DOLCI TRADIZIONI

Tradizione della Commemorazione dei Defunti
Frutta di martorana
La frutta di Martorana è un tipico dolce siciliano, più precisamente palermitano, famoso nel mondo, simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, a base esclusivamente di farina di mandorle e zucchero e confezionato tradizionalmente in forma di frutta.Viene tradizionalmente preparata nelle celebrazioni della Festa dei Morti. Deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana, eretta nel 1143 da Giorgio d'Antiochia, ammiraglio del re Normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome, e di quello di Santa Caterina nel centro storico di Palermo dove le suore lo preparavano e lo vendevano fino a metà del 1900, tradizione oggi abbandonata.Secondo una nota tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le suore del convento della Martorana, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero, per abbellire il convento per la visita del papa dell'epoca
Pupi di zucchero
È tradizione in Europa e soprattutto in Italia allestire dolci particolari nei giorni a ridosso del 2 novembre, che spesso ricordano nel nome questa ricorrenza o nella forma e consistenza quella di un osso. Altro riferimento ricorrente è alla dita delle mani, mentre il dolce a forma di cavallo è probabilmente legato alla leggenda di Proserpina. Ancora oggi in alcuni paesi d'Italia, la notte tra l'1 ed il 2 novembre, si pongono questi dolci su tavole imbandite, sicuri che verranno frequentate dai propri defunti. I dolci dei morti contengono ingredienti semplici come farina, uova, zucchero ed aromatizzanti; spesso sono presenti mandorle finemente triturate o talvolta anche cioccolato, marmellata e frutta candita. Tra i dolci che arricchiscono le tavole dei bambini siciliani, come i Frutti di martorana e i biscotti Ossa di morto troviamo i “Pupi di zucchero” o, in siciliano pupaccena, pupi di zuccaro. Si tratta di statuette di zucchero colorato, riproducenti paladini o generiche figure maschili e femminili
Biscotti ossa di morto (Dolci dei morti)
In Sicilia, secondo la versione originaria, le "Ossa di morto" sono di consistenza molto secca e di colore bianco e marrone. Con zucchero, farina, albume e acqua di chiodi di garofano, vengono chiamate anche " Paste di Garofano". Molto spesso confuse con le " Mustazzola", le quali,invece, sono fatte con un impasto di miele e spezie, come il chiodo di garofano.
La festa di S. Martino (11 Novembre)
BISCOTTI DI S. MARTINO
Della tradizione palermitana di onorare il santo fa parte la preparazione di biscotti speciali che prendono appunto il nome di “biscotti di San Martino".
Sono confezionati con fior di farina impastata con il latte e fortemente lievitata, hanno la forma di una pagnottella rotondeggiante della grossezza di un’arancia e l’aggiunta nell’impasto di semi d’anice conferisce loro un sapore e un profumo particolare.
Cotti a fuoco lento, si presentano molto croccanti e friabilissimi ed in questa occasione vengono largamente consumati "abbagnati" (inzuppati) nel vino liquoroso “moscato di Pantelleria” ricavato da uve inzolia o inzuppati nel vino appena spillato.
I pasticcieri della città impreziosiscono i tradizionali biscotti rivestendoli con una velata di zucchero fuso e decorandoli con cioccolatini fondenti, confettini, addobbi floreali di pasta reale, ripieni di crema o marmellata, facendone insomma una leccornia gradevolissima anche nell’aspetto. In altra versione, il biscotto comune, svuotato, viene anch’esso ripieno di crema di ricotta con canditi e scaglie di cioccolato e inzuppato in liquore di rhum.
La festa di S. Lucia (13 dicembre)
Cuccia
La cuccìa è un dolce tipico palermitano, a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte bianca o al cioccolato. Viene guarnito con zuccata, cannella e pezzetti di cioccolato, ed è tradizionalmente preparato e consumato in occasione della festa di Santa Lucia (13 dicembre). Secondo la tradizione, infatti, il 13 dicembre del 1646 approdò nel porto di Palermo una nave carica di grano, che pose fine ad una grave carestia. Per poterlo consumare immediatamente il grano non venne macinato, ma bollito e mangiato.
Dolci Natalizi
Buccellato
Il buccellato, (dal tardo latino bucellatum, "sbocconcellato"), o cucciddatu è un dolce tradizionale siciliano, diffuso in tutta l'isola, e consumato nel periodo natalizio.Si tratta di un impasto di pasta frolla, decorata e forgiata in vari modi (spesso a forma di ciambella) ripieno di fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d'arancia e ingredienti che variano a seconda delle zone in cui viene preparato.Il ripieno di mandorle è costituito da un impasto di mandorle pelate, zuccata (zucca candita) e gocce di cioccolato. Il ripieno di fichi, più tradizionale, è invece costituito da un impasto di fichi secchi, frutta candita e pezzetti di cioccolato.Il buccellato "casereccio" viene solitamente ricoperto di glassa, quello prodotto in pasticceria è ricoperto di zucchero a velo o di frutta candita.Cotto al forno, il buccellato si conserva a lungo e, sempre presente nelle tavole natalizie, viene consumato nell'intero periodo festivo
Giuggiolena o Cubbaita
La giurgiulèna (chiamata anche giuggiulena o cubàita) è un tipico dolce di Natale, in uso in Sicilia e in gran parte della Calabria. È composto, tra le altre cose, da sesamo, che in siciliano è indicato appunto con i termine giuggiulena, gigiolena o ciciulena. La ricetta si basa sulla composizione di semi di sesamo versati nel miele e fissati dalla caramellizzazione degli zuccheri (in una versione arricchita si aggiungono anche mandorle e scorzette di arancia candite), a modo di torroncino.Richiede una preparazione molto lunga, con un riposo di ventiquattr'ore. La giuggiulena viene in genere tagliata a rombi o rettangoli, a volte cosparsa con confetti colorati e presentata in porzioni individuali.Come per molti altri dolci siciliani, anche la giuggiulena è una eredità della pasticceria araba

Nucatuli - Acquistate da noi
Si tratta di biscotti, preparati specialmente per Natale. Una variante di questa ricetta prevede una doppia lavorazione, una per la pasta e l'altra per il ripieno. Gli ingredienti per la pasta sono la farina e del miele. Occorre far bollire il miele e versarlo tiepido nella farina da aggiungere nella quantità necessaria per ottenere un impasto omogeneo e morbido. Il tutto va lasciato riposare per circa cinque ore. La pasta così ottenuta serve per ottenere delle listarelle larghe circa 3-4 centimetri all'interno delle quali verrà versato il ripieno. Quest'ultimo si prepara utilizzando noci e nocciole sgusciate e lievemente tostate al forno, miele, scorza d'arancia e cannella. Porre le noci e le nocciole in un tegame e farle cuocere col miele, mescolando continuamente. A metà cottura si aggiunge la scorza d'arancia tagliata finemente e la cannella a piacere. L'impasto si cuoce, sempre mescolando, finchè non si stacca dalle pareti della pentola. Ultimata la cottura, occorre far raffreddare il ripieno e quando è tiepido lo si pone nelle listarelle di pasta precedentemente preparate, quindi si avvolgono tali listarelle in modo stretto in modo che il ripieno sia completamente coperto dalla pasta, si da al biscotto la forma di "S" e lo si decora con un impasto morbido di farina sciolta nel cacao caldo.

Mostaccioli - Acquistate da noi
Mostaccioli o "Mustazzola" Si tratta di biscotti, per i quali occorre un chilo di farina, scorza di arancia tritata, miele a volontà ed un uovo. Occorre impastare tutti gli ingredienti per ottenere una pasta compatta da tagliare successivamente in modo da ottenere delle strisce di almeno un centimetro da tagliare ogni tre centimetri circa. Tali strisce vanno infornate in modo da lasciarle scurire e così si otterranno questi biscotti. La variante ericina, di Erice presso Trapani, ha come ingredienti per 6 persone:100 gr di mandorle 1 kg. di farina 400 gr di zucchero 10 gr di cannella 1 chiodo di garofano 1 cucchiaio di lievito Burro e farina per la teglia. Procedimento: Versare la farina su una base, disponerla a fontana e al centro porvi le mandorle tostate con la buccia e tritare finemente. Unire la cannella, il chiodo di garofano tritato e lo zucchero sciolto in un bicchiere d'acqua insieme al lievito. Impastare fino ad ottenere un composto liscio ed elastico con l'aggiunta di un bicchiere d'acqua. Formare con la pasta dei biscotti di quattro centimetri di lunghezza e larghi due. Imburrare ed infarinare una teglia, allinearvi i biscotti e passarli in forno caldo per 10/15 minuti.
Cuddrireddra
Il nome è quasi impronunciabile per chi non è siciliano. La lingua si arrotola nello sforzo di pronunciare le troppe erre e le troppe di, ma a Delia questa parola dal suono duro indica un dolce buonissimo: un biscotto a forma di bracciale il cui nome risale al greco kollura (cioè focaccia, pane biscottato di forma solitamente anulare). Nei vocabolari dialettali cuddrireddra sta per focacciuola, schiacciatina modellata a foggia di baco ravvolto, o piccola rotellina di pasta a forma di anello o corona. In Sicilia, e un po’ in tutto il sud Italia, si producono molti tipi di ciambelline fritte, ma solo a Delia si realizzano in questa forma complicata. Si narra che la forma a "corona" sia nata quale omaggio alle castellane che vivevano a Delia durante la guerra dei Vespri Siciliani (1282-1302) nella fortezza medioevale che sovrasta la cittadina. Sono passati sette secoli ma le cuddrireddre si producono ancora. La ricetta è semplice: si impasta la farina di grano duro con uova fresche, zucchero, un poco di strutto, vino rosso, cannella e scorzette di arancio. Si lavora la massa su un asse di legno (lo scanaturi) fino a quando raggiunge la giusta compattezza e poi la si divide in piccoli rotolini. La parte più complicata, che richiede manualità e esperienza, ma che tutte le donne di Delia sanno realizzare benissimo, inizia a questo punto: si avvolgono i rotolini di pasta intorno ad un bastoncino che poi viene sfilato. La spirale di pasta viene appoggiata su un attrezzo chiamato “pettine” costituito da due asticelle di legno unite da una serie di striscioline di canna di bambù levigata. I pettini sono conservati con grande cura perché nessuno è più in grado di costruirli. Alcuni sono vecchissimi, posso avere anche più di 150 anni. Un oggetto bizzarro la cui funzione originaria era diversa: si trattava infatti di un pezzo del banco di tessitura. Sul “pettine” si appoggia la spirale di pasta che acquista la caratteristica “rigatura”. Si uniscono a questo punto le due estremità formando una corona. L’ultimo passaggio è la frittura in abbondante olio extravergine d’oliva.
Petrafennula
La petrafennula (o pietrafendola, petrafernula) è un tipico dolce siciliano, diffuso in tutta l'isola, e consumato per la festa dell'Immacolata e nel periodo natalizio. Di origine araba, viene preparato con miele, mandorle, bucce di cedro e arance, confetti e cannella, ed è una sorta di torrone estremamente duro. Con l'espressione Fàrisi petrafènnula ("diventare petrafennula") si intende infatti "irrigidirsi in un proponimento o rendersi inamovibile da un luogo"
Carnevale Siciliano
Nfasciatieddi
L’origine del prodotto si fa risalire alla presenza nel territorio troinese dei conventi dei monaci Basiliani e delle suore Benedettine, che ebbero notevole influenza nella storia e nella cultura della città.
Come si può riscontrare anche in altre località, i conventi erano depositari delle antiche tradizioni gastronomiche locali. Infatti, di tale prodotto si parla in manoscritti del 1869 e del 1912.
Si produce nei panifici e nelle pasticcerie della città di Troina e di Agira, e in campagna, dove il processo di produzione ricalca gli antichi schemi, compresa la cottura nel forno a legna.
Descrizione
Biscotti da forno della pezzatura di circa 40-50 grammi, composta da un impasto di farina farcito con vino cotto di fichidindia (succo concentrato) , zucchero, farina, bucce di arance e limoni grattugiate e un pò di cannella, il quale viene prima infornato e poi imbevuto a caldo con succo concentrato di ficodindia e cosparso di granella di mandorle.
Periodo di produzione
Febbraio - marzo, durante il periodo di carnevale.

Pignolata
La pignolata glassata è un dolce tipico delle città di Messina e Reggio Calabria; il dolce è ampiamente diffuso, infatti, nella Sicilia orientale e in tutta l'area calabrese da Melito a Scilla che ne hanno derivato la produzione da quella messinese presentandone anche una variante tipicamente reggina al gusto di bergamotto, oltre al limone e al cioccolato della ricetta originaria.Tradizionalmente tipico del periodo di carnevale, tuttavia oggi lo si produce tutto l'anno.Si presenta come un mucchietto di pigne di varie dimensioni ricoperte di glassa bianca al limone e scura al cioccolato e dall'odore di essenza di limone (o bergamotto) e cioccolato vanigliato. La pignolata glassata deriva direttamente dalla pignolata al miele, che prevedeva un mucchietto di "pigne" fritte ricoperte da miele (versione ancora diffusa nei comuni montani delle due province. La pignolata glassata nasce nel periodo della dominazione spagnola, quando su commissione di famiglie nobili si rielaborò la precedente ricetta "povera" sostituendo la copertura con una dolcissima glassa aromatizzata al limone ed al cacao. Oggi la pignolata, che nel corso dei secoli si è diffusa in tutta l'area dello Stretto, è il dolce tipico più apprezzato della zona e vi è prodotto in grandi quantità per l'esportazione in Italia ed all'estero
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Cannoli siciliani
I cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta. Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi. Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ottenuti ritagliando normali canne di fiume, che diedero così il nome al dolce.Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, con crema pasticciera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato, di canditi, di granella di pistacchi o nocciole. Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Per evitare questo inconveniente, alcuni pasticcieri rivestono la superficie interna del cannolo con cioccolato fuso: in questo modo, l'involucro non si impregna rimanendo croccante per più tempo.

La festività di S. Giuseppe (19 marzo)

Sfincia di S. Giuseppe
La sfincia di San Giuseppe, sfincia (dal latino spongia, "spugna" oppure dall'arabo "sfang" col quale si indica una frittella di pasta addolcita con il miele), è un dolce fritto, diffuso nella Sicilia occidentale, e consumato in particolare il 19 marzo, durante la festa di San Giuseppe. La ricetta tipica prevede la realizzazione di una pastella di farina, acqua e uova, che viene fritta in olio bollente o in strutto, poi ricoperta con zucchero o, più comunemente, con una crema di ricotta di pecora con pezzetti di cioccolato, e guarnita da scorza d'arancia e pezzetti di pistacchio.

Dolci Pasquali
La cassata siciliana
Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.Una delle varianti più famose è quella dei cassateddi di sant'Aita, dolci tipici di Catania di solito preparati nel periodo della festa patronale. Si tratta di dolci a forma di mammella, fatti con pan di spagna imbevuto di liquore e farcito con crema, e ricoperti di glassa bianca con sopra una ciliegia candita. È chiara l'allegoria con le mammelle che furono asportate alla santa prima del martirio finale.Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo.Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi.Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[senza fonte] di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo.
Cassatella di Agira
Le cassatelle di Agira (denominazione comunale) sono dolci tipici della gastronomia ennese, originari della cittadina di Agira ma diffusi non solo nella provincia di Enna, ma altresì in gran parte della Sicilia orientale.Famose come cavallo di battaglia della pasticceria dell'Ennese, le cassatelle hanno forma di mezzaluna, preparata pasta di frolla, tenera e color giallo oro spolverata di zucchero a velo, con un prelibato e gustoso ripieno di un impasto di cacao, mandorle tritate, farina di ceci, zucchero e scorza di limone essiccata, con eventuale aggiunta di cannella.Alle cassatelle di Agira, è dedicata una sagra che si svolge nel paese natio di Diodoro Siculo, Agira appunto, nel mese di ottobre di ogni anno. Le cassatelle sono disponibili per tutto l'anno in tutti i ristoranti, i bar e le pasticcerie della provincia ennese ed in numerosi ristoranti catanesi. Dato che il prodotto è molto laborioso e necessita di parecchi passaggi custoditi gelosamente e tramandati di generazione in generazione, le manifatture di questo dolce variano sensibilmente. Recentemente si assiste ad un notevole proliferare di vili imitazioni che nulla hanno ache fare con il prodotto originario. In attesa dell'ufficializzazione della De.Co. (Denominazione Comunale), verificare che le dimensioni del prodotto siano almeno 10x6 cm, che l'impasto sia morbido e non asciutto/secco, che non sappia esclusivamente di cioccolato/cacao (bisogna sentire anche la mandorla), che la pasta frolla non sia biscottata o molliccia. Le cassatelle di Agira seguono un particolare ed assai antico procedimento di preparazione, che conferisce loro un sapore, un odore e un aspetto inconfondibili ed originali. Per preparale, si tritano le mandorle con zucchero e cacao aggiungendo dell'acqua, per poi cuocere l'impasto a fuoco lento. In questa fase vanno aggiunti la farina di ceci, la cannella e le scorze di limone, finché l'impasto non si compatta e può essere quindi spalmato sui cerchi di pasta frolla, da richiudere infine a mazzaluna.

La pecorella di pasta reale

Costituisce uno dei dolci più rappresentativi della Sicilia, dove i maestri pasticcieri lavorano la mandorla in maniera artigianale con il miele, fino ad ottenere una pura pasta di mandorla, che può inoltre essere aromatizzata al limone o all'arancia oltre che essere ricoperta di zucchero a velo.Una delle più note applicazioni dolciarie della pasta di mandorle è la cosiddetta "pecorella pasquale", confezionata appunto nel periodo di Pasqua.

 

Pupo con l'uovo

Dolce di pasta frolla ricoperto di glassa di zucchero e codette, all'interno del quale viene messo un uovo sodo. Anticamente venivano realizzati a forma di "pupo", e l'uovo ne costituiva la "pancia".

Estate siciliana
Granita
La granita siciliana o semplicemente granita, è un alimento rinfrescante tipico della Sicilia. Nella sua ricetta di base, si compone di acqua, zucchero e limone (granita al limone).Nella sua "formulazione originale" è diffusa in tutta la Sicilia, tuttavia la diffusione maggiore e la sua migliore espressione si hanno nella costa Orientale dell’Isola. Qui al gusto originario di limone, si sono da tempo affiancate numerose varianti:La granita alla mandorla, probabilmente nata nella zona di Avola, nel Siracusano (ove si hanno le più estese coltivazioni di mandorle siciliane) è ormai il gusto più diffuso della costa est dell’isola, spesso accoppiata al gusto cioccolato. Le granite di caffè, di fragola e di gelsi (more) sono invece una specialità della città di Messina, servite con l'aggiunta di un velo di panna rigorosamente fresca.Molto diffusi nel Catanese sono invece il gusto "al pistacchio" (originario di Bronte), alla mandorla (la minnulata catanese, cioè mandorlata, su cui si versa un goccio di caffè caldo) ed i gusti alle frutta: gelsi neri, pesca, fragola, mandarino, ananas. Da segnalare la grande tradizione dell’"Acese" (dintorni di Acireale, fra Catania e Messina) nella produzione di granite. Si serve in bicchieri di vetro trasparenti, originariamente accompagnata dal pane, oggi si accompagna volentieri con la tipica brioche siciliana preparata con l'uovo e dalla forma a base semisferica sormontata da una pallina (a mo' di coppoletta).In Sicilia a granita câ briosci è spesso apprezzata come ottima colazione, specialmente in estate e nelle zone costiere, mentre non la si mangia mai dopo pranzo. La Regione Siciliana ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani la granita di gelsi neri e la granita di mandorla
Gelo di melone
Chiamato in dialetto "Gelu di muluni" si prepara in genere in estate, quando si può disporre di angurie già molto dolci. Occorre munirsi del "setaccio", che si reperisce presso alcuni rivenditori di strumenti artigianali nella vecchia Palermo. Ingredienti per 4 persone:1 melone rosso di circa 5 chili100 gr di zucchero per ogni litro di succo80 gr di amido per ogni litro di succo, 50 gr di capello d'angelo, 20 gr di cioccolato fondente a goccioline. Fiori di gelsomino per completare. Procedimento: Fare un infuso di fiori di gelsomino e tagliare a pezzi il melone. Dopo aver tolto la buccia ed i semi, passarlo al setaccio e versare il succo ottenuto in una pentola, aggiungendo l'amido, lo zucchero e l'infuso di gelsomino. Mettere la pentola sul fuoco e portare ad ebollizione a fuoco molto basso e mescolando sempre. Non appena sarà leggermente addensato, versarlo dentro le coppette predisposte. Lasciare raffreddare per un'ora circa. A questo punto avrete ottenuto il gelo, al quale aggiungerete il capello d'angelo ed il cioccolato fondente tagliato a pezzetti. Guarnite il tutto con altro fiore di gelsomino fresco e spolverare di pistacchio grattugiato
Scursunera (gelato al gelsomino)
Sembra che questo raffinatissimo tipo di gelato risalga addirittura agli Arabi che per primi aromatizzarono la neve delle "nivere" di montagna con il gelsomino per farne dei veri e propri sorbetti. In Sicilia questo tipo di sorbetto si diffuse enormemente anche per la diffusa presenza della pianta di gelsomino, che produce i fiori da cui deriva l'aroma di gelsomino. Molto diffuso nel Trapanese, il gelato al gelsomino non deve confondersi con la scorsoniera. (La "scurzunera" infatti deriva da una pianta spontanea i cui fiori erano usati per farne aroma di gelato completato da spruzzi di cannella. Il termine deriva dal fatto che era usata come antidoto al morso dei serpenti i scursuni, da cui scurzunera). Gl ingredienti per fare un gelato al gelsomino per circa 5 persone sono: 50 gr. fiori di gelsomino; 150 gr.di zucchero; un bicchierino di rum, 4 albumi d'uova. Il procedimento: Mettere il gelsomino, appena colto a macerare in mezzo litro d'acqua per 4 ore, e filtrarlo. Porre una pentola sul fuoco con l'acqua aromatizzata ottenuta e portarla ad ebollizione. Poi, versarvi lo zucchero e farlo fondere mescolando continuamente. Togliere dal fuoco e fare raffreddare, aggiungere gli albumi, il rum, mescolare e porre in un contenitore nello scomparto del ghiaccio finchè non si sarà formato un sorbetto morbido.

Varietà dei dolci siciliani