C'è nebbia nella tempesta. Una tempesta di programmi, si può dire. Mi sembra una giusta descrizione per un elenco quasi infinito che il computer ci sbrodola davanti. La nebbia? Le idee un po' confuse, come sempre. Arduo prendere una decisione quando la scelta è troppo vasta. Non saremmo a questo punto, se Luke e Vaarik mi avessero ascoltato. Sono ancora dell'opinione che 'Il terribile e angoscioso mistero celato dietro la scomparsa del dragone di giada' fosse il programma adatto a noi. Ma ognuno ha i suoi gusti ed è per venire incontro alle esigenze di tutti che ora stiamo spulciando l'intera lista.
"Ecco qua. Che ne dite di questo? 'Watling e il senso della vita'. Natura incontaminata, tranquillità, silenzio, un briciolo di avventura."
L'anteprima mostra boschi, montagne ed un accampamento indiano in lontananza. Vaarik e Luke si stringono nelle spalle. Lo prendo come un cenno d'assenso e carico il programma.
"Beh, che aspettate? Andiamo..."
La porta della sala ologrammi si spalanca su di un paesaggio terrestre. Entriamo guardandoci attorno. Siamo in un bosco che riesce ad associare i toni caldi e allegri della primavera ad un che di selvaggio. Nella Terra del XXIV secolo, dal clima controllato e senza più un lembo di terra inesplorato, solo in un programma olografico si potrebbe trovare un paesaggio del genere.
"Sentite anche voi odore di carne bruciata?" chiede Vaarik.
"A quanto pare qualcuno si sta preparando una bella cenetta alla brace" conferma Dalton.
"Ci dovrebbe essere un accampamento. Perché non andiamo a dare un'occhiata?" propongo.
"Già, magari riusciamo a scroccare un cosciotto scambiandolo con qualche perlina colorata."
Ci incamminiamo su quella che sembra una pista e per un po' non accade nulla. A quanto pare il villaggio è più distante di quello che avevamo calcolato; tuttavia nel frattempo abbiamo modo di inoltrarci ancora più a fondo in quel paesaggio così vero eppure così artificiale.
La vegetazione del bosco cresce senza alcun controllo, gli uccelli cantano come se quella potesse essere la loro ultima canzone e gli alberi sembrano parlare fra di loro un linguaggio segreto, stormendo cauti sotto alla forza di un vento che non è stato piegato da nessun dispositivo di controllo ambientale.
"Molto suggestivo" commento.
"Davvero" conferma Luke. "Ora la domanda è: 'lo scopo del programma è solo quello di passeggiare fra la natura a porsi domande sul senso della vita o pensate che succederà qualcosa nei prossimi cinque minuti?'"
L'umano non fa neanche in tempo a finire la frase che una freccia volante gli sfiora la tempia e si va a conficcare nel tronco di un albero. Un ragazzo dagli abiti in pelle e dai colori di guerra dipinti in volto spunta dagli alberi e ci tiene sotto tiro. Ha in mano un arco decorato che punta contro di noi con sguardo truce.
Mi stringo nelle spalle: "A quanto pare, Luke, la seconda che hai detto."
"Ma guarda, se avessi saputo che saremmo finiti a giocare agli indiani mi sarei vestito in modo adeguato" si limita a commentare serafico l'umano.
Il personaggio sbucato dal nulla ascolta in silenzio e ci guarda con curiosità e circospezione. Poi, per la prima volta ci rivolge la parola: "Ricordo quell'uniforme."
"Cosa?" mi chiedo. "Come può? Non dovrebbe essere solo un progr... oh, oh."
"Oh, oh, cosa?" mi sollecita Dalton.
Mentre lo strano personaggio si perde nella memoria e snocciola vari aneddoti relativi dell'Accademia, io non posso fare a meno di associare la sua fisionomia a quella di qualcuno di cui ho letto qualche tempo fa.
"Watling e il senso della vita, ma certo! Sapete chi è, ragazzi?"
Vaarik e Luke si voltano verso di me con espressione neutra.
"Runs in the rain Watling! Non è possibile che non ne abbiate mai sentito parlare. È il cadetto che scomparve all'interno della sala ologrammi, sembra che ne sia stato fagocitato e da allora nessuno è più riuscito a tirarlo fuori."
Vaarik alza un sopracciglio con aria scettica. "Ho sentito una storia del genere ma non gli ho dato molto adito. È noto che i terrestri hanno un'insana passione nello spaventarsi a vicenda creando storie dai risvolti orrorifici."
"Beh, a quanto pare questo tizio sa di cosa sta parlando. E se la leggenda avesse un fondo di verità?" chiede Luke.
"Ah, che bei tempi" sta sospirando intanto Watling. "Ho nostalgia dell'Accademia. Portatemi con voi."
"Non possiamo" gli rispondo. "Secondo la leggenda tu ora sei materia olografica. Se esci di qui scompariresti."
"Non importa, credi che abbia paura di quello che mi può succedere?" Ogni mia argomentazione viene messa da parte da Watling. Inutile tentare di esporgli ciò che sappiamo e che possiamo o non possiamo fare. L'ex cadetto resta fermo sulla sua decisione. "Non ho più paura di nulla. E adesso... mostrami l'uscita."
Quello di Watling non è un suggerimento, è un ordine che sottolinea puntando nuovamente verso i nostri nasi il suo maestoso arco, incoccato di freccia e pronto a scoccare.
"Watling, dannazione!" esclama Luke, tentando di prendere tempo. "Abbiamo bisogno di avere più dati per risolvere il tuo problema!!! Lasciaci almeno consultare il computer."
"E sia! Ma non tentate scherzi."
Facciamo cerchio per confabulare in tutta pace.
"Ed ora?" chiede Luke.
"Semplice, evochiamo l'arco ed usciamo di qui" risponde Vaarik come dato di fatto.
"Di arco ne abbiamo già uno puntato contro, non ti sembra abbastanza?" gli faccio notare.
"Sì, Renko, ma stai trascurando le misure di sicurezza della sala ologrammi. In ogni caso quell'arco non ci può recare alcuna ferita."
"Sì, ma ti ricordo che definire questo programma come 'anomalo' è dire poco. Chi ti dice che segua le regole standard? Accidenti, quello che abbiamo di fronte un tempo era un cadetto in carne ed ossa trasformato in materia olografica!"
"Sciocchezze" mi liquida Dalton. "Lui è solo, noi siamo in tre. Cosa vuoi mai che ci succeda?"
"Stavi dicendo, Dalton?" domanda Vaarik.
"Non dite una parola" mugugna Luke con aria minacciosa. "Non 'una' sola parola, chiaro?"
Al centro dell'accampamento del popolo di Watling c'è un palo di legno, ben robusto e piantato a fondo nel terreno. Alla base del palo ci sono tre tizi accovacciati e legati bene bene con una quantità esagerata di corda. I tre tizi siamo noi.
Gli abitanti del villaggio passano, ci lanciano uno sguardo curioso e continuano per i loro affari. Due guerrieri armati di tomahawk ci fanno da guardia e tengono a distanza i bambini che fanno capannello attorno a noi.
"Il punto è un altro" intervengo. "Watling vuole uscire da qui quanto noi. Ne ha diritto, dobbiamo trovare una soluzione."
"È un ologramma" ribatte Luke. "Ammettiamo che la fantomatica leggenda che mi avete raccontato sia vera. Non sono riusciti a tirarlo fuori i migliori ingegneri dell'Accademia, come possiamo farlo noi?"
Il cielo si è fatto scuro, ormai, e la notte è scesa. Vengono accesi i primi fuochi. Finché a qualcuno non salta in mente di dar fuoco anche al palo a cui siamo legati noi va tutto bene (o quasi). Runs in the Rain esce da uno dei tepee e si dirige verso di noi. Il cadetto è scortato da un uomo anziano che ha un sorriso mite stampato in faccia ed un aura di saggezza che gli aleggia attorno. Le loro figure ci sovrastano, accovacciati come siamo dobbiamo guardare in alto per poterne distinguere i lineamenti del viso.
"Mio nipote mi ha confessato di non appartenere a questo luogo" dice l'anziano.
"Le cose sono molto più complicate di così, purtroppo" spiego.
L'anziano annuisce. "Ha tentato di spiegarmi anche questo. Ma per quanto la cosa mi rattristi, se ciò che dice è vero... allora Runs in the Rain deve tornare al luogo a cui appartiene. Perciò, ora noi parleremo."
"Io dico di dargli fuoco" interviene una delle nostre guardie. "Me lo sento, porteranno solo disordine."
"C'è un tempo per ogni cosa, Redleaves" risponde la saggezza del vecchio.
"Io dico di chiedere allo sciamano" insiste Redleaves. "Io dico che i cattivi presagi che il vecchio Bonytree ha avuto nei giorni scorsi si riferivano a loro. È il nostro sciamano, deve essere ascoltato."
"Ha ragione" lo sostiene l'altra guardia.
Un drappello di gente si è fermata ad ascoltare e sta annuendo alle parole di Redleaves. L'indiano, ringalluzzito dai consensi che sta ottenendo continua la sua filippica. "Loro sconvolgeranno il nostro mondo. I segni sono chiari. Io chiedo che il loro destino venga giudicato stanotte. Io chiedo che gli anziani si riuniscano."
"Avete anche voi l'impressione che le cose si stiano mettendo male?" mormoro agli altri.
"No, Renko, perché dici così?" si lascia scappare Luke fra i denti. "Solo perché stiamo per essere fritti all'interno di un programma olografico fantasma come se fossimo in un olofilm dell'orrore di serie Z?"
"Beh... più o meno questo era il concetto" replico. "Ma puoi sempre tentare di vendere questa trama alla TriCadets, se ne usciamo vivi."
Redleaves e i suoi seguaci continuano il loro comizio contro di noi. Tre poveri cadetti a cui è capitata l'ennesima sfiga, se la guardiamo dal nostro punto di vista; tre empi spiriti sbucati dal nulla e portatori del caos supremo, stando a ciò che dicono loro.
Watling si accovaccia accanto a noi e ci sussurra con aria complice: "I personaggi olografici di questo programma non sanno del mondo esterno. Se il consiglio degli anziani decide di rimandarvi in quello che ritiene il mondo degli spiriti... purtroppo io da solo non potrò impedirlo, perciò non ci resta che una soluzione."
Annuiamo tutti e tre alle sue parole, è ovvio che la soluzione non può che essere una. Watling parla in maniera sintetica ed efficiente. Dobbiamo riuscire ad accordarci prima che qualcuno noti il nostro confabulare.
"Stavo conducendo una battuta solitaria di caccia, quando vi ho incontrato, ed ho un tepee in un luogo sicuro fra i boschi. Vi aiuterò a fuggire dal villaggio ma prima voglio la vostra parola di cadetti che mi tirerete fuori da qui e non tenterete alcun trucco."
"Intrappolato in questo programma olografico ho riscoperto le mie radici, ho imparato a cacciare e a muovermi silenzioso come un lupo nella notte. Certo, non mi aspettavo lo stesso da voi, in fondo io mi sono esercitato per anni... ma siete pur sempre cadetti della Flotta, no?"
"Senti, fuggire siamo riusciti a fuggire" taglia corto Luke. "Di che ti lamenti? Andiamo avanti."
"L'unico modo per andare avanti, ora, è tornare in Accademia" ribatte secco Watling.
"Piacerebbe anche a noi, ma non riusciamo a richiamare l'arco" spiego. "L'altro 'arco', quello che ci farebbe uscire da qui. Perché non provi a farlo tu, in fondo questo è il tuo programma."
Watling mi guarda con espressione confusa. Alla parola arco le sue mani si stringono istintivamente attorno al legno della sua arma ma sembra far fatica ad associare il termine a qualcosa di elettronico.
"Ti ricordi della vita in Accademia ma non ti ricordi dell'arco della sala ologrammi?" chiede Vaarik con sospetto.
"Ciò che mi è successo non è da tutti i giorni" ribatte secco Watling. "È ovvio che io abbia dei buchi nella mia memoria."
"Ma se vogliamo uscire da qui dobbiamo riempirli" dico. "Ci servono più informazioni possibili, perciò dovrai raccontarci tutto ciò che successe quel giorno."
Watling:
"È solo che a volte mi chiedo se se questo è tutto quello che sono."
Maxwell:
"Io credo che lei abbia solo bisogno di un po' di riposo."
Stark:
"Il capitano Maxwell ha ragione, cadetto. Il riposo è essenziale all'organismo. Perché non passa quarantacinque minuti in una sala ologrammi?"
Watling:
'Probabilmente hanno ragione, sono solo stanco. Forse, più che cacciarmi in una sala ologrammi mi converrebbe andare a fare due chiacchiere con Rocky la Horta. Ma no... preferisco un po' di solitudine. Solitudine si fa per dire, è ovvio, finché non ho ancora deciso quale sia lo status metafisico dei personaggi olografici.'
"Computer, avvia programma Mompracem. Computer, annulla. Avvia programma Totooine. Annulla. Avvia programma Terra di Messo. Annulla Programma NCC-1701. Annulla. Valle Solitaria. Annulla. Formula 1 fine anni '80, ventesimo secolo. Annulla. Miami anni '80, squadra antidroga. Annulla. Medio evo italiano. Annulla. NCC-1701-D. Annulla. Africa 1856. Annulla. Waterloo 1815..."
>ZOT<
'Deve essere successo qualcosa. Un sovraccarico d'energia.'
Watling:
"Signori, mi dispiace, non mi ero accorto di dare ordini troppo rapidi al computer."
Vinsar:
"Watling, non si muova!"
Watling:
"Come?"
Leneorat:
"Secondo queste letture, la sua struttura fisica è stata convertita in un genere articolare di materia, la materia prodotta dal ponte ologrammi."
Watling:
"È impossibile, sono io, non vedete? Adesso uscirò da qui e non mi succederà niente."
"NO! Cadetto non lo faccia! Scomparirebbe!"
Vecchio indiano:
"Ragazzo, che fai qui a perdere tempo? C'è tanto da fare. Dopo quattrocento anni ci sono ancora da riparare molti dei danni subiti dal nostro popolo. Quanti sono i giovani guerrieri che conoscono la ghost dance?"
Watling:
"Ma non posso uscire da qui."
Vecchio indiano:
"Non è necessario, ragazzo. C'è ancora la tua tenda come l'hai lasciata, ed il tuo coyote."
Watling:
'D'un tratto, la vita da ologramma non mi sembra più così inacettabile.'
Stark:
"Non possiamo essere sicuri che, anche salvando il programma Watling, ciò che verrebbe riaperto dopo il guasto avrebbe ancora l'individualità del nostro cadetto."
Watling:
"Beh, c'è una sola cosa da fare per scoprirlo. Computer, salva programma Watling."
Stark:
"Un momento, Watling, che vuole fare?"
Watling:
"Fare la prova, è ovvio. Odio vivere nell'incertezza."
'Non è detto che io scompaia per sempre, dopotutto.'
"Computer, fine programma."
"Dunque è così che è successo." E così le storie erano vere. Watling è vero e non un racconto per spaventare i neofiti dell'Accademia.
"Sì, per come i ricordi mi stanno tornando alla mente, è ciò che successe. Solo che, a quanto pare, nessuno è riuscito a risolvere il mio enigma ed io ho continuato a vivere in un mondo olografico."
"Ma se il programma non era attivo, come hai fatto?" Curiosità legittima, dal mio punto di vista.
"Prego?"
"Voglio dire... tu dici di avere ricordi e di aver vissuto, ma prima che lo attivassimo noi, il tuo programma era spento." Non lo dico per dimostrare qualcosa. Non ho soluzioni, né verità a portata di mano. Lo chiedo solo perché è necessario capire bene in cosa ci siamo ficcati. Eppure è la mia stessa domanda a far sorgere in me i primi dubbi sulla natura di chi mi sta di fronte. Le storie erano vere, ma Watling... questo Watling...?
Questo Watling non ha una risposta, o preferisce non averla. Ci guarda e non dice niente. Quanto finalmente apre bocca, il suo tono è sulla difensiva: "Eppure io ho vissuto! Ho le cicatrici della Danza del Sole. Mi ricordo chiaramente la prima volta che eseguii la Danza dei Fantasmi. Ho cacciato nelle praterie e nei boschi. Ho dei chiari ricordi di tutto questo!"
"Ricordi, appunto" specifica Dalton. "La domanda è, hai vissuto veramente quelle cose o pensi di averlo fatto?"
"Che intendi dire, con questo?" Watling non apprezza per niente la piega che sta prendendo la conversazione. "Un'esperienza fatta nella sala ologrammi non è lo stesso un'esperienza? Beh, in ogni caso vi ricordo che fino a quattro anni fa ero di carne ed ossa, come tutti voi. Voglio solo tornare ad esserlo."
Watling si alza, la sua figura si staglia contro l'ingresso del tepee. Prima di uscire si gira un'ultima volta ad affrontarci. "Mi rendo conto che il problema non è semplice, ma voi non state facendo altro che trovare scuse per non affrontarlo! So quanto sia difficile la situazione in cui sono, pensate che non me ne renda conto? Che non sapessi cosa stavo facendo quando decisi di spegnere il programma? Mi venite a dire che non siete altro che cadetti, ma sono stato un cadetto anch'io! E voglio tornare al mondo a cui appartengo. Pensate a questo, se dovete pensare a qualcosa."
Watling esce dalla tenda e ci lascia da soli a guardarci in faccia. Cosa che facciamo in mancanza di altre idee.
"Ha ragione, dobbiamo tirarlo fuori di qui" dico.
"Idea nobile, davvero" concorda Dalton, con il suo solito sorriso sbilenco. "E in che modo? Se posso chiedere."
"Andiamo, ci deve essere una soluzione! Un modo per riuscire ad aggirare il programma e a contattare l'esterno. Noi non siamo ingegneri ma là fuori ce n'è un'intera schiera. Siamo o non siamo all'Accademia della Flotta Stellare?"
"Per il momento siamo intrappolati all'interno di un programma olografico" sintetizza Vaarik, gelido e pratico come al solito. Il vulcaniano si alza e sembra avere tutte le intenzioni di allontanarsi.
"Dove vai, adesso?"
"La soluzione al problema necessita della giusta dose di concentrazione."
Con questa sua sottile insinuazione sul nostro ruolo di elementi disturbanti, Vaarik esce.
"Ho bisogno di un po' d'aria anch'io." Mi alzo ed imbocco la stessa uscita imboccata dagli altri.
Il sole è già calato da un pezzo ed il cielo è nero. La luna è un falce che non riesce a rischiarare l'oscurità, ed il manto di stelle è quello spettacolo indescrivibile che è sempre stato.
Non so dove Vaarik si sia messo a meditare, ma posso sentire una cantilena indiana provenire dalla mia destra. Forse è il modo di Watling per chiedere agli antenati di dargli ispirazione.
Curioso dover scoprire in una sala ologrammi, quanto il mondo reale sia buio di notte. Assuefatto come sono ad avere sempre una qualche fonte di luce, sono così abituato a darla per scontato da sentirmi quasi ingenuo a stupirmi del fatto che non riesco a vedere nulla o quasi.
Riesco a scorgere poco o niente del panorama, giusto le sagome degli alberi che si stagliano contro il diverso grado di oscurità del cielo.
La nenia indiana si è interrotta e sento dei passi avvicinarsi.
"Com'è?" mi chiede Watling.
"Cosa?"
"Il mondo là fuori. Com'è la vita?"
Ma davvero bastano solo quattro parole per formulare una domanda così complessa? "Com'è la vita... c'è l'Accademia, ci sono la Flotta Stellare e la Federazione. Ci sono ancora l'estate e l'inverno. Non credo che sia cambiata così tanto dai tuoi tempi. Forse qualche meraviglia tecnologica in più."
"I miei tempi... non sono nemmeno più tanto sicuro di quando fossero, i miei tempi. Quanto tempo è passato? Che cosa troverò quando uscirò di qui? E se fossero passati decenni, invece che qualche anno?"
"Beh, questa è una prospettiva a cui non avevo pensato" ammetto. Secondo la mia percezione della realtà sono qui dentro solo da qualche ora, ma se il tempo scorresse diversamente? E sempre ammesso di riuscire a liberarci... che cosa potrei trovare, là fuori? La curiosità di Watling è più che legittima.
"Tu che cosa faresti?" mi chiede.
"Che cosa?"
"Che cosa faresti se, uscendo da qui, trovassi tutto cambiato? Resteresti in Accademia? Tenteresti di riprendere da dove hai lasciato?"
Resterei in Accademia? Avrebbe senso farlo? Non lo so, me lo chiedo adesso per la prima volta. Tre anni fa il Rettore mi chiese perché volevo entrarci, in Accademia, e per quella domanda avevo la risposta pronta. Ma per questa? Non dovrebbe essere la stessa cosa?
Inizio a capire come mai questo programma si chiami ' Watling e il senso della vita' anziché 'Watling e le verdi praterie'.
Su Delta Gamma la vita era composta dalla mia famiglia, dal lavoro, dalla voglia di crescere. In Accademia è composta da lezioni, tempo libero (poco), test a sorpresa. Per i miei compagni d'alloggio l'Accademia non è che una parentesi di preparazione alla Flotta Stellare ed alla 'vita vera' che poi verrà. Sempre in attesa di qualcosa che sta per iniziare.
Per me la vita in Accademia è una parentesi in attesa di ritornare su Delta Gamma, dove so già che non potrò più riprendere con la vecchia vita, perché forse non mi basterà più.
Ma perché poi mi sto perdendo in questo labirinto filosofico senza uscita anziché tentare di concentrarmi sul problema pratico che è riuscire ad accedere all'arco? Ma soprattutto, perché le grandi domande sulla vita si pongono sempre di notte?
"Beh... io veramente..." mi volto verso Watling ma non riesco a scorgerlo. E stavolta non è per via del buio.
Sospiro e torno verso la tenda. Watling e Luke se ne stanno accucciati attorno al fuoco tutti intenti nella loro conversazione.
"Ma ammettiamo anche che tutto questo sia pura illusione" sta dicendo Dalton. "Il punto è: la vita è un'illusione o le illusioni aiutano a vivere meglio?"
"Mhm... però..." mormora Watling.
"Ma di che state parlando?" chiedo io, riprendendo il mio posto.
"Oh, piccole riflessioni" minimizza Luke. "E il beccamorto che fine ha fatto? Ce lo siamo perso?"
In poco tempo siamo di nuovo riuniti tutti attorno al fuoco come i quattro punti cardinali attorno al loro centro. Alzando lo sguardo si può scorgere uno scorcio del cielo stellato attraverso il foro centrale nel tepee.
"Adesso fumiamo" annuncia Watling.
"Adesso cosa?"
"Chanupa. Fumiamo." Watling inizia a pigiare del tabacco dentro ad una specie di pipa. Conosco l'usanza di aspirare sostanze tossiche, l'ho vista in svariati oloracconti storici ma non avevo mai pensato di sperimentarla di persona.
"Il tabacco è un'offerta" spiega Watling. "Il fumo sale fino al cielo, e quando offriamo il tabacco noi stiamo chiedendo al Grande Spirito di ascoltarci. Quando fumiamo, tutto è wakhan, sacro."
Prendo la pipa accesa che mi viene offerta e tento di imitare i gesti di Watling. Il fumo ha un sapore, curioso, non ci avevo mai pensato. Morbido come la sostanza di cui è fatto e pungente nello stesso tempo. Mi viene l'istinto di mandarlo giù ma mi trattengo. Aspiro ed espiro un paio di volte prima di passare la pipa a Luke.
"Questa sera noi quattro abbiamo fumato insieme. Fra noi non ci possono essere menzogne" sentenzia Watling, poi si mette ad intonare una nenia nella sua lingua madre, ripetitiva, antica e magica.
Se è convinto che questo rituale possa portare nuova luce sulla nostra situazione, perché no? In fondo questo è il suo mondo e forse il chanupa wakhan che abbiamo sparso nell'aria costringerà questa realtà a celare le sue illusioni e a svelarci la verità.
Chiudo gli occhi ed inspiro profondamente. L'odore del fumo impregna l'atmosfera attorno a noi. Sento la calma scendere dentro di me come se fosse qualcosa di fisico. Sento i fruscii degli animali che si stanno muovendo nel sottobosco a metri di distanza e l'odore dei fiori notturni.
Apro gli occhi e mi ritrovo all'aperto, che cos'è questa novità? Mi sono forse proiettato? Il tepee non c'è più, sono in una radura circondata dalla boscaglia. Mi guardo attorno e riesco a scorgere ogni singolo particolare del mondo che mi circonda malgrado sia buio pesto. Ogni filo d'erba ed ogni foglia scossa dal vento... strano. L'ombra di una creatura alata scivola silenziosa sulla pianura. Alzo lo sguardo e fra tutto quello che potrei pensare in questo momento, penso la cosa più stupida: "Ma va'? Gli indiani avevano i draghi!"
No, è ovvio che sto sognando... o qualcosa di simile.
"Che cosa stai facendo ancora qui?" mi chiede il drago. "Questo non è il tuo posto."
Non riesco a capire se sia accovacciato di fronte a me o se stia volando. Sembra essere ovunque e contemporaneamente. Iniziano a sorgermi i primi sospetti sulla natura del tabacco dentro quella pipa.
"Non riesco ad uscire" spiego.
"La chiave di quella porta è seduta di fianco a te."
"Ma non sono solo io, dobbiamo portare fuori anche Watling e non sappiamo come fare."
"Ognuno ha il suo posto. La chiave di quella porta è seduta di fianco a te" ripete il drago.
Seduta di fianco a me... seduto di fianco a me c'era Watling. Devo trovarlo. Se questa è solo un'allucinazione non sarà difficile, siamo ancora dove eravamo prima, seduti uno di fianco all'altro attorno al fuoco. Forza 451, concentrati, torna da Watling.
Watling.
Il paesaggio attorno a me sparisce, diventa una stanza dalle pareti nere e da una griglia gialla che le percorre. La sala ologrammi si è spenta!
"Ragazzi!" esclamo. "Siamo fuori! Il programma è terminato!"
Mi volto ma non vedo nessuno, né Vaarik, né Watling, né Dalton. Mi guardo attorno, le pareti di questa sala ologrammi non hanno una porta d'uscita. Sono ancora nella visione? Non sono uscito?
"Vaarik!" chiamo. "Luuuuke!"
Un verso gracchiante e stridulo pervade l'aria. La vita è dolore. Un frullo d'ali giunge da un angolo buio. "Vaarik?" involontariamente mi viene alle labbra il nome del vulcaniano.
Qualcosa mi sfiora la gamba, un coyote mi passa vicino e si allontana. Credi a me, godi finché puoi. Il suo sguardo ha qualcosa di terribilmente familiare. "Luke?"
E Watling? "Watling!"
Watling è un ronzio dietro di me. Mi volto, Watling è linguaggio macchina, è un infinito intrecciarsi di stringhe di codice che si attorcigliano e contorcono fino a formare una figura umanoide dai lineamenti dell'ex-cadetto.
"Mi chiedo se se questo è tutto quello che sono." Le stesse parole che disse quattro anni fa. "Eppure io sono. Io sono qui, io sono stato, io sono ancora. Guarda, questo è il ricordo del mio primo giorno d'Accademia."
Una stringa di codice inizia a brillare. "E queste sono le mie mani." Un'altra stringa di codice brilla al posto della prima. "E questa è la mia carne..."
Mi risveglio bruscamente dall'illusione, allucinazione, visione... o qualsiasi cosa fosse. Mi piego in due, ho bisogno d'aria. Esco dal tepee e vengo investito da un vento che non esiste, mi ci riempio i polmoni e... aspetto. Aspetto che gli altri mi raggiungano qui fuori, so che lo faranno.
"Dunque?" chiede Luke.
"Dunque..." intercalo, poi sospiro. "Credo di aver avuto una di quelle esperienze intuitive."
"Una visione" spiega Vaarik con un cenno d'assenso.
"Sulla vera natura del nostro ospite" continua Luke.
"Che potrebbe complicare le cose più di quello che sono già" faccio presente io.
"Oppure renderle terribilmente semplici" sospira Dalton, guardando Watling che si avvicina.
Siamo al di fuori della tenda, seduti al limitare del bosco a guardare il cielo stellato.
"Watling, riportarti in Accademia forse potrebbe essere più complicato di quello che già pensavamo. Forse potrebbe essere... come dire..."
"Impossibile" taglia corto Vaarik.
"Mi sembrava di essere già stato chiaro" ribatte secco Watling. "Questo non è un punto da discutere, è un punto da risolvere e basta."
"Watling" chiedo. "Quando eravamo nella tenda... che cosa hai visto, tu?"
Watling non considera la domanda. Si alza, deciso e fermo nelle sue intenzioni come se non fosse mai stata posta. "Basta chiacchiere inutili. È ora di darci da fare seriamente per uscire da qui."
Luke prende la parola: "So cosa significhi essere fuori posto, credimi. E credimi anche quando ti dico che il tuo posto è qui."
"Stai parlando troppo" ribatte Watling, con il tono di voce di chi è già arrivato alla stessa conclusione e non vuole accettarla
Luke decide di andare avanti malgrado l'avvertimento: "Quando Watling decise di spegnere il programma, sapeva i rischi a cui andava incontro."
"Pensa a tuo nonno" intervengo io. "Dicesti di averlo visto. Dicesti che fu lui ad aiutarti a prendere la decisione."
"Sì, è stato la mia guida."
"Ora non è che un programma olografico" concludo.
"Che cosa intendi dire? Che non sono altro che un ologramma anch'io?"
"Sei un costrutto" specifica Vaarik. "Anche se il termine è improprio. Tu sei puramente olografico, non sei l'essenza di Watling. Anzi, posso ipotizzare che tu sia una delle copie di back up che si è creata."
"Sono senziente!" esclama Watling.
"Lo sei veramente o sei solo programmato per pensarlo?"
"Fa differenza?" Non rispondiamo e Watling torna a sedersi al suo posto. "Eppure... mi ricordo così tante cose. Mi ricordo il wild willage e il kilowattore. Mi ricordo i volti dei miei compagni di studi e degli istruttori. Cobledick, il capitano Maxwell, Vinsar, il Rettore... mi ricordo di essere stato umano. Sono ricordi miei, no?"
"Sono i ricordi di Watling" spiega il vulcaniano. "Ma molte informazioni sono andate perse durante il back up ed il programma le compensa con ciò che ha a disposizione pescando dalla cultura degli indiani d'America. Ragione per cui non sei in grado di associare la parola arco se non alla tua arma e per cui ti ricordi di eventi occorsi a sala ologrammi spenta."
"È come se mi venissi a dire che non ho mai vissuto, per quanto io ne sia convinto."
Siamo di nuovo vicino alla tenda di Watling. La discussione e le domande sono andate avanti fin qui. Non so se questo peregrinare da un luogo all'altro abbia un qualche profondo significato subconscio. Forse Watling ha sentito il bisogno di rivedere un luogo familiare, o forse aveva solo voglia di sgranchirsi le gambe.
"E così questo è il mio mondo." Watling fa un cenno che comprende la tenda, gli alberi ed il cielo. "E quelle lassù sono veramente soltanto piccole luci, e non stelle. Tutto quello che mi circonda è finto ed io vi appartengo."
"Sei fatto di materia olografica è vero" dico. "Io non so se tu sia senziente o se sei solo programmato per credere di esserlo, eppure sei qualcosa di più di un semplice programma olografico."
"Soltanto grazie ai ricordi di Watling, i ricordi di cui sono composto. Gli stessi ricordi che mi dicono che vivo dentro ad un'illusione. Ma nello stesso tempo, se questo è il mio mondo io vi appartengo. Appartengo a questo non luogo e a questa cultura." Il suo dilemma non è affatto semplice. "E ora cosa ne faccio della mia vita? Mi devo accontentare di un'esistenza fittizia con personaggi fittizi programmati dal computer, o tento di uscire là fuori? A vivere in un mondo che non è il mio?"
Nessuno di noi tre, ovviamente, ha la risposta. Né una monetina da tirare in aria.
Watling guarda le stelle ancora una volta e sospira. Poi si volta verso di noi con aria risoluta: "Ebbene, io..."
Un lampo interrompe le sue parole. Il paesaggio attorno a noi sparisce. Non si dissolve, non si sgretola, sparisce e basta. Un istante prima c'era ed ora non c'è più. La sala ologrammi è di nuovo spenta, il disegno familiare delle griglie olografiche ricopre le pareti. Watling, che fino ad un istante fa stava in piedi davanti a noi, non c'è più. È tutto finito.
Le porte si aprono e due tecnici entrano con tutta l'attrezzatura a mano.
"State bene?" ci chiedono. "Le nostre letture ci segnalavano un'anomalia che ha bloccato la sala ologrammi, siamo intervenuti il prima possibile."
"Dovete riaccenderlo" esclamo. "Ripristinate il programma Watling, presto!"
"Watling..." chiede uno dei tecnici, scettico ed incredulo.
"Stava per fare la sua scelta" spiego. "Dobbiamo dargli la possibilità di poterla portare a termine."
"No, un attimo, ci state prendendo in giro, vero?" chiede il tecnico. "Non mi verrete a dire di aver visto Watling!"
"Certo che abbiamo visto Watling" interviene Luke. "Ci stavamo parlando solo pochi secondi fa. 'Watling e il senso della vita' è uno dei programmi disponibili in elenco, no?"
"No" risponde il tecnico con flemma.
"Ecco, vede... come sarebbe a dire: no?"
"Non c'è nessun programma con questo nome. È solo una leggenda che si è sparsa in Accademia. Ogni tanto salta fuori qualche novellino suggestionabile che dice di aver visto il fantasma della sala ologrammi, ma voi mi sembrate piuttosto attempati" commenta il tecnico con tono sarcastico.
"Lo abbiamo visto" insisto, pur senza credere di poterli convincere.
"Sì, certo" ribatte il secondo tecnico. Poi si mette a fare l'imitazione di un fantasma. "Ooooooouuuuhhhh, sono Watling!"
I due scoppiano a ridere, di noi, ovviamente. Le porte della sala si aprono di nuovo, prima che a Luke venga la voglia di farli smettere a modo suo. Il rettore D'Elena fa il suo ingresso ed i tecnici riprendono immediatamente la propria compostezza.
"Allora?" chiede il Rettore. "Avete l'analisi?"
"La completiamo immediatamente, signore." I tecnici si affrettano ad aprire i pannelli di servizio e a trafficarci dentro.
Il rettore si volta poi dalla nostra parte. "In quanto a voi, signori, vorrei scambiare due parole."
Ci allontaniamo di qualche passo dal lavoro dei tecnici. A quanto pare, il rettore mira ad una conversazione confidenziale.
"Ho assistito al vostro scambio di battute dal terminale esterno" dice. "Che cosa sarebbe questa storia che avete visto Watling?"
"Beh, non era il vero Watling, in realtà. Era un programma con i suoi ricordi" spiego.
"Capisco..." dice il rettore, senza però averne l'aria.
"Con tutto il rispetto, signore" interviene Vaarik. "Negli ultimi anni, in Accademia si sono diffuse le più svariate dicerie sulle vicende del cadetto Watling. Non sarebbe più logico che il rettorato chiarisse tutta la faccenda e mettesse a tacere le voci?"
Il rettore annuisce, ma non per dare ragione al vulcaniano. "Io ero presente quel giorno. Così come Maxwell, Vinsar, Stark, la Leneorat... lo abbiamo visto sparire, per non tornare più."
"Dunque è vero" interviene Luke. "È morto a causa di un incidente nella sala ologrammi."
Il volto del rettore si fa duro. "Il cadetto Watling risulta attualmente 'disperso'." Poi la sua espressione si ammorbidisce di nuovo. "Noi non parliamo mai di questo. Ufficialmente per impedire che l'incidente venga strumentalizzato e che si diffondi un grado eccessivo di paranoia nei confronti delle sale ologrammi. Ma poi ci sono motivi ancora più personali. Vedete... quel programma è andato perso. Non siamo più riusciti a riattivarlo, né a richiamarlo dalla memoria del computer. Avevamo promesso a Watling che avremmo fatto di tutto per riportarlo indietro ed invece... ogni volta che qualche cadetto mette in giro una stupida voce sul fantasma della sala ologrammi, questo non fa che arrecarci dolore. Capite ora il nostro riserbo?"
I tecnici tornano in quel momento con il risultato delle loro lavoro. "Ecco le analisi signore."
Il rettore prende il padd con un'espressione di speranza negli occhi, ma la scintilla svanisce molto presto.
"Nulla" mormora.
"La sala ologrammi è stata attivata" spiega un tecnico, indicando man mano i dati sul padd. "Ma poi ha iniziato a funzionare in modo anomalo, bloccandosi. Come vede nessun programma risulta eseguito."
"Nessun programma?" chiedo. "Controllate le memorie secondarie, controllate i back up, controllate i log. Le ultime ore devono essere rimaste registrate in un qualche posto, è impossibile che non si possano recuperare."
"Non c'è niente da recuperare" ribatte secco uno dei tecnici.
Il rettore sospira. "Voglio un'analisi di controllo approfondita di questa sala, prima di rimetterla di nuovo in funzione" ordina. Poi si rivolge a noi. "In quanto a voi, tornate ai vostri alloggi. Spero che il vostro non fosse solo uno scherzo di pessimo gusto, per questo voglio che pensiate bene a cosa andare a dire in giro, riguardo a questa faccenda. Vi esorto a ricordare che il cadetto Watling ha dei famigliari che stanno ancora soffrendo e che meritano il nostro rispetto."
Sulla strada verso i nostri alloggi, l'argomento di conversazione non può essere che uno.
"Il Rettore non ci ha creduto" dico.
"Ha voluto crederci, invece" risponde Luke. "Forse è questo a fare ancora più male. Dirà agli ingegneri si setacciare bit per bit quella sala ologrammi e l'intera memoria del computer. E probabilmente non ne otterrà nulla, come tutte le altre volte."
"No, stavolta troveranno qualcosa" insisto. "Devono trovare qualcosa per forza, quello che abbiamo visto noi era... reale."
"Perché? Perché l'abbiamo visto noi invece che qualcun altro? Forse è esattamente quello che è successo anche agli altri cadetti."
"Non riesco ancora a crederci" ammetto, scuotendo la testa.
"Il Rettore non potrà trovare Watling" interviene Vaarik, sempre diretto e sempre ancorato ai fatti. "Per la semplice ragione che l'entità con cui abbiamo interagito non era Watling."
"Già, era uno che gli somigliava" sospira Luke. Ed ha ragione, il nostro Watling non era che un programma, una copia, un... eco. Eppure si comportava come se fosse senziente, e non aveva solo per questo lo stesso diritto di esistere di tutti noi?
Possibile che il vero Watling sia ancora prigioniero da qualche parte, nell'immensa rete del computer che gestisce le funzioni dell'Accademia e delle sue attività olografiche?
Sarà sempre in cerca del senso della vita?