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Analizzare la prosa

 Analizzare la prosa non è così diverso dall’analizzare la poesia. In entrambi i casi si devono prendere in considerazione le tecniche letterarie, le scelte linguistiche, le figure retoriche, la struttura e così via, ma questi elementi nella prosa possono essere usati in modi diversi per ottenere effetti differenti. Dovrete leggere ancora più attentamente quando studiate brani di prosa perché le tecniche usate potrebbero non essere così facili da scoprire.

 La maggior parte dei brani che vi si chiederà di analizzare, invece di essere testi completi, saranno presi da opere più lunghe, anche se talvolta vengono assegnati dei brevi saggi o racconti completi. 

Scrivendo il vostro commento su un brano di prosa dovrete esaminare attentamente lo stile dello scrittore per analizzare il modo in cui usa il linguaggio. Dovrete essere consapevoli delle caratteristiche da cercare e dei modi in cui le scelte stilistiche dell’autore possono influenzare il significato e l’effetto. 

Esaminare gli stili degli scrittori

In questo libro vi si chiede di pensare non solo a quello che gli scrittori dicono – il contenuto della loro opera – ma anche a come scrivono. Questo significa esaminare la particolare combinazione di tecniche letterarie, strutture e lessico che usa uno scrittore e che insieme contribuiscono a formare lo “stile” specifico di quello scrittore. Dalle vostre letture saprete che l’opera di alcuni scrittori è facile da riconoscere immediatamente perché hanno uno “stile” caratteristico. Tuttavia, può essere più difficile spiegare esattamente quali caratteristiche rendono riconoscibile lo stile di uno scrittore.

 Come studenti di letteratura, dovrete sviluppare l’abilità di analizzare lo stile e parlarne. Un difetto notato dagli esaminatori è che gli studenti non tengono questo in considerazione e non si impegnano in un’analisi sufficientemente approfondita di come sono scritti i testi. È più facile concentrarsi sull’uso del linguaggio di uno scrittore quando si studia la poesia, mentre quando si scrive di romanzi o di altre opere in prosa si può cadere in tentazione di concentrarsi sulle idee e di trascurare di esaminare altri aspetti che costituiscono lo stile dello scrittore.

 

Pensare o sentire

Lo stile può essere anche visto come espressione della personalità e delle preoccupazioni di uno scrittore. I modi in cui gli scrittori sperimentano il mondo e le cose che sono più importanti per loro necessariamente influenzano il loro modo di scrivere e ciò che scrivono. Il più delle volte scrivere significa anche pensare ma non è solo un’attività cerebrale. Anche se tutti i buoni scrittori compongono attentamente la propria opera, persino quando vogliono comunicare esperienze emotive o sensuali, ci possono essere influenze inconsce, specialmente per scrittori che usano tecniche più intuitive e meno convenzionali, che permettono alle loro parole di scorrere senza controllarle troppo attentamente. 

Attività

Vasco Pratolini si sofferma a lungo sui pensieri e sulle reazioni emotive dei suoi personaggi ma non rivela sempre direttamente i loro caratteri; invece, usa metafore e azioni per suggerire aspetti nascosti di personalità e relazioni. Nel brano seguente, tratto da Cronache di poveri amanti, identificate le immagini e cercate di scoprire cosa ci rivelano dei personaggi. Discutete con un compagno come Pratolini usa queste immagini.

In questo brano Pratolini delinea la situazione determinata dalla presenza di Ugo in casa di Maria e Beppino. Sulla base dei loro comportamenti in questo brano, come pensate che sarà la loro relazione?

 

Via del Corno

Via del Corno è finalmente tutta per i gatti che banchettano a un cumulo più grosso d’immondizia: dai Bellini, al secondo piano del n. 3, c’è stato pranzo nuziale. Milena s’è sposata con il figlio del pizzicagnolo di via dei Neri. Milena ha diciotto anni, è bionda, con gli occhi chiari di colomba: via del Corno ha perduto il secondo dei suoi Angeli Custodi. Dopo il viaggio di nozze Milena andrà ad abitare in un appartamentino delle Cure.

Le sveglie sono fatte per suonare. Ce ne sono cinque in via del Corno che suonano nello spazio di un’ora. La più mattiniera è quella di Osvaldo. È la sveglia di un rappresentante di commercio “che batte la provincia”: è piccola, di precisione, ha un trillo di giovinetta e anticipa di un quarto d’ora il fragore della sveglia di casa Cecchi che ha il suono della campanella di un tranvai, ma è quello che ci vuole per rimuovere uno spazzino dal suo sonno di tartaruga.

La sveglia di Ugo è della stessa razza urlante: il contrario del suo proprietario che gira tutto il giorno col barroccino di frutta e verdura ed ha una voce di baritono nell’offrire la mercanzia. Ugo occupa una stanza in subaffitto, al n. 2 terzo piano, ed è per questo che la sveglia dei coniugi Carresi non si fa mai sentire. Maria si desta quasi sempre “quando esplode il macinino del suo dozzinante”, allunga una mano per portare sul silence la chiavetta della propria sveglia. Così, Beppino che le dorme accanto, non si desterà. Le proibirebbe di lasciare il letto finché Ugo non fosse uscito.

Ugo si trattiene mezz’ora in gabinetto a fumare la sigaretta, poi indugia a lungo nella sua camera e Maria è curiosa di saperne la ragione. Di solito lo incontra in cucina che si sta lavando. Addosso ha soltanto le mutande, corte quasi come quelle di una donna. Ha il torace largo ed è stretto di vita, due gambe muscolose. Guardarlo le fa piacere, come si guarda la roba esposta nelle vetrine, anche se non si può comprare. Dopo potrà affrontare la giornata di buon umore.

Maria accende il fuoco per scaldare l’acqua e il caffè-latte. Ugo mette la testa sotto la cannella dell’acquaio e mugola di soddisfazione. (Beppino vuole l’acqua calda nella catinella. Ora dorme supino con la bocca socchiusa. Quando lei si alza e lo vede, le fa sempre impressione come un morto).

“Si sbrighi”, dice Maria. “Mi devo lavare anch’io”.

Ugo ha preso l’asciugamano ai due lati, si strofina dietro le spalle e sui fianchi.

“Faccia pure”, le risponde. “Non mi spavento mica!”

Ella lo spinge fuori della porta, premendo la mano sulla carne nuda.

Attività

Scrivete un’analisi dei personaggi di Ugo e Beppino basata su quello che avete appreso dal brano precedente. Inserite una riflessione su come il diverso rapporto con l’acqua potrebbe simboleggiare una differenza di fondo nel loro carattere.

 Metodo 1-2-4

Quando state imparando a scrivere un commento, un brano o una poesia può essere molto scoraggiante. Può capitare che lo leggiate fino in fondo e non troviate niente da dire. In questa fase è molto più facile lavorare con altri. Il metodo 1-2-4 è molto utile. Per questo esercizio c’è bisogno di almeno quattro persone. 

Fase 1  Ogni persona, per conto suo, scrive due o tre punti sul brano da analizzare. Questi punti possono essere molto ovvi (per esempio, ci sono tre paragrafi), o si possono mettere sotto forma di domanda. Non importa, purché scriviate tre commenti. 

Fase 2  In coppia, guardate le sei affermazioni che avete fatto e provate a metterle in ordine di importanza. 

Fase 3  Ora formate un gruppo di quattro. Sulla base delle due liste che avete, decidete quali sono i punti chiave del brano. Per esempio: di che cosa parla? Qual è il punto di vista? In che stile è scritto? E così via. A questo punto scoprirete che è molto probabile che voi abbiate una buona comprensione del brano, oltre a essere in grado di fare commenti pertinenti sul modo in cui è scritto. 

Attività

Leggete il brano seguente, tratto da I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, e usate il metodo 1-2-4 per capire di cosa parla e per fare commenti su come è scritto. Dopo averne discusso troverete più facile scrivere il vostro commento personale sul brano.                                                              

 

La madre di Cecilia

Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla ne1 sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno; della madre, ché, se anche la somiglianza de' volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, - no! - disse: - non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete -. Così dicendo, apri una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò:
- promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così. Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affaccendò a far un po’ di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: - addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri -. Poi voltatasi di nuovo al monatto, - voi -, disse, passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola.
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccia, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.
Signore! - esclamò Renzo: - esauditela! tiratela a voi, lei e la sua creaturina: hanno patito abbastanza! hanno patito abbastanza.

 Alessandro Manzoni

Attività

Leggete il seguente brano tratto dalla Coscienza di Zeno di Italo Svevo.

Lavorando con un compagno, fate degli appunti sul brano in preparazione di un commento scritto. Notate come il protagonista e narratore viene presentato per mezzo delle riflessioni che fa sul proprio comportamento; com’è lo stile di Svevo; in che modo ottiene effetti umoristici; il significato del suo cedimento al vizio del fumo.

 

L’ultima sigaretta

Sul frontispizio di un vocabolario trovo questa mia registrazione fatta con bella scrittura e qualche ornato:

«Oggi, 2 Febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!».

Era un'ultima sigaretta molto importante. Ricordo tutte le speranze che l'accompagnarono. M'ero arrabbiato col diritto canonico che mi pareva tanto lontano dalla vita e correvo alla scienza ch'è la vita stessa benché ridotta in un matraccio. Quell'ultima sigaretta significava proprio il desiderio di attività (anche manuale) e di sereno pensiero sobrio e sodo.

Per sfuggire alla catena delle combinazioni del carbonio cui non credevo ritornai alla legge. Pur troppo! Fu un errore e fu anch'esso registrato da un'ultima sigaretta di cui trovo la data registrata su di un libro. Fu importante anche questa e mi rassegnavo di ritornare a quelle complicazioni del mio, del tuo e del suo coi migliori propositi, sciogliendo finalmente le catene del carbonio. M'ero dimostrato poco idoneo alla chimica anche per la mia deficienza di abilità manuale. Come avrei potuto averla quando continuavo a fumare come un turco?

Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l'uomo ideale e forte che m'aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente. Io avanzo tale ipotesi per spiegare la mia debolezza giovanile, ma senza una decisa convinzione. Adesso che sono vecchio e che nessuno esige qualche cosa da me, passo tuttavia da sigaretta a proposito, e da proposito a sigaretta. Che cosa significano oggi quei propositi? Come quell'igienista vecchio, descritto dal Goldoni, vorrei morire sano dopo di esser vissuto malato tutta la vita? Una volta, allorché da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le pareti della stanza perché le avevo coperte di date. Probabilmente lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo più possibile di formarne in quel luogo degli altri.

Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand'è l'ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L'ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su sé stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po' più lontano.

Le date sulle pareti della mia stanza erano impresse coi colori più varii ed anche ad olio. Il proponimento, rifatto con la fede più ingenua, trovava adeguata espressione nella forza del colore che doveva far impallidire quello dedicato al proponimento anteriore. Certe date erano da me preferite per la concordanza delle cifre. Del secolo passato ricordo una data che mi parve dovesse sigillare per sempre la bara in cui volevo mettere il mio vizio: «Nono giorno del nono mese del 1899». Significativa nevvero? Il secolo nuovo m'apportò delle date ben altrimenti musicali: «Primo giorno del primo mese del 1901». Ancor oggi mi pare che se quella data potesse ripetersi, io saprei iniziare una nuova vita.

Ma nel calendario non mancano le date e con un po' d'immaginazione ognuna di esse potrebbe adattarsi ad un buon proponimento. Ricordo, perché mi parve contenesse un imperativo supremamente categorico, la seguente: «Terzo giorno del sesto mese del 1912ore 24». Suona come se ogni cifra raddoppiasse la posta.

L'anno 1913 mi diede un momento d'esitazione. Mancava il tredicesimo mese per accordarlo con l'anno. Ma non si creda che occorrano tanti accordi in una data per dare rilievo ad un'ultima sigaretta. Molte date che trovo notate su libri o quadri preferiti, spiccano per la loro deformità. Per esempioil terzo giorno del secondo mese del 1905ore sei! Ha un suo ritmo quando ci si pensa, perché ogni singola cifra nega la precedente. Molti avvenimenti, anzi tutti, dalla morte diPio IX alla nascita di mio figlio, mi parvero degni di essere festeggiati dal solito ferreo proposito. Tutti in famiglia si stupiscono della mia memoria per gli anniversarii lieti e tristi nostri e mi credono tanto buono!

Per diminuirne l'apparenza balorda tentai di dare un contenuto filosofico alla malattia dell'ultima sigaretta. Si dice con un bellissimo atteggiamento: «mai più!» Ma dove va l'atteggiamento se si tiene la promessa? L'atteggiamento non è possibile di averlo che quando si deve rinnovare il proposito. Eppoi il tempo, per me, non è quella cosa impensabile che non s'arresta mai. Da me, solo da me, ritorna.

Italo Svevo