Schopenhauer, Nietzsche e Marx sono atei puri. Tuttavia,
Schopenhauer aveva deciso di abbandonare la vita, mentre Nietzsche la esaltava.
La
radice di questi è la stessa: l'analisi del mondo e del divenire
cosmico che non prevede ordine ma caos, non causalità ma
casualità.
Il divenire non è più necessario come in Hegel.
Tutto deriva da un principio negativo
e quindi non da Dio. Questa concezione era in antitesi con l'Idealismo,
che prevedeva un principio positivo. Così Schopenhauer ha proposto
l'allontanamento dalla vita attraverso l'ascesi. Nietzsche, invece, darà
dei valori alla vita.
L'estrazione culturale di Schopenhauer contemplava Platone, Kant
e la filosofia indiana (concetti di ascesi, nirvana). Era invece violentemente
contro
Hegel, poiché questi aveva fatto una filosofia sottomessa
allo Stato, mentre si sosteneva l'importanza della libera filosofia. Insegnare
non vuole dire fare libera filosofia poiché si è dipendenti
dallo Stato. La vita è irrazionalità.
Hegel doveva giustificare lo Stato in cui lavorava
Schopenhauer era contro l'ottimismo idealista ma era un erede dell'impostazione
mentale idealista, partendo però da un principio negativo e non
positivo. Schopenhauer ha letto Leopardi, ma Leopardi non ha letto Schopenhauer.
Il pessimismo riecheggia Leopardi. Non ha seguito la tradizione dell'interpretazione
storica romantica ed idealista, pensando che "non c'è nulla di nuovo
sotto il Sole". La sofferenza dell'uomo viene ripercorsa continuamente.
Ci sono delle affinità tra Schopenhauer e Kant. Per quanto
riguarda il rapporto fenomeno/noumeno Schopenhauer sostiene che è
possibile arrivare al noumeno, che è la realtà negativa celata
dal fenomeno. Il fenomeno è una rappresentazione finita del
noumeno negativo (come in Hegel viene riproposto il rapporto tra finito
ed infinito). In Kant la rappresentazione di un oggetto era al di fuori
della coscienza, mentre per Schopenhauer il rapporto avviene all'interno
della coscienza. La principale opera di Schopenhauer è intitolata
"Il Mondo Come Volontà e Rappresentazione".
Il
mondo è una rappresentazione totalmente soggettiva. La filosofia
di Schopenhauer è soggettivistica. La rappresentazione di due mondi
non distaccati, il rapporto soggetto/oggetto, è interno. Kant e
Schopenhauer indagano due realtà diverse. Kant cerca la conoscenza
oggettiva, Schopenhauer vuole andare alle radici della conoscenza e del
mondo alla ricerca e scoperta del principio.
L'uomo è un fenomeno, è rappresentazione ed ha la possibilità
di guardarsi da dentro.
Schopenhauer arriva al principio unico dal quale tutto deriva. Il
principio è "volontà di vivere",
forza
cieca che mira a perpetuare se stessa. Tutto è in funzione
della volontà di vivere, forza irrazionale che mira a far perpetuare
la vita a qualsiasi condizione, anche laddove la vita è dolore.
Questo è il noumeno kantiano, la radice da cui tutto deriva.
Il principio identificato con la realtà di vivere è irrazionale,
acausale,
aspaziale,
atemporale.
Nella filosofia di Schopenhauer il fenomeno è inganno
(dalla filosofia indiana) perché ci fa apparire il principio come
positivo. Schopenhauer parla di un Velo
di Maya. La vera realtà si camuffa quando
si mostra attraverso la realtà fenomenica e fa apparire questa vita
come se degna di essere vissuta, sebbene in realtà non lo sia.
Serve uno squarcio nel Velo di Maya per arrivare al cuore di questa
volontà di vivere.
La volontà di vivere deve perpetuare se stessa e fa apparire
come degna una vita che è solo sofferenza.
Allontanandoci dalla vita con un'ascesi buddista, ci si può elevare,
ricercando la spiritualità pura. Il saggio è il filosofo,
il guru. La vita è dolore nella sua struttura. Il mondo è
irrazionalità e caoticità.
Platone viene ripreso per spiegare i passaggi. La prima realizzazione
della volontà di vivere vede una cristallizzazione in archetipi,
che sono idee platoniche. Gli archetipi sono identificati con le idee
platoniche, forme aspaziali ed atemporali. I generi sono cristallizzati
e si moltiplicheranno.
Squarciare il Velo di Maya significa guardarsi dentro. La realtà
di vivere deve essere oggettivata. Le idee sono il primo momento in
cui si oggettiva la volontà di vivere.
Il passaggio successivo porta alla molteplicità. Dal mondo al fenomeno.
Il
fenomeno è rappresentato come una realtà colta attraverso
le forme pure.
Si parla di centri nervosi, identificati nelle categorie e nelle intuizioni
(riferimento a Kant). C'è solo una categoria, la causalità.
Spazio,
tempo e causalità sono le forme grazie alle quali cogliamo la realtà
fenomenica. Le forme pure sono come vetri sfaccettati. Noi riusciamo
ad arrivare al fenomeno, che è inganno. Il tramite tra
la realtà vera ed il fenomeno sono le forme pure. Il
Velo di Maya nasconde la vera realtà.
Nel momento della rappresentazione soggetto ed oggetto sono presenti all'interno
della coscienza (in Kant davano due mondi diversi). Si ha la conoscenza
di un fenomeno che per Kant era la vera realtà, ma per Schopenhauer
è solo un inganno. La rappresentazione avviene all'interno della
coscienza. Per Kant il fenomeno era la realtà ed il noumeno era
ciò che completava la realtà. Il fenomeno non era ingannevole
per Kant ed il noumeno era un concetto limite. Non si può andare
oltre il finito.
L'unica realtà conoscibile è conoscibile razionalmente. Per
Schopenhauer il noumeno è la vera realtà ed il fenomeno è
un surrogato ed un inganno della vera realtà. Il fenomeno è
l'oggettivazione della volontà di vivere attraverso le idee platoniche
in un primo momento ed attraverso spazio, tempo e causalità in un
secondo momento.
Quando Schopenhauer parla della rappresentazione come un momento interno
alla coscienza fa una critica alla corrente idealista e materialista
poiché queste fanno presuntuosamente partire tutto dal soggetto.
L'Idealismo dal soggetto arriva all'oggetto, il materialismo dall'oggetto
arriva al soggetto. Schopenhauer dice che tutto deve svilupparsi tra
due poli: il soggetto e l'oggetto.
La volontà di vivere è la base della filosofia di Schopenhauer.
Generalmente si considera la volontà come un atto volontario, volitivo.
Per
Schopenhauer la volontà è una forza propulsiva irrazionale.
La volontà è intesa come energia assimilabile all'inconscio
freudiano. È una forza cieca, una pulsione.
La volontà
è al di là dello spazio e del tempo: infinita ed eterna.
In ogni luogo non è collocabile dal punto di vista dello spazio.
Non è più un essere determinato da qualcosa di preciso. La
tradizione classica della filosofia vede la collocazione nel principio
di individuazione.
Il principio è negativo. L'inganno è prodotto dalla rappresentazione
che può fare apparire desiderabile la realtà. La volontà
di sopravvivenza mira a perpetuarsi in eterno e si manifesta nel mondo
per questo.
La volontà di vivere è senza scopo, si perpetua
solo per restare in vita. La volontà di vivere è
inconscia; diventa cosciente solo nell'uomo attraverso un'introspezione.
La vita è sofferenza e dolore. Schopenhauer
dirà che l'uomo è un animale malaticcio, debole. Gli altri
animali diventano forti perché pensano di perpetuare se stessi e
non qualcos'altro che li domina. Dove si acquista in coscienza si perde
in forza. Le persone più intelligenti sono quelle che soffrono
di più.
Schopenhauer è più pessimista del Leopardi. Per
Schopenhauer la vita è un pendolo che oscilla tra noia
e dolore, intervallato da pochissimi momenti
di felicità. La felicità è il soddisfacimento
di un desiderio. La vita è fondamentalmente desiderio e quindi
si vive per la maggior parte insoddisfatti. Pochissimi desideri si
realizzano. Esistono tante spine senza rose e sempre rose con
tante spine.
Laddove c'è felicità si rimanda al dolore. Sono più
i desideri inappagati che quelli appagati. C'è sempre sofferenza.
Quando
il soggetto decide di non desiderare e non soffrire, la vita diventa noia.
Tutto soffre, l'Universo soffre. I gradi più bassi non se ne accorgono
però si soffre a tutti i gradi.
Nella lotta per la sopravvivenza l'uomo ha semplicemente affinato le sue
arti nella lotta attraverso la ragione. L'uccisione attraverso le armi
della ragione è più dolorosa di quella attraverso la forza.
L'uomo non è diverso dall'animale.
Esempio del carceriere che controlla un detenuto.
Il detenuto addestra un ragno ed il carceriere lo uccide per cattiveria.
Pessimismo cosmico.
Schopenhauer nega lo storicismo che dà valore alla storia.
Non
c'è nulla di nuovo sotto il sole. La volontà di vivere
ha differenti modi di vivere della volontà stessa. La vita è
tutta lì.
L'amore è l'unione di due infelici che generano un terzo
infelice. La realizzazione avviene attraverso la sessualità.
L'amore
giustifica l'istinto sessuale. Dante e Petrarca hanno idealizzato
i loro amori e Beatrice e Laura sono stati due grandi amori proprio perché
non soddisfatti. I grandi amori sono un velo su un bisogno non soddisfatto.
L'uomo è pulsione ed il primo istinto è la sessualità.
Se Dante e Petrarca avessero soddisfatto i loro desideri avrebbero decantato
molto meno le loro donne.
L'eros è l'amore interessato al soddisfacimento sessuale.
L'amore
disinteressato corrisponde alla pietà. Schopenhauer è
anticipatore del pensiero di Freud.
Schopenhauer vuole togliere ogni dubbio e dice che il suicido
non è una liberazione: il suicidio si compie per amore della
vita, che è diversa da come si voleva. Il suicida vorrebbe vivere
in modo appagante a tal punto da preferire non vivere. Comunque questi
non uccide il principio ma una sua manifestazione.
Le vie di liberazione dal dolore sono 3. Schopenhauer non affronta mai
il passaggio dalla volontà di vivere all'uscita, non spiega come
un uomo possa uscire dalla volontà di vivere. Poche persone riescono
a liberarsi da questa volontà di vivere. Queste persone sono i mistici,
gli eremiti. Al di là di questi personaggi, pochi nell'arco della
storia, resta l'uomo.
In altri scritti (come "Aforismi sulla saggezza della vita"), Schopenhauer
ricerca una via per mitigare il dolore.
Essere felici significa cercare di limitare il desiderio.
La
felicità è la mancanza di dolore. Se il desiderio
procura il dolore, allora si elimina il desiderio. Dove non c'è
desiderio, però c'è la noia. Serve un equilibrio attraverso
una felicità che è mancanza di dolore.
La vita è un pendolo che oscilla tra noia e dolore con brevi attimi
di felicità.
Le vie di liberazione dal dolore sono 3.
Arte. Attraverso l'arte il soggetto
può contemplare il mondo delle idee platoniche. L'arte
è al di là del tempo e dello spazio e consente la contemplazione
dell'archetipo. L'arte mi permette di andare oltre il fenomeno
ed oltre la dimensione spazio/temporale. "L'arte è gettare
un puro occhio sul mondo". Si trascende il mondo. La forma
d'arte che porta la cuore della volontà di vivere (Schopenhauer
fa una gerarchia delle forme d'arte a partire dall'architettura) è
la musica. La musica
consente la rivelazione immediata della volontà di vivere perché
non deve passare attraverso l'aspetto fenomenico concreto. Però
questa non è una soluzione, è solo un attimo.
Etica della pietà. Attraverso
l'etica l'uomo riesce a vincere il suo egoismo. Schopenhauer riprende Kant
e si pone contro l'imperativo categorico. È d'accordo con Kant sul
trovare l'etica e la moralità laddove c'è disinteresse. L'etica
è il superamento dell'egoismo e non può essere interessato
né riassunta dall'imperativo categorico. Pietà
significa patire insieme, come la compassione. Provare pietà non
è umiliante. Bisogna aprire la propria sofferenza alla sofferenza
universale. L'universo è dolore. Tutti soffrono, siamo uniti
nella sofferenza e non godiamo più della sofferenza altrui.
Carnefice e vittima sono uguali. Tutti soffriamo in quanto vittime e ci
deve essere solidarietà nel dolore. Non si accetta il "mal comune
mezzo gaudio". L'etica della pietà allontana dalla volontà
di vivere perché rende coscienti di qualcosa oltre il fenomeno.
Alla fine di questo, però vivo e desidero (sebbene meno) ancora.
Ascesi. L'ascesi è
la mortificazione della volontà di vivere. Si passa
dalla voluntas alla noluntas,
dal desiderare al non desiderare. Si arriva alla mortificazione di ogni
forma di desiderio (per primo il desiderio sessuale), compreso quello di
cibo. Il guru sa stare tantissimo senza mangiare né bere. Tuttavia
rimane in vita e forse non raggiunge la noluntas (Nirvana).
Nessun uomo è riuscito ad annullare la volontà di vivere
perché se vi fosse riuscito sarebbe venuta meno la volontà
di vivere stessa. Il suicida non è vincitore perché
uccide solo una manifestazione. L'asceta colpisce nell'aspetto
noumenico. Se un uomo vincesse la volontà di vivere libererebbe
tutto l'universo. L'asceta non desidera. Lo Stato di Grazia
Cristiano è per Schopenhauer il Nirvana, mancanza totale di desiderio.
Se l'uomo va nel Nirvana (che noi chiamiamo nulla) il rapporto voluntas/noluntas
si ribalta. Allora il Nirvana modificherà il mondo.
Se tutti si suicidassero, la volontà di vivere continuerebbe
ad esistere. La noluntas considera la possibilità di uccidere
la volontà di vivere. Il suicidio non è risolutivo dal punto
di vista della cessazione della volontà di vivere. Il male va sconfitto
alla radice. L'Aldilà è la volontà di vivere, intesa
al di là del fenomeno.
Rapporto Schopenhauer/Leopardi: Schopenhauer e Leopardi hanno sviluppato
diversamente il loro pessimismo. Leopardi non ha letto Schopenhauer ma
Schopenhauer ha letto Leopardi.
Rapporto Schopenhauer/Wagner: in una "Lettera al fratello", Wagner
ha espresso apprezzamenti verso Schopenhauer. In "Tristano e Isotta" (in
cui c'è un suicidio) c'è una ricerca ossessiva dell'amore
che porta all'annientamento totale. Interpretazione pessimistica dell'amore.
Schopenhauer, Nietzsche, Bergson, Freud, celebrano valori
vitali. Si parla di slanci propulsivi. Nietzsche è
stato molto influenzato da Schopenhauer ed è partito dal suo stesso
principio; per Nietzsche la vita è irrazionalità senza valori,
però egli decide di viverla. L'uomo deve creare e decidere i propri
valori. Schopenhauer ha anticipato Freud. Tutto è irrazionale. Interpretazione
dell'amore in chiave psicoanalitica. Freud parla dell'istinto sessuale
come dell'istinto primario. Jung si è schierato contro Freud proprio
riguardo quell'istinto.
Rapporto Schopenhauer/Mann: nei "Buddenbrook" di Thomas Mann, il
personaggio principale, Thomas, è ispirato a Schopenhauer.
Rapporto Schopenhauer/Svevo: figura dell'inetto come persona che
si sottrae alla vita.