IN AMORE E IN GUERRA

Accademia della Flotta Stellare, Blocco J.
San Francisco, Terra.

Come la maggior parte dei vulcaniani, Vaarik non aveva bisogno di sveglie per sapere quando era ora di alzarsi.

In effetti, uno dei fenomeni che gli umani trovavano più stranianti nel trattare con i vulcaniani era il fatto che questi ultimi sembravano sempre sapere con esattezza che ore fossero.

In generale, questa capacità era una conseguenza della severa disciplina mentale che i figli di Eridanus imponevano su loro stessi, e del fatto che molti dei processi che erano del tutto involontari per gli umani erano invece sotto il controllo volontario per quanto riguarda i vulcaniani.

Con una buona dose di concentrazione, i vulcaniani potevano influenzare coscientemente i processi metabolici del loro organismo, come accelerare il battito del cuore o liberare nel flusso sanguigno tutta una serie di sostanze. Grazie a questo controllo diretto sulle funzioni del loro corpo, tutto quello che i vulcaniani dovevano fare era decidere a che ora si sarebbero svegliati la mattina dopo, e quando fosse giunto l'orario stabilito il loro corpo avrebbe eseguito quanto gli era stato ordinato.

In questo caso specifico, comunque, il fatto che Vaarik non avesse bisogno di sveglie per sapere che era ora di alzarsi dipendeva più che altro dal fatto che Dalton, il suo sedicente compagno di stanza, sembrava non essere in grado di alzarsi la mattina senza fare tanto di quel baccano da svegliare un intero branco di marmotte droselliane dal loro letargo invernale.

"Buongiorno, Vaarik!" lo salutò Dalton quando vide il vulcaniano, già perfettamente abbigliato, fare capolino nel piccolo soggiorno dell'alloggio. "Già sveglio a quest'ora?"

"Spero ardentemente di sì," rispose Vaarik lanciandogli un'occhiataccia che avrebbe abbattuto uno gnu. "Altrimenti vorrebbe dire che hai cominciato a tormentarmi anche nei miei sogni."

Dalton tirò fuori una risata che sembrava un latrato. "E poi dicono che i vulcaniani non hanno senso dell'umorismo," ridacchiò, non senza traccia di simpatia nella voce. "Hai fame? Stavo giusto facendo colazione."

Senza nemmeno rispondere il vulcaniano si diresse verso il replicatore, ritornandone poco dopo con il suo vassoio.

Dalton lanciò un'occhiata alla colazione del suo compagno di stanza. "Scusa, Vaarik, posso chiederti cosa hai preso per colazione?" domandò con tono casuale.

Vaarik lo guardò perplesso, poi rispose. "Tre fette di pane, una porzione di marmellata di gespar e una tazza di tevesh."

Dalton parve riflettere per un attimo sulla risposta, senza smettere di masticare. "E ieri cosa hai preso?"

Il vulcaniano non ebbe bisogno di riflettere per rispondere alla domanda. "Tre fette di pane, una porzione di marmellata di gespar e una tazza di tevesh."

"E tutti i giorni precedenti?"

"Tre fette di pane, una porzione di marmellata di gespar e una tazza di tevesh," rispose Vaarik, iniziando a sperimentare una certa dose di frustrazione alle domande del terrestre. "Posso sapere il motivo del tuo improvviso interesse per la mia dieta?"

"Voglio dire: io e te ci conosciamo da più di un anno, e dacché dividiamo lo stesso alloggio non c'è stato un solo giorno in cui tu non abbia fatto colazione con le stesse identiche cose," spiegò Dalton, facendo dei gesto vaghi con la forchetta.

"Questo è esatto," commentò Vaarik, senza avere la minima idea di dove volesse andare a parare il suo compagno di stanza.

"E ti sembra una cosa normale?" domandò Dalton, agitando sdegnosamente verso di lui la sua forchetta.

"Sì," rispose il vulcaniano, come se stesse spiegando il principio di indeterminazione ad un fungo. "Mi sembra assolutamente e perfettamente normale."

"Contento tu," concluse un esterrefatto Dalton, infilandosi in bocca un'enorme forchettata di uova strapazzate.

La colazione proseguì silenziosa per qualche minuto, poi l'umano non riuscì a resistere all'impulso di fare ancora una domanda. "Verrai stasera al Ballo dei Cuori Solitari?"

Vaarik continuò a spalmare la sua marmellata di gespar come se nulla fosse, ma il suo volto si rabbuiò immediatamente.

"Lo immaginavo," disse Dalton, ma nella sua voce non vi era traccia della solita ironia. "Non sia mai che ti venga la malsana idea di mischiarti con questa fastidiosa marmaglia umana."

Il vulcaniano continuò a fissare imperterrito davanti a sé, ignorando il compagno.

Dalton sopportò il silenzio per qualche istante, poi esplose. "Dannazione, Vaarik!" esclamò, sbattendo con violenza la sua tazza sul tavolo. "Si può sapere cosa diavolo hai?"

Il vulcaniano lo fissò con sguardo furioso, sbattendo sul suo piatto la fetta di pane appena spalmata.

"E a te si può sapere cosa diavolo interessa?" sibilò in risposta, perdendo la calma per un istante. Poi si ricompose, nascondendo la rabbia dietro la sua solita maschera inespressiva. "In ogni caso non vedo come la cosa possa in qualche modo riguardarti," concluse infine, con la voce accuratamente neutra.

Dalton sentì il sangue che gli saliva al volto per la rabbia. "E infatti non mi riguarda per nulla!" dichiarò il terrestre, alzandosi da tavola e iniziando a misurare a grandi passi la stanza. "Vorrei proprio sapere per quale oscuro motivo continuo a preoccuparmi di te e di quello che fai! Non vuoi andare al ballo? D'accordo! Vuoi vivere in isolamento come un eremita? Benissimo! Vuoi rinchiuderti in una cella a morire da solo? Non c'è problema!"

Il vulcaniano fissò il suo compagno di stanza dare in escandescenza per alcuni lunghissimi istanti, poi si alzò a fronteggiare il terrestre. "Hai finito?" domandò, senza far trasparire alcuna emozione.

"Sì, ho finito," rispose Dalton, piuttosto esausto dopo tutto quel gridare ma più ancora determinato.

"Bene," concluse Vaarik guardandolo fisso negli occhi. "Perché non ho intenzione di ascoltarti un minuto di più." Poi si girò sui tacchi, afferrò il suo PADD per gli appunti e uscì dalla porta senza dire un'altra parola.

Dalton rimase da solo, con le mani sui fianchi e il viso paonazzo.

Qualcuno mi spieghi perché continuo a perdere tempo con quella sottospecie di elfo troppo cresciuto con manie di persecuzione, pensò con rabbia, appoggiandosi al davanzale della finestra e osservando il quartier generale tutto decorato per il gran ballo che si sarebbe tenuto quella sera.

-Perché il granchio vive nella sua corazza per difendersi-, sentì rispondere una voce dentro la sua testa, e per strano che poteva sembrare, sembrava essere proprio la voce di Renko. -Ma quando se ne libera scopre che può nuotare molto più velocemente.-

Esci fuori dalla mia testa, maledetto frullato genetico! si ribellò Dalton, scuotendo la testa come per scacciare un brutto incubo. Devo davvero essere rincretinito, pensò tra sé e sé, adesso comincio ad inventarmi da solo frasi insensate come Renko.

Poi prese anche lui il materiale per andare a lezione e infilò la porta di volata.

Accademia della Flotta Stellare, Laboratorio di Scienze Sperimentali.
Quindici minuti dopo.

Vaarik studiava con interesse le letture del suo terminale, cercando di intravedere una logica nella dispersione statistica dei risultati. Non appena fosse riuscito a trovare il punto in cui l'errore affliggeva lo strumento, comporre una subroutine per risolvere il problema sarebbe stato un esercizio di tutto riposo. Tutto stava nel riconoscere quali dati erano esatti entro i parametri d'incertezza e quali invece erano afflitti da un errore sistematico.

"Provi a variare la risonanza di fase di una frazione di secondo d'arco. Vedrà che i risultati convergeranno molto più rapidamente entro tre sigma."

Il capitano Stark, docente del corso di Scienze, camminava tra i banchi di lavoro del laboratorio, dispensando commenti e piccoli suggerimenti ai cadetti per aiutarli a comprendere le complesse dinamiche dell'esercitazione che stavano svolgendo.

Quando passò di fianco al banco di Vaarik, il maturo vulcaniano sbirciò rapidamente i suoi risultati, annuendo rapidamente in segno d'apprezzamento. "Continui così, signor Vaarik. E non dimentichi di riallineare i sensori laterali ad ogni osservazione per evitare l'accumulo di segnale spurio."

Vaarik fece come gli era stato suggerito, notando effettivamente un miglioramento nei risultati che stava ottenendo. Di tutti i docenti all'Accademia della Flotta Stellare, Stark era l'unico per cui Vaarik provasse una certa ammirazione.

Attorno a lui, molti cadetti del suo anno stavano trafficando sui loro banchi di lavoro, compresi quelli che non appartenevano al dipartimento scientifico. La filosofia della Flotta Stellare era di dare a tutti cadetti una preparazione il più ampia possibile, in modo che nessuno di loro fosse completamente digiuno in nessuna materia. A pochi tavoli avanti a lui stava lavorando Ripley, curiosamente senza Foster al suo fianco.

Osservandola con attenzione, Vaarik non poté fare a meno di notare che la sua uniforme aveva un aspetto diverso dal solito. Il tessuto le aderiva sul corpo come una seconda pelle, sottolineandone allo stesso modo le forme femminili e le caratteristiche peculiari.

Prima di allora, Vaarik non aveva mai notato quanto fosse alieno il corpo di Ripley.

Sotto l'uniforme si intravedevano complesse ramificazioni ossee e cartilaginee, come se dentro di lei fosse cresciuta una struttura ossea troppo grande ed acuminata per adattarsi al suo corpo umanoide. Ad uno sguardo distratto era fin troppo facile dimenticare quelle differenze, ma bastava osservarla con un po' più di attenzione per ricordarsi che quella donna era in grado di piegare una sbarra di duranio con la stessa facilità con cui lui piegava un ramoscello di salice.

Perso nelle sue elucubrazioni, Vaarik si domandò, non per la prima volta da quando la conosceva, come mai non avesse mai sentito parlare di una razza dalle capacità così impressionanti prima che Ripley si iscrivesse all'Accademia di Flotta.

Ad ogni modo, nonostante la sua sensibilità per gli stati d'animo altrui fosse tutto fuorché sviluppata, Vaarik si accorse che Ripley era nervosa. Si agitava sulla sedia, guardava spesso intorno per vedere se qualcuno la stava osservando, spegneva e riaccendeva in continuazione un PADD che teneva accanto al suo terminale di lavoro. Per Ripley, sempre così pragmatica e concentrata, un comportamento del genere era una vera novità.

Proprio in quel momento Peter Perfect, seduto a poca distanza da Ripley ad un altro tavolo di lavoro, si avvicinò alla xenomorfa sfiorandole il braccio come per richiamare la sua attenzione. Come se fosse stata percorsa da una scarica elettrica, Ripley si voltò verso di lui con uno scatto felino, allontanandolo con un gesto che forse non voleva essere violento, ma che unito alla forza straordinaria della xenomorfa mandò letteralmente Perfect a schiantarsi con gran rumore contro la parete opposta, portandosi dietro la sua sedia, i suoi appunti e buona parte del materiale che era posato sul suo tavolo.

Quel baccano improvviso causò una reazione immediata nell'intera classe, che come un sol uomo si voltò ad osservare il motivo di quel putiferio, compreso un accigliatissimo capitano Stark il quale tentava di capire se avrebbe dovuto sedare una rissa durante la sua ora di lezione.

Rendendosi conto che tutti la stavano fissando, Ripley arrossì visibilmente, mormorando qualche parola di scusa mentre gli amici di Perfect lo aiutavano a rialzarsi. Quando la xenomorfa fece il gesto di aiutarlo a raccogliere le sue cose, Perfect si irrigidì e fece un passo indietro, come se temesse che la donna potesse fargli nuovamente male.

Con gli occhi bassi e mormorando ancora qualche parola di scusa, Ripley si sedette nuovamente a suo posto, sprofondando nella sedia con tutta l'aria di qualcuno che desidera invece sprofondare nel pavimento e fissando il suo terminale per tutto il resto della lezione.

Accademia della Flotta Stellare, Sala Mensa.
Pausa pranzo.

"Come vi stavo dicendo, il bolscevismo radicale è solo uno dei tre modi in cui il socialismo si può manifestare: gli altri due sono il comunismo industriale e la socialdemocrazia egalitaria..."

Ilaij era come al solito infervorato in uno dei suoi discorsi di propaganda politica, ma ormai nessuno ci faceva più caso. Perfino Rebecca, che pure divideva con lui la passione per la politica, nonché una recente relazione sentimentale nata a cavallo degli opposti schieramenti, aveva smesso di rimbeccarlo ad ogni sparata sulla "dottrina socialista". Si limitava ad annuire pensierosamente ad ogni sua affermazione, pregando che nessuno lo interrompesse perché altrimenti il russo avrebbe perso il filo del discorso e allora avrebbe ricominciato da capo tutta la sua orazione, che durava ormai da quindici minuti buoni.

Vaarik intanto rimescolava senza appetito la sua zuppa ploomek, cercando contemporaneamente di trovare un modo per alzarsi da tavola il più presto possibile senza che qualcuno si mettesse alle sua calcagna cercando di convincerlo di quanto fosse importante coltivare il rapporto con gli altri.

Tra una cucchiaiata e l'altra, il suo sguardo cadde su una fila di cadetti che stavano aspettando il loro turno al replicatore per ordinare il pranzo. Ripley era in coda, aspettando il suo turno con aria accigliata.

Quando fu il momento della xenomorfa di ritirare il suo pranzo, al posto di ciò che aveva ordinato si materializzò sul suo vassoio una splendida rosa blu, accompagnata da un bigliettino.

Vaarik sapeva che le abitudini alimentari della compagna di stanza di Foster erano piuttosto inusuali, compresa la sua passione per la torta sacher condita con il sedano, ma quello era decisamente fuori dal comune persino per lei.

L'inaspettata comparsa della rosa fu accolta da tutta una serie di mormorii di apprezzamento da parte di molti cadetti presenti, soprattutto ragazze per la verità, che facevano notare ai loro colleghi maschi quanto sarebbe piaciuto anche a loro ricevere un omaggio di quel genere. I cadetti maschi per la maggior parte si limitarono invece a fissare la cosa con aria di sufficienza, come dire: certo che avrei potuto farlo anch'io se avessi voluto quindi non mi sembra il caso di fare tutto questo trambusto per una semplice rosa che in fondo come regalo è anche un po' scontata e banale. In realtà ovviamente stavano fumando per l'invidia, lanciando silenziose maledizioni verso lo sconosciuto fioraio della domenica che gli aveva fatto fare la figura dei barboni.

Al centro di tutto quel movimento, Ripley era tutto fuorché entusiasta di tutta l'attenzione che le era piovuta addosso. Con un metaforico filo di fumo che le usciva dalle orecchie, la donna attraversò a grandi passi la sala mensa, scostando con uno sguardo i cadetti che le si erano fatti attorno per osservare quello che stava succedendo. Quando uscì dalla stanza, anche le porte automatiche parvero aprirsi con deferenza al suo passaggio.

Pochi minuti dopo, ricordandosi di un impegno improvviso che non poteva assolutamente essere rimandato, Vaarik prese congedo dai suoi commensali, dirigendosi, per puro caso, nella stessa direzione presa da Ripley pochi istanti prima.

San Francisco, Terra.
Quartiere di China Town.

Un locale come la "Salamandra Lucente nel Sole del Mattino che Varca i Cancelli del Regno del Coleottero Danzante" non era forse il posto più indicato per fare un discorso a quattr'occhi, ma esistevano comunque delle salette appartate dove due amici potevano discutere tranquillamente tra loro a distanza da orecchie indiscrete.

Foster e Ripley erano seduti ad un tavolo, con i loro piatti ormai freddi appena toccati. La donna giocherellava con una forchetta, che nel suo caso specifico significava che la stava piegando e raddrizzando distrattamente nonostante fosse composta da una lega al cromo-vanadio ad altra resistenza. Foster invece la ascoltava con il mento appoggiato alle mani.

"È cominciato tutto questa mattina, dopo che te ne eri andato a lezione," stava dicendo. "Ho sentito bussare alla porta, ma quando sono andata ad aprire non c'era nessuno: nessun odore, nessuna aura ormonale, niente. L'unica traccia era questo PADD, poggiato in bella vista davanti alla porta."

La xenomorfa mise il PADD sotto il naso di Paul, che si mise a leggerlo. Man mano che andava avanti nella lettura, gli occhi di Paul si spalancavano sempre più, mentre la carnagione di Ripley diventava sempre più rossa. Dopo pochi istanti l'umano interruppe la lettura. "Ok, credo di non aver bisogno di leggere oltre," disse, restituendo il PADD nelle mani di Ripley. "Comunque non ci trovo nulla di strano: il tuo misterioso ammiratore ti da appuntamento questa sera al Ballo dei Cuori Solitari promettendoti una serata di fuoco."

Ripley parve sprofondare ancora di più nell'imbarazzo, cosa quantomeno inconsueta per una donna che, cito testualmente, "il pudore non sapeva nemmeno dove stava di casa".

"Probabilmente hai ragione, ma il fatto è che io... sì, insomma... non so bene cosa pensare." Si agitò sulla sedia, come se avesse voglia di sfogare la sua frustrazione prendendo a calci tutto quello che la capitava sotto tiro. "Insomma, se si trattasse solo di sesso non ci sarebbero problemi," spiegò la donna, riacquistando il pragmatismo e la determinazione tipiche di Ripley. "Ho conservato abbastanza ricordi per sapere come divertirmi con un uomo, sempre che abbia abbastanza fegato," aggiunse poi, con un ghigno. "Ma il romanticismo, le smancerie... dopo quello che sono diventata... non so nemmeno da che parte cominciare."

"Be', a giudicare da quella specie di plug-suit che ti sei messa stamattina al posto dell'uniforme qualcosa ancora ti ricordi," disse Foster con un sorriso ironico. "In ogni caso, continuo a non vedere il problema."

"Be', in effetti un problema potrebbe esserci," sussurrò Ripley con l'aria un po' perplessa, "temo che il misterioso ammiratore possa essere un istruttore."

In quel momento i due udirono un rumore da dietro la porta della saletta appartata che stavano occupando, come un colpo di tosse soffocato. Foster fece segno a Ripley di tacere, poi si avvicinò alla porta con la massima circospezione. Afferrò la maniglia saldamente, poi con un gesto fulmineo spalancò la porta, rivelando ciò che si trovava dietro di essa.

Privati dell'appoggio della porta, Renko, Vaarik, Dalton e Patrizia Pasquariello capitombolarono dentro la stanza, franando uno addosso all'altro.

"Si può sapere cosa ci facevate voi là dietro?" domandò Foster con voce fintamente severa. "Origliavate, forse?"

Tentando di riguadagnare una parvenza di dignità, i tre si affrettarono ad improvvisare delle scuse. "Ecco in realtà noi... siamo qui per puro caso... stavamo controllando la resistenza strutturale della porta quando..."

Foster e Ripley diedero chiaramente ad intendere che non credevano ad una sola parola di quando veniva detto loro.

"In fondo non stavamo facendo nulla di male," disse Renko con convinzione. "Tanto prima o poi ce l'avreste detto, no?"

I due esitarono un attimo, al che Dalton si intromise nel discorso. "Non ci verrete mica a dire che avreste tenuto allo scuro di questa cosa noi, i vostri amici, che con voi hanno diviso tante avventure?" Nei suoi occhi era possibile leggere la delusione dell'amico tradito.

"Be', ve l'avremmo detto, prima o poi," rispose Ripley, anche se non sembrava molto convinta.

"Dunque non abbiamo fatto altro che affrettare ciò che sarebbe avvenuto comunque," concluse Vaarik, con la voce priva di qualunque inflessione. "Anzi, dovreste esserci grati per avervi risparmiato la fatica di trovare il modo e il tempo per informarci."

"Questo è un uso improprio della logica circolare," gli rispose Foster, incrociando le braccia in silenziosa protesta, ma si capiva che ormai aveva capitolato.

"Nessun uso della logica è improprio finché funziona," lo informò Vaarik, impassibile come al solito.

Accademia della Flotta Stellare, Aula di Ingegneria Astronavale
Quel pomeriggio...

"Cadetto Elionn!" tuonò l'istruttore dalla cattedra, indicando con gesto teatrale un cadetta betazoide seduta in piccionaia. "Cosa farebbe se il modulatore di flusso del condotto EPS principale si destabilizzasse durante una manovra ad alto stress strutturale?"

L'interessata, spiazzata dalla veemenza dell'istruttore, esitò un istante di troppo. "Ma... veramente..."

"Risponda! Nello spazio non c'è tempo per esitare, bisogna agire! Cosa farebbe?"

"Be'... ricalibrerei la griglia di contenimento magnetico e... ecco..."

"Si sbrighi! Il condotto EPS sta collassando!"

"Ecco! utilizzerei un oscillatore di fase per polarizzare il tracciato optronico!"

"Ben fatto!" esplose l'istruttore, battendo una manata sulla cattedra per dare più forza alle sue parole. "Ha salvato la nave da un danno irreparabile e la sua media da un abbassamento repentino."

La ragazza espirò, accorgendosi solo allora di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo. Si accasciò sulla sedia, sudata come se avesse appena rischiato sul serio la vita.

"Io so che voi studiate sodo," stava intanto dicendo l'istruttore, "anche perché se non lo faceste vi avrei già spezzato due costole a testa. Ma quello che dovete capire è che sapere cosa fare è solo la metà del vostro lavoro. L'altra metà, quella difficile, è riuscire a farlo sotto pressione e in tutte le condizioni!"

Forse non tutti apprezzavano lo stile di insegnamento di Vinsar, ma quello che è certo è che chi riusciva a superare il suo corso era davvero pronto a tutto.

Per i klingon tutto era una guerra, anche l'ingegneria astronavale. Soprattutto l'ingegneria astronavale, a sentire quello che sosteneva l'irascibile istruttore.

"Va be', per oggi abbiamo finito," dichiarò il klingon. "Per la prossima volta voglio che sappiate il capitolo sugli invertitori gravimetrici a me-na-di-to. E ricordatevi che...?"

"...per andare nello spazio ci vogliono le palle!!!" risposero in coro gli studenti, ripetendo quella che era uno dei motti preferiti dell'istruttore e che era diventato una specie di formula di rito con cui il klingon terminava tutte le sue lezioni. Vinsar digrignò i denti con approvazione ed iniziò a raccogliere i suoi appunti sparsi per tutta la cattedra.

Vaarik sedeva in fondo all'aula, proprio nell'ultima fila. Nonostante quel corso non rientrasse nel suo piano di studi, aveva comunque seguito la lezione, anche se in questo caso le considerazioni accademiche non avrebbero potuto essere più lontane dalla sua mente.

Durante il consiglio di guerra tenuto da Chun, i componenti del gruppo si erano divisi gli incarichi: ognuno di loro avrebbe tenuto d'occhio uno degli istruttori sospettati di aver rivolto le proprie attenzioni a Ripley, cercando di scoprire un suo eventuale coinvolgimento.

Grazie agli indizi trovati sul PADD e al racconto della compagna di stanza di Foster, avevano stilato una lista di sospetti, che ammontava a cinque indiziati fondamentali.

A carico di Vinsar c'era una relazione tecnica scritta in klingon, rinvenuta tra i file del PADD rinvenuto da Ripley quella mattina davanti alla sua porta.

Contro Stark le prove erano ancora più labili, infatti era stata trovata una sola parola, "karts", un chiaro anagramma del suo nome. Vaarik aveva insistito a lungo nel sostenere che se il competente istruttore vulcaniano avesse voluto inserire una firma cifrata avrebbe di sicuro ideato un codice più difficile da smascherare, ma gli altri non gli avevano dato ascolto.

Da un'altra parte avevano invece trovato tutta una serie di parole scritte tutte di fila, come se fossero state vergate da Cobledick in uno dei suoi soliti attacchi di parlantina, oltre ad una serie di riferimenti al pianoforte che avevano decisamente il marchio dell'el-auriano scritto sopra.

C'era poi Fraser, che a detta di Ripley aveva "attaccato bottone" con lei durante un intervallo delle lezioni, nonostante il gracile gallifreyano sembrasse la scelta meno ovvia per una donna forte e volitiva come Ripley.

Sul famigerato PADD, infine, sorpresa delle sorprese, avevano addirittura rinvenuto le soluzioni dell'esame sui sistemi di comunicazione che capitano Maxwell avrebbe proposto in aula nei giorni seguenti. Quest'ultimo ritrovamento, in effetti, era quello che aveva attirato l'attenzione di tutti, ed era inoltre il motivo principale per cui Vaarik si era fatto coinvolgere in questa assurdo teatrino da commedia sentimentale.

A causa del loro rigido codice etico, la maggior parte dei vulcaniani di questo universo troverebbero abominevole l'idea di barare ad un esame, ma non credo sia necessario ricordare che Vaarik non proviene da questo universo.

Per uno come lui, proveniente da un luogo dove l'inganno e il tradimento erano l'unico modo in cui un uomo può sperare di sopravvivere, sprecare una tale opportunità sarebbe stato semplicemente impensabile.

Poteva essere una cosa difficile da digerire, ma di fronte alla pura e semplice sopravvivenza tutte le altre considerazioni scendevano necessariamente in secondo piano.

"Inter arma enim silent leges...In tempo di guerra perfino le leggi tacciono."

E se c'era una sola cosa che il vulcaniano aveva imparato nell'universo dello specchio era che la vita stessa era una guerra. La più lunga. La più crudele. L'unica alla quale non puoi sperare di sopravvivere.

Note queste premesse, non è difficile immaginare che Vaarik non avesse assolutamente nessuno scrupolo morale nel compiere un'azione che un altro vulcaniano avrebbe giudicato scorretta, nel caso in cui questa gli avesse procurato dei vantaggi.

E questo definitivamente includeva ottenere in anticipo le soluzioni di un esame, anche se questo significava sprecare un pomeriggio nel tenere sott'occhio un istruttore per conto terzi.

Secondo la distribuzione dei compiti che avevano concertato con gli altri, a Vaarik sarebbe toccato il compito di sorvegliare il comandante Vinsar, docente del corso di ingegneria astronavale e mentore di tutti i cadetti sulla via del vero guerriero.

In realtà, Vaarik non credeva che un klingon fosse in grado di preparare qualcosa di così ben organizzato come quello che avevano tra le mani. Il loro approccio era in genere più rozzo, e non prendeva in considerazione tutta questa serie di romanticherie dal sapore, se gli era concesso di dirlo, molto terrestre.

Proseguendo lungo questa linea di ragionamento, che il vulcaniano aveva debitamente evitato di dividere con gli altri, Vinsar rappresentava quindi il candidato meno probabile della lista. Proprio in virtù di questo fatto, Vaarik aveva deciso di eleggere l'irascibile istruttore a suo obiettivo. In questo modo, avrebbe ottenuto quello che voleva, ossia le soluzioni del test, ma nel contempo avrebbe fatto meno lavoro possibile, sorvegliando qualcuno che non aveva nulla da nascondere.

E se nel frattempo gli altri non fossero riusciti a trovare il vero ammiratore misterioso... be', in fondo non era un problema suo.

Tenendo quindi bene a mente queste motivazioni, Vaarik osservò l'ingegner Vinsar guadagnare l'uscita con passo marziale e si predispose a seguirlo senza dare troppo nell'occhio.

Accademia della Flotta Stellare, Dipartimento di Ingegneria.
Quella sera stessa...

Per quanto improbabile e assurda l'idea potesse sembrare, l'unica spiegazione logica a quanto aveva visto era che l'ammiratore segreto di Ripley fosse proprio l'ingegner Vinsar.

Vaarik ripercorse per l'ennesima volta i fatti che l'avevano condotto a quella inaspettata conclusione alla ricerca di una falla nel suo ragionamento, ma per l'ennesima volta non ne trovò nessuna.

Aveva seguito l'istruttore per tutto il pomeriggio, mescolandosi nell'andirivieni di cadetti e cercando di nascondersi in mezzo alle ombre.

All'inizio il vulcaniano non aveva notato nulla di strano, tanto che aveva accarezzato l'idea di abbandonare il pedinamento per andare a farsi i fatti propri: Vinsar aveva girovagato a lungo tra i laboratori d'ingegneria, scambiando qualche parola con i cadetti che incontrava, fermandosi a discutere con gli assistenti di laboratorio e supervisionando i progetti di ricerca dei cadetti degli ultimi anni.

Proprio quando Vaarik cominciava a pensare che il suo pomeriggio l'avrebbe visto aggirarsi senza scopo all'interno del dipartimento di ingegneria, l'istruttore aveva deciso di uscire dal complesso dei laboratori, dirigendosi verso l'edificio dell'amministrazione.

Il vulcaniano aveva immaginato che dovesse sbrigare qualche faccenda burocratica, e lo aveva tenuto d'occhio mentre attraversava il campus ed entrava nell'edificio. Superata però la Segreteria, il klingon aveva oltrepassato con passo spedito gli uffici del piano terra, dirigendosi verso un turboascensore.

Vaarik sapeva che l'ufficio di Vinsar era al dipartimento di ingegneria, così come la biblioteca tecnica che il klingon si trovava spesso a consultare. L'unico motivo che riusciva quindi ad ipotizzare perché l'istruttore si recasse ai piani superiori dell'amministrazione era che dovesse incontrare qualcuno.

Sfortunatamente l'accesso ai livelli superiori era severamente interdetto ai cadetti, a meno che non avessero appuntamento, e di conseguenza il vulcaniano aveva quindi deciso di non rischiare a seguire l'istruttore e di cercare invece in altre maniere di scoprire l'identità della persona con cui Vinsar si doveva incontrare.

Sempre tenendo d'occhio l'uscita per evitare che il klingon gli sfuggisse, Vaarik si era quindi rivolto a Marok, il guardiamarina vulcaniano addetto alla Segreteria, e sostenendo di star svolgendo una ricerca sociologica sulle abitudini dei docenti dell'Accademia aveva richiesto la tabella degli appuntamenti di ciascun insegnante. Essendo un documento pubblico, Marok non aveva fatto alcun problema e gliela aveva consegnata senza necessità di ulteriori spiegazioni. A Vaarik era bastata quindi una rapida scorsa alla tabella degli appuntamenti di Vinsar per scoprire che il klingon non aveva per quell'ora appuntamenti con alcun membro del personale dell'Accademia.

Proprio mentre riconsegnava a Marok la tabella, Vaarik aveva quindi visto con la coda dell'occhio il suo obiettivo attraversare a grandi passi l'androne dell'edificio, come se avesse una gran fretta. Cominciando a provare un pizzico di curiosità, il vulcaniano aveva ricominciato il suo inseguimento. Vinsar, sempre di gran carriera, si era quindi diretto in fureria, dove aveva ritirato dall'addetto un involucro voluminoso ma leggero, di quelli che si usano per proteggere gli abiti appena stirati.

Vaarik non ci mise molto ad ipotizzare che dentro quell'involucro vi fosse l'abito che il klingon intendeva indossare quella sera al Ballo dei Cuori Solitari, ma la cosa lo lasciò notevolmente perplesso. Prescindendo dal fatto che non aveva mai visto in vita sua un klingon preoccuparsi di cosa avrebbe indossata ad un ridicolo ballo, per quale motivo Vinsar avrebbe dovuto far stirare un abito, quando avrebbe semplicemente potuto replicarne uno nuovo? L'unica spiegazione logica era che l'abito fosse una specie di cimelio, qualcosa a cui il klingon fosse sentimentalmente legato e che quindi non avrebbe avuto senso replicare.

Continuando a porsi questa ed altre domande, il vulcaniano pedinò l'istruttore fino ai cancelli dell'Accademia, e poi sulla strada che scendeva verso San Francisco. Vinsar sembrava sempre avere molta fretta, e consultava una PADD che Vaarik non aveva fatto fatica a riconoscere come una piantina della città. Quando infine aveva visto dove il klingon era diretto, molte delle certezze di Vaarik erano state spazzate via.

Vinsar si era fermato di fronte ad un fioraio.

Aveva discusso a lungo ed animatamente con il proprietario del negozio sulla scelta dei fiori, aveva lasciato nome ed indirizzo e poi era uscito dal negozio con aria soddisfatta.

A questo punto, aveva cominciato ad affacciarsi alla mente del vulcaniano l'idea di aver sbagliato completamente i suoi calcoli.

L'ultima conferma l'aveva avuta pochi minuti prima, quando era riuscito a intrufolarsi nello studio dell'istruttore. Complice il buio e il Ballo dei Cuori Solitari che catalizzava l'attenzione di tutta l'Accademia, Vaarik era riuscito ad introdursi attraverso una finestra nello studio di Vinsar, situato fortunatamente al primo piano del dipartimento di ingegneria.

Cercando di fare più in fretta possibile, il vulcaniano aveva frugato per tutta la stanza, ricercando qualsiasi particolare compromettente che potesse collegare il klingon a Ripley. Per prima cosa Vaarik aveva controllato il famoso involucro per abiti, ora completamente vuoto e abbandonato sopra una sedia. Ad un esame più approfondito, comunque, l'involucro non si era rivelato così vuoto come poteva sembrare: al suo interno il vulcaniano aveva rinvenuto un bigliettino, sul quale era possibile leggere: Ricorda che in guerra e in amore tutto è permesso. In bocca al lupo per questa sera, Mills.

Nonostante l'oscura scelta di parole, perfino a Vaarik era sembrato chiaro che, chiunque fosse il misterioso Mills del bigliettino, stesse augurando a Vinsar buona fortuna per il ballo di questa sera.

Infine, frugando nella piccola selezione di spartiti musicali d'autore che l'istruttore teneva nel suo studio per amore di collezionismo, Vaarik aveva notato un titolo era decisamente fuori luogo in mezzo alle raccolte di roboanti opere klingon e gutturali inni di guerra: "Parlami d'amore, Mariù. Selezione delle più accorate e struggenti canzoni sentimentali dal XX secolo a oggi".

A quel punto il vulcaniano non aveva più bisogno di sapere altro. Era sgusciato fuori dallo studio, avendo cura di chiudere bene la finestra dietro di lui, poi si era diretto verso il salone da dove già si iniziavano a diffondere le note del pianoforte di Cobledick, e dove lo stavano aspettando i suoi compagni di corso perché li informasse delle sue ultime scoperte.

Accademia della Flotta Stellare, Salone dei Ricevimenti
Cinque minuti dopo...

"Ciao bel vulcaniano, che fai tutto solo?"

Vaarik si voltò nella direzione dalla quale era venuta la voce, trovandosi di fronte ad una giovane caitiana dal pelo chiaro. La ragazza lo sbirciava da sotto le ciglia con aria maliziosa, accompagnata da tre delle sue amichette. Vaarik sapeva di averle incrociate un paio di volte a lezione, ma prima di allora non gli avevano mai rivolto la parola.

"Ho molta fretta," rispose sbrigativamente alla caitiana, voltandosi per riprendere la sua strada.

"Aspetta, parrrliamo un po'." La ragazza fece un passo verso di lui, e dall'andatura incerta era chiaro che la cadetta era in evidente stato di alterazione alcolica.

Scuotendo la testa con aria di disapprovazione, il vulcaniano fece per darle nuovamente le spalle.

"Ehi, torrrna qui, non morrrdo mica," lo apostrofò la ragazza, afferrandogli gentilmente un braccio per trattenerlo. "Io mi chiamo Rrriaxxa, tu sei Vaarrrik, vero?"

"Non. Mi. Toccare."

Le parole del vulcaniano rimasero sospese nell'aria, congelando l'atmosfera intorno a loro.

La caitiana lo guardò con gli occhi sgranati, poi il suo stupore si trasformò in risentimento. "Scrreanzato!" soffiò, allontanandosi da lui. "Ma come ti perrrmetti?"

La scena aveva intanto attirato l'attenzione dei cadetti che si trovavano da quelle parti, i quali si fermarono ad osservarli con malcelata curiosità.

Vaarik si sistemò nella sua tunica per darsi un contegno. "Lasciami in pace," disse con freddezza alla ragazza. "Lasciatemi in pace, tutti quanti," ripeté, rivolto alla piccola folla che li stava osservando.

"Ehi, non crederai di cavartela così facilmente," gli disse una delle amiche della caitiana, una terrestre alta e ben piantata, anche lei leggermente brilla. "Adesso devi chiedere scusa alla nostra amica!"

"Ho detto di lasciarmi in pace," sibilò il vulcaniano con uno sguardo omicida, bloccando sul nascere ogni tentativo delle ragazze di trattenerlo. "Non fatemelo ripetere." Poi volgse le spalle al gruppo e riprese la sua strada.

"Beccamorto vulcaniano..."

Il sibilo lo raggiunse alle spalle, rapido e velenoso come la puntura di uno scorpione. Il commento sollevò una serie di risatine dalle sue amichette e da tutta la gente che stava osservando la scena, e Vaarik sentì la rabbia serrargli le viscere come l'artiglio di un predatore. Il vulcaniano fece appello alla sua Disciplina, dicendo risolutamente a se stesso che non si sarebbe ulteriormente reso ridicolo di fronte a tutti rispondendo a quelle infantili provocazioni. Riprese quindi a camminare senza altri segni di esitazione.

Non era riuscito a fare venti passi che un'altra voce lo raggiunse alle spalle. "Ciao bel vulcaniano, che fai tutto solo?"

Vaarik si voltò con deliberata lentezza, finché i suoi occhi gelidi incontrarono quelli a mandorla di Eru, la chiropteriana, che lo guardava con il suo solito sorriso enigmatico sulle labbra.

"Immagino che tu ti stia divertendo un mondo," disse Vaarik con freddezza, poi volse le spalle e riprese a camminare.

"In realtà no," lo informò Eru, affrettandosi a raggiungerlo e mettendosi a camminare al suo fianco. "È stata una scena alquanto spiacevole."

Vaarik non rispose, continuando a camminare.

"Mi dispiace per quello che è successo," disse poi la chiropteriana, dopo un attimo di silenzio.

"Perdonami se non credo a questo tuo improvviso interessamento," le ricordò Vaarik, lanciandole uno sguardo duro, "quando sei stata sempre la prima a divertirti alle mie spalle."

"Un conto è prenderti un po' in giro ogni tanto," spiegò Eru con convinzione, "un conto è umiliarti in pubblico in maniera."

"Le mie emozioni sono saldamente sotto il mio controllo," dichiarò Vaarik con voce decisa. "Le parole di un gruppo di ragazzine viziate non possono toccarmi."

"Ma questo non dà loro il diritto di parlarti in quella maniera."

Il vulcaniano si fermò di colpo, costringendo la sua compagna a fare altrettanto. "Questa tua attenzione è quantomeno sospetta," disse incrociando le braccia. "Che cosa vuoi, esattamente?"

"Io non voglio proprio niente," rispose la chiropteriana. "Adesso non ci si può preoccupare per un amico?"

"Uno: io non sono tuo amico," rispose Vaarik enumerando sulle punte delle dita. "Due: se c'è una cosa che ho imparato è che nessuno fa niente per niente. Tre: tutti vogliono qualcosa. Soprattutto chi ti dice che non vuole niente."

"Mamma mia, che cattiveria," disse Eru, sollevando scherzosamente le mani in un gesto di resa. "Immagino che ora dovrei gettarmi ai tuoi piedi implorando il tuo perdono per la mia irriverenza, giusto?"

"In effetti sarebbe apprezzato, ma non credo che sarò così fortunato."

"Ci puoi scommettere che non sarai così fortunato!" rispose la chiropteriana con una risata. "A proposito, come mai qui al ballo? Ad essere sinceri sei l'ultima persona che pensavo di incontrare."

"E difatti non era mia intenzione partecipare a questo ridicolo ballo," dichiarò Vaarik con voce seccata, guardandosi intorno alla ricerca dei suoi compagni. "Tuttavia devo incontrarmi con alcune persone per una questione piuttosto urgente."

"E perché non volevi venire?"

"Perché queste attività sociali hanno per me lo stesso interesse dei processi riproduttivi dei bruchi tarkassiani."

"O perché avevi paura che ti saresti potuto divertire?" insinuò la chiropteriana, con un sorriso storto sulle labbra.

Vaarik la fulminò con lo sguardo, ma non disse una parola. Poi finalmente intravide tra la folla i suoi compagni, che si guardavano anche loro in giro con circospezione.

"Ora se vuoi scusarmi," disse alla chiropteriana, incamminandosi verso di loro.

"Divertiti," disse Eru, lanciandogli un sorriso ironico

"Non contarci," rispose il vulcaniano senza voltarsi, fendendo la folla grazie all'aura di disastro imminente che come al solito circondava la sua figura.

* * *

"È stato lui!"

Vaarik, Renko, Foster e Dalton si guardarono in cagnesco, indicando ognuno un individuo diverso. In mezzo a loro, Ripley li squadrò tutti come se fosse degli organismi unicellulari.

Mentre i cadetti tentavano ognuno di convincere gli altri della validità delle loro ragioni, la musica di sottofondo cessò senza alcun preavviso, mentre anche le luci si spensero improvvisamente.

Tutto il salone del ballo ammutolì immediatamente, mentre centinaia di cadetti sbalorditi cercavano di capire cosa fosse successo. Vaarik avvertì la fortissima sensazione che stesse per avvenire qualcosa di grosso, ma che cosa non avrebbe saputo dirlo.

Proprio mentre alcuni cadetti cominciavano a chiedere a gran voce il motivo di quel black-out improvviso, una schiera di luci si accese improvvisamente, illuminando una porzione di pavimento, proprio al centro del salone. Dopo alcuni istanti la sezione di pavimento cominciò ad aprirsi, rivelando una specie di enorme doppio fondo.

A mano a mano che la porzione di pavimento si apriva, l'orchestra attaccò una serie di squilli di tromba, seguiti da un tonante rullo di tamburi.

I cadetti fissarono ammutoliti quello spettacolo insolito, cominciando a capire che doveva trattarsi di una specie di sorpresa ideata per movimentare la festa.

Quando la botola fu completamente aperta, dal livello inferiore iniziò a salire una piattaforma, sulla quale era possibile vedere in controluce la figura di un uomo, mentre alle sue spalle l'orchestra iniziava a suonare una musica travolgente, accompagnata dalla voce roca ma graffiante di Estìa Kalligalenos che cantava "Living in Angosia... Hey! Hey! Living in Angosia..."

Solo quando la piattaforma fu emersa completamente, le luci accecanti si attenuarono, permettendo ai normali riflettori di illuminare il volto di Naren Gozar, il temutissimo capo della sicurezza della USS Dominus, che aveva tenuto innumerevoli lezioni-massacro al corso di Lotta Corpo-a-Corpo del suo amico ed ex-commilitone Ted Sherman. Avvolto nella sua impeccabile uniforme di gala, Gozar si guardava intorno con occhi penetranti, come se stesse cercando qualcuno in particolare.

Quando finalmente lo trovò, il suo volto si distese in un sorriso. L'angosiano scese rapidamente i quattro gradini della piattaforma, dirigendosi con passo deciso verso la folla dei cadetti. In poche falcate Gozar si parò di fronte ad una stupitissima Ripley.

"Sono lieto che tu abbia accettato il mio invito di questa sera, mia cara," disse alla donna, accennando un lieve inchino. "Spero che la mia sia stata una gradita sorpresa."

"Cosa?" domandò la xenomorfa, ancora piuttosto stupefatta dalla piega che avevano preso gli eventi.

"Non ricorda? Dopo il nostro ultimo incontro mi aveva promesso una rivincita, e quale momento migliore di questo? Allora, accetta la sfida?" domandò infine l'ufficiale, porgendole cortesemente il braccio.

L'espressione sul viso di Ripley mutò radicalmente, trasformandosi in un sorriso storto. "Ci puoi giurare, angosiano," rispose, prendendolo sotto braccio.

"E adesso che facciamo?" domandò Foster, che era stato tutto il tempo ad assistere a quella scena senza riuscire a dire una parola.

"Be', io inizio a raccogliere le scommesse," disse Dalton cogliendo la palla al balzo.

"Nemmeno per idea," disse Ripley voltandosi verso di loro. "Mi aspetto di trovarmi al mio angolo tra dieci minuti, e spero che come secondi valiate più di quanto valete come investigatori!"

* * *

"Se amate la distruzione, se per voi i massacri sono all'ordine del giorno, se Conan il Barbaro è il vostro cantante country preferito, allora siete nel posto giusto. Signore e signori, vi diamo il nostro benvenuto all'...


Death Match

È una bellissima serata qui a San Francisco, i coniglietti saltellano nei prati e gli usignoli cinguettano felici, mentre voi siete qui pronti ad assistere allo spettacolo più violento e sanguinario che la storia ricordi dai tempi dell'ultima svendita ai grandi magazzini UPIM, giusto Simone?"

"Giustissimo Stark. È bello vedere che il nostro incontro ha richiamato tanta attenzione. Un gran numero di cadetti ha già preso posto sugli spalti, entusiasti di vedere due celebrità dell'Accademia darsele di santa ragione."

"Ma veniamo ai nostri partecipanti. In questa splendida serata si affronteranno due tra le più terribili e spietate macchine da guerra che questo lato della galassia abbia mai visto. Molti si sono chiesti chi di loro due fosse effettivamente il più forte e questa sera lo scopriremo, perché ne rimarrà soltanto uno."

"Parole sante, Stark, parole sante. Ma andiamo a sentire cosa dicono i contendenti negli spogliati. Un nostro inviato speciale è andato ad intervistarli... a te la parola Joan."

* * *

"Grazie, bietolone. Siamo qui nello spogliatoio di Naren Gozar, capo della sicurezza della USS Dominus e membro delle forze speciali angosiane. Insieme a noi c'è anche Ted Sherman, che per questo incontro funge da secondo. Signor Gozar, ci dia un pronostico."

"Vinco io."

"Ah. Lei cosa ne pensa, Ted?"

"Vincerà lui, ovviamente. Ha passato l'ultimo mese ad allenarsi in Siberia, niente comfort, niente tecnologia, solo lui e la natura... grazie a lui, ora le tigri bianche sono di nuovo una specie in via d'estinzione."

"Eppure l'ultima volta l'incontro non è andato molto bene per lei, Gozar..."

"Il risultato del precedente incontro è stato causato principalmente alla sorpresa e ad un pizzico di fortuna. Questa volta, entrambi questi fattori sono stati eliminati. L'intervista finisce ora."

"Grazie, signor Gozar, affabile e socievole come al solito. Ed ora spostiamoci nello spogliatoio della sua avversaria, la cadetta Ripley 9, qui presente insieme ai suoi amici Paul Foster, Luke Dalton, Renko e Vaarik, che le faranno da secondi. Allora, Ripley, facci una previsione."

"Vinco io."

"Vedo che entrambi i contendenti hanno letto lo stesso manuale su come essere più affabili e farsi delle amicizie... Ma passiamo la parola ai secondi."

"Lo faccio io un pronostico: veniamo, vediamo e lo fottiamo."

"Faremo vedere a quel bastardo d'angosiano come si lavora all'assessorato."

"Grazie, molte grazie ragazzi... siete stati veramente espliciti."

"Il coguaro, per quanto veloce, non nuoterà mai più rapidamente del paguro."

"..."

"Credo che con questo commento dagli spogliatoi sia veramente tutto. A voi la parola, ragazzi."

* * *

"Grazie, Joan, un servizio impeccabile. È stato tutto molto interessante, vero Stark?"

"Assolutamente Simone, assolutamente. Ma vedo che la regia ha iniziato a trasmettere sul mega-schermo le immagini tratte dal loro precedente scontro, avvenuto l'anno scorso durante una sessione di allenamento di lotta corpo a corpo e che ha visto vincitrice per un soffio il cadetto Ripley. È giunto quindi il momento di far entrare i due concorrenti!!!"

"Arriva da un pianeta ad alta gravità ai limiti dello spazio conosciuto, sul quale nessun essere umano ha mai messo piede... Signore e signori, la regina della distruzione, la duchessa del massacro, la vedova nera dell'accademia... Riiiiiiipleeey 9!!!"

"La ragazza sembra molto amata dai cadetti, che ne dici, Simone?"

"Mi sembra chiaro, Stark. Ripley è una vera celebrità qui in accademia. Inoltre quel costumino attillato da dominatrice le sta che è un incanto."

"Ma veniamo al suo avversario di questa sera. È cattivo. È spietato. È laureato in architettura. Ecco a voi Naren Gozar, il macellaio angosiaaanooo!"

"Non mi sembra che Gozar riscuota un grande successo. Senti che fischi... dici che sarà forse perché ha mandato in infermeria metà del pubblico?"

"Secondo me è abbastanza probabile. Ehi, Stark, guarda chi sta salendo ora sul ring. Per un incontro eccezionale ci voleva un arbitro eccezionale... e chi se non Arvan tai-Vinsar?"

"Credo che l'immagine di Vinsar in camicia e cravattino sarà qualcosa che resterà a lungo nella memoria dei cadetti..."

"Ed ora il tocco finale: in questo momento il ring viene circondato da una gabbia metallica, composta di puro acciaio temprato. Questa impedirà ai partecipanti di cadere fuori dal ring... e all'incontro di terminare troppo presto!"

"A questo punto non ci resta altro che ascoltare le parole dell'arbitro Vinsar, e poi... che il massacro abbia inizio!"

"Allora, statemi bene a sentire: voglio un combattimento pulito, qui non siamo sul ponte ologrammi, quindi niente parametri di sicurezza. Mi avete capito? Sì? Bene... dateci dentro!!!"

Accademia della Flotta Stellare, Salone dei Ricevimenti.
Diciannove violentissimi minuti dopo...

Il combattimento di Ripley e Gozar andava avanti ormai da quasi venti minuti, e nessuno dei due sembrava minimamente intenzionato a darsi per vinto.

Ormai entrambi ansimavano vistosamente, ma ad ogni scontro le violenza dei loro colpi andava crescendo, come se il piacere della sfida desse loro più energie di quante gliene togliesse la fatica.

Le loro tenute da combattimento erano ormai lacere e strappate, i loro capelli umidi e appiccicati, ed ognuno dei due era ricorso a ogni tattica ed espediente che fosse venuto loro in mente, ma l'incontro sembrava non riuscire a sbloccarsi in favore di uno o dell'altro.

"Il combattimento sembra sempre più acceso, non è vero, Stark?"

"Direi proprio di sì, i nostri contendenti stanno dando prova di meritare la fama che... un momento! Che cos'è questa musica?"

L'orchestra guidata da Cobledick, che fino a quel momento aveva accompagnato dal vivo l'incontro dal sottolineandone con maestria i passaggi più rapidi e cruenti, aveva inspiegabilmente attaccato a suonare una melodia accorata e struggente. L'el-auriano, repentinamente ispirato, faceva danzare le sue dita sui tasti del pianoforte con un'enfasi che gli era fino ad ora sconosciuta, accompagnata dalla voce appassionata della Kalligalenos.

"Parlami d'amore, Mariùùù...

"Tutta la mia vita, sei tuuu..."

"Signori e signore, incredibile! Evidentemente ci deve essere stato uno scambio di spartiti, e l'orchestra ha preso a suonare una disgustosa canzone sentimentale... O mio dio! Non credo ai miei occhi! Gozar e Ripley, dopo un attimo di indecisione, hanno smesso di combattere e hanno iniziato a... ballare!"

"Incredibile! Quello che prima era un sanguinario incontro di lotta si è repentinamente trasformato in un appuntamento danzante! Tutto questo è inaccettabile!"

"Assolutamente disgustoso, Stark. Nonostante le rimostranze della folla, i due continuano a volteggiare sul ring come se nulla fosse... che spettacolo deprimente!"

Ma né le urla della folla né i commenti dei cronisti potevano sfiorare i due ballerini, ormai avvinti dalla musica che l'orchestra aveva preso a suonare con rinnovata energia.

I due continuarono a danzare, a danzare, a danzare... finché un drappo, staccatosi dal soffitto al quale era appeso come decorazione, planò dolcemente sulla gabbia come un sipario, nascondendo i due ballerini agli sguardi della folla.

E mentre la folla continuava a protestare e i secondi si guardavano allibiti senza sapere cosa fare, le dolci note della canzone continuavano a diffondersi lentamente nel salone, ignare di tutto ciò che succedeva sotto di loro.

"Parlami d'amore, Mariùùù...

"Tutta la mia vita sei tuuu..."

FINE CAPITOLO