formazione ebbero peso tanto i classici quanto i moderni. Degli antichi preferì quelli più passionali e mondani e vivaci nello stile: Ovidio, Seneca, Apuleio; lesse tutta la letteratura romana esistente: lirica d’arte provenzale e italiana, narrativa francese, romanzi d’ avventura e  cantari.

- Frutto di queste letture furono opere in volgare composte a Napoli e Firenze in cui tentò i generi più diversi sforzandosi di dare dignità artistica a temi moderni.

- Elemento passionale e romanzesco espresso in forma di altissima dignità letteraria.

- Autobiografismo (se non la vita reale, il suo travestimento letterario) e mondanità di temi.

 

TESEIDA   (1339 - 40)

Poema in 12 libri in ottave. Dedica a Fiammetta; apparato didascalico-esegetico per favorirgliene la lettura.

Sonetto proemiale; sonetti introduttivi ad ogni libro; 2 sonetti           .

Lo sfondo è la guerra di Teseo (re d’Atene) contro le Amazzoni e Tebe.

 

ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA  (1343 - 1344)

Lunga lettera che consta di un prologo e 9 capitoli.

Fiammetta è protagonista e narratrice. Innamorata di Panfilo, è felice con lui finché Panfilo parte per Firenze. Dopo varie peripezie, apprende che Panfilo è sposato. Quando sta per rassegnarsi, apprende invece che Panfilo ha una relazione con una fiorentina, Fiammetta vuole uccidersi ma è frenata da una vecchia nutrice. Arriva infine la notizia di un prossimo ritorno di Panfilo e Fiammetta torna a sperare..

 

 FILOCOLO (1336): grosso romanzo che narra le avventure di Florio e Biancofiore. Florio assiste a Napoli a delle “Questioni d’amore”, in cui alcuni giovani, sotto la guida di Fiammetta, pongono e sciolgono problemi amorosi: schema poi ripreso nel Decameron.

 

 FILOSTRATO (1338): Poemetto in 12 canti in ottave, narra un episodio di armi e d’amori del “ciclo troiano” travestito di costumi e psicologia medievali.

 

COMMEDIA DELLE NINFE o NINFALE d’AMETO (1341): romanzo pastorale misto di prosa e versi, narra l’educazione sentimentale del pastore Ameto attraverso l’ amore per la ninfa Lia.

 AMOROSA VISIONE (1342): Poemetto in terzine ispirato alla Divina Commedia, in cui narra di un proprio viaggio allegorico. Alla fine trionfa l’ amore sensuale.

 

 NINFALE FIESOLANO (1343 - 1354): poemetto in ottave di tono popolaresco. Con un realismo psicologico è narrata la storia di Affrico e Mensola, un pastore e una ninfa mutati in fiumi. Notevoli la scene dell’idillio e dello spuntare della passione nel pastore.

 

 CORBACCIO (?): romanzo in prosa in cui immagina di essere visitato dall’ombra del marito di una vedova di cui è innamorato, che gli presenta un ritratto crudamente realistico dei difetti suoi e di tutte la donne. Sfondo autobiografico, realismo lessicale.

 

RIME: liriche d’amore alternate ad altre di pentimento e devozione. Amore per fiammetta, gelosia, dolore; toni stilnovistici ed altri realistici.

 

DECAMERON (1349 - 51)

 

Durante la peste del 1348 sette donne e tre uomini decidono di riunirsi in una villa fuori città per trascorrere le giornate in canti, danze, conversazioni e racconti. Ogni giorno viene eletto il re della giornata che assegna il tema dei racconti; ogni giorno però c’è una novella libera. Venerdì e Sabato il narrare è sospeso per motivi religiosi.

1° e 9° giorno non vincolati a temi. Dioneo non è vincolato a temi. Soggiorno di 2 settimane, quindi 10 giornate di narrazione. Fra una novella e l’altra, commenti degli ascoltatori.

Ogni giornata è conclusa da una ballata, cantata a turno dai singoli.

Proemio: Boccaccio informa del carattere narrativo, dell’ opera dedicato alle donne come svago e alleviamento dalle pene amorose.

Introduzione: descrizione della situazione in Firenze, dell’incontro dei giovani e delle incombenze della vita in villa.

Autodifesa di Boccaccio all’inizio della quarta giornata, comprendente una novella apologetica.

Conclusione autodifensiva dell’autore.

1° GIORNATA: Tema libero. [ Ser Ciappelletto; Abraam Giudeo; Melchiselech e il Saladino (tema religioso)]

2° GIORNATA: (Filomena) “Chi da diverse cose infestato, sia oltre alla sua speranza riuscito a lieto fine”. [Andreuccio da Perugia]

3° GIORNATA: (Neifile) “Chi alcuna cosa da lui desiderata con industria acquistasse o la perduta ricoverasse”;

4° GIORNATA: (Filostrato) “ Coloro li cui amori ebbero infelice fine”. [Lisabetta da Messina]

5° GIORNATA: (Fiammetta) Amori a lieto fine . [Nastagio degli Onesti, Federigo degli Alberighi]

6° GIORNATA: (Elissa) “Chi con alcuno leggiadro motto, tentato, si riscosse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno”. [Cisti fornaio, frate Cipolla]

7° GIORNATA: (Dioneo) Beffe delle donne ai loro mariti.

8° GIORNATA: (Lauretta) Sulle beffe in generale. [Calandrino e il porco imbolato]

9° GIORNATA: (Emilia) Tema libero.

10° GIORNATA: (Panfilo) “Chi liberamente ovvero magnificamente alcuna cosa operasse attorno a’ fatti d’amore o d’altra cosa”.

 

a) La trama e lo schema:

- Dopo il 1348 Boccaccio compone gran parte delle novelle che, aggiunte ad altre e legate dalla “cornice”, costituiscono il Decameron;

- Il titolo, modellato su quello di varie opere medievali sulla creazione del mondo (Esamèron), significa 10 giorni;

- Raccolta organica di 100 novelle raccontate in 10 giornate, intercalate da 10 ballate, precedute da proemio e introduzione, seguite da un epilogo; il tutto inquadrato in una cornice narrativa;

- I temi esauriscono tutti gli aspetti della vita umana: casi della fortuna, avventure d’amore liete o sfortunate; bei motti che documentano prodezza d’ingegno; burle intelligenti; celebrazione di virtù cavalleresche.

- Schema non nuovo che lega le 100 novelle in un insieme unitario e compatto.

- Come la Divina Commedia, il Decameron mira a dare una rappresentazione totale della vita umana nella sua infinita varietà. La “cornice” ha avuto un’importanza enorme: infiniti narratori, fino al 500 ed oltre, imitano il suo schema.

b) I narratori:

- I 3 giovani hanno nomi simbolici ripresi dalle opere giovanili ed hanno un carattere in armonia con il nome: Panfilo è la personificazione dell’amore, Filostrato è un amante infelice, Diomeo (=venereo) gaudente spensierato ( non oltre i limiti della decenza onesta).

- I 10 giovani contano nel loro assieme perché sono il filtro della narrazione e il pubblico ideale: giovani, colti, fini, ricchi: specchio ideale del comportamento e dei gusti dell’aristocrazia borghese costituitasi in età comunale, a cui Boccaccio stesso appartiene.

- L’invenzione della brigata serve a collegare i 100 racconti di casi e uomini diversi in una visione della vita unitaria.

- Celebre descrizione della peste in stile elaborato, che risponde al precetto di far cominciare un’opera in modo luttuoso per farla concludere lietamente.

- Atmosfera di discussione fisica, sociale e morale su cui risalta meglio l’esaltazione della vita, dell’amore, della virtù.

- I colori cupi dell’introduzione servono a far meglio risaltare i colori squillanti di tante novelle.

 

IL  DECAMERON: IL  MONDO  TRAGICO.

 

a) L’ideale cortese.

- La lieta brigata, cioè il Boccaccio, persegue un ideale di cortesia, di vita sgombra dall’avarizia, riscaldata dalla passione dell’amore, liberale, magnanima, pronta d’ingegno, capace d’apprezzare e premiare i meriti altrui.

- Ideale nobiliare fatto proprio dall’aristocrazia borghese costituitasi nel ‘200 e dominante nel ‘300. Il Decameron riflette la società mercantile nel momento in cui cerca di appropiarsi di ideali e riflette il comportamento della classe che era stata egemone.

- Il libro da una parte è ricco di avventure, di viaggi, di mercanti; dall’altra è tutto teso a celebrare il mondo cortese. Nell’ultima novella della 10°giornata si narra della pazienza virtuosa di Griselda, giovane contadina sposata dal marchese di Saluzzo che la mette alla prova per anni finché la ritiene degna del grado e le restituisce stima e affetto. Una novella veramente feudale, che il Boccaccio presenta come modello ideale di magnanimità.

 

b) “Cortesia” e civiltà comunale.

- In altre novelle la cortesia viene calata nella civiltà comunale e gli eroi boccacceschi, pur distinguendosi dal volgo per la nobiltà d’animo e le virtù, si muovono sullo sfondo della civiltà contemporanea.

- Qui la celebrazione della cortesia è resa concreta dall’introduzione di elementi tipici della civiltà comunale. Novella di Federigo degli Alberighi, tipico eroe borghese che spende e scialacqua per accattivarsi l’amore della donna amata, fino a ridursi in povertà e ad offrire per cena il falcone divenuto unico sostentamento. La donna colpita dal suo disinteresse lo sposa contro il volere dei fratelli. Federigo da allora diviene “miglior massaro.

Storia “cortese” e borghese allo stesso tempo.

- Boccaccio chiude la vicenda con un matrimonio (estraneo all’amore cortese) e nega l’etica feudale della liberalità assoluta, accettando quelle mercantili della “masserizia”.

 

c) L’amore.

L’ amore nel Decameron è influenzato dall’etica antica: ci si innamora perché si è nobili d’animo; ma anch’esso poi è concreto, vivo, legato alla realtà circostante.

 

IL  DECAMERON:  IL  MONDO  COMICO.

- Nel Decameron c’è la celebrazione dell’intelligenza e dell’astuzia congiunta all’irrisione degli sciocchi e dei creduli.

- Boccaccio esaurisce così la descrizione della società del suo tempo in tutti i suoi aspetti, componendo una “commedia umana” in cui l’uomo dipende dalle proprie forze, limitato solo dalle sue passioni,dall’intelligenza degli avversari e dalla Fortuna.

- Gruppo di novelle con eroi spregiudicati e volgari: un mondo di beffe, astuzie, uomini e donne sensuali. Fatti e uomini “comici” come erano “tragici” quelli delle altre novelle.

- Boccaccio differisce da Dante perché nessuna preoccupazione ultraterrena limita i suoi eroi (del B.) che sono tutti radicati in questa terra.

 

IL  BOCCACCIO  E  IL  MONDO  COMICO

- Piena partecipazione sentimentale dei novellatori e del Boccaccio alle novelle cortesi.

- Distacco sentimentale e morale nelle novelle comiche. Di fronte a personaggi intelligenti o astuti (come Ciappelletto) il Boccaccio è però pronto ad apprezzare la loro intelligenza e a conversare con essi.

- Di fronte alle loro vittime avverte un distacco morale ed intelletuale, ride di loro giudicandoli del tutto estranei.

- A lungo queste novelle sono sembrate le sole riuscite perché la loro comicità era accessibile al gusto delle età seguenti più dello spirito ‘tragico’ delle altre novelle. Ma per capire il Decameron bisogna vedere l’opera in tutta la sua complessità.

 

ARTE, LINGUA, STILE.

a) Il Decameron opera comica.

-Il Decameron è un’opera comica nel senso della Divina Commedia: in armonia a questa larghezza di contenuto Boccaccio non limita il suo lessico a quello illustre ma si concede tutta la ricchezza lessicale, tutti i gradi dello stile.

-Nel proemio alla quarta giornata il B. riafferma il valore artistico del Decameron in cui si alternano cortesia e comicità, stile alto e modesto o realistico.

 

b) la lingua.

-Registro lessicale larghissimo, da vocaboli eleganti a quotidiani o addirittura volgari.

- B. inserisce vocaboli per caratterizzare l’ambiente: vocaboli provenzali nelle novelle francesi, parole del gergo rusticale, canzoncine in veneziano, ecc.

- In certe novelle comiche orgia di vocaboli realistici, volgari, gergali; invece in bocca a Ser Ciappelletto (furfante che vuol passare per santo) pone vocaboli della lingua religiosa, con effetto comico incomparabile.

- Quando il tema si solleva, lingua e stile si sollevano anch’essi fino a discorsi di studiatissima aarchitettura quando parlano eroi tragici o nella descrizione della peste.

 

c) l’arte.

-Elaborazione di una prosa d’arte in cui la prosa, volendo essere poesia, si stacca decisamente dall’uso parlato.

- Questo gusto per l’eleganza dello stile è una manifestazione del gusto aristocratico e del disprezzo del volgo che pervadde tutto il libro.

- Personaggi di vivissima concretezza come quelli creati in modo diverso da Dante. Sciocchi creduloni come Calandrino; beffatori astuti come ser Ciappelletto e fra Cipolla; eroi tragici come Lisabetta; gentiluomini raffinati e sensibili come Federigo degli Alberighi; popolani arguti e ‘cortesi’ come Cisti fornaio sono una galleria di ritratti indimenticabili che B. presenta di solito in poche parole per metterli in azione e delinearli a poco a poco nel racconto ampio, analitico, ricco di particolari e spiegazioni.

 

FAMA E FORTUNA.

- Il Decameron ebbe successo negli ambienti borghesi e mercantili, cui piacque per il carattere romanzesco, per l’esaltazione della società mercantile e la celebrazione della ‘cortesia’.

- L’umanesimo distaccandosi dalla cultura in volgare lo tenne in scarso conto.

- I novellieri volgari si impadronirono dello schema narratico e l’umanesimo volgare mise la prosa boccaccesca a base della lingua d’arte.