Dalton si allungò rumorosamente sulla sua seggiola della sua stanza, cercando di stiracchiare i muscoli indolenziti della schiena. Non era mai stato un grande amante dello studio, nemmeno da ragazzo, quando preferiva di gran lunga andare in giro a caccia di ragazze piuttosto che perdere tempo sui libri. Molte cose erano cambiate da allora: era decisamente più vecchio, sicuramente più stanco e probabilmente anche un po' saggio, ma nonostante questo continuava a trovare un po' ipocrita tutta questa fissazione della Flotta Stellare di imbottire la testa dei suoi ufficiali con tutta questa roba.
Oddio, che sia chiaro: personalmente lui non ci trovava nulla di male nell'essere dei secch... ehm, delle persone istruite, ma per come la vedeva lui i soldati dovevano fare i soldati e gli scienziati dovevano fare gli scienziati, niente di più e niente di meno.
Senza volerlo si ritrovò a pensare quasi con nostalgia ai tempi del suo addestramento nell'Earthforce: erano tempi duri quelli, con la minaccia della Guerra Minbari che incombeva come un'ombra sulle loro teste, ma c'era una sorta di... purezza in quei tempi così oscuri eppure così carichi di speranza; poi ripensò al suo sergente istruttore e la nostalgia sparì molto rapidamente.
Un'occhiata al cronometro del terminale lo informò che mancavano solo dieci minuti alla sua prossima lezione: avrebbe fatto meglio a sbrigarsi.
Mentre si alzava dalla sedia, notò con la coda dell'occhio il suo compagno di stanza: Vaarik era in piedi di fronte al suo armadio, e stava ammirando due abiti tradizionali vulcaniani di colore nero. Due abiti che, se gli occhi non lo ingannavano, erano perfettamente identici.
"Sai, Vaarik, detesto fartelo notare," disse in tono casuale avvicinandosi al suo compagni di stanza, "ma ti sei accorto che quei due vestiti sono, come dire... assolutamente uguali?!?"
"Ovviamente me ne sono accorto," rispose con aria perplessa il vulcaniano. "Altrimenti per quale motivo potrei essere indeciso nella scelta?"
L'umano si fermò qualche secondo a meditare su questa affermazione, poi annuì con aria pensierosa. "Sai, credo proprio che questo possa avere un senso. Dal tuo... deviato e cervellotico punto di vista vulcaniano, naturalmente, ma... credo davvero che possa avere un senso."
Dalton rimase ad osservare il vulcaniano ancora per qualche secondo, poi decise che non aveva senso posticipare ancora. "Pensi di degnarci della tua presenza quest'anno al veglione di capodanno?" domandò quindi, con tono apparentemente vago ma in realtà spiando di sottecchi le reazioni del vulcaniano.
"Naturalmente," rispose Vaarik, senza nemmeno voltare la testa verso di lui.
Dalton aprì la bocca per rispondere, pronto a controbattere l'affermazione del vulcaniano e a lanciarsi nell'ennesima discussione sul rifiuto del suo compagno di stanza verso qualunque forma di interazione sociale... per poi richiuderla senza aver emesso alcuno suono, quando il reale significato di quelle parole si fece strada attraverso il suo cervello. L'umano aprì la bocca ancora un paio di volte, cercando una risposa adeguata ma senza trovarne alcuna: alla fine si arrese, esclamando semplicemente: "Ah...?"
Vaarik si esibì nell'equivalente vulcaniano di una scrollata di spalle. "Ho immaginato che se mi fossi rifiutato di partecipare alla festa tu, Renko e gli altri cadetti avreste sicuramente organizzato qualche assurdo piano per costringermi ad intervenire al veglione. Quindi, ho pensato di risparmiare a voi un mucchio di lavoro e a me una certa dose di irritazione decidendo di partecipare ai festeggiamenti di mia spontanea volontà."
Dalton era ancora sbalordito, ma per niente al mondo avrebbe dato al vulcaniano la soddisfazione di vederglielo scritto in fronte. Indossò quindi la sua migliore faccia da poker e mise in tavola il suo bluff.
"Chi, noi?" disse, un po' seccato. "Ma per chi ci hai preso? Se non avessi voluto venire alla festa non saremmo certo stati noi a cercare di farti cambiare idea."
"Meglio così, dunque," rispose tranquillamente il vulcaniano, tornando alla sua precedente occupazione.
L'umano si voltò, raccogliendo un PADD per gli appunti e incamminandosi verso la porta della stanza. "Ho una lezione tra pochi minuti, sarà meglio che vada," disse. "Ci vediamo in mensa più tardi,"concluse, senza aspettare la risposta del vulcaniano.
Quando le porte automatiche si furono chiuse alle sue spalle, Dalton si appoggiò alla parete del corridoi, scuotendo la testa con malcelata ironia: gli seccava doverlo ammettere, ma qualche volta quel beccamorto vulcaniano era ancora in grado di stupirlo. Poi portò la mano al comunicatore appuntato sul suo petto, badando bene di tenere bassa la sua voce: "Annullare. Ripeto: annullare. Il corvaccio ha spiccato il volo. Ripeto: il corvaccio ha spiccato il volo."
Vaarik stava camminando con passo misurato lungo un corridoio dell'edificio intitolato a Henry Archer, uno dei padri del primo motore capace di Curvatura 5 della storia terrestre, dirigendosi verso l'aula dove avrebbe assistito alla prossima lezione di Ingegneria dei Sistemi di Propulsione. I corsi di ingegneria applicata non erano certo la sua specialità, ma quella particolare materia avrebbe aumentato il suo punteggio accademico del semestre e tanto bastava ad ammantarla di un fascino tutto particolare.
Ad un tratto il vulcaniano si sentì afferrare bruscamente per la spalla, e trascinare all'interno di una porta che si chiuse rapidamente alle sue spalle. Colto alla sprovvista Vaarik non ebbe modo di vedere il suo aggressore, e istintivamente lo afferrò con entrambe le mani, sbattendolo contro una parete. Il suo avversario tentò di ribellarsi debolmente ma il suo avambraccio trovò una gola e iniziò a premere sempre più forte, impedendogli di respirare. In un lampo, tutti i ricordi di quello che era successo con l'axdat gli tornarono alla mente, e come se fosse stato nuovamente folgorato dalla scarica di energia il vulcaniano si tirò indietro con un grido.
Di fronte a lui, Vaarik vide Ilaij che si stava massaggiando energicamente la gola, guardandolo con gli occhi sgranati. "Vaarik, ma cosa..." disse con voce roca, cercando di riguadagnare un appoggio stabile sulle sue gambe.
Il vulcaniano per un attimo rimase a bocca aperta, scoprendo di trovarsi in un'aula dei laboratori al momento inutilizzata, poi si rivolse al russo con aria che nonostante il suo autocontrollo poteva solo essere definita furiosa. "Ilaij, sei completamente impazzito? Ti sembra il modo di aggredire le persone? Avrei potuto ammazzarti!"
Il russo continuava a guardarlo come un criceto di fronte ad un le'matya. "Scu-scusami, io non credevo... volevo solo parlarti, non credevo che avresti reagito così."
Vaarik riguadagnò parte del suo contegno: era ancora seccato, ma adesso la sua irritazione sembrava più rivolta contro se stesso che contro Ilaij. "Mi hai colto di sorpresa," spiegò il vulcaniano. "Non intendevo farti del male." Poi fece una pausa significativa, guardando negli occhi l'altro cadetto. "In ogni caso sarebbe saggio da parte tua evitare di aggredirmi in questa maniera in futuro."
"Credo che me lo ricorderò," disse il russo, con un mezzo sorriso nervoso.
Deve essersi spaventato sul serio, pensò Vaarik, poi fece una scrollata di spalle. Meglio così. La prossima volta si ricorderà che ai vulcaniani non piace essere toccati.
In realtà Vaarik provava un certo grado di imbarazzo per la sua reazione, probabilmente eccessiva rispetto all'entità dell'incidente, ma d'altra parte dopo tre decenni di schiavitù nell'universo dello specchio un uomo si abitua a tenere sempre alta la guardia, e quelle erano abitudini dure da perdere. Oltretutto, un altro incidente non avrebbe nuovamente attirato l'attenzione su di lui, una cosa di cui il vulcaniano faceva sempre volentieri a meno. "Comunque, cosa c'era di così urgente di cui parlare da strattonarmi in quella maniera?" domandò quindi.
"Ho saputo che sei stato esentato dal servizio per tutto il veglione di capodanno, e mi chiedevo se avresti potuto, come dire... mettere una buona parola per me."
Le sopracciglia di Vaarik si sollevarono entrambe mentre cercava di visualizzare l'immagine di se stesso che cercava di 'mettere una buona parola' per qualcuno, ma non disse nulla. "Sono confuso, Ilaij," disse invece, con aria mezza seria. "Un buon sovietico come te non dovrebbe sentirsi onorato di poter servire il popolo in qualunque occasione?"
"Se questa fosse una festa organizzata dal popolo, ben volentieri mi sarei sobbarcato anche da solo l'onore di organizzare il veglione!" disse il russo, risfoderando il suo famoso spirito di propaganda. "Ma questa è una festività organizzata dalla loggia accademica degli istruttori, che pretendono di ordinare la nostra vita in ogni suo aspetto, compreso come e quando divertirci!"
Vaarik sapeva bene che era impossibile vincere o anche solo pareggiare una discussione con Ilaij quando si trattava di ideologia, quindi si limitò a sollevare un sopracciglio, ben sapendo che avrebbe ottenuto il risultato voluto.
"Va bene, d'accordo, hai vinto," disse infatti il russo dopo qualche momento. "È' che subito dopo le feste ho un esame di Tecnologia Applicata e non posso assolutamente perdere tempo a lavorare alla preparazione del veglione invece di studiare: Rebecca ha detto che mi scuoia come un gatto delle foreste siberiano se mi faccio di nuovo bocciare."
Rebecca Goldblum era diventata la ragazza di Ilaij dopo che si erano scontrati uno contro l'altra durante le elezioni accademiche, e Vaarik la conosceva abbastanza bene da sapere che non scherzava quando si trattava di risultati scolastici. "Capisco," disse quindi, "ma temo di non poterti aiutare. "Io, Renko e Dalton siamo stati esentati dall'ammiraglio De Leone per motivi eccezionali, e dubito che questi possano essere estesi a qualcun altro."
"Motivi... eccezionali?" domandò Ilaij, incuriosito.
"Esattamente. Secondo l'opinione dell'ammiraglio, nelle precedenti occasioni in cui siamo stati coinvolti in qualche attività è stata rilevata una certa tendenza al disastro."
Ilaij comprese immediatamente quello che intendeva il vulcaniano. "Kantara?" disse quindi, massaggiandosi istintivamente il torace, là dove era stato ferito dal colpo di phaser degli orioniani.
"Kantara," confermò Vaarik, ricordando gli avvenimenti che erano costati la vita a Lara Dyanthes, e per poco anche a Ilaij. "Ma non solo. L'incidente al Guardiano del Tempo, l'atterraggio di emergenza su Sirio II, le elezioni studentesche. Senza dimenticare quello che è successo nei veglioni precedenti."
L'altro cadetto fece mente locale, come se stesse cercando di riportare alla mente alcuni eventi specifici. "Aspetta, mi ricordo qualcosa a proposito: il primo anno c'è stata quella bagarre all'ingresso, quando due cadetti fermarono un'anziana signora perché sprovvista del pass di accesso..."
"Le regole sono regole," spiegò Vaarik scrollando le spalle. "Oltretutto come avremmo potuto sapere che quella signora era madre del tenente Sherman? Anche se avremmo dovuto intuire qualcosa nel momento in cui ha iniziato a colpirci con la sua borsetta."
Gli occhi di Ilaij si dilatarono leggermente, ma non disse nulla. "E l'anno dopo ci fu quel pasticcio nelle cucine..."
"Successe durante il nostro turno di corvée in cucina," disse Vaarik cupamente. "Alcune casse di cibarie destinate al ricevimento con la delegazione jetzeriana, previsto per la settimana successiva, vennero per errore scambiate con le quelle del veglione. Il risultato fu che il banchetto del veglione fu imbandito con pietanze che avrebbero fatto la felicità di un battaglione di lamprede lunghe tre metri, ma che difficilmente avrebbero incontrato i gusti della maggior parte delle specie umanoidi."
"Mi ricordo, è da allora che l'Accademia si serve esclusivamente di un catering professionale per il veglione. Insomma De Leone non vuole che combiniate disastri anche quest'anno," dichiarò il russo.
"Esattamente. Quindi a meno che tu non voglia dividere con noi l'aura di disastro imminente che sembra accompagnarci, dubito che potrai essere esentato dal servizio per i nostri stessi motivi," concluse Vaarik con un'espressione cupa quanto le sue parole. "Ora se non ti dispiace devo andare. Ho lezione e successivamente devo incontrarmi con Renko e Dalton per discutere di una questione piuttosto importante."
Ilaij tossicchiò imbarazzato. "Devo andare anch'io," disse, allontanandosi immediatamente e scomparendo dietro la porta attraverso la quale aveva trascinato Vaarik.
Dal canto suo, il vulcaniano non poté fare a meno di riflettere sul fatto che la sua fama di jettatore si rivelava sempre più utile di giorno in giorno. Checché ne dicesse il consigliere Memok.
"E con questo la lezione è conclusa," disse il capitano Stark, raccogliendo i suoi PADD sulla cattedra e incamminandosi verso l'uscita. "Dal momento che non avremo altre occasioni di incontrarci prima della fine dell'anno, è tradizione concludere la lezione con un augurio: come vulcaniano non comprendo la logica di tale formula augurale, ma nondimeno chinerò il capo di fronte alla tradizione augurando a tutti buone feste e un felice anno nuovo."
I cadetti presenti si alzarono in piedi per salutare l'istruttore che lasciava l'aula, ricambiando l'augurio che era stato loro indirizzato. Dalton, Renko e Vaarik si alzarono dalle loro postazioni in fondo all'aula e si diressero con passo rapido verso l'uscita insieme a tutti gli altri. A metà strada vennero però intercettati da Rebecca, che fece loro cenno di raggiungerla alla sua consolle. "Scusate, ragazzi, potreste dare un'occhiata a questo?"
Il tre cadetti si scambiarono un'occhiata perplessa e si avvicinarono alle spalle della ragazza, mentre questa digitava una sequenza di comandi sulla sua tastiera. "Stavo controllando il cestino dei rifiuti del sistema operativo dell'aula perché avevo cancellato per errore un file che mi serviva, e scorrendo i file contenuti nel cestino ho trovato questo," spiegò Rebecca, mentre sullo schermo comparivano alcune scritte e formule. "Il file è mezzo cancellato e mancano dei pezzi, ma questo mi ha insospettito,"disse, indicando un punto specifico della formula.
"La chimica non è proprio il mio forte," disse Renko, sporgendosi per vedere meglio, "a cosa pensi che possa servire questa sostanza?"
"Con precisione non lo so, ma se non mi sbaglio questo composto potrebbe essere tossico, forse addirittura letale se assunto in dosi molto elevate," rispose la ragazza. Poi si voltò verso Vaarik. "Tu cosa dici?"
"La tua affermazione non è del tutto irragionevole," sentenziò cupamente il vulcaniano. "Ma come avrebbe fatto quella formula a finire lì dentro?"
Rebecca scosse le spalle. "Questo non saprei davvero immaginarlo. L'unica cosa che mi viene in mente è che qualcuno abbia usato le risorse del laboratorio per sintetizzare questa sostanza e che poi abbia tentato di cancellare le prove di averlo fatto, senza però riuscirci completamente."
"Se voleva essere una supposizione rassicurante devo confessare che non sta facendo molto effetto," disse Luke, lanciando a Vaarik un'occhiata di velata preoccupazione. Il vulcaniano si limitò a scrollare le spalle con aria impassibile.
"Pensi che sia il caso di comunicarlo a qualcuno?" interloquì il delta gammano, rivolto alla ragazza.
"Mah, non mi sembra il caso," rispose Rebecca. "Probabilmente non è nulla di cui preoccuparsi."
"Forse hai ragione," concordò Renko, ma con una punta di scetticismo nella voce. Dietro le loro spalle, anche Dalton e Vaarik si scambiarono un'occhiata che non prometteva nulla di buono.
---Quella sera, tutto era pronto. Niente era stato lasciato al caso. Gli indizi, raccolti con dovizia di particolari nei giorni precedenti, erano stati analizzati e soppesati con la massima cura, fino al momento in cui uno schema era iniziato ad emergere dal caos, uno schema che si faceva via via più torbido man mano che i coraggiosi cadetti tentavano di dare un senso a quello che avevano scoperto.
Prima, quella comunicazione sospetta arrivata all'alloggio del cadetto Renko: 'l'ambrosia non sarà così dolce quest'anno'. Cosa avrà voluto significare quella frase così criptica, pronunciata da una voce roca e irriconoscibile, e che aveva fatto rizzare le orecchie dei suoi vicini di alloggio?
Poi, quella formula chimica trovata per caso da Rebecca nel cestino dell'aula delle esercitazioni scientifiche: di cosa si trattava esattamente? Poteva davvero trattarsi di un veleno?
Infine, l'incidente in sala ologrammi: 'San Valentino', un programma dal titolo apparentemente innocente, ma che riportava alla mente anche un famoso massacro del passato della Terra. Perché conteneva una rappresentazione olografica della sala del veglione? E perché il programma si era cancellato immediatamente dopo che l'avevano aperto, come se qualcuno avesse cercato di cancellare le tracce della sua esistenza?
C'era forse un piano delittuoso dietro a tutto questo? Qualcuno voleva davvero avvelenare lo spumante del brindisi di mezzanotte? Misteriose presenze si aggiravano in Accademia, mosse da scopi che i cadetti potevano soltanto immaginare? Oscure macchinazioni si dipanavano nella notte...---
"Changomani, vorresti per favore smetterla di parlare in quel registratore e badare un attimo a quello che stiamo facendo?" Il mizariano stava tenendo d'occhio un'entrata secondaria del salone, mentre il giovane umano camminava nervosamente avanti e indietro attorno a lui.
"Ma è tutto così eccitante, Vargas, ti immagini? Stiamo davvero per smascherare una cospirazione che minaccia gli alti ufficiali della flotta e un numero imprecisato di dignitari alieni e federali. Saremo acclamati come degli eroi! Non senti il cuore che ti batte per il brivido dell'azione?"
"Sono tutto un fremito," disse il cadetto più anziano, serafico come sempre. "Ora cerca di calmarti o finiremo per attirare l'attenzione di tutti."
I due vicini di alloggio di Renko dovevano piantonare quell'ingresso, così come era stato assegnato loro dal piano d'azione studiato personalmente dal delta gammano.
"Renko a Zani, siete in posizione?" come se fosse stato evocato la voce del loro vicino di alloggio scaturì dal comunicatore del mizariano.
"Siamo alla porta laterale," confermò Zani. "Gli altri?"
"Tutti al loro posto. Mi raccomando: è fondamentale che voi non vi allontaniate da quella posizione fino allo scoccare della mezzanotte. Ricordate che voi siete la chiave di tutto il nostro piano."
Changomani non aveva ben capito in cosa consistesse esattamente il loro 'ruolo chiave', ma gli piaceva troppo come suonava quella parte per preoccuparsi particolarmente.
"Non ti preoccupare. Conta su di noi," rispose quindi, attraverso il comunicatore del suo compagno.
"D'accordo. Renko chiude."
---L'atmosfera era carica di presagi mentre i coraggiosi cadetti attendevano con spasmodica tensione che le lancette del destino completassero il loro corso...--- continuò Changomani nel suo registratore portatile, strappando un lamento al solitamente imperturbabile mizariano.
Vaarik era rimasto nella sala principale del complesso quel tanto che bastava per non attirare l'attenzione dei partecipanti, poi era sgattaiolato dietro una porticina di accesso, raggiungendo rapidamente la piccola stanza che conteneva il quadro energetico principale del salone. Per portare a compimento la sua parte era necessario un tempismo perfetto, ma fortunatamente il vulcaniano non aveva bisogno di cronografi per sapere quando avrebbe dovuto agire.
Come si aspettava, pochi minuti prima dell'ora X venne raggiunto da una comunicazione di Renko. Bisognava davvero ammettere che il delta gamamno stavo portando avanti l'operazione come un vero professionista: aveva messo a buon frutto la sua passione per le investigazioni, studiando il piano nei minimi dettagli e facendo in modo che tutte le pedine fossero posizionate al loro posto. Tuttavia, il lavoro più difficile spettava indubbiamente a Dalton, il quale aveva passato tutta la sera immerso nelle sue riflessioni, come se stesse ripassando a memoria un numero infinito di volte tutte le sue azioni, in modo da evitare che al momento cruciale gli potesse mancare lo spirito per portare a termine il suo scopo.
"Renko a Vaarik. Dove sei?"
"Al quadro energetico," rispose il vulcaniano. "Tutto regolare."
"Bene." Poi il delta gammano attivò un secondo canale di comunicazione. "Dalton, sei pronto? Ci siamo quasi."
"Ci siamo quasi," ripeté il pilota, e Vaarik ebbe l'impressione di sentirlo deglutendo nervosamente.
Quattro minuti allo scoccare della mezzanotte.
Il vulcaniano disattivò il comunicatore, e iniziò a lavorare sul quadro energetico. Doveva fare un lavoro di precisione, se voleva che il loro piano riuscisse alla perfezione.
Poco dopo la voce di Renko fuoriuscì nuovamente dal canale di comunicazione. "Renko a Vaarik, il soggetto si sta muovendo. Ripeto: il soggetto si sta muovendo. A che punto stai?"
"Ho quasi finito," rispose il vulcaniano, senza far trasparire traccia di apprensione nella voce.
Due minuti a mezzanotte.
Vaarik lavorò ancora per alcuni secondi per sistemare gli ultimi collegamenti e chiuse il pannello energetico: doveva rientrare in sala nel più breve tempo possibile. Uscendo non visto dalla porticina di accesso, il vulcaniano raggiunse Renko nel momento in cui questi stava convergendo alla porta principale.
Un minuto a mezzanotte.
"Stai pronto," sussurrò il delta gammano, parandosi insieme al suo compagno di fronte ad una donna che stava per varcare la soglia del salone dirigendosi verso l'esterno.
"Dove vai così di fretta?" domandò Renko, incrociando le braccia con aria severa.
"Vado a casa. Il mio turno durava solo fino a mezzanotte."
"Davvero? Perché invece non resti a vedere lo spettacolo?"
"Sentite, sono stanca e non sono dell'umore adatto, quindi se per favore volete lasciarmi passare..."
"Spiacente di dover insistere, ma temo dovrai restare a guardare," disse il vulcaniano, severamente.
Lam li guardò con gli occhi sgranati, come se non fosse certa di aver sentito bene. "Renko, Vaarik, siete ubriachi forse? Lasciatemi passare!" disse, mentre scintille di energia elettrica iniziavano a condensarsi attorno alle sue mani.
Con uno sguardo d'intesa i due cadetti fecero un passo avanti, abbrancando la ragazza sotto entrambe le braccia e sollevandola letteralmente di peso, riportandola rapidamente al centro della sala. Dal canto suo Lam era troppo scioccata anche solo per pensare di protestare per quel trattamento che di principesco aveva ben poco, figuriamoci provare a reagire.
Solo quando i due la rimisero a terra, Lam riuscì a riprendersi dalla sorpresa abbastanza da riuscire a proferire qualche parola, ma prima che potesse portare a termine la sua frase il rullo dei tamburi riempì completamente il salone, oscurando le sue parole e quelle di chiunque altro.
"Cinque!" tuonarono i partecipanti alla festa, lasciandosi trascinare in quel rito collettivo.
"Quattro!"
"Tre!" Voltando la testa verso l'orchestra Lam si rese conto con stupore che era Luke quello che stava suonando il tamburo che scandiva i secondi alla mezzanotte. L'umano le fece l'occhiolino, salutandola con una rotazione delle bacchette.
"Due!"
"Uno..."
"BUON ANNO!"
Le luci si spensero all'improvviso, e in quel momento una quantità di bottiglie di spumante vennero stappate all'unisono, ma invece del vino dai colli delle bottiglie uscirono delle sfere colorate di luce, che si levarono verso l'alto ed esplosero in una miriade di colori e di forme diverse, disegnando nell'aria sagome fantasmagoriche.
All'inizio la folla riunita nel salone rimase ammutolita per quello spettacolo inatteso, poi timidamente qualcuno iniziò ad applaudire, fino a quando tutto il salone fu riempito da uno scrosciare di applausi, mentre altre bottiglie venivano stappate per continuare quello spettacolo pirotecnico.
Le luci della sala si riaccesero improvvise come erano scomparse, ma invece di illuminare il soffitto si aprirono su una rappresentazione olografica di un cielo alieno dalle sfumature di rosa e di azzurro, rischiarato dalla luce soffusa di due lune gemelle.
Rapita da quello spettacolo, Lam guardava con le lacrime agli occhi lo splendore del cielo del suo pianeta natale, un cielo che credeva non avrebbe più rivisto per il resto della sua vita, e non si accorse che Dalton era sceso dal palco raggiungendola al centro della sala. La ragazza lo vide accanto a lei e fece per abbracciarlo con un sorriso raggiante, ma l'umano le fece cenno di rimanere ferma e si inginocchiò di fronte a lei.
Lam sgranò gli occhi, e il suo cuore accelerò i battiti mentre il pilota frugava furiosamente nelle sue tasche, cercando di tirare fuori una piccola scatolina quadrata che aspettava da svariate settimane di essere scartata.
"È molto imbarazzante..." disse Luke con un sorriso timido, tutto rosso per l'emozione, "io che ho sempre la parlantina pronta... non trovo le parole."
Il mondo intorno a loro sembrò svanire e rallentare la sua corsa, mentre i due si guardarono negli occhi e Luke sembrò trovare dentro di sé il coraggio di dire le parole fatali.
"Andiamo via," Vaarik poggiò una mano sulla spalla di Renko, distruggendo in un solo attimo tutta la magia del momento.
"Cosa? Ma così non sentiremo niente!" si ribellò il delta gammano. "Io sono curioso!"
"È una cosa che riguarda solo loro due," disse il vulcaniano, severamente.
"Solo loro due? Ma se ci sono centinaia di persone qui attorno!" esclamò il delta gammano, lanciando un'occhiata a tutta la gente che osservava la scena tra il divertito e il curioso.
Nel frattempo Lam aveva preso la scatolina dalle mani di Luke, scoprendo che conteneva un anello semplice ma di fattura elegante. La ragazza se lo mise al dito, lo ammirò raggiante per qualche momento e poi lanciò le braccia attorno al collo di Luke, abbracciandolo.
Intorno a loro molti spettatori scoppiarono in applauso, scambiandosi grandi sorrisi per la scena alla quale avevano appena assistito. Molti cadetti facevano a gara a stringere la mano a Luke, così come invitati civili e dignitari alieni che la coppia non aveva mai visto in precedenza ma che si erano fatti coinvolgere dall'emozione del momento. D'altra parte, gli istruttori osservavano la scena con aria paterna, cercando di mantenere un'espressione severa e accigliata ma con risultati decisamente alterni: infatti mentre Sherman borbottava sui problemi di sicurezza che tutta quella situazione poneva e Vinsar commentava che come proposta di matrimonio era stata un po' fiacca, Gozar si stava asciugando le lacrime sottolineando come fosse la cosa più romantica a cui aveva mai assistito, mentre Maxwell, Ailoura e Leneorat stavano già decidendo quale vestito avrebbero indossato al matrimonio, al quale sarebbero state sicuramente invitate dal 'caro cadetto Dalton'.
Dal canto loro, Vaarik e Renko si tenevano silenziosamente in disparte, cercando di dare nell'occhio il meno possibile, soddisfatti della buona riuscita della missione ma soprattutto di essere riusciti ad arrivare alla fine senza incappare in qualche disastro. La loro soddisfazione venne però interrotta da un suono alle loro spalle.
"Ho come l'impressione che noi dovremmo fare una bella chiacchierata," disse una voce dietro di loro, e i due cadetti si trovarono di fronte l'ammiraglio D'Elena in persona, leggermente curvato dal peso degli anni ma austero come sempre nella sua uniforme di uniforme di gala.
Renko e Vaarik si limitarono a restare immobili con lo sguardo fisso di fronte a loro, ben sapendo che spesso il silenzio è la migliore risposta possibile.
Il rettore si concesse un sorriso. "Ma non preoccupatevi troppo. Mi sono sempre piaciute le storie a lieto fine." Fece una pausa. "Beh, ne parleremo domani. Adesso andate, credo che ci sia qualcuno che non vede l'ora di ringraziarvi," disse, indicando con un cenno del capo Luke e Lam che sorridevano come in una foto da cartolina.
"Devo proprio dirvelo, amici: siete stati davvero magnifici." Il volto di Dalton, seduto ad un tavolino della 'Salamandra Lucente nel Sole del Mattino che Varca i Cancelli del Regno del Coleottero Danzante', era a dir poco raggiante. Subito dopo il capodanno l'umano aveva approfittato di un paio di giorni di licenza arretrata per portare Lam ad un week-end romantico a Parigi, ma appena rientrato aveva invitato i suoi 'complici' a festeggiare il successo del loro spettacolo.
Renko, seduto insieme a Vaarik dall'altra parte del tavolino, si strinse nelle spalle. "Figurati. Abbiamo solo fatto quello che avrebbe fatto chiunque altro nella nostra situazione..." iniziò a dire, per poi interrompersi con aria perplessa. "Ma cosa cavolo sto dicendo? Sono perfettamente d'accordo con te, Luke: siamo stati magnifici."
"Senza dimenticare indispensabile aiuto di Chun, naturalmente," disse una voce dietro di loro, mentre il coreano come al solito compariva dal nulla alle loro spalle come se fosse fatto d'aria.
"Hai ragione, Chun," concordò l'umano. "Se non fossi riuscito ad aggiudicarti il catering per il veglione di quest'anno non avremmo mai potuto portare a termine il nostro piano. Pensa che per sviare i sospetti abbiamo perfino dovuto fare finta di non saperne niente! A proposito, ora vuoi dirci come ci sei riuscito?"
"Un uomo non arriva all'età di Chun senza conoscere qualche trucco," rispose sornione il proprietario del locale. "Quando anche tu arriverai, forse ti dirò."
L'affermazione del coreano strappò un sorriso al suo interlocutore. "La prendo come una sfida," disse quindi, scherzosamente. "A proposito, Chun, non credo di averti mai ringraziato per come ti sei preso cura di Lam per tutto questo tempo. Sei stato davvero incredibile!"
"No; io sono di più, molto di più!" lo corresse Chun, con la sua voce inconfondibile come il suono delle unghie su una lavagna. "E ricorda questo, figliolo: tu fa soffrire Lam, e io farò soffrire te. Molto a lungo. E non in senso metaforico."
"Vedrò di non dimenticarlo," rispose Dalton deglutendo nervosamente, ma il coreano era già sparito da qualche parte nel locale.
Anche Vaarik, nonostante fosse per sua natura esente da tutto quell'entusiasmo che sembrava aver contagiato i suoi compagni, doveva ammettere di trovare... soddisfacente il modo in cui avevano portato a termine il loro piano. Dal punto di vista intellettuale, era stata una sfida decisamente stimolante. Tutti gli ingranaggi avevano funzionato alla perfezione, nonostante durante la messa in atto del progetto si fossero trovati di fronte numerosi ostacoli che non avevano previsto in fase di pianificazione.
"In effetti è stato un ottimo lavoro," commentò quindi con la sua voce sepolcrale. "Mi auguro che Lam abbia apprezzato il risultato."
"Fossi in te non mi preoccuperei di questo," lo rassicurò Dalton con aria sognante, lanciando un'occhiata a Lam che stava servendo alcuni clienti un paio di tavoli più in là. La ragazza sembrò quasi avvertire lo sguardo del suo fidanzato e si voltò per un attimo verso di loro, nascondendo timidamente un sorriso dietro al vassoio che aveva in mano. "Ha apprezzato eccome. Svariate volte, oserei dire," aggiunse quindi il pilota con un sorriso da canaglia, attirandosi uno sguardo di disapprovazione da parte di Vaarik.
"Ehi, adesso uno non può nemmeno fare una battuta!" si affrettò a dire l'umano, sollevando le mani in segno di resa.
Il vulcaniano emise un suono vago che poteva significare molte cose, e che Dalton decise di interpretare come un consenso alla non belligeranza. "A parte gli scherzi, Lam è stata molto impressionata dal nostro piccolo spettacolino. Ha detto che nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere per lei: detto da qualcuno che sul suo pianeta natale era una principessa, mi sembra un gran bel complimento."
"Sono d'accordo," rispose Renko pensieroso. "Comunque è stato tutt'altro che facile: un paio di volte ce la siamo davvero vista brutta."
"Intendi come quando qualcuno non è riuscito a cancellare completamente dal computer dell'aula di chimica i file che aveva usato per sintetizzare la sostanza che componeva i fuochi d'artificio?" domandò Dalton, facendo l'occhiolino al suo compagno di stanza.
"Rimuovere completamente un file da un sistema informatico avanzato come quello dell'Accademia è un compito molto complesso," gli ricordò Vaarik, stringendosi nelle spalle. "E in ogni caso prima della lezione successiva il sistema operativo avrebbe provveduto automaticamente a svuotare il cestino, cancellando definitivamente le nostre tracce. Se Rebecca non stesse controllando proprio in quel momento per trovare il file che aveva erroneamente cancellato non se ne sarebbe accorto nessuno." Poi lanciò un'occhiata di sottecchi all'umano. "Vogliamo invece parlare di quando qualcun altro ha avuto la brillante idea di utilizzare il comunicatore di Renko per avvisarlo senza prima assicurarsi che nessun altro fosse nei paraggi?"
"Come potevo immaginare che quei due impiccioni di Changomani e Zani stessero ascoltando?" rispose Dalton, ridacchiando. "Le persone normali non hanno un buco nella parete dell'alloggio per chiacchierare con i vicini!"
"Non è mica colpa mia se gli addetti alla manutenzione non hanno ancora sostituito la parete divisoria dei nostri alloggi," disse Renko, riferendosi alla paratia che Iris Bi Coren, la sua ex-compagna di stanza, si era portata via quando era stata trasferita lontano dall'Accademia. "E comunque a me quel buco non dispiace affatto. A proposito, mi potresti per favore spiegare per quale motivo continuavi a fare quella strana voce roca e nasale? Pensa che all'inizio non ti avevo nemmeno riconosciuto."
"Era l'accento svedese!" spiegò Dalton. "Possibile che a voi pischelli debba sempre spiegare tutto? Comunque è stato un bene che stessi camuffando così abilmente la mia voce, così quei due non mi hanno riconosciuto."
"Se lo dici tu," concesse il delta gammano, un po' dubbioso. "Comunque non è stata l'unica volta in cui siamo stati davvero vicini ad essere scoperti: vi ricordate quando gli altri cadetti hanno aperto il programma olografico 'San Valentino', quello che abbiamo usato per calcolare i tempi e fare le prove generali del nostro spettacolo?"
"Come no!" disse Dalton, ripulendosi i baffi dalla sottile schiuma bianca lasciata dalla sua birra. "Fortuna che i protocolli di sicurezza che avevi installato si sono attivati a tempo di record e hanno cancellato il programma."
"Purtroppo questo non ha fatto altro che aumentare ulteriormente i loro sospetti," commentò cupamente il vulcaniano. "E così abbiamo dovuto architettare tutta la storia del possibile 'attentato' per sviare la loro attenzione da quello che stava realmente succedendo."
"Il luogo migliore per nascondere qualcosa è in piena vista," ridacchiò l'umano. "Non è vero?"
"In realtà il luogo migliore per nascondere qualcosa è dentro un pilone di cemento in fondo ad una fossa oceanica," rispose Vaarik sollevando un sopracciglio. "Ma in questo caso direi che ha funzionato ugualmente."
"Devo dire che un po' mi dispiace aver tenuto gli altri allo scuro di tutto," disse Renko dandosi una sistemata agli occhiali schermanti. "Ma so bene che un piano del genere ha bisogno di segretezza se vuole funzionare a dovere."
"Senza contare che quello che abbiamo fatto non rientra esattamente nei regolamenti della Flotta Stellare," aggiunse Dalton. "Se ci avessero beccati, e fosse venuto fuori che anche gli altri erano al corrente del nostro piano e non l'avevano riferito alla sicurezza del veglione, si sarebbero beccati anche loro una bella punizione. Da questo punto di vista, il nostro è stato un silenzio altruistico."
"Ehi, sai che hai ragione? Non ci avevo pensato," rispose Renko, un po' sollevato dai suoi sensi di colpa. Poi il delta gammano guardo il suo bicchiere ormai vuoto. "Vado a prendere qualcos'altro da bere," disse, dirigendosi verso il bancone.
Vaarik e Dalton rimasero seduti al tavolo qualche minuto, ascoltando la stucchevole nenia coreana che veniva diffusa nel locale e fissando rispettivamente i propri beveraggi. Ma era chiaro che c'era qualcosa in sospeso. Alla fine fu l'umano a prendere la parola per primo.
"Grazie," disse con improvvisa serietà, fissando negli occhi il vulcaniano. "Quello che avete fatto significa molto per me. Non lo dimenticherò."
"I ringraziamenti non sono necessari," iniziò a rispondere Vaarik con tono piatto, ma venne interrotto da Dalton prima che potesse finire.
"Per me lo sono invece," disse l'umano con convinzione. "Lam è la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita; la più pulita, la più pura. All'inizio non l'avevo capito: quando sono arrivato in quest'universo, una parte di me avrebbe voluto essere felice per essermi liberata di lei. Quando ci si mette Lam può essere una vera rompiscatole: casinista, suscettibile, gelosa fino all'inverosimile. Poi un miracolo, il destino, o forse soltanto il caso me l'hanno restituite, ma io ho avuto paura e mi sono tirato indietro. Io non so se quella storia che racconta del 'tizio buffo che ha schioccato le dita e l'ha fatta arrivare in questo universo' sia proprio vera o piuttosto il modo in cui a lei piace ricordare che siano successe le cose, ma fatto sta che lei ora è qui, ed è qui per me." Scosse la testa, stupito lui stesso dell'enormità della cosa. "Ci crederesti? Quella ragazza ha attraversato la barriera che divide gli universi per venire a cercarmi, ed io cosa faccio? Mi metto a giocare all'adolescente immaturo, perennemente indeciso se fare il grande passo o continuare a correre dietro alle gonnelle." Fece una pausa. "Però alla fine ho capito: lei è quella giusta. E ho capito che, se per qualche motivo mi fossi fatto sfuggire quest'occasione, mi sarei dato dell'imbecille fino alla fine dei miei giorni per aver perso la possibilità di dare a tutti e due quello che entrambi vogliamo: una vita felice, insieme."
Poi sollevò lo sguardo verso il vulcaniano. "Tu e Renko mi avete aiutato a rendere speciale un momento che significa molto per noi, per il nostro futuro. È per questo che voglio ringraziarti, non per per accrescere il tuo già ben nutrito ego vulcaniano."
Vaarik si limitò a guardarlo con una sorta di aria sornione sopra alle sopracciglia inclinate. "Come stavo dicendo se mi avessi lasciati finire," disse in tono quasi divertito, "i ringraziamenti non sono necessari... ma nondimeno ben accetti."
Avrebbe potuto finire lì: Dalton aveva detto quello che gli ribolliva nello stomaco, il vulcaniano aveva accettato i ringraziamenti senza per questo intaccare la sua maschera di imparzialità, e tutto sarebbe potuto andare avanti come al solito. Ma da qualche parte nella sua testa, Vaarik sapeva che non sarebbe stato giusto. Una confessione per una confessione, un mattone da una parte per un mattone dall'altra: era così che la loro amicizia aveva da poco iniziato a consolidarsi, un'amicizia basata su somiglianze che nessuno dei due avrebbe mai confessato pubblicamente, ma che tuttavia esistevano al di là di ogni ragionevole dubbio.
E fu così che il vulcaniano iniziò a parlare, per quanto questo fosse strano e nuovo da parte sua. "C'è un altro motivo per il quale i ringraziamenti non sarebbero necessari," disse, gli occhi completamente nascosti dall'ombra scura sotto i suoi capelli corvini. "Un ringraziamento presuppone un gesto altruistico da parte dell'interlocutore, ma per quanto possa sembrare il contrario, non è questo il caso. Un gesto del genere sarebbe contro la mia natura, la mia personalità e forse la mia evoluzione. Io non sono capace di altruismo, o di generosità, o di qualunque altra emozione che implichi disponibilità a farsi carico degli interessi o del benessere di qualcun altro. Tutto quello che faccio, lo faccio solo per me stesso."
Dalton lo guardava con una faccia strana, come se non sapesse dove il vulcaniano voleva andare a parare. Vaarik invece lo sapeva benissimo, anche se non gli piaceva affatto la direzione che stavano prendendo le sue parole. "Quando sei stato sbalzato in questo universo, hai perso molto: hai perso la tua famiglia, la tua carriera, addirittura il tuo pianeta. Per quanto possa sembrare assurdo detto da qualcuno che aveva vissuto tutta la sua vita come uno schiavo, quando ho fatto il salto, anch'io ho perso molto: ho perso le mie radici, il mio scopo, e soprattutto ho perso la mia compagna, la mia sposa, e il futuro che avremmo potuto avere insieme." Fece una pausa mentre i suoi occhi diventavano opachi, come per metabolizzare il dolore che quel pensiero era ancora capace di suscitare in lui. Quando riprese a parlare i suoi occhi e la sua voce erano di nuovo limpidi, lasciando il suo interlocutore nel dubbio di esserselo solo immaginato. "Sapere che a volte, anche soltanto a volte, l'universo può restituire parte di ciò che aveva portato via... è un pensiero al quale non voglio rinunciare."
L'umano rimase in silenzio un attimo, poi un piccolo sorriso si fece strada sul suo volto. "Sai, in fondo credo che ci sia ancora speranza per te."
"Mi auguro di no," commentò il vulcaniano sollevando significativamente un sopracciglio. "Per uno nella mia posizione sarebbe altamente imbarazzante."
Il sorriso sulla faccia di Dalton si fece più aperto, poi l'umano sollevò il suo bicchiere di birra davanti al vulcaniano. "Ai progetti del futuro?"
"E ai ricordi del passato," aggiunse il vulcaniano, facendo tintinnare leggermente il suo bicchiere contro l'altro.
"A cosa si brinda?" domandò Renko, sedendosi in quel momento al tavolo.
"Alla mia salute, che altro?" rispose Dalton con un sorriso a trecentosessanta denti. "Chi è il festeggiato qui? E adesso scusatemi, ma credo che una signora si meriti un ballo," disse poi con aria da gentiluomo, alzandosi dalla sua sedia e dirigendosi verso Lam, che proprio in quel momento stava appendendo il suo grembiule dietro al bancone del locale.
I due cadetti lo osservarono avvicinarsi con eleganza alla ragazza, sussurrare qualche parola al suo orecchio e portarla al centro della sala, dove qualche altra coppietta stava già ballando, incuranti dell'orribile nenia coreana che sembrava essere l'unico accompagnamento musicale permesso nel locale di Chun.
"Sai Vaarik, devo ammetterlo," disse il delta gammano dopo un po', osservando Luke e Lam che ondeggiavano lentamente abbracciati l'uno all'altra. "A me tutta questa storia del fidanzamento continua a sembrare un po'... innaturale. Voglio dire: decidere di passare tutta la vita insieme ad una sola persona, senza nemmeno aver fatto degli esami per verificare la compatibilità dei rispettivi DNA, o una simulazione su come potrebbero combinarsi per dare origine ad una prole... Mi sembra un po' precipitoso, ecco."
"Posto che vai, gente che trovi," rispose Vaarik con una scrollata di spalle. "Se il tuo pianeta sta pensando di fare domanda di ingresso nella Federazione, temo che dovrete abituarvi ad avere a che fare con questo genere di imprudenze genetiche."
Renko dal canto suo si limitò a sorbire un sorso della sua spremuta di pompelmo. "A dire la verità, c'è un'altra cosa che ha detto Luke e che non ho capito molto bene."
Vaarik gli rivolse uno sguardo interrogativo. "Sarebbe?" propose.
"Cosa intendeva dire che Lam era rimasta soddisfatta svariate volte? Svariate volte cosa?"
Dal canto suo, il vulcaniano si limitò a massaggiarsi lentamente la fronte, con aria terribilmente afflitta.