PER QUALCHE BUSTINA IN PIU'

Accademia della Flotta Stellare
San Francisco, Terra (Sol 3)

"Casa dolce casa, finalmente niente esercitazioni per kamikaze, solo pace e tranquillità" annunciò a voce alta Dalton, mentre con passo veloce, per quanto le valigie che portava gli permettessero, si dirigeva verso l'edificio ove era situato il suo alloggio.

"Assolutamente necessari per studiare. Si stanno avvicinando gli esami di fine anno e quest'inatteso evento mi permetterà d'approfondire la mia preparazione, cosa che dovresti fare anche tu" concluse in tono monocorde il vulcaniano che era al suo fianco.

L'umano lo guardò male, poi sbuffando riportò il suo sguardo verso l'entrata dell'edificio.

"Sempre a mettere il dito nella piaga, corvaccio dalle orecchie a punta" disse con un tono leggermente astioso.

Vaarik non si degnò neppure di guardarlo.

Da quando si era concluso il processo a Vaarik, con la sua assoluzione, tra i due compagni di stanza aleggiava ancora una certa tensione che faceva fatica a dissiparsi. Entrambi erano tanto assorti nei loro pensieri, che quando entrarono nell'atrio del palazzo quasi finirono per terra, con tutte loro valigie, scontrandosi con un quartetto di cadetti seduti sul pavimento.

"Ehi, guardate dove mettete i piedi, brutti..." cominciò ad imprecare un umano, seguito a ruota dai suoi compagni.

"Auch! Cosa diavolo ci state a fare qui in mezzo al corridoio? Gli allenamenti per i campionati di belle statuine?" chiese Dalton a denti stretti, cercando di rendere meno precario il suo equilibrio.

Come risposta i quattro lo guardarono come si fa con un povero pezzente e si misero a recuperare affannosamente le carte che stavano usando. Luke si vantava di conoscere tutti i giochi di carte inventati, ma quel tipo di carte gli erano sconosciute, cosa che lo fece letteralmente trasalire.

"Stiamo giocando" si degnò di rispondere l'umano, come se questo avesse spiegato tutto. "Perciò vedete di non interromperci" concluse con aria offesa.

"È illogico lamentarsi di essere disturbati, se ci si mette nella posizione migliore per esserlo" enunciò Vaarik, interrompendo il suo compagno di stanza proprio mentre stava per ribattere, cosa che non lo fece molto felice; ma questa non era di certo una delle sue maggiori priorità.

Rincamminandosi verso la loro unità abitativa, i due videro che nel dormitorio c'era una grande attività, sembrava che ci fosse in atto un'epidemia di febbre del gioco. In pratica ogni cadetto che avevano incontrato o era intento a disputare una partita o stava scambiando carte. Arduo ed irto di ostacoli fu il percorso fino alla meta, notevoli quantità di cibo e bevande erano sparse sul pavimento e quasi mai nelle loro confezioni od in appositi contenitori.

Armandosi di molta pazienza e grazie ad una notevole abilità, il duo riuscì a guadagnarsi l'obiettivo, con danni ed intoppi minimi.

"Le mode, che cose devastanti. I ragazzi d'oggi non hanno il senso della misura. Ho appena detto... quello che penso d'aver detto? Spero di no, altrimenti mi sentirei veramente vecchio" disse Luke con aria preoccupata.

"Lo hai detto" gli rispose il vulcaniano, mentre apriva la porta dell'alloggio.

"Grazie per il conforto."

Posando subito le valigie, l'umano si diresse a grandi passi verso il bagno e si piazzò davanti allo specchio, rimirando molto attentamente il suo naso.

"Per me si vedono, non m'importa cosa ha detto la dottoressa, per me sì vedono... e rovinano del tutto il mio profilo" disse ad alta voce Luke, rivolgendosi all'amico.

Intanto, questi stava disfacendo i suoi bagagli con cura e meticolosità, cercando di ignorare quel fastidioso disturbo e riuscendoci perfettamente.

"Allora, tu cosa ne dici? Si vedono o no?" chiese di nuovo, questa volta a voce più alta.

Deducendo che se una risposta non fosse stata data, la domanda sarebbe stata ripetuta quasi all'infinito, decise che la condotta migliore era quella di soddisfare la richiesta di Dalton.

"Dico che i filtri nasali sono invisibili, non si notano ora come non si notavano le altre ventisette volte che me lo hai chiesto. La tua è semplice suggestione e se proprio non mi credi sei pregato di non farmi più questa domanda, visto la tua incapacità d'accettare le risposte che ti do" disse, continuando senza sosta la sua opera di riordino.

"Si chiama giusta preoccupazione, corvaccio. Già abbiamo rischiato grosso durante l'esercitazione del pazzo. Quel deposito di gas c'è esploso maledettamente troppo vicino, per i miei gusti."

"Su questo concordo con te" concesse Vaarik.

"Per fortuna la mia buona stella era vigile, così l'unico danno è stata quest'irritazione delle vie respiratorie... e come conseguenza ci tocca portare dei filtri nasali, che rovineranno il mio profilo, lo so" continuò a lamentarsi l'umano.

"Dalton, te lo dico di nuovo, è tutta suggestione e non ci saranno conseguenze permanenti. L'unico problema è che non avremo il senso dell'odorato ancora per qualche tempo."

L'umano sbuffò: "Dici così perché non hai niente da perdere caro il mio beccamorto, al contrario del sottoscritto che è l'idolo del gentilsesso."

"Invece di dire assurdità, potresti deciderti a lasciare il bagno? Vorrei farmi una doccia ed andare in mensa" tagliò corto lui.

"Capito l'antifona, mai mettersi contro un vulcaniano affamato. Faccio una doccia veloce e poi è tutto tuo." E con quelle parole cominciò a spogliarsi.

Dopo una ventina di minuti, Luke uscì dal bagno rinfrescato, lasciando così il posto a Vaarik. Così mentre questo faceva quello che doveva fare, lui si sarebbe diretto verso la mensa... non gli andava molta compagnia in quel periodo, specialmente se includeva un certo orecchie a punta.

Inoltre il fatto di non avere olfatto lo rendeva stranamente irritabile, era come se tutto quello che gli stesse attorno non fosse completamente reale, una sensazione che gli dava i brividi lungo la schiena e per quello bastava il corvaccio, perciò decise d'uscire ed allontanarsi un po'.

Uscito dall'alloggio, dovette di nuovo fare lo slalom tra i vari cadetti che giocavano, oltre ad essere assordato dalle loro grida di giubilo o di dolore, secondo come andava la partita.

Stava quasi per guadagnare la libertà, quando fu bloccato da un enorme massa di carne che si parava davanti a lui. Il colorito giallo pallido e gli spessi capelli simil-rasta l'identificarono subito come il caro Sh'muss ed il tellarite che gli urlava davanti con astio non era altro che Bolty, e dal suo umore non sembrava che stesse vincendo, proprio no. Ad essere onesti, ormai una certa curiosità per quella moda l'aveva attanagliato, se la quasi totalità dei cadetti che aveva incontrato erano rapiti da quel gioco, qualcosa d'interessante doveva avere a discapito delle apparenze, perciò si posizionò dietro al Mcgayveriano ed osservò in silenzio la partita.

Dopo qualche minuto, la partita sembrò prendere un'altra piega, ed il gigante cominciò ad essere più irrequieto. Dal canto suo Luke ancora non capiva le regole, sembrava che ci fossero vari tipi di carte, ognuna con un'immagine e delle scritte, ma ancora non era riuscito ad estrapolarne le regole.

"Vuoi andartene da lì, iettatore... o ffforse dovrei dire spia?" disse all'improvviso Sh'muss, con un tono decisamente poco amichevole anzi, senza dubbio, ostile.

"Eh? Cosa?" rispose Dalton preso alla sprovvista sia dalla reazione sorprendente del gigante, che di solito era la calma e la giovialità personificata; sia dall'offensivo epiteto con cui era stato chiamato. Un'onta che sarebbe dovuta essere lavata con il sangue, se quello che l'aveva pronunciata non fosse stato alto più di due metri e grande quando un armadio a due ante.

L'essere si alzò e si parò davanti all'umano, sovrastandolo completamente, sembrava che stesse per capitare il finimondo quando...

"Ah, sei tu, Luke. Scusa, non t'avevo riconosciuto. Mi dispiace per lo scatto, ma quando mi concentro su una partita divento estremamente suscettibile" disse il magyveriano con aria contrita.

"Tranquillo, non è successo nulla" rispose, sorridendo e ringraziando mentalmente la sua fortuna. "Stavo appunto osservandovi, pare che questo... gioco abbia attecchito all'Accademia. Devo dire che sono proprio curioso."

"Come, tu non... Ah, è vero, tu eri all'esercitazione di Shermann quando è uscito. A proposito, cosa ci fffai qui?" domandò stupito.

L'umano fece l'occhiolino e sfoggiò il suo migliore sorriso di complicità. "Un piccolo incidente che si è rivelato particolarmente utile, abbiamo avuto l'esonero medico... e la salvezza."

"Capisco..." E cominciò a ridere fragorosamente, sfoggiando i suoi lunghi ed aguzzi denti. Uno spettacolo particolarmente spaventoso, per chi non lo conosceva bene, gli altri lo trovavano solo inquietante.

"Scusa, ma potresti spiegarmi questo gioco? L'ammetto, sto morendo dalla curiosità."

"Oh, è semplice, hai vari tipi di carte: luogo, oggetto, personaggio, evento e seguace. Ognuna di queste ha valori diversi e capacità diverse, in base alle quali vinci i confffronti e le carte dei tuoi avversari. Inoltre ci sono vari temi e puoi personalizzare i tuoi mazzi" enunciò con grande entusiasmo.

"Interessante" disse Luke, fingendo interesse. Non che ci avesse capito molto della spiegazione, ma quello che aveva intuito non aveva acceso nessuna scintilla in lui, quella era solo un'altra moda a cui sopravvivere.

"Molto di più, Romansk sta fffacendo afffffari d'oro."

"Romansk? Il Ferengi che gestisce quel negozio di cose assurde?"

"Già, il negozio di articoli per collezionisti, è lui che stampa e produce le carte. Ha anche dato delle bustine omaggio l'altro giorno e pare che anche oggi a pranzo ci sarà un'altra distribuzione, una bustina per ciascuno."

"Fantastico..." L'entusiasmo di Luke era ovviamente falso. L'idea di una ressa in mensa era proprio l'ultima cosa che voleva. "A proposito, è proprio ora che vada a mangiare. Ciao Sh'muss." E con quelle parole l'umano andò via, pregando d'essere in tempo per evitare la bolgia infernale.

Com'è naturale la sua speranza fu malamente infranta dalla realtà e si trovò davanti ad un muro di cadetti che premevano per arrivare ai replicatori.

L'unico lato positivo era che c'erano molti tavoli liberi, così decise di sedersi ed aspettare che la fila si diradasse, mentre sgranocchiava dei grissini battendo nervosamente le dita sul tavolo.

Poco dopo arrivò anche Renko, che decise di seguire il suo esempio e sedersi per attendere uno spiraglio in quel muro di carne. Com'è ovvio l'argomento su cui verté la discussione fu questo nuovo gioco per poi passare ai filtri nasali che erano costretti ad usare, infatti, il delta gammano aveva deciso di non fare alcun accenno ai rapporti tra i suoi due amici, intuiva che non era il momento.

Dopo svariati minuti arrivò anche l'ultimo membro del trio, ed anche lui non sembrava per niente soddisfatto di vedere tutta quella gente, ma questo era tipico del vulcaniano, per lui una folla era composta da una persona che non fosse lui.

"Ragazzi, ormai la fila ha raggiunto una lunghezza accettabile, ci alziamo?" disse Renko, nella speranza di disinnescare una situazione molto tesa.

Proprio nell'esatto momento in cui i tre s'alzarono, furono raggiunti da un trio di cadetti ben conosciuti, cioè Rebecca Goldblum, Sh'muss e l'Amico Andoriano, che con estrema gentilezza s'offrirono ripetutamente di prendere il cibo anche per loro.

Poiché non c'erano elezioni nelle vicinanze, Dalton comprese che il motivo di tanta gentilezza erano le bustine omaggio che erano distribuite, non che ci volesse un grande genio per capirlo, pensò con auto ironia.

Comunque fece la fatidica domanda lo stesso, giusto per avere conferma: "Rebecca, tutto questo ha a che fare con il gioco di carte? Guarda, lo trovo carino ma non così affascinante, vado a prendere il mio pranzo e se hai tanto interesse per quelle carte, te le do." Dopo quelle parole si diresse verso il replicatore insieme a Vaarik, Renko e le loro tre auto nominate guardie del corpo.

Ad esser sinceri, oramai un certo grado di curiosità aveva contagiato anche Dalton e Renko, fin dal loro arrivo erano stati bombardati dalle notizie su questo gioco nuovo, ora finalmente ne avrebbero avuto un assaggio. Così appena apparve il vassoio con il cibo e la tanto magnificata bustina, la prima cosa che fecero fu di prendere la suddetta e cominciare ad aprirla.

-La casa editrice declina ogni responsabilità sul contenuto delle carte. I soliti esagerati- pensò Luke, leggendo divertito le avvertenze scritte sulla confezione, poi cominciò ad aprirla sotto gli occhi vigili degli altri cadetti. Bisogna dire che ci mise volutamente più tempo del dovuto nello scartarle, ma solo per aumentare la suspance, non per far soffrire di più i malcapitati che stavano letteralmente divorando con gli occhi il pacchetto che aveva in mano, assolutamente no. Inoltre pensava che siccome le carte erano sue, aveva ben il diritto di rimirarle per primo, perciò se le tenne vicino come se fossero la mano vincente in una partita di poker.

-Luogo: Marte, Lam, ma è un ombra, evento... matrimonio?- Dalton era diventato improvvisamente pallido, ancora non riusciva a credere a quello che stava vedendo. Con uno sforzo immane riuscì a trattenersi dal fare un urlo di rabbia o da distruggere le carte che aveva in mano, ma doveva rimanere solo, ad ogni costo, per riflettere, per capire se tutto questo era vero od un brutto sogno.

"Ah, che sfortuna! Le mie carte devono essere di una partita difettosa, sono da buttare. Mi è anche passata la voglia di mangiare, perciò scusatemi ma devo proprio andare" disse Luke, cercando di sorridere ma riuscendo solo a tirare nervosamente i muscoli della faccia in una strana e breve smorfia, poi s'alzò dal tavolo e si diresse verso i bagni della mensa, tentando di camminare tranquillamente e di non correre, e ci riuscì solo attingendo a tutta la sua forza di volontà.

-Partita difettosa... sto proprio invecchiando. Porca miseria! Mancava solo che dicessi: guardate su, c'è un asino che vola! GIGANTESCO IDIOTA!-

Dietro di lui sentì Vaarik usare la sua stessa scusa e Rebecca ed il suo gruppo biascicare qualcosa sulla maleducazione e sul fatto che di certo avevano trovato delle carte rarissime, per fare i doppiogiochisti in quel modo.

Entrato nel bagno vide che c'era un solo cadetto lì, così ringraziò la sua buona stella, almeno quello sarebbe stato semplice.

"Via!" disse con voce gelida ed il fuoco negli occhi.

L'altro cadetto, un umano di bassa statura e di corporatura leggermente robusta, capelli neri e l'aria leggermente spaesata provò a dire qualcosa, ma Dalton indicò l'uscita con un dito e lo fulminò con lo sguardo e questi decise di uscire da lì il più velocemente possibile.

Appena solo e dopo aver controllato con minuziosità d'esserlo veramente, chiuse a chiave la porta e decise di tirar fuori le carte per controllarle attentamente, in fondo c'era la possibilità che si fosse sbagliato.

Facendo un respiro profondo tirò fuori dalla tasca la bustina incriminata, e con la mano che leggermente tremava estrasse le carte.

Luogo: Marte - se sei un pilota acquisti un punto vita e perdi un credito ed un punto mente; Seguace: Lam; Oggetto: medaglia per la battaglia della Linea - solo chi vi ha partecipato può averla, acquisti tre punti vita e perdi un punto mente; Nemico: Ombra - perdi tutto; Evento: matrimonio annullato - perdi un seguace ed un punto mente.

Luke rimase a fissare quei piccoli oggetti rettangolari per un tempo imprecisato. Per qualche assurda ragione le immagini su quelle carte rappresentavano od erano collegate ad eventi della sua vita, eventi che in quella dimensione nessuno sapeva, neppure i suoi migliori amici... eventi di cui non era particolarmente fiero.

"Isabelle..." disse con un filo di voce, rimirando ed accarezzando la carta del matrimonio, lentamente alzò la testa e si vide riflesso su uno specchio. Accorgendosi che qualcosa che credeva d'aver sepolto tanti anni prima era ritornato più forte che mai, come una ferita che pensava rimarginata, ma scopriva che era rimasta lì ad infettarsi lentamente, aspettando solo il momento giusto per scoppiare. Poi con tutta la forza che aveva strappò quei maledetti oggetti, o almeno tentò, infatti per quanto ci mettesse tutta la rabbia che aveva in corpo ogni suo sforzo sembrava inutile. Usò ogni cosa su cui poteva mettere le mani, tentò di calpestarle, di bruciarle, schiacciarle, perfino di morderle. Niente, sembravano indistruttibili. Dopo molti tentativi che portarono solo a sfinirlo ed a bagnare di sudore i suoi abiti, fece un respiro profondo e con assoluta calma rimise nella tasca le carte e si mise davanti allo specchio rimanendo lì immobile per alcuni minuti, ma ormai non vedeva il suo volto, solo una serie di immagini che aveva tentato di seppellire, di rimuovere e che una semplice figurina aveva riportato alla luce più forti che mai; poi all'improvviso ruppe il pezzo di vetro con un pugno violentissimo. Nonostante la sua mano destra fosse piena di schegge taglienti ed innumerevoli rivoli di sangue scendessero copiosamente, non avvertì nessun dolore... quello arriva sempre dopo, invece provava solo soddisfazione, una strana e perversa soddisfazione per quel violento sfogo, oltre alla certezza d'esser sveglio. Accorgendosi, alla fine, di quanto stava sporcando il bagno e di come cominciasse a pizzicare la mano, la mise sotto un getto d'acqua fredda e cominciò a tamponare con gli asciugamani. Quando il sangue sembrò rallentare la sua fuoriuscita, l'umano decise d'andarsene da quel luogo, una volta lindo e pulito, per fare un certo discorsetto con il simpatico Ferengi. Sfortunatamente quello era il giorno di chiusura del suo tugurio, si ricordò all'improvviso d'averlo sentito alla mensa poco fa. Bisognava aspettare lunedì mattina perché riaprisse, realizzò, maledicendo poi il gioco ed il suo creatore per l'ennesima volta.

-Oh, beh, bisogna essere pazienti... ed in fondo è meglio così, avrò più tempo per meditare su cosa fare a quel nano malefico- pensò Luke, perdendosi in truculenti pensieri di vendetta o come preferiva definirli lui... di rappresaglia.

Ora restava solo da pensare cosa fare nel frattempo, magari una bevuta l'avrebbe tirato più su, certo c'erano le lezioni, ma in quel momento non era dell'umore giusto e le rimostranze degli insegnanti come le note di demerito che avrebbe avuto gli sembravano poca cosa. Andare da Chun non era una buona idea, forse c'era Lam e per quanto gli avrebbe fatto piacere parlare con lei, era meglio che non lo vedesse in queste condizioni, si sarebbe potuta preoccupare e non voleva che questo accadesse, la piccola non lo meritava.

I suoi pensieri furono momentaneamente interrotti da un crescente pizzicore che proveniva dalla mano destra, Dalton l'alzò ad altezza degli occhi e vide che l'asciugamano era diventato completamente rosso, tanto il suo sangue l'aveva impregnato e che dietro di lui c'era una striscia di sangue che partiva dal bagno e si fermava proprio davanti a lui. La medicazione di fortuna non aveva sortito gli effetti desiderati, questo era evidente.

"Forse è meglio passare prima in infermeria" e con passo deciso e veloce si diresse verso l'infermeria.

Per fortuna questa era vuota, cosa abbastanza normale quando Sherman non era in Accademia. C'erano solo un paio d'infermieri intenti a giocare con quelle stramaledette carte, pensando di poter passare il turno in santa pace non si erano premuniti neanche di nascondersi dietro una tenda. Appena videro Luke, sbuffarono e borbottarono perché dovevano interrompere la partita a causa del solito impiastro, ma fecero un lavoro veloce e professionale e dopo qualche minuto la mano era tornata completamente sana.

"Come hai detto d'esserti fatto questo macello?" chiese uno dei paramedici, un boliano abbastanza robusto, mentre finiva di passare il rigeneratore dermico sulla ferita.

"Non l'ho detto" rispose laconico Luke, come per dire: 'non sono affari tuoi'.

"Ci serve per il rapporto." Il tono e lo sguardo si traducevano in: 'non sono in vena di spiritosaggini, dimmelo'.

"Sono scivolato in bagno" disse con un sorriso di circostanza e lo sguardo assente.

Il boliano probabilmente immaginava che non era la verità, ma ora aveva una spiegazione e avendo completato il lavoro poteva finalmente tornare alla partita, che tra parentesi stava vincendo, perciò s'accontentò di quella dichiarazione e tornò a quello che stava facendo prima.

Dalton dal canto suo si stava apprestando per uscire quando si ritrovò davanti un paio di cadetti. Erano Minsk il melmakiano e Krufus il Klingon, quest'ultimo continuava a starnutire senza sosta, ed erano starnuti talmente potenti da farlo sobbalzare, e con lui tutta la stanza.

"Ehi, cos'è successo?" domandò Luke, curioso.

"Allergia ai pollini" rispose il melmakiano, cercando di non ridere, sapeva che non sarebbe stato molto salutare farlo ma la tentazione era veramente forte.

In fondo anche Luke trovava quella situazione comica, il grande e grosso guerriero messo K.O. da del semplice polline. Riuscì a trattenere il grosso delle risate ma qualche sghignazzo passò, il destino volle che il gigante bruno fosse troppo occupato a starnutire per accorgersene.

-Andiamo via, prima di peggiorare la situazione- pensò l'umano reindirizzandosi verso l'uscita, mentre vedeva il Klingon inveire contro i fiori e i paramedici dirgli di calmarsi così da poterlo curare.

-Un intermezzo divertente, ci voleva, mi sento meglio.-

"Ehi, Luke, amicone mio" disse Minsk, avvicinandosi a lui a braccia aperte e sorridendo tanto da rischiare di slogarsi la mascella. "È molto che non ci fi vede, lafcia che ti offra qualcofa al bar, vuoi?"

Dalton non sapeva cosa dire, il tappo peloso non era certo famoso per la sua prodigalità, inoltre c'era qualcosa di strano nella sua voce... ed a dire la verità ora non si sentiva di stare con nessuno.

"Grazie per l'offerta, ma no grazie sarà per un'altra volta." E poi si voltò.

"Afpetta, dai..." Il melmakiano lo rincorse per il corridoio, sbracciandosi ed agitandosi. "Perché tutto quefto aftio? Dai, un bicchierino in memoria dei bei vecchi tempi d'Angofia."

"Quello è terreno minato, non ti ci addentare" disse Luke a denti stretti, ancora memore di quella terribile esercitazione, dal canto suo Minsk parve non ascoltarlo nemmeno e continuava nelle sue effusioni e sproloqui.

La cosa stava diventando irritante, il piccoletto gli stava abbracciando una gamba e gli stava dando pacche sulla coscia blaterando sui valori eterni dell'amicizia e dell'onore. Ormai il livello di sopportazione stava giungendo al limite, poi all'improvviso s'accorse di una pressione sul fianco destro e di qualcosa che stava tirando, volgendo in basso lo sguardo vide la mano del melmakiano tentare maldestramente di aprigli una tasca.

"Ehm... la mano la togli tu o te l'asporto io?" chiese in tono gelido Dalton, fissando il muro e stringendo forte i pugni

"Opss, ma guarda si è fatto tardi, credo che Krufuss abbia bisogno di me... ecco, lo sento. Arrivooo!!! Ciao, Luke, ci si vede" rispose in tutta fretta lui e con notevole imbarazzo, andandosene poi via più in fretta che poteva.

"Ma guarda tu, cosa diavolo credeva di trovare? Ci sono solo le... carte?" Uno strano pensiero s'insinuò nella sua mente. Poteva qualcuno ridursi a rubare per una moda? Era successo dalle sue parti, ma qui? In questo covo d'angeli? E poi, Minsk era un impiastro ma non un ladro, però l'aveva beccato con le mani nel sacco... nel vero senso della parola. La faccenda stava diventando sempre più strana, e con i suoi pensieri concentrati su quello strano accadimento si diresse verso il Kilowattore.

Arrivò al locale in breve tempo e come al solito lo trovò gremito quanto una scatola di sardine, l'unica nota insolita era che tutti erano intenti a giocare con quelle stramaledette carte, invece che bere e ballare come al solito.

"Ma sono ovunque, è una persecuzione" disse Dalton, mentre cercava un tavolo libero o almeno spazio al bancone. Guardandosi attorno s'accorse che la febbre del gioco non aveva preso solo i cadetti, anche un gran numero d'insegnanti ne era stato contagiato. Infatti vide De Leone e Ailoura impegnati in una partita all'ultimo sangue (almeno a vedere i loro sguardi e a sentire i loro battibecchi) inoltre erano incitati da Fraser e Vinsar a dare il loro peggio.

- Allora è vero, più si cresce più si torna bambini. Fortunatamente sono ancora troppo giovane per la senilità anche se precoce - pensò, guardandoli con disappunto e scuotendo la testa mestamente.

Dopo svariati minuti e l'uso di maniere non molto educate riuscì a guadagnarsi un angusto spazio ai margini del balcone, ora tutto quello che doveva fare era cercare d'attirare l'attenzione del barman edoano, cosa più semplice da dirsi che da farsi in quella calca. Per ingannare l'attesa e per un masochistico senso di curiosità, riprese in mano le carte e cominciò a guardarle. Dovette ammettere che erano ben fatte, le immagini erano assolutamente realistiche, fin troppo per i suoi gusti e l'unica cosa che stonava in loro era il tema, a parte il fattore strettamente personale c'era il problema di dove si erano procurati quelle informazioni.

- Microfoni? Potrei parlare nel sonno. Telepati? Ipnosi? Come diavolo hanno fatto. Ed ora che ci penso... se non mi sbaglio anche le carte di Renko erano incentrate su di lui...calma Luke, qui la paranoia regna sovrana. Il Ferengi sarà stato così spilorcio da aver usato cose reali che aveva sentito in giro come base per le carte o magari qualche cadetto si è fatto comprare. In aggiunta allo spezzargli braccia e gambe resta da scoprire come ha fatto con il sottoscritto e poi questa storia sarà conclusa.-

Fu in quel momento che una mano si poggiò dolcemente sulla sua spalla. Dalton si voltò di scatto per vedere chi era, e per sua grande sorpresa vide davanti a se Veda., un'andoriana iscritta all'Accademia e con cui era uscito un paio di volte.

"Ehi, come stai, viso pallido, credo ti serva compagnia, non è bello stare da solo ad un bancone di un bar... fa molto vecchio derelitto" disse la donna con un sorriso seducente.

"È più o meno come mi sento adesso, comunque grazie per l'interessamento" rispose freddamente Luke, cercando di chiudere il discorso. La cadetta d'altro canto non sembrò desistere e appoggiò, sempre con estrema delicatezza, l'altra mano su quella dove Luke teneva ben stretto l'oggetto della sua furia.

Scostando la mano in maniera brusca fece per alzarsi, Veda dal canto suo sembrò offesa quasi al punto di proclamare un duello mortale.

"Sai che per essere un umano sei ancor più stupido della media della tua razza? Una viene qui, ti vede triste e cerca di tirati su ed è così che è ringraziata" gli disse, fissandolo in malo modo.

Questo fece fermare l'umano, si stava comportando come un idiota, sfogare la sua rabbia con tutto il resto del mondo non era un modo salutare di risolvere la faccenda, gli altri non ne avevano alcuna colpa, solo quel Romansk avrebbe dovuto pagare, e molto caro.

"Scusa, è che ho diversi problemi oggi, credo troppi per essere di compagnia."

"Tranquillo, siediti, dobbiamo bere qualcosa così da scacciare i brutti pensieri" sorrise l'andoriana indicando il posto che poco prima era occupato da lui.

"E sia" rispose, ritornandovi ed urlando al barista per essere servito. "Credo d'aver bisogno di schiarirmi le idee".

Luke riuscì a passare i quindici minuti più sereni di quella giornata grazie alla ragazza, una semplice conversazione con un membro dell'altra metà del cielo, meglio se allietata da un leggero alcolico, riusciva sempre a distenderlo. Era quasi troppo bello per essere vero ed è per questo che avrebbe dovuto sentire il campanello d'allarme che risuonava nella sua testa, purtroppo era troppo rilassato per farlo.

"È un pezzo che non ci vediamo, pensavo ti fossi dimenticato di me" gli sussurrò ad un orecchio, continuando a sorridergli.

"Moi?" rispose lui fingendo contrizione. "Non eri tu che dicevi che noi umani eravamo troppo fragili?"

Veda si produsse in una risata cristallina. "Forse, ma magari facevo solo la preziosa e tu avresti dovuto corteggiarmi più strenuamente."

"Ma se sono il re dei corteggiatori! Se avessi percepito qualche spiraglio t'avrei ossessionato fino al tuo cedimento, t'avrei inondato d'attenzioni e regali, piccola." E con queste parole sfoggiò il migliore dei suoi sorrisi solari o 'acchiappafemmina', come li definiva lui.

"Tigrotto, sei ancora in tempo, basta che non sciupi un'altra occasione e potresti conquistare il premio."

"E cosa dovrei fare? Sai che ti porterei anche la Luna."

"Non serve andare così in là, ma mi hanno detto che hai delle carte, carte molto potenti e che non t'interessa giocare... così pensavo..."

Dalton si sentì come se un macigno l'avesse colpito in pieno, questa storia stava diventando sempre più assurda, si alzò dal tavolo in tutta fretta ma lei fu più veloce e afferrò una delle carte prima che riuscisse a rimetterle in tasca.

- IDIOTA! Ci caschi sempre come un idiota patentato.-

"Restituiscimela, ORA" la sua voce era tagliente come l'acciaio e la sua pazienza esaurita ormai da qualche tempo, e come fautore dell'assoluta parità dei diritti non aveva alcuna remora a pestare una donna, specialmente in quel momento.

Lei sembrava ignorarlo, tanto era presa dal maltolto. "Fantastico... quest'ombra è bellissima, devo averla!" annunciò come in estasi, mentre fissava ardentemente il piccolo rettangolo.

"Ultimo avvertimento: restituiscimela o non rispondo delle mie azioni." Dalton non riusciva a capire cosa diavolo ci trovavano in quei cosi, ma era sicuro di poter dimostrare che non valevano un intervento di chirurgia plastica istantaneo e privo d'anestesia, quella almeno era la sua intenzione fino a quando Cobledick non venne ad interromperlo.

"Ehiragazzicosasuccede?Agitati?Ehichecartehaipossovederle?" domandò subito il nuovo arrivato, senza perdere nemmeno tempo a respirare

"No" rispose Dalton con una voce che avrebbe fatto arretrare un Jem'hadar e con un gesto ben poco educato strappò di mano a Veda la carta che gli era stata rubata.

"Maleducato, non si tratta così una signora!" l'apostrofò offesa e con la chiara intenzione di lavarla nel sangue di lui.

"Dairagazzinonfatecosì,facciamociunapartitinacosìscacciamoicattivipensieri. Hoappunto unpacchettonuovodaaprire" disse Cobledick, tentando di fare il paciere e cominciando a scartare la bustina. "Magaridopopossiamofaredegliscambi?"

Luke stava per esplodere e fare un professoricidio e, trattandosi dell'El-auriano, non era del tutto certo che fosse illegale.

Mentre questo estraeva le carte dal loro contenitore, sotto il vigile sguardo dell'andoriana, l'umano ormai si sentiva al limite, decise di finire il suo drink e poi sarebbe andato via prima di commettere una pazzia.

Proprio nel momento in cui prendeva il suo bicchiere vide riflesso sul bancone qualcosa di molto interessante e decisamente inaspettato, cioè il davanti delle carte che venivano estratte. Cosa c'era d'interessante? Solo il fatto che erano bianche.

In un primo momento Dalton sorrise e perfidamente gioì pensando alla faccia dei rompiscatole quando avrebbero visto infrante le loro speranze, poi successe qualcosa che non avrebbe mai potuto prevedere: delle immagini cominciarono ad apparire sullo spazio che poco prima era bianco.

"FantasticohotravatoledueHarleyDavidsonecomeeventolottaalballodiprimavera" urlò Cobledick, felice come un bambino.

"Dai, controlla anche le altre" l'incitò la cadetta azzurra.

Il terzo membro di quel trio invece aveva avuto una reazione leggermente diversa.

- Ma cosa...? Non c'era nulla...non c'era neanche prima... aiuutooo divento matto!-

Come in stato di sonnambulismo s'avviò verso l'uscita fissando la carta che aveva recuperato e pensava a quelle del professore che erano misteriosamente cambiate. Ignorò gli insulti dell'andoriana e le sue offerte per il contenuto della bustina che aveva preso a pranzo. Uscendo s'accorse a malapena che l'aria ormai era diventa fredda e che dal cielo ormai terso ogni tanto cadevano pesanti gocce d'acqua, tanto era immerso nei suoi foschi pensieri.

- Allora, abbiamo queste cose, all'apparenza un semplice gioco ma gli altri cadetti, e da quanto ho visto pure i professori, farebbero di tutto per avere questi cosi...ed intendo tutto. Inoltre si adattano a chi le possiede, come se attingessero alla sua memoria. Certo ci sarà una tecnologia in grado di farlo, ma non penso che impiegarla in prodotti come questo riesca a mantenerli economicamente vantaggiosi...Ok, allarme paranoia al massimo livello.-

Rimuginando questi pensieri ritornò al suo alloggio usando strade secondarie, controllando sempre di non essere seguito ed evitando posti frequentati da altri cadetti o dal personale dell'Accademia. D'ora in poi il suo motto sarebbe stato: 'Non fidarti di nessuno'.

Proprio mentre era a pochi passi dall'entrata del dormitorio gli venne in mente che quello non era di certo un luogo sicuro, aveva già visto che la gente faceva follie per le carte e l'appartamento non era certo a prova di ladro, anzi, tutto il contrario perciò serviva un altro posto per passare la notte, un posto dove non l'avrebbero mai cercato, dove nessuno avrebbe mai pensato lui andasse.

- Tempi disperati, misure disperate.-

Gli ci volle un'oretta per arrivare a destinazione, ripetendo tutta la routine intrapresa nel viaggio precedente, cosa resa ancor più irritante dalla fitta pioggia. Servirono inoltre altri venti minuti prima che si decidesse a suonare, senza contare il paio di suole consumate a causa del continuo andare avanti ed indietro in seguito a continui ripensamenti.

Quando la porta si aprì apparve una giovane ragazza dai lunghi e spettinati capelli verdi, due piccole protuberanze ossee le adornavano il capo ed indosso aveva solo una camicia, molto familiare all'ex-pilota e che per lei era molto grande.

"Yaawwnnn... cosa vuoi, tesoruccio?" domandò lei con gli occhi socchiusi e cercando il più possibile di trattenere una serie di sbadigli.

La vista di lui, bagnato fradicio, i vestiti sporchi e quell'aria mista di rabbia e disperazione ebbe sulla ragazza l'effetto di mille caffè ed immediatamente l'afferrò per la casacca e lo portò dentro l'appartamento.

"Cosa diavolo è successo?" domandò preoccupata.

"Storia complicata, mi serve solo un posto per la notte il mio alloggio è... impraticabile, almeno per oggi."

"Litigato di nuovo con Vaarik e ti ha chiuso fuori, vero?" domandò Lam, dirigendosi verso il bagno e uscendone subito con in mano un accappatoio ed una serie di asciugamani che lanciò al cadetto.

"Per quanto sembri strano 'no', poi ti... verde?" disse Luke, osservando l'accappatoio con aria leggermente disgustata.

"I mendicanti non posso scegliere, almeno così dicono da queste parti" l'apostrofò lei mentre dava alcuni ordini al replicatore.

"Io posso... e scelgo questo" rispose lui tenendo stretto quell'accappatoio e dirigendosi verso il bagno.

"Dove vai?" chiese Lam, mentre ritornava con in mano una tazza piena di un liquido ambrato e fumante.

"In bagno a cambiarmi, perché?"

"Puoi farlo tranquillamente qui, in fondo non c'è nulla che io non abbia mai visto" gli disse con un sorriso birichino.

Lui arrossì immediatamente e rimase per qualche secondo a bocca aperta non sapendo cosa dire.

Gli sembrava strano tutto quel pudore davanti a lei, in fondo aveva detto e fatto cose ben peggiori, ma quando era in sua compagnia tendeva ad essere molto pudico. Il motivo di quel comportamento lo sapeva, solo che non lo voleva ammettere almeno per adesso.

In silenzio, e cercando di non arrossire ancor di più, bevve il liquido caldo (che si rivelò brodo di pollo) e si diresse verso il bagno. Quando ne uscì era un altro uomo, niente come una doccia calda riesce a resuscitare qualcuno o almeno farlo sembrare umano.

"Grazie, Lam, mi ci voleva proprio." Il sorriso che aveva stampato in faccia sparì subito, appena vide la sua presunta fidanzata raccogliere da terra le carte del gioco che cadendo dalla tasca aperta della sua divisa si erano sparse per il pavimento.

- La mia idiozia non ha confini- pensò mentre raggiungeva la ragazza più veloce che poteva.

Questa, tenendo in mano le carte, lo guardò severamente. "Non dirmi che sei ossessionato da questo gioco idiota!?" disse, agitandogli i pezzi incriminati davanti alla faccia.

"Perché, tu no? Pensavo che tutti qui..." dire che fosse stupito era ben poca cosa, la stava guardando come se fosse la cosa più strana del multiverso.

"...fossero affascinati da dei piccoli pezzi bianchi" rispose lei con disgusto, gettando bruscamente le figurine sul tavolo. "Mi sento mortalmente offesa" concluse imbronciata.

Luke cadde pesantemente su una sedia, talmente forte che quasi la ruppe e, continuando a fissare lei, disse: "Hai... hai detto pezzi bianchi? Così tu non vedi..."

"Fatti legati alla mia vita, che poi uso per giocare come un bambino deficiente? Certo che no! Ho pure provato a spiegarlo agli altri, ma sembra che non gli importi nulla... bah, contenti loro... Per me è il massimo del feticismo e del voyeurismo" concluse lei, quasi sul punto di rimettere.

Fu in quel momento che Dalton si mise a ridere fragorosamente, non sapeva bene neanche lui il perché ma trovava la quella situazione molto comica.

Lam dal canto suo cominciò a preoccuparsi ancor di più. "Tutto a posto, tesoruccio? Sicuro di stare bene?"

"Oh, certo, sto benissimo, è solo che sei la prima che non è ossessionata da questa moda... ed è fantastico!" E con quelle parole l'abbracciò.

La ragazza sorrise rincuorata, lasciandosi cullare da lui. "E tu cosa hai visto?" domandò infine, mordendosi la lingua subito dopo e maledicendo la sua curiosità.

"Cose non molte belle, cose che cercavo di dimenticare, piccola." tagliò corto, ma usando un tono calmo e rilassato.

Sapeva che con lei bastava questo, era a conoscenza del suo passato, di quello che aveva fatto e non c'era molto da nascondere, anzi, con ogni probabilità sarebbe stata l'unica a poter capire quello che aveva provato vedendo quelle immagini.

Lei annuì silenziosamente e l'abbracciò più forte, accarezzandogli dolcemente la testa.
 

Appartamento di Lam - l'indomani mattina:

Un ronzio fastidioso penetrò nel suo cervello attraverso i timpani, provocandogli lo stesso effetto di una decina di sottilissimi aghi piantati direttamente sui palmi delle mani... cioè si alzò di soprassalto imprecando e tirando maledizioni in preda ad uno stato semiconfusionale. Gli ci vollero alcuni istanti per ricordare chi era, cosa voleva ma soprattutto cosa diavolo ci faceva lì e cosa doveva fare; appena ebbe ripreso abbastanza coscienza di se e dell'universo che lo circondava posò gli occhi su chi divideva quel letto con lui.

Lam era ancora semiaddormentata e stava producendo dei mugolii intelligibili mentre, con molta fatica, cercava di aprire gli occhi .

Luke rimase a fissarla per un po', mentre un piccolo sorriso si formava sul suo viso, poi si ricordò cosa avrebbe dovuto fare oggi ed il suo umore prese una piega per il peggio. Con molta cautela, così da non svegliare lei, scese dal letto, diede un bacio sulla fronte di Lam e le rimboccò le lenzuola, poi si diresse con andatura ondulante verso il replicatore dove pronunciò la prima e forse più importante frase della giornata.

"Caffè doppio e senza zucchero, ben caldo."

Ci volle un microsecondo perché un gioco di luci si trasformasse in una tazza di liquido nero fumante.

Dalton non aspettò neanche che si raffreddasse, prese subito la tazza e ne bevve il contenuto.

Il primo effetto fu quello di portare una nuova consapevolezza in lui, d'aumentare i suoi sensi, di renderlo finalmente vivo, poi ci fu il problema secondario delle ustioni del palato... ma quelle non erano importanti.

Vestendosi e lavandosi a tempo di record uscì dall'appartamento per dirigersi al negozio del Ferengi; in strada c'erano ben poche persone e perfino il sole s'affacciava timidamente in cielo, purtroppo aveva dovuto alzarsi a quell'ora antidiluviana per essere sicuro di poter entrare per primo e parlare con il nano.

Appena arrivato davanti al negozio dell'incriminato, da questi pomposamente chiamato 'L'ultimo avamposto delle grandi tradizioni Ferengi', l'umano dovette affrontare una ben spiacevole sorpresa... un enorme fila si stava già accalcando davanti all'entrata. Una moltitudine di cadetti sembrava aver avuto la sua stessa idea, cosa che lo fece sbraitare oltre l'inverosimile in quanto si era alzato all'alba per niente e che avrebbe dovuto affrontare quell'interminabile coda con tutti quegli ossessi.

"E andiamo" disse, con un sospiro di rassegnazione e andando verso il cosiddetto 'ultimo avamposto' come un condannato a morte va verso il patibolo.

Così l'umano si mise in fila insieme agli altri, sperando di poter terminare in fretta quella faccenda, anche se sapeva che quella che aveva in cuore era solo una pia illusione.

Infatti i minuti divennero ore, le ore si moltiplicarono sempre di più, fino a quando il sole non terminò il suo percorso nel cielo ed i suoi raggi cominciarono debolmente a ritirarsi per fare spazio all'oscurità.

Per l'ex-pilota le cose non stavano andando bene, dopo quell'interminabile fila passata in stretta compagnia di ragazzi sudati fino all'inverosimile a causa dell'afa, della calca, della mancanza di liquidi, di cibo e del restare in piedi per così tanto tempo, ormai stava avendo dei ripensamenti, intervallati da allucinazioni di vario tipo.

Fortunatamente la sera portò due cose molto positive: la prima era un'aria fresca che rese più sopportabile l'attesa e la seconda fu l'annuncio da parte del nano che le carte erano finite. Questo fece dissipare la folla molto velocemente, previo una serie di proteste molto sentite da parte dei clienti rimasti all'asciutto.

In breve l'ingresso rimase vuoto, se si escludono tre persone in uniforme dell'Accademia della flotta stellare, tre cadetti che si conoscevano abbastanza bene e che rimasero in silenzio a fissarsi perplessi per qualche istante.

"Renko, beccamorto, cosa ci fate qui?" urlò Luke, proprio mentre Renko faceva la stessa domanda.

Il vulcaniano guardò in silenzio i suoi due amici, poi decise che era tempo di parlare. "Suppongo che siamo qui per lo stesso motivo" disse nel suo solito tono monocorde.

Infatti tutti e tre i cadetti volevano parlare all'improvvisato editore delle sue carte e delle loro peculiarità, che sembravano evidenti solo a loro.

Con un'intesa degli occhi il trio entrò nel negozio che finalmente era deserto. Sui vari scaffali si poteva trovare di tutto, vecchi phaser bajoriani, uniformi che molto improbabilmente erano appartenute a Picard o Kirk, perfino una riproduzione della regina Borg e di un altro tizio alto, con costume, mantello e maschera tutto rigorosamente nero... e che a Luke sembrava terribilmente familiare. Queste elucubrazioni furono interrotte dall'apparire dal nulla di un umanoide, grassoccio, d'altezza media e un pizzetto nero.

"Prego, dite la natura della vostra emergenza shoppifera" annunciò con un sorriso. "Sono il commesso olografico d'emergenza, al vostro servizio."

- Pure i commessi olografici, questo è proprio un taccagno!-

"Dovremmo parlare delle carte" chiese Luke con forzata cortesia, molto forzata.

Il costrutto olografico fece una faccia molto dispiaciuta. "Mi duole d'informarvi che attualmente ne siamo sprovvisti, se vuole tornare fra qualche giorno ne avremo molte altre. Ci scusi per l'inconveniente e ritorni presto."

La pazienza dell'umano, o meglio il poco che ne era rimasto, finì in quel momento ed in tono molto duro domandò di vedere il proprietario.

"Il signor Romansk adesso è occupato, non può vedervi" rispose imperturbabile il COE.

- Io lo smonto e lo trasformo in un tostapane!-

La discussione andò avanti neanche un minuto, quando il ferengi si presentò a loro con in mano un enorme pacco.

Dalton lasciò subito perdere l'ammasso di fotoni, che si dissolse nell'aria, e si diresse verso il titolare. "Allora, ferengi, ci vuoi spiegare questa faccenda?" Lo prese di petto, agitando davanti al suo naso le figurine che ritraevano la sua vita privata e fissandolo con uno sguardo omicida.

"Ah, le carte, mi dispiace ma le abbiamo finite anche le scorte. Arrabbiarsi non serve a nulla" disse come se niente fosse e sfoggiando un sorriso che avrebbe fatto invidia ad un venditore d'auto usate.

"Non sono qui per comprarle, voglio che mi dici come farle sparire." E per dare più enfasi alla sua richiesta, prese rudemente l'essere per il bavero della giacca e l'attirò a se in modo poco gentile.

Il commerciante balbettò qualcosa su come era possibile che a loro non piacessero, sembrava completamente stupito per quel fatto.

Fu il turno di Renko di prendere in mano il discorso, di certo tra il gruppo era quello più incline alla diplomazia in quel momento. In tono calmo spiegò al nano come su di loro non facesse effetto quella specie d'incantesimo al contrario di tutto il resto della popolazione locale.

Romansk fissò i cadetti in silenzio, apparentemente incapace di scegliere una via d'azione. Fu l'incalzare del vulcaniano, oltre all'espressione foriera di silenziose e tremende minacce, a far sciogliere la sua lingua.

"Si tratta solo di un esperimento di una razza aliena" disse lui con molta nonchalance, trasformandosi in un attimo da accusato a semplice uomo d'affari.

- Meglio non giocare a poker con sto tizio...- pensò Dalton mentre assimilava la notizia.

Il tizio in questione spiegò che era venuto in contatto con esseri di un'altra realtà e che questi erano una specie di antropologi e volevano studiarci; così il ferengi inventò quel gioco con le carte mentre i suoi clienti gli fornirono la tecnologia in grado di leggere i percorsi neurali del primo che le toccava, così da estrarne alcune informazioni che venivano impresse sulla medesima. Come piccolo tocco di genio c'era un sistema di rilascio di alcune sostanze chimiche, simili a ferormoni, che esercitavano una certa influenza sulla mente dei soggetti. Al tipo sembrava un piano geniale, lui avrebbe avuto i soldi e gli alieni le informazioni che agognavano.

In fondo non aveva fatto nulla di male, osò aggiungere, ma Vaarik gli ricordò le numerose leggi sulla privacy che si era scordato di seguire e che per questo sarebbe stato perseguito.

"Pensavo d'aver calcolato tutto. Avevo atteso che i cadetti non biologici, perciò immuni ai ferormoni, fossero via. Avrebbe funzionato ogni cosa, se non fosse stato per voi, maledetti impiccioni!"

- In fondo l'incidente è stato una buona cosa, se non era per questi filtri nasali saremmo stati anche noi facile preda di questo assurdo esperimento- pensava l'umano sogghignando.

Il frullato genetico stava spiegando al tappo perché le sostanze non avevano avuto effetto, ma Dalton tagliò corto. "Non m'interessano i tuoi affari, tutto quello che voglio è che le carte che mi riguardano spariscano. Non m'importa se sono indistruttibili o se devi pagare una penale... trova il modo!" Nel pronunciare quelle parole il tono di voce dell'umano era diventato molto aggressivo, anzi, meglio dire: 'minaccioso'.

"Ho la stessa richiesta" disse Vaarik.

"Io ero solo curioso" concluse il deltagammano, aggiustandosi gli occhiali.

Dopo qualche attimo di silenzio, il Ferengi spiegò che entro l'indomani l'esperimento si sarebbe concluso, perciò le carte si sarebbero... resettate, le immagini personalizzate sarebbero sparite e sostituite da altre di tipo generico; le informazioni sarebbero state raccolte e poco a poco l'interesse per questo gioco sarebbe sparito, come ogni altra moda e senza che nessuno sospettasse d'aver preso parte ad uno studio sociologico.

I tre si guardarono negli occhi e, con un cenno d'assenso del capo, decisero di aspettare l'indomani per intraprendere azioni di rappresaglia, così da verificare la storia di Romansk.

Alloggio di Luke e Vaarik
qualche ora più tardi

Dalton, appena ritornato nell'alloggio, si era fiondato nella doccia, occupandola per più di mezz'ora. Per lui niente toglieva la fatica e scioglieva lo stress come una buona doccia, anche se sonica, a dir la verità pensava che qualcos'altro fosse migliore per quello scopo ma il vulcaniano non era il suo tipo. Uscendo dal bagno si diresse verso il replicatore, dove finalmente avrebbe messo qualcosa dentro lo stomaco.

"Un bel panino cinque strati è il minimo dopo una giornata di questo tipo... pure gli scienziati extradimensionali vengono a scocciarci, come se di rompiscatole non ne avessimo già abbastanza tra i nativi" borbottò mentre dava i comandi alla macchina e proprio quando stava per accasciarsi sul divano vide appoggiate sul tavolo delle carte.

Le sue non erano di certo in quanto chiuse a chiave nel suo comodino sotto una pila di altri oggetti. Andando per esclusione pensò che appartenessero al suo compagno di stanza. Sapeva che non era giusto sbirciare e di quanto il beccamorto ci tenesse alla sua privacy, ma la curiosità era troppo forte, inoltre c'era ancora dell'astio per come il vulcaniano si era comportato dopo che l'avevano scagionato dall'accusa d'omicidio. Così prese con cura le carte e cominciò a guardarle.

All'inizio non ci fu nulla d'interessante: il processo, Geoff Quile... poi le cose cominciarono a cambiare. Luke vide il volto di una donna vulcaniana, il nome stampato sulla carta era T'eia ed era indicata come la moglie di Vaarik.

- Qualcuno si è accollato il corvaccio? Questo va oltre ogni mia comprensione.-

Andando avanti divenne tutto più complicato, c'erano luoghi di sofferenza e di tortura. Qualche collegamento riguardo cosa rappresentassero stava avvenendo dentro il cervello dell'umano, quando le sue elucubrazioni vennero interrotte dall'arrivo del diretto interessato.

"Uh... ciao, Vaarik" disse lui rimettendo subito giù le carte.

Il vulcaniano non disse niente, s'avvicinò solo al tavolo e le prese, dirigendosi verso l'uscita sempre senza dire una parola.

"Devi stare attento, beccamorto, se vuoi rimanere l'uomo del mistero non devi dimenticare degli indizi sparsi per la stanza" l'apostrofò Luke.

"Io non dimentico mai nulla." E con quelle parole andò via mentre dietro di lui la porta si chiudeva.

"Ah" fu l'unica cosa che l'umano disse, rimanendo ad osservare, con la bocca aperta, la porta chiusa per qualche attimo.

Accademia della Flotta Stellare (S. Francisco - Terra)
qualche tempo dopo

La moda delle carte ormai era terminata, finita nel dimenticatoio come migliaia di altre prima, cosa che per un certo terzetto di cadetti era avvenuto sempre troppo tardi.

Tornando a questo famigerato trio; i cadetti che lo formavano stavano passeggiando lungo i viali dell'Accademia con i libri in mano, purtroppo orami era quel periodo dell'anno scolastico che si doveva dedicare agli esami, cosa che non rendeva felici molti studenti.

"Che spreco, una così bella e soleggiata giornata e noi andiamo a tapparci in biblioteca a studiare... come siamo ridotti" si lamentò Dalton, dando sfogo a tutta la sua vena tragica.

I suoi due amici non si degnarono neanche di rispondere, tanto erano abituati ai suoi lamenti ed inoltre erano troppo concentrati sui libri.

Anche la loro concentrazione però venne meno quando sentirono un terribile urlo squarciare l'aria. Voltandosi all'unisono, videro, o meglio sentirono, che lo straziante suono proveniva da un folto gruppo di cadetti che stava seduto sotto un albero.

Come molte altre volte la curiosità ebbe il sopravvento sul loro buon senso ed andarono a vedere cosa diavolo stesse succedendo.

Tra i cadetti che stavano alla fresca ombra dell'albero c'erano anche Perfect, Rebecca, Ilaj e l'immancabile Minsk. Erano tutti attorno a Sh'muss che in quel momento stava leggendo ad alta voce qualcosa riguardante tiri salvezza e caratteristiche.

"Ehm... scusa, Rebecca, mi vuoi dire cosa sta succedendo qui, abbiamo sentito urlare e..." disse Luke, che ancora non riusciva a capire cosa combinassero.

Rebecca cominciò a ridere e puntò il dito in direzione di Perfect. "Tranquillo, niente d'eccezionale, semplicemente il signor perfezione si è beccato un personaggio con bellezza 1... e non ha retto al trauma" gli spiegò lei tra una risata e l'altra.

"Capisco" rispose mentendo spudoratamente.

Fu Renko che fece luce sulla situazione, con una sola, semplice, domanda: "Cos'è questo?"

"Ma il gioco di ruolo del Q-continuum!" rispose la ragazza entusiasta. "È fantastico, hai svariati scenari, possibilità di creare il tuo universo parallelo ed una profonda personalizzazione del tuo personaggio. Naturalmente se non vuoi perdere giorni a delinearlo nei minimi dettagli puoi sempre scegliere un archetipo già pronto. Infatti io ho preso il pilota di caccia transfuga dimensionale, mentre Ilaj ha deciso per l'ex schiavo vulcaniano proveniente da un universo parallelo... e pensate, Minsk vuole fare il membro di una razza di ibridi genetici! Volete giocare anche voi? È molto semplice come gioco ma vi assicuro che è divertentissimo" domandò con estrema gentilezza.

"No, grazie, dobbiamo studiare" risposero subito e nello stesso momento, allontanandosi da quel gruppo il più velocemente possibile e giurando di dimenticare quello che avevano appena visto.

FINE CAPITOLO