UN GIOCO DA BAMBINI

 

Accademia della Flotta Stellare.
San Francisco, Terra.

TWEE-WOO!

Il campanello della porta interruppe la lettura del capitano Maxwell, seduta alla scrivania del suo ufficio nell'edificio amministrativo dell'Accademia. "Avanti."

La porta scivolò silenziosamente di lato, rivelando dietro di sé una ben nota figura. "Mi ha fatto chiamare, capitano?"

"Oh, signor Vaarik, entri pure. Si accomodi."

"Se non le dispiace preferisco rimanere in piedi," disse il vulcaniano con voce sepolcrale, ma senza traccia di dispetto o ironia.

Maxwell scrollò le spalle. "Come preferisce. L'ho fatta chiamare per un motivo preciso, quindi vedrò di arrivare subito al punto." La donna mostrò a Vaarik quello che stava leggendo, e il vulcaniano riconobbe il suo fascicolo accademico: corsi scelti, esercitazioni, presenze, voti, valutazioni e così via. Una di queste era evidenziata in rosso.

"Il tenente Cobledick ha inoltrato una nota negativa nei miei confronti?" domandò Vaarik, sperimentando un certo grado di stupore. Non riusciva ad immaginare cosa potesse avere indotto l'el-auriano a prendere un provvedimento del genere.

"Non esattamente," spiegò Maxwell appoggiandosi allo schienale della sua poltrona. "Non si tratta di una nota negativa, quanto piuttosto di un sollecito preventivo. Come lei sa, oltre alle lezioni vere e proprie, Cobledick cura personalmente anche l'aspetto 'sociale' delle attività in Accademia, ed è in questo ambito che apparentemente lei risulta piuttosto... manchevole."

"I vulcaniani non condividono la stessa attrattiva delle altre razze per questo genere di attività improduttive," disse Vaarik, piuttosto seccamente.

"Naturalmente. Per questo, infatti, l'Accademia utilizza parametri di valutazione diversi da studente a studente per tenere conto della diversità culturale di ogni cadetto; tuttavia, anche secondo i parametri di giudizio vulcaniani, il suo indice di partecipazione alle attività sociali ci ha costretto ad estendere il campo di valutazione al regno dei numeri negativi."

Vaarik rimase taciturno per qualche momento. "Non sono molto bravo ad interagire con le persone," disse infine, come se quella frase potesse spiegare tutto il suo essere.

Maxwell emise un sospiro, poi si sporse in avanti sulla sua scrivania, incrociando le mani davanti a sé. "Guardi, Vaarik, capisco che per qualcuno nella sua particolare situazione non sia facile comprendere come funziona il nostro universo, ed è per questo che fino a questo momento abbiamo chiuso un occhio a riguardo. Tuttavia, lei ormai si sta avvicinando al diploma, e come ufficiale lei avrà il dovere di rappresentare la Federazione e la Flotta Stellare in ogni situazione. Per questo, se lei insiste a tenersi a distanza da qualsiasi attività che coinvolga l'interazione con altre persone, alla fine questo non potrà non incidere sul suo punteggio accademico."

"Mi sta dicendo che se non partecipo maggiormente alle attività di gruppo questo abbasserà la mia media?" domandò Vaarik, incupendosi.

"Quello che le sto dicendo è che essere ufficiali della Flotta Stellare è molto di più che prendere punteggi alti e risolvere le prove, e che prima lei se ne rende conto, meglio è."

Il vulcaniano rimase in silenzio qualche momento, trattenendo con uno sforzo cosciente la sua frustrazione. Se c'era una cosa che non riusciva a sopportare era stare in mezzo alla gente: tutti quei suoni, quei rumori, occhi che lo fissavano e mani che lo sfioravano... e per che cosa? Qualche punticino in più nella sua media accademica? Dov'era la logica in tutto ciò?

"Quali attività mi consiglia di intraprendere?" domandò infine, innalzando una silenziosa maledizione agli dei dimenticati per la sua incapacità di contemplare anche un minimo abbassamento dei suoi voti, anche a discapito del suo stesso buon senso.

"Per sua fortuna, cadetto," rispose Maxwell con un sorriso a trecentosessanta denti, "abbiamo pensato anche a questo..."

***

Accademia della Flotta Stellare, Centro di accoglienza.
Il giorno dopo...

"AAAAAAHHHHHH!!!"

Vaarik, appena un passo fuori dal Baby Club, udì un grido di dolore e si affrettò a varcare la soglia del locale, ritrovandosi di fronte ad una scena a dir poco grottesca: il professor Fandonius, uno degli assistenti del corso di ingegneria strutturale, stava steso a terra, circondato da una serie di bambini di varie età. Un piccolo klingon gli stava mordendo amorevolmente il calcagno, una bimba andoriana lo percuoteva sulla testa con un'asta di mogano, mentre altri bambini di varie razze lo sottoponevano a svariate torture a base di solletico.

Bambini...! pensò Vaarik, rabbrividendo. Non per la prima volta, il vulcaniano meditò che chiunque ci fosse dietro a quella storia doveva avere davvero un senso dell'umorismo malsano per proporlo per quell'incarico: se c'era una cosa che Vaarik proprio non riusciva a sopportare, erano i bambini.

All'Accademia della Flotta Stellare, quel giorno si festeggiava la Giornata degli Ex-Allievi: un'occasione per coloro che avevano frequentato precedentemente l'Accademia di incontrarsi tra loro, scambiare quattro chiacchiere, ritrovare i loro vecchi istruttori, ricordare i bei tempi andati.

Come era facile supporre, però, nel frattempo gli ex-cadetti erano cresciuti, e alcuni di loro avevano ovviamente messo su famiglia, pargoli compresi. Si profilava così il problema di dove tenere tutti quei bambini per la durata dell'evento: la risposta più ovvia era stata la creazione del Baby Club, un centro di raccolta dove i genitori potevano lasciare i loro pargoletti e godersi in santa pace la rimpatriata, certi che addetti e collaboratori avrebbero tenuto al sicuro i loro preziosi eredi. Evidentemente, la cosa non sembrava funzionare in entrambi i sensi.

Vaarik scosse la testa con aria scettica e si avvicinò all'istruttore per aiutarlo a liberarsi dei bambini. L'apparizione di quella figura spettrale in mezzo a loro scatenò un fuggi fuggi generale tra i pargoli, che si dispersero ai quattro angoli della stanza strillando in maniera tanto acuta da far risuonare i vetri dell'edificio.

Fandonius accettò la mano che Vaarik gli offriva, cercando di rimettersi in piedi. "Grazie mille, cadetto. Non mi chieda come come o perché, ma questa è già la terza volta che questi piccoli mostr... ehm, questi piccoli monelli riescono a prendermi di sorpresa e tendermi un agguato."

"Forse posseggono una qualche forma di intelligenza collettiva," disse tetramente il vulcaniano, senza dare alcuni indizio se stesse scherzando oppure no.

"Lasciamo perdere," continuò Fandonius, scuotendo la testa come per allontanare un pensiero indesiderato. "Gli altri collaboratori saranno qui tra breve, intanto posso farle da cicerone sulle procedure di lavoro." Fece una pausa, come per organizzare le idee. "Vuole iniziare subito a prendere confidenza con i bambini o preferisce prima che le mostri come compilare i moduli di accettazione?" domandò.

Poi notò lo sguardo di gelido disprezzo dipinto negli occhi di Vaarik e i volti spauriti dei bambini che facevano capolino dietro ai giochi e al mobilio della stanza, e decise che forse era meglio cominciare dai moduli di accettazione. "Mi segua," propose con leggero imbarazzo, facendo cenno al vulcaniano verso il piccolo stanzino a fianco che fungeva da ufficio accettazione.

***

Accademia della Flotta Stellare, Baby Club.
Poco dopo...

Vaarik non aveva avuto alcuna difficoltà ad apprendere in breve tempo tutte le procedure di accettazione e riconsegna dei bambini. Una volta assicuratosi di questo, Fandonius era tornato nella saletta principale, solo per essere nuovamente assalito da una torma di bambini intenzionati a fargli il solletico. Questa volta Vaarik decise che il nuovo romano avrebbe potuto (o dovuto) cavarsela da solo, e si immerse nella lettura dei vari manuali di istruzione di ogni singolo apparato, gioco o giocattolo appena più complesso di un birillo presente nel Baby Club. La sua filosofia riguardo i manuali di istruzione era semplice: se qualcuno alla casa di produzione aveva reputato importante mettere per iscritto tutte queste informazioni, era abbastanza logico perdere un po' di tempo per leggerle con attenzione. E poi, avrebbe fatto di tutto pur di stare lontano da quei... quei... bambini.

Era appena arrivato ad un passaggio particolarmente interessante sul coefficiente di attrito di uno scivolo in macro-polimero che un paio di voci note attirarono la sua attenzione dall'altra stanza. Con uno strano presentimento, Vaarik sollevò lo sguardo dalle sue letture e vide attraverso la porta di vetro Renko e Dalton che aiutavano Fandonius a liberarsi dall'ennesimo assalto dei bambini, esattamente come aveva fatto lui poco tempo prima.

Una parte di lui, quella logica e razionale, avrebbe voluto soffermarsi a calcolare l'esatta probabilità che, per l'ennesima volta, si trovassero tutti e tre coinvolti nella stessa attività, ma un'altra parte, quella cinica e pessimista, si ritrovò invece a contemplare i risultati che in genere tali coinvolgimenti tendevano ad avere. Per sua fortuna, Vaarik non fece in tempo a deprimersi del tutto prima che un uomo varcasse la soglia del centro di accoglienza, portando con sé una cesta porta-bebé.

Ben sapendo che tergiversare non sarebbe servito a nulla, Vaarik prese il PADD con il formulario di accettazione e uscì dal suo loculo adibito ad ufficio andando incontro all'uomo, cercando di non fare caso agli sguardi interrogativi che Dalton e Renko gli lanciarono quando si resero conto dell'ennesima beffa del destino in cui erano incorsi.

Una volta espletate le formalità e presa in consegna la cesta con il suo prezioso contenuto, Vaarik si voltò verso i suoi compagni di corso e disse perentoriamente: "Nessun commento."

Per sua fortuna lo stupore impedì ai suoi compagni di trattenerlo prima che il vulcaniano riuscisse nuovamente a chiudersi dentro all'ufficio accettazione e a bloccare la porta, lasciandoli soli dall'altra parte in compagnia di quella torma di piccoli mostri urlanti.

***

Poco tempo e alcune trattative dopo, Vaarik acconsentì ad uscire dall'ufficio accettazione in cui si era asserragliato.

"Una cosa però sia ben chiara," disse il vulcaniano puntando significativamente un dito verso i suoi due compagni di corso. "Qualunque cosa succeda, terrete quei... bambini... lontano da me."

"Vaarik, vorresti per favore spiegarci per quale motivo hai così tanta paura di questi bambini?" domandò Renko, che non riusciva a capacitarsi del comportamento del vulcaniano.

"Io non ho paura dei bambini," disse Vaarik, un po' troppo seccamente. "Solo non mi piace avere a che fare con loro."

"Renko ha ragione," rincarò Dalton, sollevando sulle braccia un piccolo boliano che giocava con un'astronavina. "Non mordono mica, sai?" e così dicendo fece per avvicinare il bimbo al vulcaniano.

Vaarik reagì come se gli avessero messo sotto il naso un serpente. "Tieni quella cosa lontano da me, Dalton!" esclamò, tirandosi indietro di scatto.

Dalton non poteva credere ai suoi occhi: il beccamorto terrorizzato da un lattante! Doveva essere il suo giorno fortunato!

"Avanti, bel bambino," disse con voce chioccia, avvicinando ulteriormente il bimbo al vulcaniano, "prova a dare un bacetto allo zio Vaarik..."

"No, Dalton!" disse Vaarik, sollevando le braccia per tenere alla larga il piccolo. "Non provare ad avvicinare quella cosa a me... AT-CHOOOM!" Il vulcaniano esplose in uno starnuto potentissimo, facendo appena in tempo a coprirsi il volto con le mani prima di far volare via Dalton e il bambino insieme con lui.

"Ma cos..." l'umano, ancora mezzo stordito per lo spostamento d'aria, fece un passo indietro, cercando di capire cosa fosse successo. Poi vide Vaarik con gli occhi gonfi e il naso paonazzo (o almeno con la sfumatura di verdognolo che su Vulcano passava per paonazzo) e nella sua mente si fece strada un'idea che, per quanto assurda, poteva essere l'unica spiegazione a quello che stava vedendo. Il pilota avvicinò nuovamente il piccolo boliano a Vaarik, che nel frattempo stava cercando di riprendere a respirare.

"AT-CHOOOM!" esplose di nuovo il vulcaniano, ancora più forte di prima.

"È allergico ai bambini," disse tra sé e sé Dalton, incredulo. Poi sulla sua faccia si fece strada un sorriso enorme, come se avesse fatto una scoperta meravigliosa. "Renko, Vaarik è allergico ai bambini!" esclamò, rivolgendosi al suo compagno.

"Cosa? Aspetta, fammi provare!" L'ibrido prese delicatamente il bimbo dalle mani di Dalton, e poi lo avvicinò senza tanti complimenti alla faccia di Vaarik.

"No, aspett... AT-CHOOOM!"

"È vero, è proprio allergico," disse Renko, affascinato dalla cosa. "Chissà se funziona anche con i bambini di altre razze," si domandò poi, guardandosi in giro alla ricerca di una nuova cavia sperimentale.

"Kroykah!" tuonò il vulcaniano, deciso a mettere fine a quell'assurda situazione prima che gli sfuggisse completamente di mano. I suoi due compagni si scambiarono uno sguardo stupito sentendolo alzare la voce, ma si fermarono ugualmente. Nel frattempo, Vaarik aveva ripreso la sua compostezza. "Grazie. Ora volete per favore smetterla di mettermi sotto il naso quelle cose?"

"Vaarik, questa cosa non ha alcun senso," disse Renko in quella che reputava essere la sua voce più ragionevole. "Non puoi essere allergico ai bambini come se stessimo parlando di una semplice sostanza chimica. Deve trattarsi di una specie di rifiuto psicosomatico o qualcosa del genere."

"Sentite, non ho idea di quale sia la ragione di questa mia... patologia, ma se vogliamo vedere la fine di questa giornata sarà meglio per tutti se mi terrete alla larga da quelle piccole cose urlanti."

"Te lo scordi!" rispose l'umano, incrociando le braccia. "Non puoi barricarti in quell'ufficio per tutto il giorno mentre io e il frullato genetico ci becchiamo tutto il lavoro sporco. In senso letterale."

"Non sono stato io a volere questa assegnazione," fece notare loro Vaarik. "Ed è chiaro che la mia condizione mi impedisce di svolgere il mio compito in vicinanza di quelle creature. La soluzione più logica è quindi che io mi occupi delle faccende burocratiche mentre voi vi occupate dei nostri... ospiti."

"In realtà, esiste un'altra soluzione alla quale forse non hai ancora pensato..." si intromise Renko, con un sorriso sornione dietro alle lenti scure.

Grazie ad una rapida ricerca nell'infermeria dell'Accademia, l'ibrido riuscì a recuperare una mascherina sterilizzata: grazie a quella, Vaarik poté occuparsi dei bambini insieme a Renko e Dalton, anche se occasionalmente il vulcaniano continuava a rinchiudersi nello stanzino dell'accettazione per recuperare un po' di pace e di tranquillità. Stranamente, Vaarik non riuscì ad apprezzare la brillante logica dell'ibrido che gli aveva permesso di pervenire a quella soluzione.

***

Accademia della Flotta Stellare, Baby Club.
Quella sera.

Se c'era una cosa che rendeva sopportabili giornate come quelle, era solo che prima o poi finivano. Il baby club si era finalmente svuotato, ed ora solo il silenzio riempiva quelle stanze fino a poco tempo prima affollate e rumorose. Anche Renko e Dalton si erano allontanati a sbrigare un paio di faccende prima della chiusura definitiva del locale. Il vulcaniano, appartato in un angolo della stanza, stava sistemando i giocattoli lasciati in giro dai bambini, senza tuttavia prestarci alcuna reale attenzione. La sua mente era infatti ad anni luce di distanza, immersa in memorie che Vaarik, grazie al rumore e al traffico della sua attività, era riuscito a tenere lontane fino a quel momento, ma che ora, complice il silenzio e la solitudine, si presentavano puntuali come creditori delle tasse.

Avere a che fare con quei bambini aveva risvegliato in Vaarik memorie che avrebbe preferito che rimanessero sopite, ma dalle quali in realtà non si sarebbe separato per nulla al mondo. Erano ormai passati cinque anni dai tragici eventi della sua fuga dall'universo dello specchio, eventi che erano costati dieci anni di ricerche sul trasferimento dimensionale all'Alleanza Klingon-Cardassiana, e a Vaarik la vita della sua compagna. La morte di T'Eia aveva preteso un grosso tributo dalla sua stabilità mentale, e il vulcaniano aveva vissuto per mesi sul filo del rasoio, in bilico tra la dolorosa luce della lucidità e le confortevoli coltri della follia. Alla fine, grazie anche all'aiuto dell'irritante ma cocciuto consigliere di bordo della USS Nemesis, Vaarik era riuscito a scavarsi la sua nicchia in una vita quasi normale, ma la sua stabilità era rimasta fragile per lungo tempo.

Per questo, il consigliere Memok aveva ritenuto opportuno aspettare più di un anno prima di rivelare al suo protetto il resto della verità, ossia che T'Eia era incinta al momento in cui avevano effettuato il passaggio dimensionale, e che quindi quando lei era rimasta uccisa insieme a lei erano morte anche le speranze di vedere la luce per il figlio che portava in grembo. Quella dolente rivelazione era stata in parte mitigata da una serie di circostanze fortuite che avevano permesso al katra di quel bambino mai nato di giungere fino a lui, conservato nella mente e nel corpo di un'ufficiale della Nemesis che per una fortunata coincidenza era rimasta incinta poco tempo prima che la nave della Flotta Stellare recuperasse il vascello con a bordo i due vulcaniani fuggiaschi. Solo però quando era stato sicuro che Vaarik potesse affrontare la cosa senza crollare definitivamente, il consigliere Memok aveva fatto in modo che il katra di quel bambino pervenisse fino a lui, unendosi a quello di T'Eia già custodito nella sua mente, venendo così idealmente a chiudere il cerchio di quella piccola famiglia straziata dalla sorte.

Non per la priva volta, il vulcaniano si ritrovò a pensare come sarebbe stata la sua vita se T'Eia non l'avesse convinto a tentare quella coraggiosa quanto improbabile fuga dall'universo dello specchio. Con tutta probabilità, sapeva Vaarik, il bambino sarebbe stato loro tolto e affidato alle cure di qualche estraneo: klingon e cardassiani raramente permettevano ai genitori di crescere i propri figli, trovando più conveniente che i bambini venissero allevati da anziani o persone inabili al lavoro manuale cosicché i loro genitori potessero continuare a servire l'Alleanza con la propria vita o con la propria morte. Alcune volte Vaarik aveva perfino provato a convincersi che in qualche modo il destino di suo figlio era stato infinitamente più misericordioso di quello di tanti altri figli dell'universo specchio, condannati a vivere una lunga agonia di privazioni e sofferenze sotto il giogo crudele dell'Alleanza, per poi trovare infine una morte inutile e dolorosa a causa degli stenti o per mano di sorveglianti sadici e spietati. Teoricamente parlando, si trattava di un ragionamento non privo di una sua logica, ma purtroppo come per molti altri vulcaniani prima di lui, Vaarik non poté fare a meno di notare come la sua logica diveniva incerta quando si trattava di membri della propria famiglia.

Immerso in queste cupe elucubrazioni, Vaarik aprì una cesta per depositarvi dentro i giocattoli che aveva via via raccolto dal pavimento: probabilmente il vulcaniano non si sarebbe accorto di nulla se all'improvviso il suo naso non si fosse messo a formicolare, costringendolo a mollare di colpo tutti i giocattoli che aveva in braccio e portarsi al volto le mani per controllare un violentissimo starnuto.

"AT-CHOOOM!"

Vaarik si guardò intorno confuso, cercando di identificare la sorgente che aveva scatenato nuovamente la sua allergia, ma tutti i bambini erano stati riconsegnati ai rispettivi genitori e non c'era nessun altro intorno. Poi una specie di gorgoglio riportò la sua attenzione verso la cesta di giocattoli. Muovendosi con circospezione, il vulcaniano scostò il lembo di una copertina, trovando così conferma dei suoi sospetti: una bimba di circa 6-7 mesi, dall'aspetto decisamente umano, dormiva beata tra i giocattoli, immersa in sogni che Vaarik non riusciva nemmeno ad immaginare.

"AT-CHOOOM!"

"WAAAAAAHHHHHHH!!!" La bambina si svegliò di soprassalto, passando dal sonno al pianto senza soluzione di continuità. Con il naso arrossato, gli occhi gonfi e il pianto della bimba che gli penetrava come un trapano nel cervello, il vulcaniano decise che per prima cosa si sarebbe procurato un'altra mascherina sterile, e poi avrebbe pensato a cosa fare con quella creatura piovuta dal nulla.

***

Una mezz'ora dopo, Vaarik rientrò nella saletta principale del Baby Club indossando una mascherina nuova di zecca e portando in braccio la bimba, intenta a mordicchiare un bastoncino zuccherato. Renko e Dalton nel frattempo erano già rientrati, e stavano discutendo animatamente di qualcosa.

"Vaarik, non crederai mai a quello che è successo!" lo apostrofò l'ibrido andandogli incontro. "È una cosa incredibile!"

"Non ne dubito," rispose il vulcaniano impassibile, passando la bambina nelle mani di Renko. "Nel frattempo però tienimi questa, mentre io predispongo l'ufficio per la chiusura."

L'ibrido guardò la bimba, poi sollevò lo sguardo nel vuoto per qualche momento, come se stesse facendo mente locale su quello stava succedendo. Poi tornò a guardare la piccola, cercando di continuare il suo discorso da dove era stato interrotto ma senza molta convinzione nella voce. "Stavo dicendo, non crederai mai a quello che è successo oggi."

La reazione di Dalton fu invece molto meno pacifica, anche se più comprensibile: l'umano osservò la bambina che gorgogliava felice in braccio a Renko, poi puntò un dito accusatore contro il vulcaniano balbettando quasi senza respirare: "Tu... tu... tu...!"

Vaarik guardò il pilota e sollevò un sopracciglio nella sua direzione con aria sarcastica. "Dalton, quando finisci di essere occupato potresti essere così gentile da darci una mano con le operazioni di chiusura?"

A quel punto l'umano esplose in una serie di improperi che il traduttore universale si rifiutò di convertire in standard, parandosi di fronte al suo compagno di stanza. "Vaarik, che cosa cavolo credi di fare con quella bambina? Sei forse impazzito?"

Il vulcaniano si esibì nel suo equivalente di una scrollata di spalle, come se la cosa non avesse più di tanta importanza. "L'ho trovata poco dopo che siete usciti, nascosta in una cesta di giocattoli. Non ho idea di chi sia."

"Be', ce l'abbiamo noi!" L'umano raccontò in breve che mentre il vulcaniano era fuori aveva fatto irruzione nel Baby Club un uomo in stato di tremenda agitazione, il quale pretendeva di sapere dove fosse finita sua figlia. Quando lui e Renko avevano domandato la natura del problema, l'uomo aveva mostrato loro la cesta porta-bebé nella quale avrebbe dovuto esserci sua figlia: ben avvolta all'interno della copertina, c'era una bambola a forma di neonata, molto ben modellata, tanto da sembrare ad una prima occhiata una bambina vera placidamente addormentata. L'uomo si era accorto della cosa poco prima di rientrare in alloggio, e come prima cosa si era fiondato al Baby Club a chiedere spiegazioni della sostituzione. Naturalmente Dalton e Renko avevano assicurato al preoccupatissimo padre che loro non sapevano nulla della cosa, e che dal database elettronico la bambina risultava regolarmente riconsegnata al genitore.

Come era facile immaginare, la cosa non aveva fatto altro che aumentare ulteriormente l'apprensione del padre, che si era fino a quel momento aggrappato alla pallida speranza di un semplice errore di consegna. A questo punto l'unica possibilità rimasta era che lo scambio fosse avvenuto in seguito, probabilmente ad opera di qualche malintenzionato, deciso a sfruttare il rapimento della bambina per chissà quali scopi di ricatto.

Detto questo, l'uomo era uscito di gran carriera, deciso ad avvertire immediatamente le autorità perché iniziassero le operazioni di ricerca; non prima però di aver ricordato ai due che se avesse scoperto che in qualche modo erano coinvolti in quello che era successo alla figlia, di certo gliel'avrebbe fatta pagare cara e amara.

"Non vedo quale sia il problema," intervenne Vaarik. "Basterà spiegare il malinteso e il padre sarà ben felice di venire a riprendersi sua figlia al più presto possibile."

"Aspetta a farla così facile, orecchie a punta," spiegò Dalton con aria depressa. "Non ti ho ancora detto il nome dell'uomo è che venuto qui a cercare sua figlia."

Il vulcaniano inclinò la testa da un lato, incuriosito e anche un po' preoccupato dal tono usato dal suo compagno di stanza.

"Il tenente Ned Sherman," disse l'umano, facendo sollevare un sopracciglio a Vaarik, "fratello minore del nostro caro istruttore Ted, venuto in questa felice occasione per una bella rimpatriata con i vecchi compagni di corso qui in Accademia."

Lo sguardo del vulcaniano vacillò leggermente, ma si rifiutò di cedere. "L'identità dei genitori della bambina non ha alcuna importanza: si è trattato di un semplice fraintendimento e nessuno può imputarci alcunché."

"Bene, sono quindi certo che sarai felice di dare tu stesso la notizia a Ned Shernam e alla sua dolce mogliettina, il tenente Vasquez dei Marines della Flotta Stellare."

Se fosse stato un umano, Vaarik avrebbe deglutito visibilmente. "Quel tenente Vasquez?!?"

Renko e Dalton annuirono contemporaneamente.

"Abbiamo un problema," fu il commento del vulcaniano, guardando con preoccupazione la piccola Sherman che giocava placidamente con la manica dell'uniforme del delta gammano.

***

Accademia della Flotta Stellare, Blocco J.
Notte.

Vaarik si muoveva con circospezione, cercando di individuare qualunque rumore giungesse alle sue sensibili orecchie vulcaniane. L'ombra, che da sempre aveva considerato un alleato, era ora il suo peggiore nemico, impedendogli di veder con chiarezza le sagome di ciò che lo circondava: si trovavano all'interno di un condotto di Jeffries raramente utilizzato, e per questo illuminato solo dalle luci di servizio. Il suo fido tricorder era saldamente stretto nella sua mano, regolato per rilevare anche il più piccolo segnale di movimento, ma nonostante questo il vulcaniano non era ancora riuscito ad individuare la posizione della sua preda. Renko e Dalton si muovevano silenziosi come gatti al suo fianco, ma fino a quel momento nemmeno loro avevano avuto migliore fortuna del vulcaniano.

"Non capisco," bisbigliò il delta gammano appena al di sopra della sua soglia di udibilità. "Il segnale del comunicatore sembra estremamente vicino, ma non riusciamo ancora a vederla."

Anche Dalton era perplesso. "Secondo il mio rilevatore dovrebbe trovarsi a meno di cinque metri da noi. A meno che non abbia imparato a diventare invisibile non capisco proprio dove possa essersi nascosta."

Vaarik fece loro cenno di tacere, concentrandosi ancora di più ad ascoltare i suoni che li circondavano. Là dove la tecnologia falliva, forse poteva arrivare l'istinto. Improvvisamente il vulcaniano si fermò, come colpito da una repentina illuminazione. "Sopra di noi," disse, e tutto divenne improvvisamente chiaro.

Renko si voltò verso di lui, comprendendo immediatamente quello che intendeva dire il suo compagno di corso. "Si muove nei canali di aerazione."

Senza perdere un secondo Vaarik si avvicinò ad una grata del canale che correva lungo il condotto di Jeffries e la aprì rapidamente, spostandosi poi di lato per permettere a Dalton di analizzare il tratto di canale.

"Tre metri avanti," disse il pilota, e Renko si lanciò verso la grata successiva. Aiutato da Vaarik il delta gammano infilò le braccia quanto più poté dentro il canale, ritirandole di scatto poco dopo con un esclamazione di stupore che fece sobbalzare i suoi due compagni.

"Mi ha morso!" bisbigliò l'ibrido, come per giustificarsi di fronte agli sguardi severi di Dalton e Vaarik, ma senza grandi risultati. Seccato il delta gammano rinfilò le braccia dentro la grata, questa volta facendo più attenzione. Con un po' di pazienza Renko riuscì ad afferrare la loro preda e a tirarla fuori delicatamente dal canale di aerazione.

"Wawoom!" disse felice la piccola battendo le manine paffutelle, mentre i tre cadetti riuscivano finalmente a respirare più liberamente.

Vaarik era rimasto sbalordito dalla quantità di danni che una creatura così piccola poteva infliggere in un lasso di tempo tanto esiguo. Forse era dovuto alla parentela con gli Sherman, o semplicemente era una caratteristica dei bambini umani, ma fatto sta che era bastato perdere di vista la piccola per dieci secondi che questa era scomparsa dall'alloggio di Vaarik e Dalton dove si erano rifugiati, infilandosi probabilmente nella grata di accesso ai condotti di Jeffries. Mentre i tre cadetti impazzivano per cercarla, gattonando nei condotti la bimba aveva raggiunto l'alloggio di Stark, dove aveva messo a soqquadro parte della stanza, compresa la preziosissima collezione di Pietre N'Buto che l'istruttore custodiva gelosamente nel suo alloggio. I tre cadetti avevano osservato con disperazione quello scempio, ma avevano dovuto continuare la loro caccia prima che la piccola si infilasse in qualche biforcazione pericolosa e si facesse male sul serio, sperando che il vulcaniano non rientrasse troppo presto.

"Adesso cosa facciamo?" domandò Renko, prendendo un attimo fiato appoggiato ad una parete del condotto di Jeffries.

"Torniamo indietro, sgattaioliamo nell'alloggio di Stark, rimettiamo a posto il disastro combinato dalla nostra ospite, riposizioniamo la collezione di Pietre N'Buto nella loro configurazione originaria e speriamo ardentemente che Stark non si accorga che qualcuno è entrato nella sua stanza mentre era assente," disse il vulcaniano con aria funerea.

Il delta gammano lo guardò con aria ironica. "Ok, fin qui ci siamo. La domanda è: cosa facciamo dopo essere tornati nel vostro alloggio?"

"Dobbiamo riportare la bambina ai suoi genitori," rispose Dalton, intromettendosi nella conversazione.

"Dopo tutto questo tempo? Passeremo un mare di guai," disse Renko, dando voce a quello che tutti e tre sapevano perfettamente.

"Non ho detto che dobbiamo essere esattamente noi a riportarla ai genitori," rispose l'umano con un sorriso astuto dipinto sul volto.

***

Accademia della Flotta Stellare, Blocco J.
Qualche tempo dopo.

"Fammi capire bene: noi dovremmo restituire la bambina... di nascosto." Renko fece cenno con la testa alla piccola, come per assicurarsi di aver capito bene il piano del pilota.

"Esattamente," rispose Dalton. "È l'unica soluzione possibile, nonché la più semplice da mettere in pratica. Non è vero, Terry?" concluse infine, rivolto alla piccola che giocava sul pavimento.

"Per quale motivo ti ostini a denominare la bambina in quella maniera?" domandò Vaarik, che certe volte proprio non riusciva a comprendere alcuni comportamenti dei non vulcaniani.

"Suppongo che Luke abbia la solita mania degli umani di storpiare i nomi," rispose in sua vece il delta gammano con una scrollata di spalle. "Terry come diminutivo di Terrel Vasquez Sherman."

"Niente affatto!" obbiettò invece Luke, con aria seria. "Terry come diminutivo di Terremoto! Le si addice molto di più!"

Sia Vaarik che Renko non trovarono nulla da obbiettare a questa affermazione.

"Rimane il problema di come effettuare la consegna," riprese il vulcaniano. "Più passa il tempo e più le probabilità di capitare sotto le... grinfie del tenente Vasquez aumentano esponenzialmente. Vi ricordo inoltre che l'intera Accademia è in allarme e che fuori da qui ci sono squadroni di uomini della sicurezza che stanno setacciando ovunque."

Dopo che la notizia della scomparsa della piccola era stata diffusa, le operazioni di ricerca erano scattate immediatamente. La sicurezza della Flotta Stellare aveva preso a setacciare la zona attorno all'Accademia: i dormitori dei cadetti non erano ancora stati perquisiti, ma era solo una questione di tempo prima che venissero a bussare anche alla loro porta.

"Ma a parte tutto," sospirò Luke, "si può sapere come ha fatto Terry ad essere dimenticata nel Baby Club? Secondo il casellario degli ingressi e delle uscite tutti i bambini erano stati riconsegnati ai rispettivi genitori."

Non ci volle molto per ricostruire come si erano svolti i fatti: essendosi occupato il vulcaniano delle accettazioni, era da escludere che si fosse trattato di un semplice errore nelle consegne; l'unica ipotesi che riuscivano a formulare era che la Bambina fosse sgattaiolata fuori dalla sua cesta, infilandosi nello scatolone di giocattoli dove successivamente l'avrebbe trovata Vaarik, e lì si fosse addormentata. Durante la giornata alcune bambine avevano trovato vuota la cesta di Terry e l'avevano utilizzata per giocarci a loro volta alle mamme, infilandoci dentro uno dei loro bambolotti. Quando infine Ned Sherman era venuto a riprendere la figlia, aveva dato per scontato che dentro alla copertina fosse avvolta la bambina placidamente addormentata, e né a lui né a Vaarik era venuto in mente di controllare se effettivamente fosse così. Il resto, come si diceva sulla Terra, il resto era storia.

"Ned non può certo ammettere di essersi perso la figlia, soprattutto di fronte alla sua tenera mogliettina, e per questo ha appoggiato immediatamente l'ipotesi del rapimento. Se venisse fuori esattamente quello che è successo, su chi credete che si rifarebbe il nostro Ned, dopo?"

"Stai tentando di dire che se trovano qui la bambina e noi non diamo nessuna spiegazione siamo in un mare di guai, e se invece ci discolpiamo spiegando esattamente quello che è successo... siamo in un mare di guai ugualmente?"

"Come mai questo ti stupisce?" rispose Luke al delta gammano con aria depressa. "Non noti una certa familiarità con questa situazione?"

***

Campus dell'Accademia della Flotta Stellare.
Il giorno dopo.

Fino a quel momento, i loro sforzi per mettere a frutto i loro piani per riconsegnare ai legittimi genitori la piccola Terry erano stati a dir poco... fallimentari.

Innanzitutto, la zona attorno all'unità abitativa che era stata assegnata dall'Accademia ai due ufficiali dei Marines della Flotta Stellare pullulava di agenti della sicurezza, intenti a tenere informati i genitori degli sviluppi delle ricerche o impegnati ad interrogarli su possibili nemici e probabili moventi per il rapimento. Oltre a questo, una serie di circostanze imprevedibili avevano fatto sfumare uno dopo l'altro i loro piani semplici, geniali e infallibili, lasciandoli ogni volta più a corto di idee ma soprattutto di tempo. La situazione non era delle migliori, e Vaarik stava cominciando a perdere la pazienza, il che non era mai una buona cosa.

"Adesso basta," sibilò il vulcaniano con voce glaciale. "Tutto questo non ha senso. Lasceremo la bambina esattamente qui e con tutti gli uomini della sicurezza che ci sono in giro prima o poi qualcuno la troverà. Nessuno saprà mai che siamo stati noi."

Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei punti di vista), i suoi compagni non erano d'accordo. "Non se ne parla nemmeno!" lo rimbeccò Renko. "Vivace com'è, senza che nessuno la sorvegli rischia di farsi male sul serio."

"La cosa non mi tocca minimamente. Questa faccenda è già andata troppo oltre: abbiamo già fatto più del dovuto, a questo punto per usare una metafora terrestre io me ne lavo le mani."

"Ah, no!" rincarò la dose Dalton. "Non puoi lasciarci nei guai adesso, soprattutto visto che tutta questa faccenda è colpa tua."

"Colpa mia?" domandò Vaarik, sollevando un sopracciglio.

"Certo! Chi è che non ha controllato che la bambina fosse nella cesta prima di riconsegnarla al padre?"

"Come ho già avuto modo di affermare, controllare l'integrità della merce alla consegna è compito del cliente," rispose il vulcaniano incrociando le braccia. "E non devo certo ricordarvi che siete stati voi a parlare con Ned Sherman, non io."

"SOCCORSO! L'HO TROVATA! SOCCORSO!"

Un voce concitata interruppe il loro dialogo. I tre cadetti si guardarono in giro alla ricerca della fonte del grido, trovandosi di fronte ad una scena che aveva dell'incredibile. Peter Perfect, l'arrogante cadetto con cui avevano già avuto a che fare più volte, teneva in braccio la piccola Terry, puntando nel contempo un dito accusatore verso un uomo, a sua volta tenuto fermo da due robuste guardie della sicurezza, un umano e un andoriano. "È lui il rapitore!" stava intanto continuando Perfect, "l'ho trovato con le mani sulla piccola!"

Vaarik, Renko e Dalton guardarono verso i loro piedi, notando solo in quel momento che il cesto dove avevano tenuto la bambina era aperto e completamente vuoto. Dando ancora una volta prova della sua natura avventurosa, Terry doveva essere sgattaiolata fuori dalla borsa mentre loro erano intenti a discutere e si era allontanata di qualche decina di metri.

"Questo non ha senso, io non so nulla di rapimenti!" si stava giustificando l'uomo, guardando rispettivamente Perfect e gli agenti della sicurezza. "Sono qui per il raduno degli ex-allievi, potete controllare. Stavo facendo una passeggiata nel parco quando ho visto questa bambina che gattonava fra l'erba e l'ho raccolta!"

"Sembrerebbe tutto in regola," disse una delle guardie, controllando i documenti dell'uomo. "E' un ex-ufficiale della Flotta Stellare. Dal Cunar, esatto?"

"Esatto," rispose il poveretto con un respiro di sollievo, guardando speranzoso l'agente.

"Esatto un accidente!" intervenne l'altro uomo della sicurezza con un ringhio sarcastico, controllando il display del suo tricorder. "Dalle letture che rilevo il suo DNA è romulano!"

L'uomo si guardò intorno, come per essere sicuro che l'agente si stesse rivolgendo proprio a lui.

"Confessa!" stava intanto continuando la guardia. "Ti sei fatto modificare chirurgicamente per assomigliare a Dal Cunar e prendere il suo posto, vero?"

Per un momento l'uomo si finse stupito poi, vistosi scoperto, non vide motivo per continuare la sua farsa. La metamorfosi fu incredibile: l'espressione innocente di stupore scivolò via come una maschera, e l'uomo fissò con occhi piccoli e freddi gli uomini che l'avevano incastrato. Anche il suo linguaggio corporeo cambiò: mentre prima era stato teso e agitato, una strana calma si impadronì di lui, come un serpente pronto a sputare il suo veleno. "Maledetti federali!" sibilò. "Non parlerò mai!"

"E hai approfittato del raduno per rapire il figlio di qualche ufficiale, vero?" disse l'altra guardia, con astio.

"Ehi, di quale rapimento state parlando? Vi ho detto che non ne so nulla di questa storia!" ribatté la spia, guardando con aria quasi offesa.

"Hai anche detto che non avresti mai parlato," gli fece notare l'ufficiale, poi si rivolse ai rinforzi che nel frattempo erano arrivati. "Qualcuno vada ad avvertire i genitori che la bambina è stata ritrovata incolume e il rapitore è stato arrestato. E voi portatelo via, prima che Vasquez ci metta le mani sopra e non ci resti più nulla da interrogare. "

Mentre l'uomo veniva portato via di peso lanciando maledizioni contro la Flotta Stellare e la Federazione, l'uomo della sicurezza si rivolse a Perfect. "Cadetto, lei ha appena salvato la vita di una piccola cittadina federale e così facendo ha smascherato una pericolosa spia che era riuscita ad infiltrarsi fino qui in Accademia. Lei oggi è un eroe, e faremo in modo che abbia tutti i riconoscimenti che merita." Poi mise una mano sulla spalla del giovane e disse. "Venga con me. Sono certo che l'istruttore Sherman vorrà stringere di persona la mano all'uomo che ha salvato la sua nipotina."

Renko, Vaarik e Dalton avevano assistito alla scena a poca distanza, increduli dello svolgimento dei fatti. "Non posso crederci," mormorò il pilota. "Perfect è un eroe e noi siamo tre siamo dei..."

"Non dirlo," lo interruppe Renko, abbastanza sicuro di non voler sentire l'espressione che Dalton avrebbe usato per descrivere la loro attuale condizione. "Tutto questo non è mai successo."

***

Accademia della Flotta Stellare, Blocco J.
Il giorno dopo.

[Nota bene: le parti di questa scena in cui compare il tenente Cobledick sono state passate al traduttore universale per favorirne la lettura e la comprensione. ;-)]

BI-BLIP!

Il terminale dell'alloggio di Vaarik emise un suono acuto, segno che la linea di comunicazione era stata stabilita. Pochi istanti dopo il grande simbolo della Federazione venne sostituito dal volto rotondo di una vecchia conoscenza.

"Signor Vaarik, sono lieto di sentirla," disse il consigliere Memok, accennando ad un cenno di saluto con il capo. "A cosa devo l'onore di questa sua comunicazione?"

"È stato lei," disse il vulcaniano più giovane, fissando con determinazione l'ufficiale della USS Nemesis.

Memok sollevò un sopracciglio, perplesso. "Temo di aver bisogno di qualche ulteriore informazione prima di potermi discolpare dalle mie accuse," disse in tono vagamente seccato.

"Non giochi con me, consigliere," lo avvertì Vaarik, con ostinazione. "Sa benissimo di cosa sto parlando. La nota negativa di Cobledick; il discorsetto del capitano Maxwell; l'assegnazione al Baby Club. È stato lei che ha messo in moto tutto quanto."

Per un attimo sul volto del vulcaniano più maturo si fece strada l'ombra di un sorriso, che però svanì in fretta come era arrivato. "Mi congratulo con lei, signor Vaarik," disse con un vago tono di ironia nella voce. "Le sue capacità deduttive sono brillanti," concluse.

"Non è stato molto difficile," disse il giovane vulcaniano con serietà.

"Davvero? E come ha fatto a scoprire il mio coinvolgimento, se posso domandarlo?"

"È molto semplice: ogni volta che mi succede qualcosa di insolito io do la colpa a lei; poi procedo per induzione per verificare se questa mia ipotesi è verosimile."

Il consigliere Memok quasi si strozzò nel sentire la linea di ragionamento del suo protetto, ma fu rapido nel riprendere il suo contegno. "Un approccio piuttosto... interessante, signor Vaarik, anche se piuttosto azzardato," disse. Poi lanciò un'occhiata significativa attraverso lo schermo. "Immagino però che lei non abbia richiesto una comunicazione sub-spaziale a parecchi anni luce di distanza solo per mostrarmi il suo approccio eterodosso alla logica."

"Affermativo. Il mio scopo era farle una domanda molto precisa: Perché? Perché ha fatto in modo che io venissi messo di servizio al Baby Club? Credeva davvero che passare una giornata in mezzo a dei bambini urlanti avrebbe in qualche modo potuto modificare il mio atteggiamento? Che mi sarei fatto condizionare dalla strana follia che sembra affliggere la stragrande maggioranza degli esseri senzienti e avrei finito per affezionarmi a quelle creature piccole e gorgoglianti?"

"Si chiama istinto di protezione, cadetto, ed è uno degli impulsi più forti e più diffusi in tutte le forme di vita della galassia," spiegò pazientemente il consigliere. "Le consiglio di non sottovalutarlo."

"L'istinto di protezione serve ad assicurare la sopravvivenza della propria prole, non di quella di perfetti estranei. E come lei ben sa, io non ho discendenti," disse il vulcaniano con estrema freddezza, quel tipo di freddezza sotto la quale si nasconde una rabbia a stento trattenuta.

Memok scosse il capo severamente. "Quello che è successo alla sua compagna e a suo figlio è molto triste, signor Vaarik, questo è innegabile. Ma si sbaglia se pensa che questo la dispensi da ogni responsabilità verso le generazioni future. Ciascuno di noi è responsabile per il futuro di ogni singolo bambino, non solo per i nostri figli, ma per quelli di tutti. Mi rendo conto che per lei questa è una lezione molto difficile da imparare, ma mi creda quando le dico che da questo semplice fatto potrebbe dipendere il suo destino... e quello di molte altre persone."

Qualcosa nelle parole del consigliere fece scattare un campanello nelle orecchie di Vaarik. "Che intende dire con questo?" domandò con aria sospettosa.

"Niente più di quello che ho detto," ribatté l'altro vulcaniano. "Adesso devo lasciarla. Rifletta sulle mie parole, e le metta a buon frutto. Ah, ancora una cosa," disse il consigliere prima di interrompere il canale di comunicazione. "Mi stavo quasi dimenticando."

"Che cosa?" domandò Vaarik seccato, non riuscendo ad immaginare cosa potesse volere ancora da lui.

"Come va la sua allergia?"

Vaarik rimase un po' spiazzato dalla domanda, poi capì dove voleva andare a parare l'altro vulcaniano. "È scomparsa completamente."

"Sono lieto di sentirglielo dire," rispose il consigliere con uno sguardo sornione. "Lunga vita e prosperità, signor Vaarik."

Il volto di Memok venne nuovamente sostituito dal sigillo azzurro e bianco della Federazione, lasciando il suo protetto a domandarsi non per la prima volta se passare qualche anno in una colonia penale di riabilitazione non fosse un piccolo prezzo da pagare per far sparire quell'irritante espressione sorniona dalla faccia del consigliere utilizzando esclusivamente un sana e robusta mazza da baseball.

FINE CAPITOLO