ATTENTI A QUEI DUE CADETTI

 

Tutto cominciò con una piccolezza, un niente, ma non è così che comincia sempre tutto? Con un niente?

"Così tu hai fffissato dritto negli occhi questo enorme energumeno, che t'aveva sollevato per il collo chiedendoti se avevi pagato il tuo debito, e gli hai detto che l'assegno sarebbe arrivato per posta?" domandò incredulo un essere enorme e giallastro, con indosso l'uniforme dell'Accademia della Flotta Stellare.

"Certo, il tutto sfoggiando il mio famoso sorriso alla Dalton" rispose il suo interlocutore, un umano vicino alla quarantina anche lui con l'uniforme da cadetto, facendo un piccolo inchino, per poi finire di sorseggiare la sua birra.

L'altro, un mcgayveriano di nome Sh'muss, scosse la testa poco convinto di quella versione.

"E com'è fffinita, Luke?" domandò incalzante, intrigato da quella storia, anche se era palesemente falsa. Se c'era una cosa che quell'umano sapeva fare era raccontare un'avventura, specialmente dopo qualche bicchiere.

Dalton sorrise, fissando il compagno di studi. "Mi dispiace, ma è già tardi ed un paio di signore mi stanno aspettando, inoltre se racconto tutto adesso perderò l'interesse del mio affezionato pubblico" concluse alzandosi dalla sedia e raccogliendo un paio di pacchetti, per poi imboccare l'uscita del 'Kilowattore' fischiettando una strana nenia country, il tutto tra le lamentele dei suoi ascoltatori.

Una volta all'aperto gli ci volle qualche attimo per riabituarsi all'aria pura ed alla luce naturale, sebbene fosse quasi il tramonto e la temperatura cominciasse ad essere pungente. Passato il primo momento d'adattamento si diresse verso il suo alloggio, rimirando per tutto il tragitto i due pacchetti che aveva nelle mani.

"Credo proprio che questo gingillo, farà felice la piccola" disse con una punta d'orgoglio. "Ho scelto solo il meglio per la mia bambina. Queste nuove bacchette faranno fare le scintille a Sara Jane" proclamò, pregustando già le ore che avrebbe passato a suonare la sua batteria, cosa che aveva anche un inaspettato vantaggio: faceva impazzire il suo compagno di stanza.

Luke non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero di Vaarik che ancora una volta avrebbe dovuto sopportare la sua musica.

Poi, quasi impercettibilmente, la sua attenzione si rivolse all'altro pacchetto, uno più piccolo, cubiforme, avvolto con una carta argentata e con un piccolo fiocco dorato.

All'interno di questo involucro ci stava... no, non sapeva nemmeno lui cosa ci stava.

Pazzia? Follia? Speranza...? Non lo aveva ancora capito, sapeva solo che quando aveva visto l'anello in quella gioielleria, l'impulso di comprarlo era stato più forte di lui. C'era voluta tutta la sua riserva d'emergenza (composta dai pochi crediti rimasti dalla vendita della navetta imprimiana, oltre a quelli ottenuti con delle 'amichevoli' partite a poker), ora era a tutti gli effetti al verde ed ancora non sapeva cosa se ne sarebbe fatto, o perché l'aveva effettivamente comprato.

Beh, per la seconda domanda la risposta probabilmente implicava il fatto che il gioiello appena comprato aveva una prodigiosa rassomiglianza con un anello appartenente a sua madre, e che veniva dato al primogenito od alla primogenita perché lo desse alla persona con cui avrebbe passato il resto della sua vita.

Quel pensiero bastava a mettergli dei brividi lungo la schiena, perché sapeva benissimo per chi l'aveva comprato e non sapeva ancora decidersi se glielo avrebbe dato o no?

"Luke, Luke, dovrai pure deciderti uno di questi giorni. Non puoi farla aspettare per sempre, non puoi giocherellare con i suoi sentimenti" disse a se stesso, non accorgendosi di parlare ad alta voce. "O gli dai l'anello o gli dici che tra noi non ci può essere niente. Certo dopo che ti ha inseguito attraverso un paio d'universi, gli spezzeresti di certo il cuore... e...e non... cosa diavolo devo fare??" urlò con tutto il fiato che aveva in gola, attirandosi addosso l'attenzione di tutti i passanti.

Dalton si ricompose e cominciò a fischiettare, allontanandosi come se nulla fosse.

- Ecco, adesso sarò anche additato come pazzo, oltre che come un immaturo perennemente indeciso, che ancora non riesce a fare una semplice proposta ad una donna dolcissima che per qualche assurda ragione pensa che il sole tramonti e sorga con lui - pensò con una punta d'amarezza nel cuore, mentre entrava nella palazzina dov'era situato il suo alloggio

Tanto era immerso nei suoi pensieri, che non s'accorse che la porta della sua unità abitativa non si era aperta finché non fu troppo tardi e ci sbatté violentemente la testa.

Gli sfuggirono alcuni epiteti poco consoni ad un ufficiale od ad un gentiluomo, ma allo stesso tempo molto pittoreschi e figurativi.

Ripetutamente premette il pulsante d'apertura della porta, allo stesso tempo urlava al suo compagno di stanza d'aprire, che tanto sapeva che era lì dentro.

"Ehm... cadetto Dalton, mi compiaccio della sua conoscenza degli epiteti più 'pittoreschi' delle varie culture federali, ma credo che il suo sforzo sia inutile... lei non può entrare nel suo alloggio, come il cadetto Vaarik non ne può uscire" annunciò una voce femminile alle sue spalle.

Luke si voltò di scatto e vide il capitano Maxwell ergersi davanti a lui, diversamente dalle altre volte ora il suo sguardo era stanco e... dispiaciuto allo stesso tempo, nella mano destra aveva un Padd che consegnò subito al cadetto, interrompendo sul nascere una domanda che le voleva fare.

Leggendolo con attenzione, Dalton non poté fare a meno che strabuzzare gli occhi dalla sorpresa.

"Devo trasferirmi di nuovo? Non c'è nemmeno il motivo. Potrei avere una spiegazione?" domandò, cercando di trattenere la rabbia che stava montando in lui, ma il tono della voce s'era alzato leggermente, in modo quasi automatico.

La donna rimase in silenzio, fissandolo dritto negli occhi. "No" disse lei alla fine. "Ed ora, Dalton, le consiglio di prendere la sua roba, che è già stata accuratamente portata fuori dall'alloggio e depositata lì." Ed indicò il mucchio di roba ammucchiata in un angolo del corridoio.

Subito l'ex-pilota s'avvicinò al mucchio, per constatare lo stato dei suoi averi.

"Stia tranquillo, Dalton, siamo stati attenti a non rompere nulla" lo rassicurò lei.

"Controllerò, stia tranquilla. Comunque vorrei proprio sapere come ha fatto il beccamorto... scusi, Vaarik a convincervi a buttarmi fuori" domandò con una punta d'acredine e dando un occhiata torva alla porta di quello che era il suo alloggio.

"Le posso dire che non c'entrano nulla i desideri del cadetto in questione. Presto capirà... ed ora se mi vuole scusare..." E con quelle parole fece per andarsene.

Fu in quel momento che qualcosa scattò, forse fu il tono di voce, il linguaggio del corpo o quella strana aria di delusione che la Maxwell aveva, non ne era sicuro, ma una vocina nel suo cervello gli stava dicendo che c'era sotto qualcosa, qualcosa di grosso e brutto.

Per questo decise di smettere di giocare e fare sul serio, sperando di non essere cacciato a malo modo dall'accademia.

"Signora, con tutto il rispetto devo farle ancora delle domande" esordì lui con voce ferma e decisa.

La donna si fermò, e voltandosi vide il cadetto fermo nell'antica posizione militare del riposo.

"Con tutto il rispetto signora, le richiedo di notificarmi tutte le informazione che le è possibile darmi su questa situazione. Il cadetto Vaarik è... un mio... amico, signora, se è nei guai è mio dovere aiutarlo, glielo chiedo da ufficiale a ufficiale" domandò lui, non muovendosi di un millimetro e fissando dritto negli occhi la donna e meravigliandosi d'aver detto che il corvaccio era suo amico, stava proprio invecchiando.

Questa fece un lungo sospiro, poi s'appoggiò con la schiena alla parete del corridoio.

"È naturale che su quello che le dirò, verrà mantenuta la massima discrezione, signor Dalton."

Il cadetto annuì.

"Il suo amico è nei guai, quelli con la G maiuscola, caro il mio Dalton" annunciò la donna, con aria grave. "È accusato d'omicidio."

Luke rimase per un attimo interdetto, non credeva alle sue orecchie.

"E... e chi sarebbe la vittima?" riuscì a domandare, a fatica, non tentando nemmeno di nascondere la sua totale incredulità e la sua sorpresa per quella notizia.

"L'axdat con cui aveva litigato alcuni giorni fa. Lo ha raggiunto su Marte e l'ha ucciso. Il rettore ha deciso di mantenere tutta la faccenda sotto il massimo riserbo e non daremo il nome del cadetto coinvolto... per quanto potremmo. Spero che questo la soddisfi, cadetto." E con quelle parole, dette più come un affermazione che come una domanda, voltò le spalle e s'allontanò.

"Non tanto, ma cercherò d'adattarmi" rispose Luke con fil di voce ed ancora esterrefatto, mentre osservava il capitano Maxwell allontanarsi all'orizzonte.

Rimase per qualche minuto immobile, in totale silenzio, fissando alternativamente la sua roba ammucchiata e la porta oltre la quale era custodito il suo compagno di disavventure, ed in mente aveva un solo pensiero... - Ed adesso, dove vado?-


 

La risposta a quella domanda venne da se, chi tra i suoi più cari amici aveva un posto letto libero, che sicuramente avrebbe concesso con solerte generosità, ad un camerata in difficoltà? Così, prendendo tutto quello che riusciva a trasportare, si diresse verso l'alloggio di Renko, sicuro che sarebbe stato accolto a braccia aperte.

L'accoglienza non fu proprio quella che Luke s'aspettava, il frullato genetico era rimasto abbastanza sorpreso di quel cambiamento repentino di domicilio, quasi quanto Luke era stato stupefatto di trovare una porta... o meglio un buco che collegava l'alloggio di Renko con quello vicino; comunque la sorpresa per il nuovo compagno di stanza non fu nulla paragonata a quella riguardante la motivazione di quella situazione. Il resto della serata fu passata davanti a due bicchieri di gotto esplosivo pangalattico, questa volta senza spore, a parlare di quello che era accaduto.

Nonostante tutti i tentativi di mantenere la cosa sotto silenzio, qualcosa era uscito fuori, fortunatamente il nome del cadetto coinvolto non era tra le cose trapelate... ma il poco che si era riuscito a sapere era abbastanza da diventare l'argomento del giorno per tutta l'Accademia, in fondo un omicidio volontario sulla Terra del XIV secolo era un evento che capitava una volta ogni dieci anni, perciò quando succedeva la gente tendeva ad esserne morbosamente attratta.

In ogni angolo di quel luogo di studio, gruppetti di cadetti si riunivano spontaneamente e si dilettavano a fare, a voce bassa e con modi cospiratori, le più svariate ipotesi su chi e soprattutto sul perché aveva fatto quel folle gesto, ovviamente le teorie più gettonate implicavano sesso e passione, e ogni buon cliché del dramma poliziesco veniva sfoggiato come se fosse il pensiero più originale mai avuto prima con una convinzione degna di Sherlock Holmes. Probabilmente fu una coincidenza ma in quello stesso periodo la biblioteca scolastica fu subissata da richiesta di libri gialli, tanto che fu obbligata a chiudere quel reparto a causa della difficile gestione della situazione e per l'esaurimento della bibliotecaria e di tre dei suoi assistenti.

In tutta quella moltitudine di detective improvvisati, c'era un solo cadetto che non partecipava ad alcuna discussione, anche perché conosceva il soggetto fin quasi alla nausea e per una volta doveva ringraziare la misoginia del corvaccio, avendo solo tre... 'amici', nessuno aveva fatto caso alla sua assenza e fatto collegamenti scomodi; inoltre era troppo occupato a cercare in ogni modo di risolvere quel piccolo ed insignificante intoppo che era l'accusa d'omicidio. Erano infatti da tempo che Dalton cercava con ogni mezzo di tornare nel suo alloggio, così da parlare con il diretto interessato, malauguratamente tutti i suoi tentativi erano andati a vuoto. Aveva cercato d'entrare fingendosi l'addetto del pranzo, cercando di corrompere le guardie o scassinando direttamente la porta, perfino tentando d'entrare dal condotto d'areazione; sfortunatamente le guardie erano incorruttibili, anzi doveva ringraziare che non lo avevano denunciato ed il replicatore della stanza funzionava, perciò il prigioniero si serviva i pasti da solo, inoltre l'alloggio era stato così ben sigillato che neppure sapeva da dove poter iniziare l'opera di scasso. Così aveva tentato l'ultima carta, parlare direttamente con il professor Six, l'avvocato difensore di Vaarik, così da ottenere un colloquio ufficiale. Le cose non erano cominciate bene, infatti era stato di nuovo intrappolato da quelle palle bianche, ed erano finite peggio, quello zuccone d'inglese non voleva che il suo assistito fosse disturbato, per nessun motivo, il vulcaniano aveva perso la memoria e l'unico modo per farla ritornare era l'isolamento totale... almeno secondo l'emulo di Perry Mason.

Tornato nel suo nuovo alloggio non vide nessuno, ma sentì le voci di Renko e di altri due cadetti provenire da oltre il buco, così si diresse su una delle due sole cose nell'universo che alleviavano il suo stress e favorivano il lavoro della sua materia grigia... la sua adorata Sara Jane. Cominciò con un ritmo lento, colpendo alternativamente il piatto e la grancassa, per poi aumentare sempre di più, fino a quando l'intero alloggio e quello accanto non rimbombavano al suono della sua batteria. Dalton oramai era concentrato al cento per cento sulla musica, aveva chiuso anche gli occhi, cercando d'estraniarsi al massimo dall'ambiente circostante... in fondo cosa c'era di male? Alcuni hanno lo yoga come aiuto alla concentrazione, altri il coltivare le rose od il soddisfare il palato, oppure suonare un violino, questo cadetto sulla quarantina riusciva a concentrasi meglio spaccando i timpani ad un intero palazzo.

Non molto tempo dopo l'inizio del suo concerto, Luke fu raggiunto da Renko e dagli altri cadetti che alloggiano nell'appartamento accanto.

L'umano li salutò senza interrompere la sua esibizione. Changomani, uno dei suoi nuovi vicini di casa, lo stava fissando estasiato... o meglio fissava Sara Jane, cosa che se da un lato riempiva d'orgoglio il proprietario, allo stesso tempo l'inquietava leggermente.

Dopo una piccola ed amichevole discussione, in cui scoprì che il cadetto era anche lui un percussionista sfegatato, riuscì a dare a quest'ultimo alcune dritte per ottenere il permesso di tenere la sua batteria nell'alloggio, almeno così avrebbe smesso di guardare la sua come il lupo cattivo fissava i tre porcellini... l'unico neo negativo era che Zani, il mizariano che divideva l'alloggio con Changomani non era molto felice di quello sviluppo, ma quello era un semplice ed insignificante dettaglio.

Appena i due uscirono, Renko e Dalton ricominciarono a discutere sulle vicende del loro amico.

"Allora, sei riuscito a vedere Vaarik?" domandò speranzoso il deltagammano.

L'ex-pilota scosse la testa in segno di diniego, e poi fece un rapido riassunto dei suoi vari tentativi, oltre che delle teorie 'mediche' dell'avvocato difensore.

"Lo considerano già colpevole" disse Renko.

"Ma non tu, tu ti fidi troppo della gente" rispose Luke, facendo il verso a Zani, che prima aveva commentato in questo modo i dubbi di Renko sulla colpevolezza del vulcaniano.

"Quello che mi fa propendere per l'innocenza è la goffaggine con cui ha mascherato l'omicidio come incidente, non è da Vaarik una tale inettitudine."

"Incredibile a dirsi, ma sono d'accordo con te. Purtroppo siamo gli unici, Six a parte il tentare di fargli tornare la memoria, che tra parentesi molti vedono come un trucco, ha già concluso le indagini.

Il colpevole c'è già ed è il nostro affezionato beccamorto di quartiere" concluse Dalton, concludendo nello stesso momento il suo pezzo ed appoggiando poi le bacchette sulla batteria.

"Beh, in fondo cosa c'è di sospetto in questa dinamica: l'axdat viene in Accademia, cerca Vaarik, poi litigano ferocemente e si fanno reciproche minacce. In seguito, il vulcaniano s'informa della posizione dell'axdat, lo raggiunge su Marte, non preoccupandosi neppure di nascondere le sue tracce, poi una volta trovato... questo ha un fatale incidente, cadendo accidentalmente da tre piani e costringendo la nettezza urbana marziana agli straordinari per raschiarlo dalla strada" narrò l'umano, cercando di non esagerare con il tono sarcastico.

"Detta così non suona bene. Altre scoperte?"

"Ho chiamato la Nemesis, volevo contattare il consigliere Memok, magari poteva aiutarci. Ma siamo stati anticipati, è stato richiamato qui d'urgenza, purtroppo non arriverà prima di dopodomani . Tu cosa sei riuscito a scoprire sull'axdat?" domandò Luke, andandosi a stendere sul divano.

Brevemente Renko l'informò che era riuscito a sapere che l'axdat si chiamava Rossamanu, viveva al Four Finger, un pessimo motel marziano, e che era un cacciatore di notizie, cioè indagava su cose poco chiare e poi rivendeva le risposte a chi pagava di più. Da quello che era riuscito a sapere tramite suo zio, era che l'ultima indagine di Rossamanu riguardava la sparizione di grossi quantitativi di rifornimenti navali.

"Vaarik contrabbandiere? Io non ce lo vedo proprio" concluse Dalton con aria scettica, mentre si grattava il pizzetto. "Tu cosa ne dici?"

"Dico che mi sono appena reso conto che non sappiamo molto del nostro amico. Forse, scavando più a fondo, troveremo qualche collegamento con l'Axdat?" disse con convinzione e speranza.

"Conoscendo il soggetto, avrà fatto di tutto perché la sua scheda non sia accessibile al pubblico."

"Allora a noi non resta altro che trovare il modo d'accedere, no?"

"Deduco che siamo in affari, caro il mio aspirante investigatore" disse l'umano con un sorriso.

"Pare proprio di sì. Se non noi, chi? Se non adesso, quando?"

"Calma, calma... predichi ai convertiti, e sbrigati che la segreteria chiude fra poco." E con questo avviso Dalton si diresse di gran lena verso la porta, pregando che lo spirito di Marlowe li proteggesse.

Andando con passo veloce, i due riuscirono ad arrivare alla segreteria con un discreto margine rispetto alla chiusura, purtroppo non sapevano se sarebbe bastato. Davanti a loro, infatti, c'era uno spettacolo a cui non erano preparati ad assistere, l'assedio della segreteria da parte dei cadetti, molti dei quali indossavano degli strani impermeabili e dei cappelli a falda larga.

- I casi sono due: o c'è una riunione di maniaci esibizionisti o...- pensava Luke, mentre s'allontanava dall'amico per avvicinarsi alla fila.

Quasi per caso vide una faccia familiare.

"Ehi, ciao Rebecca, come stai?" la salutò calorosamente, servivano informazioni, e chi si poteva spremere meglio di un amica... o almeno una buona conoscente.

"Non c'è male, vorrei solo che questi importuni mi lasciassero passare, ho cose importanti da fare" disse con risolutezza.

"E cosa c'è di tanto vitale da fare a quest'ora in segreteria?" domandò Luke, temendo di sapere già la risposta.

La ragazza arrossì leggermente, come se fosse imbarazzata per quello che doveva dire, poi si avvicinò a Dalton in modo cospiratorio.

"Oramai sai del cadetto accusato d'omicidio?"

Luke annuì senza dire nient'altro.

"Ho scoperto chi è, mi serve solo la scheda per avere alcune conferme" disse lei con orgoglio e un sorriso che andava da orecchio ad orecchio.

"E chi sarebbe?" chiese l'uomo riuscendo, per fortuna, a nascondere il suo timore.

Rebecca si guardò intorno torva. "Non te lo dovrei dire, ma scoppio se non lo rivelo a qualcuno... dev'essere Renko, per forza... so che è un tuo amico, ma non lo si vede mai in giro, è schivo e parla sempre in modo incomprensibile... non può essere che lui."

Dalton riuscì a non ridere, solo attingendo a tutta la sua forza di volontà.

"In bocca al lupo per la tua teoria... pensi che anche gli altri...?" Ed indicò il resto dei cadetti.

"Probabile" rispose con aria di compatimento. "Ma si sbagliano di grosso, ovvio."

"Ovvio" le diede ragione, mentre allontanandosi la salutava, per ritornare dal frullato genetico.

"E adesso?" domandò Renko, osservando ancora con stupore l'assembramento nei pressi della segreteria.

"Ci dividiamo, la missione è superare quella massa ed ottenere la scheda del beccamorto, ogni mezzo è lecito pur di raggiungere la meta." E con quelle parole si tuffò nella folla, sparendovi dopo pochi istanti.

- Mmmmhh, ed adesso cosa faccio? Sono qui in mezzo ad una calca di ragazzini che pensano di giocare a Magnum P.I. o ancora peggio, alla signora Fletcher...devo escogitare qualcosa, qualsiasi cosa pur di passare...- pensò Dalton, che ormai era a metà della fila grazie ad un misto di faccia tosta e biechi trucchi, purtroppo ora il muro umano era troppo anche per lui... a meno che non trovasse una distrazione. Gli ci volle qualche secondo, ma osservando per caso una cadetta andoriana, o meglio i suoi attributi, e un mezzo klingon che le stava vicino ebbe un idea su come passare.

Avvicinandosi faticosamente alla donna, riuscì a darle una pacca sul fondoschiena e a nascondersi in mezzo al resto della folla. Questa, voltandosi di scatto, vide solo il mezzo klingon e trasse subito le conclusioni sbagliate, non l'insultò nemmeno, si limitò a far partire un diretto sul naso dell'interessato, facendolo cadere su un altro gruppo di cadetti che non ne furono affatto contenti e lo spintonarono con forza di nuovo verso l'andoriana. Come un sassolino che provoca una valanga, bastò questo piccolo incidente, unito allo stress per la fila e la calca, per scatenare in un'enorme rissa che coinvolse quasi tutti i cadetti, dando modo a Luke di arrivare, quasi indisturbato, all'ufficio della segretaria... dove, con gran sorpresa, ci trovò Renko.

"Ehi, come hai fatto?" domandò stupito.

"A fare cosa?"

"Ad arrivare qui prima di me?"

"Sono semplicemente andato avanti e nessuno mi ha fermato. Ma cos'è questo rumore? Sembra una rissa" chiese lui, volgendo lo sguardo verso un groviglio di corpi da cui uscivano svariate urla.

"Sai come sono questi giovani, s'arrabbiano per un niente, probabilmente sono gli ormoni alle stelle" rispose lui con calma.

"Lo dico sempre che voi puri siete strani."

"Bando alle ciance, riuscito ad ottenere qualcosa?" domandò speranzoso.

Renko annuì: "È stato difficile, nonostante non fosse riservata, vista la situazione non volevano darmi la scheda, ma sono riuscito a convincerli che, essendo gli unici amici di Vaarik in questo posto, volevamo contattare la sua famiglia ed altri conoscenti per richiedere aiuto a dare il nostro conforto."

"L'ha bevuta?"

Come risposta il delta gammano gli mostrò, sorridente, un chip isolineare.

Senza dire nient'altro i due uscirono dalla segreteria, naturalmente usando la porta di servizio, così da evitare il gruppo di facinorosi che se le stava dando di santa ragione all'ingresso principale, senza alcun motivo apparente.

Tornati nel loro alloggio, i due improvvisati investigatori incominciarono subito a leggere la scheda del loro amico, ed è a questo punto che trovarono il primo muro su cui sbattere violentemente il muso.

Infatti dalle informazioni ottenute si presentava un quadro di Vaarik... leggermente preoccupante: genitori morti in un incidente, nessun altro parente vivo, infanzia passata in un monastero che all'atto pratico si poteva definire in un solo modo... di clausura; perciò era possibile ottenere informazioni da loro solo dopo aver superato una trafila burocratica impegnativa, estenuante e lunga qualche annetto; la scuola che aveva frequentato aveva avuto 'casualmente' gli archivi distrutti da un incendio. Un punto d'appiglio era sembrato il periodo in cui era stato sulla Nemesis, Luke cercò immediatamente di contattare la dottoressa Lorne, il medico capo della nave e sua buona amica... sfortunatamente non riuscì mai a trovarla, era sempre impegnata, dicevano i suoi assistenti. Inoltre dopo il quinto messaggio a rispondere fu l'agente della sicurezza Smith, che gli 'consigliò' di non disturbare più la dottoressa perché impegnata in delicate ricerche. Quando poi, chiese a Smith se poteva dargli qualche informazione personale riguardo a Vaarik ed al periodo che aveva passato da loro, questi affermò di non ricordare bene, ma che se proprio ci teneva, quando ci sarebbe stato tempo avrebbe fatto qualche domanda, ma dalla faccia e dal tono di voce del tenente Smith, era chiaro che non avrebbe mai fatto nulla.

"Questa situazione, comincia a puzzare più della mia tuta dopo una lezione di Sherman. Dovremmo aspettare Memok, sperando che lui si degni di darci qualche informazione" disse sconsolato Luke, appena chiuse le comunicazioni con la Uss Nemesis.

"C'è un'altra soluzione. Come sei messo a licenze?" domandò Renko, mentre si metteva al terminale del computer e accedeva al servizio prenotazioni navette dell'astroporto della città.

"Diciamo che un viaggetto nel circondario mi farebbe proprio bene. Sai, per alleviare lo stress... cosa ne dici di Marte?" chiese con aria sofferente, mettendosi poi un mano sulla fronte ed inarcando la schiena all'indietro, in un gesto teatrale.

"Mi fa piacere che mantieni li buon umore" l'apostrofò l'amico, non riuscendo però a trattenere un sorriso.

"È nei momenti bui, che serve maggiormente" rispose facendo l'occhiolino.

Ci volle solo qualche minuto per prenotare il viaggio sulla prima nave per Marte. Essendo una florida colonia, per di più vicina alla capitale della Federazione, il traffico commerciale e turistico era abbondante; le valigie non erano un problema, tanto avevano previsto di restare in quel posto il meno possibile. L'unica pecca era la compagnia di volo, infatti si trattava della famigerata Whitestar, e visti i problemi capitati l'ultima volta che avevano usufruito dei loro servigi ed aggiungendo il fatto che la nave era dello stesso tipo di quella salvata per miracolo su Sirio, non può stupire il fatto che i due cadetti pensarono bene prima d'andare, e che dopo aver preso la disperata decisione di accettare quel rischio non avevano fatto altro per tutto il viaggio che pregare.

Dopo sessanta interminabili minuti arrivarono su Marte, e più precisamente sulla colonia T-recal, uno dei più vecchi insediamenti del pianeta, oltre che luogo di dubbia fama... beh a dir la verità la fama che aveva era chiara, certo... di posto dove non vorresti mai che i tuoi figli passassero anche un solo secondo.

Come detto in precedenza, si trattava di un vecchio insediamento, e gli edifici vecchio stile e mal riparati ne erano una prova, Luke era stato in posti ben peggiori... però qui c'era un qualcosa che li accomunava, un'aria di silente disperazione che permeava l'aria in modo quasi palpabile.

Distogliendosi da questi pensieri, si concentrò sull'edificio che avevano di fronte. Il Four Finger, un albergo di quarta categoria, che ospitava viaggiatori che non avevano altro posto dove andare o che preferivano la discrezione alla comodità.

Il 'lussuoso' hotel, era composto da due edifici a torre, abbastanza malmessi, di tre piani ciascuna. Una conteneva solo gli appartamenti con numero pari e l'altra quelli con numero dispari; l'unico apparente modo d'accedere alle stanze era attraverso i ballatoi esterni, infatti era da lì che l'axadat era caduto mentre Vaarik arrivava dalla parte opposta.

Prima d'entrare, i due s'assicurarono d'aver tolto ogni cosa che avrebbe potuto identificarli come cadetti, poi varcarono la decrepita soglia, sperando di non prendersi qualche strana malattia.

L'interno era quasi peggio, mucchi di sporcizia sparsi qua e là, strane cose simili ad insetti che percorrono il pavimento, crepe sui muri ed una serie di rifiuti umanoidi distesi su un tavolo, impregnati di liquore da quattro soldi. Dietro al balcone c'era un vecchio umano dal naso aquilino, molte rughe e pochi capelli, aveva gli occhi spenti di chi a già visto troppo, il vestito pieno di toppe e di macchie sembrava non aver mai visto tempi migliori.

- Una sistemazione da principe - pensò Dalton, mentre Renko chiedeva una stanza.

"Vi fermate per la notte o solo per un'ora?" domandò stancamente il vecchio.

"Sul serio possiamo pagare una tariffa ridotta soltanto se l'occupiamo per un'ora?" disse il delta gammano, con leggera sorpresa ed accettando la seconda opzione.

- Mannaggia a me, e a quando faccio trattare gli altri... pure per una coppietta ci prendono, il vulcaniano me ne dovrà una grossa...- pensava l'umano, mentre guardava di sbieco il recepsionist.

Sfortunatamente la camera 345, che stava accanto a quella del morto, era ancora sotto sigillo. Perciò la coppia si dovette accontentare della 343, di poco lontana.

"Mi servono dei documenti" domandò il vecchio.

"Servono proprio?" rispose Luke, imponendosi uno dei suoi famosi sorrisi sornioni.

"No, per un piccolo sovrapprezzo non sono necessari" disse l'altro, con un sorriso viscido ed ammiccando. "Forma di pagamento?"

"Crediti contanti" rispose prontamente Dalton, ma in posti come quello, quel tipo di domanda era semplicemente un proforma.

"Bene" sorrise, mentre con la sua mano ossuta prendeva i soldi. "Però mi servono lo stesso dei nomi."

"Metta Dulmer e Lucsly" rispose Luke, con un sorriso più sincero e dando strane occhiate a Renko. Dal canto suo, quest'ultimo non capiva la scelta dei nomi, né perché avesse pagato dei soldi in più quando avevano trovato una buonissima scusa mentre raggiungevano il posto. Ma molte volte il comportamento del suo amico gli era risultato assurdo, una volta in più o in meno non avrebbe cambiato nulla.

Percorrendo il ballatoio, si sentiva un rumore simile a quello di un'ocarina, ma in realtà erano i versi dei piccoli di un uccello che aveva nidificato sul tetto, che chiedevano cibo alla madre.

Appena arrivati nella loro stanza, si misero all'opera: Luke svitò la grata che conduceva al condotto d'areazione... il percorso che avrebbero utilizzato per raggiungere la stanza del morto. Renko prese fuori il tricorder 'preso in prestito' e la planimetria dell'hotel.

Ci vollero solo pochi minuti per penetrare nella microscopica stanza, infatti c'erano solo i sigilli a sua protezione (come logico, d'altronde, visto che il colpevole era già stato arrestato), ed appena messi i piedi per terra cominciarono la ricerca d'indizi.

"Ehi, Renko, senti anche tu quest'odore strano?"

"Sì, sembra muschio."

"Non direi, assomiglia di più... all'anice" rispose Luke, mentre rovistava in ogni cassetto alla ricerca di qualche documento.

Dopo mezz'ora la ricerca non diede nessun frutto, e fu appunto questo che fece insospettire Renko. Infatti il tricorder non aveva trovato niente di niente, nessuna traccia che l'axadat fosse mai stato in quel posto. Era come se qualcuno si fosse dato da fare per ripulire a fondo tutto.

Dalton ebbe un'ulteriore conferma di questo osservando attentamente il letto e odorando le lenzuola: erano fresche di bucato, un servizio extra lusso... per alberghi di categoria infima come questo.

"Le cose cominciano a complicarsi, non mi piace proprio" disse l'umano, facendo segno all'amico che era tempo d'andarsene.

Fu proprio imboccando la via del ritorno, che un'altra preziosa traccia fu scoperta. Sul bordo del pannello d'areazione c'erano dei graffi recenti, e non erano stati loro a farli. Un analisi del tricorder, rivelò che anche questi erano stati fatti al massimo due giorni prima.

"Un indizio, finalmente!" sospirò Luke mentre entrava nella camera 345 attraverso il condotto.

L'analisi della stanza rivelò che anch'essa era stata sterilizzata con un disgregatore a bassa potenza, ed una visitina alla banca dati del computer dell'albergo diede anche un nome: Jaru Smith. Purtroppo non c'erano foto ed aveva dato soli i dati fiscali, con ogni probabilità falsi.

Così, mentre Renko spulciava i database pubblici, alla ricerca di qualche indizio, Luke aveva deciso di fare quattro chiacchiere con l'albergatore, visto che era più... abituato nel trattare con certa gente.

Ritornato con calma all'ingresso dell'hotel, si diresse verso il vecchio sfoggiando la più amichevole faccia che poteva fare.

"Già finito?" domandò l'albergatore, alzando appena gli occhi dal giornale che stava leggendo.

"Non proprio, mi servirebbe aiuto."

"Lì ci sono dei numeri di ragazze o ragazzi, troverà certamente chi potrà aiutare lei e il suo amico." Poi riprese a leggere il giornale, ignorando totalmente Dalton.

"Spiritoso" riprese lui, con un sorriso ora leggermente più tirato. "Non ho bisogno di quel genere d'aiuto... ma di qualcuno che risponda a certe domande, per un prezzo, ovvio." Con quelle parole, Luke aveva ottenuto la completa attenzione del vecchio.

"Quanto?" chiese con gli occhi che brillavano al pensiero di intascare altri soldi.

"Cento crediti per una semplice domanda."

"Si può fare."

"Circa due giorni fa, qualcuno ha preso la 345... sai dirmi chi era?"

"Certo" rispose.

Per qualche secondo l'assoluto silenzio regnò alla reception, facendo sembrare tutto come un'assurda scena di un film comico.

"Puoi continuare quando vuoi" disse Luke, dando fondo a tutta la sua pazienza.

"Ho risposto alla tua domanda. Se vuoi che continui, paga altri 1000 crediti" sentenziò lui, con un ghigno divertito stampato in faccia e allungando il palmo della mano.

- Abbiamo uno strozzino umorista, con questa le ho viste tutte. Ho pure dimenticato il resto dei soldi su in appartamento, visto che non mi va di rifare le scale... andiamo con l'opzione B...-

"Ma che spiritoso... una vera sagoma!" Poi, all'improvviso, prese il dito medio della mano che il vecchio aveva teso, mentre con l'altra mano gli tappava la bocca. Dopo qualche secondo si senti un 'crack' ed il volto dell'anziano divenne rosso e contorto dal dolore.

"Mi... mi hai spezzato il dito!" disse il vecchio, appena Luke lo lasciò, mentre piangendo si teneva il dito dolorante.

Il suo aggressore sorrise. "Esagerato, ti ho solo rotto una falange, un piccolo osso. Il tuo corpo ne ha in totale 216... e t'assicuro che quello era solo il primo" aggiunse, afferrando per la collottola il vecchio e premendo la sua testa sul tavolo delle reception. Intanto i pochi poveracci che stavano lì, avevano deciso che il posto era diventato poco salutare ed erano partiti per lidi più calmi.

"Ok... Ok, parlo."

"Ti sto a sentire" disse Luke, tenendogli sempre la testa bloccata sul tavolo, ma alleggerendo la pressione.

"Era una donna, alta circa un metro e sessanta, corporatura snella, occhi marroni e pelle dorata... probabilmente è chiropteriana."

"Il nome lo indicherebbe, mezzo sangue?"

"Non mi sembra, ma non ne sono sicuro."

"Grazie per la collaborazione." E con quelle parole Dalton fece per andarsene, con grande sollievo del vecchio.

Renko, d'altro canto, aveva scoperto che questa Jaru era una rappresentante e che aveva all'anagrafe dei dati veri quanto quelli di Vaarik, se non di più. Sembrava che non ci fossero foto, pagava sempre in contanti, insomma usava tutti gli accorgimenti possibili e legali per ridurre al minimo le tracce della sua esistenza.

Anche se queste scoperte, fatte per di più durante un'indagine per omicidio, facevano nascere forti sospetti, ancora non avevano nulla di concreto in mano, nulla che avrebbe messo fuori dai guai il loro compagno... un qualsiasi avvocatucolo laureatosi il giorno prima avrebbe smontato con estrema facilità ogni loro teoria.

I due però non si diedero ancora per vinti, la partita era solo agli inizi e li confortava il fatto che non tornavano a San Francisco a mani vuote, no... erano, infatti, pieni di nuove ed irrisolte domande e con quel pensiero in testa s'apprestavano ad incontrare il consigliere Memok.

Rimesso piede all'Accademia, Luke e Renko non persero tempo e cercarono subito di contattare il tutore di Vaarik, raggiungendolo nel complesso dove alloggiava.

"Hai già avvertito il consigliere che stiamo arrivando?" domandò il delta gammano.

"Più o meno" rispose Luke, notando ancora una volta che quando l'amico parlava del folletto, lo faceva con un tono quasi reverenziale. Questo era probabilmente dovuto al fatto che Memok era stato, svariati anni fa, il socio di Bire... no, Beauregard quel semisconosciuto detective che Renko ammirava tanto.

"Più o meno? Non mi piace quando dici più o meno. Vuoi spiegarti?" disse Renko, non sapendo se essere più arrabbiato o preoccupato per quella situazione.

"Beh... diciamo che il nostro è un invito ufficioso."

"Ma lo sa almeno che stiamo arrivando?" Il cadetto temeva già di sapere la risposta, ma ancora s'aggrappava ad una flebile speranza.

"No" rispose laconico l'amico.

Renko sospirò, mettendosi una mano sulla fronte e chinando il capo in segno di sconfitta. "E adesso?"

"Fidati di me, io so quel che faccio."

"Ecco, quando dici così, comincio sul serio a preoccuparmi."

Luke l'ignorò, concentrando la sua attenzione sulla loro meta, il palazzo 74 dove alloggiavano gli ospiti VIP e che in quel momento era proprio davanti a loro.

"Ripeto... e adesso? Mi risponderai, vero?"

L'umano sorrise e indicò di seguirlo. Entrati nell'atrio e, mischiatisi ad una comitiva di chiassosi umani, cercarono subito di nascondersi, non riuscendo a trovare nulla di meglio che una grossa pianta a foglie larghe. Rimasero lì, immobili finché non sentirono qualcuno dire la frase magica, cioè: "Ci sono da portare i bagagli del consigliere Memok nella stanza 1317."

Immediatamente i due s'appropriarono delle pesanti valigie, dirigendosi verso la stanza in questione ed elargendo a tutti grandi sorrisi. Così, usando questo bieco stratagemma riuscirono a contattare Memok.

Quest'ultimo però non risultò essere molto sorpreso per quella visita, in fondo come migliori e soli amici di Vaarik, era logico che si preoccupassero per lui.

"Consigliere, lasciando stare i preamboli... stiamo indagando sull'incidente in cui è coinvolto il corvaccio e ci serve aiuto" disse Luke mentre si metteva a sedere.

Renko dal canto suo aveva deciso di lasciar parlare l'amico, visto che conosceva molto meglio l'ex investigatore.

"Lodevole iniziativa, purtroppo se siete venuti qua in cerca d'appoggio... posso fornirvi solo quello morale. La procura non permette neanche a me di parlare con Vaarik." Se non fosse nato su Vulcano, i due cadetti avrebbero detto che fosse arrabbiato e frustrato per quella situazione. "Avete scoperto qualcosa, di nuovo?"

"Sì... che i dati del corv... di Vaarik presenti nel database dell'Accademia, e negli altri archivi federali, sono falsi."

"Ne è sicuro?" disse Memok inarcando il sopracciglio.

"Certo, anzi se devo dire la verità è pure un pessimo lavoro. Non so qua, ma da dove vengo io una copertura così non sarebbe durata cinque secondi, infatti c'è bastato dare un'occhiata ai suoi documenti, per capirlo."

"Ipotesi interessante, e cosa c'entra con l'incidente?" rispose con l'ombra di qualcosa simile ad un sorriso.

"Non lo so, me lo dica lei" chiese Luke, alzandosi in piedi e fissando male il vulcaniano.

"Perché dovrei saperne qualcosa?"

L'umano non riuscì a trattenere una piccola risata. "Non mi... ci tratti da stupidi, lo trovo indegno di lei. Essendo il tutore legale di Vaarik, non può esserne allo scuro, perciò è inutile fare l'innocente. Abbiamo prove del coinvolgimento di una terza persona, un professionista e questa cosa mi turba veramente." Poi si fermò un secondo, per fare una pausa ad effetto e per vedere le reazioni del suo interlocutore.

Reazioni che ovviamente non ci furono, visto la natura del suddetto. "Capisco, ha lo stesso effetto su di me. In quanto alle anomalie nella documentazione del mio protetto, ammetto che ci potrebbero essere alcune inesattezze, di più non posso dire. Per il resto... purtroppo l'aiuto che vi posso dare ora è limitato. Il massimo che posso darvi è un consiglio da vecchio investigatore: 'Spesso la chiave per risolvere un mistero si trova proprio nelle ore che lo precedono', oltre che dirvi di fare molta attenzione."

"Stia tranquillo, saremo estremamente prudenti... molte grazie" concluse Luke, con un tono che diceva il contrario delle parole pronunciate, per poi salutare con un cenno del capo e dirigersi verso la porta, seguito a ruota dal suo amico.

Il consiglio del vulcaniano non fu facile da seguire, nonostante l'utilizzo, ovviamente non autorizzato, dei mezzi del CSC (Cadets Security Corps) per controllare al computer tutte le registrazioni delle camere di sicurezza degli astroporti di San Francisco e di Mars city, alla ricerca di qualcuno che rispondesse alla descrizione di Jaru Smith. Ma quest'idea fu scartata subito, essendo i due terminali fin troppo frequentati, la ricerca sarebbe terminata ben dopo il processo. Fortuna volle che Luke pensasse a come la Smith si fosse spostata su Marte, perciò tentarono la sorte collegandosi con il servizio di trasporti pubblici di T-Recall, cioè l'unico modo per raggiungere la colonia dall'astroporto H. Bradbury.

Fu nel momento in cui Renko stava per immettere quello che sapevano della donna nel computer, che Luke lo fermò, per poi dargli una foto presa poco prima da un annuario dell'Accademia.

- Vediamo se le coincidenze esistono o sono delle leggende urbane - pensava l'umano, mentre osservava l'amico premere freneticamente i pulsanti del computer per immettere i dati il più velocemente possibile.

L'immagine sulla foto apparteneva ad un'altra cadetta: Eru, una chiropteriana che per un breve periodo era stata compagna di stanza di Vaarik; perciò il deltagammano fu abbastanza sorpreso quando vide sullo schermo del computer l'immagine della suddetta cadetta, presso la stazione dei mezzi pubblici di T-Recall, proprio lo stesso giorno in cui Jaru Smith si era registrata al Four Fingers.

- È appurato, le coincidenze non esistono... cavolo dovrò cambiare la targa sulla porta d'ingresso.-

L'entusiasmo per quella scoperta fu tale, che quasi scordarono che entro poche ore sarebbe iniziato il processo a Vaarik. Subito si diressero all'alloggio di Eru, ma come temevano non si trovava lì. Non era possibile cercarla per tutta l'Accademia a causa dello scarso tempo a disposizione, e poi essendo coinvolta in quella faccenda, c'era un solo posto dove sarebbe andata... il tribunale, o almeno così speravano i due cadetti.

Memok, una volta contattato e ragguagliato delle novità, fu ben lieto di fornire due pass speciali per accedere al processo e ordinò loro di raggiungerlo al più presto. Una volta giunti a destinazione, i due furono estremamente sorpresi di trovare il vulcaniano a conversare amichevolmente con Eru.

Anticipando le vivaci proteste dei novelli investigatori, la chiropteriana cominciò a raccontare la sua versione dei fatti:

Lei era un'agente del servizio di sicurezza federale, il cui compito era fare da 'angelo custode' ad un cadetto che usufruiva del programma di protezione testimoni. Già, Vaarik era un testimone molto importante in un caso tanto delicato, che non era autorizzata a parlarne. Questo spiegava i documenti falsi di lui, del perché era andata su Marte sotto falso nome e di un'altra serie di stranezze... ovviamente Memok sapeva dello status di testimone protetto del suo pupillo, ma non che Eru lo 'sorvegliava'.

Quel improvvisato consiglio di guerra riuscì almeno a decidere una linea d'azione: l'unico modo per discolpare Vaarik era dimostrare che l'axdat fosse sotto l'influenza di sostanze psicotrope, infatti Eru aveva visto la scena da abbastanza vicino per notare in questo un comportamento strano, come in preda a follia o imbottito di droghe. Era una speranza flebile ma sempre meglio di niente. Perciò bisognava solo fare un'autopsia nuova all'axdat, questa volta cercando specificatamente quelle droghe capaci di non essere rilevate agli esami standard... l'unico neo era che il cadavere era rinchiuso presso l'ala di medicina legale dell'ospedale universitario di Carter City, meglio conosciuta come la capitale di Marte.

"Fantastico, ed adesso come facciamo ad andare su quel maledetto pianeta rosso, scoprire l'arcano e tornare in tempo per il processo?" urlò Dalton, alzandosi di scatto e dando un calcio furioso al divano ove prima era seduto.

"Calma, Luke, non è il momento d'arrabbiarsi" l'esortò Renko.

"Il suo amico ha ragione... anche perché questa volta avrete un piccolo aiuto" annunciò Memok, sotto gli sguardi perplessi degli altri.

L'aiuto si rivelò essere una navetta, piccola ma veloce, stranamente colorata d'arancione e con il numero nove dipinto in blu su i lati, ma considerazioni estetiche a parte funzionava benissimo, tanto che con Luke ai comandi riuscirono a compiere il tragitto a tempo di record.

"Pronti per la recita?" domandò Dalton sorridente, mentre dava ai suoi passeggeri delle tute azzurre.

"Certo... ma vuoi rispiegarmi il piano, ancora non afferro il punto" chiese Renko, mentre rimirava quel vestiario.

"Dato che non possiamo andare all'ospedale a chiedere dei cadaveri, visto che sono nell'ala di medicina legale e perciò prove giudiziarie... ci toccherà entrare con un piccolo stratagemma, cioè ci travestiamo da medici e cerchiamo di mimetizzarci, chiaro?"

"Sì... anche se sono ancora convinto che l'onestà sia la migliore politica."

"Purtroppo è anche la più lunga... burocraticamente parlando, non abbiamo il tempo per chiedere tutti i permessi" spiegò Eru mentre indossava la sua divisa.

"Ok, il computer è programmato per farci risalire ad un determinato segnale, ed ora, signori, si parte" disse l'umano prima di premere il pulsante che attivava il teletrasporto.

Il trio si trovò davanti all'ospedale universitario, il Saint Bearla, una delle più antiche istituzioni marziane; era un edificio gigantesco costruito in puro stile gotico-terrestre, una di quelle cose che ti mettono terrore pure a mezzogiorno.

"Andiamo?" chiese Eru.

"Andiamo" risposero gli altri due, incamminandosi per la lunga scalinata che conduceva all'ingresso.

Girarono per almeno quaranta minuti a vuoto, cercando di raggiungere la sala autopsie seguendo le indicazioni sui muri... ma senza arrivarci nemmeno vicini, in fondo era anche logico, i corridoi di quell'ospedale erano famosi per essere altamente intricati, alcune leggende narravano di romulani che ancora li percorrevano non sapendo che la guerra era finita.

L'unico lato positivo era il travestimento, funzionava alla meraviglia, erano già stati scambiati per interni da almeno quindici dottori spazientiti, venti infermieri arrabbiati con l'universo e una dozzina di pazienti urlanti e si erano trovati con tanti incarichi da tenere occupata una divisione di fanteria per un mese... se mai avessero avuto intenzione di essere così ligi alla loro copertura, ovviamente.

"Oh no, ancora un vicolo cieco... questo è il settore 25 ala A, invece secondo la mappa dovrebbe essere il settore 21 ala C... non c'è la faremo mai" disse sconsolato Luke.

"Ma chi diavolo fa questi segnali sbagliati?"

"Non lo so, Renko, ma in verità vorrei averlo tra le mani solo qualche minuto" commentò Eru con una vena che le pulsava vistosamente sulla tempia.

"Ehi, aspettate, vedo un villico, proviamo a chiedere delucidazioni."

"Sì, certo Dalton, come gli altri quattro che ci hanno mandati fuori strada."

"Cara la mia chiropteriana hai qualche idea migliore? No? Allora fammi lavorare."

Dopo qualche attimo di discussione con un addetto alle pulizie, il cadetto tornò sfregandosi le mani. "Ho capito tutto."

"L'ha detto già tre volte fa" commentò a bassa voce Renko.

"Quattro" precisò Eru.

"Malfidenti!" E con quelle parole si diresse verso il luogo indicato, ringraziando poi il cielo che per una volta tanto le indicazioni erano giuste.

Renko s'avvicinò alla porta e cercò d'aprirla. "Porta chiusa, ed ora?"

Dalton fece per dire qualcosa, ma la chiropteriana lo precedette mettendo un piccolo cerchio sulla serratura che subito scattò, facendo aprire la porta.

- Ma dove prende quei magnifici giocattoli?- pensò Luke, per poi concentrarsi sulla ricerca dell'axdat o meglio del suo cadavere.

Davanti a loro si parava un macabro spettacolo, la stanza era buia, se si escludevano alcune piccole luci che davano solo un tocco sinistro all'ambiente; i cadaveri erano inseriti in camere di stasi posizionate in senso orizzontale dentro una parete, così da occupare meno spazio possibile. Alcuni, nessuno dei quali interessava il trio, erano stati messi su dei tavolini, privi di qualsiasi indumento ed avevano un enorme squarcio a Y sul petto.

"Qualcuno preferisce i vecchi metodi" disse Eru, mentre osservava affascinata quello spettacolo sinistro.

"Dai, non perdere tempo, abbiamo i minuti contati" la esortò Renko.

La donna scosse la testa e si riunì alla ricerca.

La dea bendata continuò a vegliare su di loro, infatti dopo solo una decina di minuti riuscirono a trovare il corpo che interessava loro.

Il volto dell'axdat era strano, non c'era paura o dolore... solo sorpresa, come se non si aspettasse cosa stava per succedergli, ma in fondo chi se lo aspetta?

"Va bene, ora comincio le analisi, voi fate da palo, e mi raccomando" ordinò la donna.

Renko e Luke annuirono e si posizionarono vicino alla porta, tenendo d'occhio l'ingresso.

"Tu ci credi a questa storia della protezione testimoni?" domandò l'umano a voce appena udibile.

"Spiega molte cose, calza a pennello alla situazione... anche troppo" rispose l'amico, non distogliendo lo sguardo dal corridoio.

"Già, pure tu non hai piena fiducia nella tipa."

"Segue la prima regola di un investigazione, cioè: nulla è veramente quello che appare. Come ho detto, mi pare troppo calzante, inoltre..."

"Inoltre se lei fosse un agente federale vero, non avremmo bisogno di entrare qui di nascosto, per non dire che le sarebbe bastato fare quattro chiacchiere molto private con gli agenti marziani, dare una piccola spiegazione sullo status del beccamorto e le indagini si sarebbero sgonfiate subito."

"O almeno avrebbe rinviato il processo."

"Se vuoi un consiglio è meglio tenere i nostri sospetti per noi, almeno per adesso."

"Temi ritorsioni, Luke?"

"Temo sfortunati incidenti" disse con un tono che faceva intendere che non sarebbero state coincidenze.

"Capisco."

Per alcuni minuti rimasero in totale silenzio, evitando persino di guardarsi e concentrandosi del tutto sul loro compito, almeno fino a quando Eru non ritornò dal laboratorio analisi con aria soddisfatta.

"Dal tuo umore immagino che la caccia sia stata fruttuosa" chiese Dalton, immaginando già la risposta e non riuscendo neppure lui a trattenere un sorriso.

Lei annuì mostrando poi un chip isolineare. "Alti livelli d'encefaline e di altri enzimi cerebrali. Bastano a dimostrare che il tipo era sotto effetto di droghe molto pesanti, perciò aveva attaccato Vaarik."

"Questo è un buon punto, ma come spiegherai il fatto che si è spiaccicato sul marciapiede dopo essere stato scagliato per aria? Dopo una presa vulcaniana, per di più..." chiese Renko ancora scettico.

La chiropteriana non smise di sorridere. "Vedi, l'alto livello di certi enzimi cerebrali, oltre ad un'analisi genetica base, mi hanno permesso di scoprire che il signore disponeva di limitati poteri psichici."

"Sì?" chiesero all'unisono i cadetti.

"Questo fatto, unito all'effetto delle droghe e alla presa vulcaniana ha creato una specie di cortocircuito nervoso, una scarica elettrica di grandi proporzioni che ha scagliato i due soggetti a vari metri di distanza... poi è successo quel che è successo" rispose scrollando le spalle.

"È possibile?"

"Sembra una coincidenza degna di una pessima olonovela, ma è plausibile. Inoltre la realtà, a volte, è molto più strana della fantasia" concluse lei.

Ai cadetti bastò quello per convincersi, non che avessero molte altre possibilità, così uscirono di gran lena dall'ospedale e ritornarono sulla loro navetta. Rischiando più volte di fondere il motore, Luke si diresse a tutta velocità su San Francisco, arrivando giusto in tempo per poter presentare le prove... una scena degna di un classico del thriller, pensò poi l'umano.

La faccenda si concluse nel migliore dei modi: Vaarik fu dichiarato innocente, Renko e Luke guadagnarono un encomio solenne da parte del rettore, con il non tanto tacito accordo di non divulgare questa faccenda, richiesta perorata anche da Eru ma in modo leggermente più minaccioso e Luke finalmente poté tornare nel suo alloggio per la felicità di tutti (beh... apparentemente solo per quella di Renko).

Qualche ora dopo, nell'alloggio di Luke e Vaarik:

Dalton aveva finito da una ventina di minuti di riposizionare tutti i suoi averi, ovviamente Sara Jane era di nuovo nel suo posto d'onore nel centro dell'alloggio, ed ora stava girando per tutte le stanze con un tricorder della sicurezza in mano.

"Cosa stai facendo?" domandò Vaarik inarcando il sopracciglio.

"Niente, mi alleno ad usare uno di questi cosi, li restituiremo domani perciò non ho molto tempo" rispose sorridendo.

- E così m'assicuro che non ci sia qualcuno che gioca al grande fratello con le nostre vite...- si dimenticò d'aggiungere.

"La tue idiosincrasie non finiranno mai di stupirmi" disse il compagno di stanza, scuotendo mestamente la testa.

"Beh, a cosa servono gli amici se non a stupirsi a vicenda."

"Dalton noi non..."

"Non siamo amici? Tranquillo, il pensiero stupisce e quasi disgusta pure il sottoscritto, ma è quel che siamo e dopo tutto quello che abbiamo passato insieme ancora non riesci nemmeno a dirlo?" Luke era diventato improvvisamente serio, aveva chiuso il tricorder e l'aveva posato su un tavolino. "Perché credi che ci siamo dati tanto da fare? Per noia?" Ora il suo tono era leggermente più aspro.

"Questi non sono problemi miei."

"Già, come non è un mio problema se sei troppo codardo da ammettere che qualcuno tiene a te." Lo sguardo dell'umano era duro, tagliente, fisso sugli occhi del vulcaniano.

Per un attimo Dalton vide qualcosa, rabbia, furore... a malapena contenuti. Prima che Vaarik potesse rispondere, gli voltò le spalle e s'incamminò verso la sua stanza.

"E non riesci neanche a dire che abbiamo in comune molto di più di quel che sembra!" disse, prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciandosi dietro un vulcaniano molto perplesso.

FINE CAPITOLO