ASTROPORT '75

 

Quattro umanoidi, carichi di valigie, stavano dirigendosi di gran lena verso l'entrata dell'astroporto, ed ognuno mentalmente pregava di arrivare in tempo per imbarcarsi sulla nave che l'avrebbe portato nel luogo dove avrebbe passato la tanto meritata licenza.

"Maledizione a te, Luke, ed alla tua brillante idea di fare da portalettere alla Lenorath, sto rischiando di non vedere mia moglie, ed era l'unica volta in cui le nostre licenze coincidevano!" sbraitò Foster, evidentemente non felice di come stavano andando le cose.

Dalton, dal canto suo, emise un grugnito come risposta, per poi passare a qualcosa di più comprensibile: "Senti, mi sembrava un ottimo modo per saltare le lezioni e prendere i nostri voli con calma...COSA DIAVOLO NE' SAPEVO IO CHE QUELL'ANDORIANO E QUEL PARANOICO DI SIX CI AVREBBERO FATTO PERDERE MEZZA GIORNATA!" urlò Luke, anche lui ormai sul punto di scoppiare. "Inoltre, mi pare di non avere costretto nessuno a seguirmi."

"Ma perché diavolo ti ho dato retta?" rispose Foster. I due si guardavano in cagnesco, ringhiando ogni tanto e stavano per rimettersi a litigare quando un inusuale paciere si fece avanti.

"Sentite, signori, credo che vista la nostra situazione l'opzione migliore è risparmiare il fiato e correre più veloci" disse Vaarik, mettendo così fine a quella discussione.

Il quartetto in breve si trovò davanti all'entrata dell'astroporto Hikaru Sulu, ma si accorsero subito che qualcosa non andava. Molta, troppa, gente stava andandosene dall'astroporto e dalle loro facce non sembravano appena tornati dalle vacanze ma piuttosto da un incontro con un torturatore cardassiano, inoltre il cielo era praticamente sgombro da navi e navette, cosa non certo normale per quel luogo.

"Ragazzi, ho una brutta sensazione e vi assicuro che non è causata dalla cucina della scuola" dichiarò Luke, ora anche lui leggermente preoccupato, e lo divenne ancor di più quando vide dei cartelli dov'era scritto che la direzione non garantiva per oggi i voli civili sia intra che extra-sistema.

Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, Renko mise a terra i bagagli e si diresse verso un boliano, pieno di valigie, che pareva essere lì da un bel pezzo ed era intento a lanciare una serie d'imprecazioni molto fantasiose verso i dirigenti dell'astroporto ed i loro antenati. Il frullato genetico rimase a parlare con lui per un minuto poi ritornò mestamente dai suoi amici.

"Ehm... ragazzi, ho scoperto cosa è successo, penso che sappiate dell'ammodernamento dei computer che stavano facendo."

"Certo, è più di un mese che lo stanno pubblicizzando, credo che vogliano renderlo del tutto operativo fra un paio di settimane, per i festeggiamenti dei cinquant'anni d'attività di questo posto" disse Foster, non capendo dove l'amico stava andando a parare.

"Non lo dirige quel famosissimo genio dell'informatica, Giovanni... no, Guglielmo Cancelli, se non mi sbaglio" aggiunse Luke, anche lui totalmente all'oscuro dei processi mentali di Renko.

"Già, comunque, per farla breve, pare che i nuovi programmi che questo genio ha ideato non siano del tutto compatibili con i computer cui erano destinati, oggi hanno fatto una prova... mandando in tilt tutto il sistema."

Per un lungo interminabile secondo i cadetti si guardarono nel più assoluto silenzio poi cominciarono ad urlare lanciando strali, tranne Vaarik che si limitò a scrollare le spalle.

"Non è possibile, viaggi nel tempo, presenti alternativi, elezioni truccate ed esercitazioni con inclusi pirati idioti poi finalmente ottengo una licenza e cosa succede? Un'idiota manda a monte tutto! Ma perché a me, Signore, non sono più il tuo preferito?" disse un disperato Dalton.

"Per curiosità, Luke, dove volevi andare?" gli domandò Paul.

"Risa, avevo appena fatto scorta di Horga'han" rispose lui senza battere ciglio. "Perché?"

"Niente, così per avere una conferma. Sentito, Renko? Mi devi 100 crediti" disse l'umano.

"Ehi, mi raccomando, non una parola con Lam, altrimenti divento un parafulmini... capito, Vaarik?" E diede un'occhiataccia al suo compagno di stanza, avendo come risposta una specie d'assenso, per la precisione, un movimento della testa che Luke preferì interpretare come un sì.

"Ed adesso cosa facciamo?" chiese Paul, gettando a terra le valigie e sedendo sconsolato su una di loro.

Il frullato genetico si schiarì la gola: "Beh, possiamo sempre tentare di trovare qualcosa, hanno detto che quasi tutti i voli sono stati cancellati, quasi... non tutti."

"Da perdere non abbiamo nulla."

"Tanto ormai che siamo qui..."

"Magari siamo fortunati... sarebbe anche ora."

I quattro, pieni di speranza, cominciarono a vagare nell'astroporto, alla disperata ricerca di un volo che li potesse portare a destinazione. Ci vollero quasi 30 minuti ma alla fine Renko riuscì a trovare qualcosa, e qualcosa era proprio il termine più adatto per descriverlo.

"Hmmm... Sirio II, andrebbe proprio bene... lì c'è un piccolo astroporto, un po' fuori mano, certo, però ha dei buoni collegamenti e soprattutto funziona, possiamo raggiungere le nostre mete da laggiù" annunciò un festante Foster.

"Da dove e soprattutto, quando parte questa nave?" chiese Luke, ormai riteneva impossibile salvare le sue vacanza e quella notizia era stata, per lui, il classico raggio di sole nella tempesta.

"Fra poco al gate Kenobi" gli rispose con tranquillità l'amico, rendendosi conto solo dopo di quello che aveva appena detto.

All'improvviso un urlo rabbioso e disumano uscì dalla bocca di Dalton, seguite da una serie di colorite e fantasiose imprecazioni. Per fortuna i suoi compagni riuscirono a convincerlo che a caval donato non si guarda in bocca, perciò in tutta fretta fecero i biglietti e si diressero all'imbarco.


 

Appena raggiunsero il veicolo, i cadetti si trovarono di fronte ad uno spettacolo... insolito, davanti a loro c'era una nave di vecchio, ma molto vecchio tipo, per la precisione apparteneva alla classe Savoia Marchetti, aveva come numero di registro N.A.R. 1317 e si chiamava Andrea Doria, e dai tanti raddobbi di qualità non eccelsa che si potevano chiaramente vedere doveva aver avuto una storia lunga ed interessante, ma soprattutto lunga.

"Ehi, ma è un residuato di guerra" disse Dalton, mentre faceva un rapporto tra i rischi del viaggio ed i benefici che ne avrebbe avuto... in parole povere le ragazze di Risa.

"Quale?" chiese di rimando Foster, anche lui esterrefatto per quel che vedeva.

"Tutte" fu la laconica risposta dell'amico.

"Allora cosa facciamo?" domandò Renko.

I quattro rimasero in silenzio per qualche momento, poi facendo un respiro profondo s'avviarono verso il loro mezzo di trasporto. Tutti tranne Vaarik che prese la direzione opposta, purtroppo la sua fuga fu di breve durata, infatti, fu quasi subito investito da un ciclone umanoide che lo trascinò con sé sull'Andrea Doria mentre i suoi amici osservano la scena esterrefatti.

In breve scoprirono che il tifone aveva anche un nome, si chiamava Patrizia Pasquariello ed era nativa del pianeta Italia, per una strana coincidenza anche lei era una cadetta e, sempre casualmente, gli era stata appena concessa una licenza e stava andando nel sistema di Sirio, con lei c'era una lupa di nome Aisha.

-Mica male la ragazza- pensò Luke osservandola, per qualche momento pensò di tentare un approccio ma alla fine decise di non farlo, era troppo stanco, inoltre doveva mantenere le forze per quando sarebbe arrivato su Risa. Appena saliti sulla nave, furono accolti dal suo capitano, un edoano sorridente e gioviale che fu felicissimo di rispondere alle domande di Dalton e Foster, tutte riguardanti la tenuta e l'affidabilità del mezzo. Il gruppo prese cautamente posto sulla nave, misurando ogni gesto come se un tocco troppo brusco potesse far cadere a pezzi il trasporto.

Intanto, un'hostess apparentemente umana, passava tra i vari passeggeri per dare ragguagli sul viaggio e distribuire, con modi leggermente bruschi, una brodaglia calda sulla cui origine era bene non indagare.

"Ehi, ragazzi, avete visto i nostri compagni di viaggio?" disse Luke ai suoi amici in tono cospiratorio. "Abbiamo una ragazza incinta, un vecchio e scorbutico Klingon con un braccio solo e una non troppo giovane ma neanche troppo vecchia istitutrice vulcaniana con appresso un piccolo tellarite malato che va su Sirio II a fare un operazione... per tutti gli Starfury! Sembra il cast di quei vecchi film catastrofici che mi hai fatto vedere, Paul."

A quelle parole l'umano protestò: "Guarda che nonostante non fossi il più grande produttore del mondo, neanche io avrei usato degli stereotipi così vetusti!" disse in tono indignato.

Gli altri ascoltavano tutto non capendo assolutamente a cosa si riferissero. Poi nella discussione s'intromise una gioviale Patrizia: "A proposito di spettacoli, lo sapete che durante il volo faranno vedere dei film? Almeno è questo che dice il depliant, dovremmo poter scegliere tra 'Titanic 2 Il Ritorno' e 'Vacanze di Pon' far 74', sinceramente preferirei il primo, adoro le storie romantiche e poi il protagonista è tanto bello, voi cosa né dite? Siete d'accordo, vero?"

La dotta discussione fu interrotta da una voce proveniente da vari altoparlanti: "Selve a tutti, qui è il chepitano Liinobenfi, vi annuncio che fa cinque minnuti pertiremo, vi ringrezio ancora per aver scelto le linee spaziali Whitestar."

Nello stesso momento videro l'hostess scendere dalla nave in tutta fretta.

"Scusi, ma non rimane con noi?" domandò l'istitutrice vulcaniana.

"Fossi scema!" rispose, per poi filare via di corsa, lasciando tutti sorpresi e leggermente preoccupati.

"Cominciamo bene..." disse Patrizia, tenendo stretta la sua lupa che ululava imperterrita, come se qualcosa la spaventasse.

La nave all'improvviso fu scossa da grandi tremori, segno che i motori venivano accesi e che presto il viaggio avrebbe avuto inizio.

"Per me dobbiamo uscire a spingere" commentò Luke, solo in parte scherzando.

Per fortuna questo non risultò essere necessario ed anche se a fatica l'Andrea Doria entrò in curvatura e si diresse verso Sirio II, anche se ogni tanto si sentivano degli strani scricchiolii che facevano venire dei grossi brividi freddi a tutti, ma specialmente ai due piloti, ma si sa a volte la conoscenza è un fardello.


 

Nessuno capiva come ma il viaggio stava filando liscio come l'olio, ormai erano quasi arrivati a destinazione ed il clima all'interno della nave si era notevolmente rilassato.

Renko stava meditando, mentre Paul cercava di allontanare la lupa di Patrizia che pareva essersi presa una cotta per lui.

L'istitutrice sorvegliava il bambino, ora più che mai, infatti, quando aveva cominciato ad importunare Vaarik si era rischiato l'infanticidio, la ragazza incinta aveva deciso di approfittare del tempo per dormire ed il vecchio Klingon era sempre stato sulle sue.

"Ehi, Vaarik" chiese Luke, interrompendo la lettura del suo compagno di stanza.

"Sì?" rispose il vulcaniano con un tono e con uno sguardo che lasciavano intendere che avrebbe preferito essere cosparso di formiche carnivore piuttosto che parlare con lui, naturalmente questo non fece assolutamente desistere Dalton, anzi.

"Senti, credi che avrei qualche possibilità con la vulcaniana? Sai mi pare uno di quei tipi che esteriormente sono degli iceberg, ma basta andare più a fondo e sono calienti come una nova."

L'amico non disse niente, ma la sua espressione bastò a far capire che le sue possibilità di far breccia nel cuore della vulcaniana erano meno di zero e che tentarci sarebbe stato solo uno spreco di tempo, oltre che un ennesima figuraccia.

"Capisco, ma se vuoi tentarci tu, ti faccio tutti gli auguri possibili" disse con un sorriso sincero, ottenendo come risposta uno sguardo che avrebbe fatto accapponare la pelle ad un cardassiano, poi, sbuffando, Vaarik ritornò alla sua lettura cercando con tutto il suo essere di ignorare il suo compagno di stanza.

Passarono svariati minuti poi finalmente la nave entrò nell'atmosfera di Sirio II, dirigendosi molto velocemente verso l'astroporto.

"Mmm... di questo passo giungeremo a destinazione prima del previsto" disse Renko, controllando l'orologio.

Ma nessuno dei suoi amici pareva ascoltarlo, Luke e Paul erano troppo occupati a guardare fuori dal finestrino, mentre Vaarik era immerso nei suoi pensieri.

"C'è qualcosa che non va" disse Dalton, rivolgendosi sottovoce all'altro umano. Questi, silenziosamente, annuì con espressione grave.

"Cos'avete da mugugnare, arriveremo anche prima del previsto?"

Luke si avvicinò al frullato genetico con aria circospetta, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno lo potesse sentire: "È questo il problema, stiamo andando troppo veloci e troppo dritti per eseguire una corretta manovra d'atterraggio, in parole povere: rischiamo di sfracellarci."

Renko stava per dire qualcosa ma Dalton gli fece cenno di stare zitto, era meglio non allarmare nessuno. In breve decisero di andare in cabina a controllare cosa stava succedendo.

Luke stava tentando d'uscire ma il suo imposto compagno di stanza glielo impediva bloccando il passaggio e facendo finta di non ascoltare le sue proteste. Poi stufo di discutere Dalton disse un paio di parole nell'orecchio dell'amico, lui inarcò un sopracciglio ed in un attimo si alzò permettendogli d'uscire. Il corridoio era stretto perciò i ragazzi camminarono in fila indiana, cercando di non farsi notare (cosa molto difficile in un ambiente così piccolo), Renko e Vaarik erano i primi, anche se dovevano condividere quest'onore con la lupa che si era intrufolata tra le loro gambe e rendeva il passaggio leggermente più faticoso, mentre subito dietro di loro c'erano gli umani che fischiettavano cercando di fare gli indifferenti, attirando invece l'attenzione di tutta l'altra gente.

Appena le porte della cabina di pilotaggio si aprirono, davanti a loro si parò uno spettacolo non molto felice, l'unico membro dell'equipaggio presente era il capitano edoano ed era a terra svenuto. Subito, i primi della fila si diressero verso di lui per accertarsi delle sue condizioni, in quel preciso momento una voce metallica riempì l'ambiente ed una forte luce rossa intermittente quasi li accecò.

"ALLARME ROSSO, INTRUSI A BORDO, ALLARME ROSSO, INIZIARE PROCEDURE ANTI DIROTTAMENTO."

Prima che qualcuno potesse pensare od agire, le porte della cabina di pilotaggio si chiusero, bloccando all'esterno gli unici piloti del gruppo.

"Merda, merda, merda, maledetta porta apriti!" urlò Foster, battendo furiosamente i pugni contro la porta chiusa.

Luke gli mise una mano sulla spalla, dicendogli di fermarsi, tanto non sarebbe mai riuscito ad aprirla, poi, con un sorrisetto, si mise una mano in tasca tirandone fuori un astuccio, contenente i suoi arnesi da scasso o come preferiva chiamarli lui, i suoi lasciapassare universali.

"Che cosa succede? Le porte si sono chiuse e noi non riusciamo ad aprile!" La voce proveniva dal comunicatore ed era quella di Renko, stava urlando perché Aisha ululava e s'agitava a più non posso, disturbando la discussione.

"Tranquillo, ora ci penso io a questa scatola di sardine" rispose baldanzosamente Luke.

Incominciò a lavorare alacremente sulla serratura e quando pareva essere riuscito ad aprirla ottenne invece una bella scarica elettrica che lo mandò a gambe all'aria. Subito si alzò in piedi e cominciò ad insultare pesantemente l'ammasso di metallo che stava davanti a lui.

"Ehi, cosa sono tutti quegli urli?" domandò Renko.

"Niente, diciamo solo che per adesso non possiamo farvi uscire, come sta il pilota?" domandò Foster.

"Steso" fu la laconica risposta.

"Qualcuno di voi può pilotare questo trabiccolo?" domandò speranzoso l'ex-colonello.

"No" risposero i due all'unisono.

Entrambi i piloti fecero un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.

"Va bene, ragazzi, adesso vi diremo noi cosa fare, cercate solo di seguire le nostre istruzioni e tutto andrà bene" disse Dalton, attingendo a tutte le sue doti di baro per cercare di sembrare il più sicuro e rassicurante possibile. Poi, chiudendo la comunicazione e rivolgendosi a Paul: "Questa sarà difficile, speriamo che non capiti nient'altro, sarà già abbastanza dura cercare di far atterrare questo fabbrica vedove."

In quel preciso istante: "Moriremooooo tuttiiiiiiiii, voiiioooooo sceendeeeeeerrrrreeeee!" incominciò ad urlare l'umana in stato interessante, poi si fermò un momento e vide una grossa chiazza scura sul suo seggiolino. "MI SI' SONO ROTTE LE ACQUE, STO PER PARTORIRE!"

"Mi sento male, signora T'maier, perché sta diventando tutto così scuro?" diceva il piccolo tellarita mentre la vulcaniana cercava di tranquillizzarlo.

"Luke?"

"Sì, Paul?"

"Non ti viene mai in mente che avremmo bisogno di un esorcismo?" disse con voce totalmente priva d'emozioni.

"A volte ci penso seriamente, amico mio" rispose con un sospiro rassegnato.

"Cosa cavolo sta succedendo?" domandò Foster a Vaarik, già sapendo che la risposta non gli sarebbe piaciuta.

"Stiamo puntando dritti verso una montagna" annunciò il vulcaniano con un tono calmo, ma venato da un pizzico d'urgenza. "Impatto stimato tra 63 secondi e approssimativamente dodici decimi."

"Portalo su, portalo su!" urlò Dalton, intromettendosi nella comunicazione.

"Sarei lieto di seguire il tuo consiglio" rispose Vaarik, vagamente irritato, "ma questo sistema di guida non mi è per nulla familiare."

Luke fu molto tentato di sfoderare tutto il suo repertorio d'insulti e bestemmie, purtroppo il tempo a loro disposizione era molto limitato, perciò bisognava mettersi subito al lavoro e delineò con Paul un piano d'azione.

Lui avrebbe pensato a dare dei consigli ai due piloti improvvisati, mentre Foster si sarebbe occupato della donna incinta, cercando di limitare i danni e Patrizia avrebbe tentato di calmare il bambino.

"Allora, ragazzi, mi sentite?"

"Sì, non c'è bisogno che urli" rispose Vaarik.

"Unf... allora basta che facciate quello che io vi dico e tutto andrà bene. Ora descrivetemi per benino i comandi che vedete, e mi raccomando, non siate parchi di dettagli."

In breve, a Luke fu fatto un resoconto dettagliato di quello che stava davanti agli occhi dei due malcapitati cadetti e dall'espressione che fece non pareva tanto felice di quello che aveva appena sentito, poi facendo un respiro profondo cominciò a dirigere i suoi amici.

"Ragazzi, vedete un grosso bottone rosso? Dovrebbe essere proprio al centro della consolle del pilota."

Ci fu un attimo di silenzio, poi dal comunicatore si sentì la voce felice di Renko: "Trovato, adesso lo premo?"

"NNNNNNNOOOOOOOOOOOOOO" urlò Luke. "Non premerlo, qualsiasi cosa succeda: non premerlo mai!"

"Va bene, va bene, ma perché?" chiese leggermente stupefatto l'amico.

"Perché è male, ricordatelo: mai premere il bottone rosso."

"Ok, mi fido, in fondo il pilota sei tu" rispose, anche se non capiva fino in fondo le parole dell'amico.

"Bene, ora per prima cosa ditemi i valori degli indicatori di velocità e d'assetto."

Di nuovo il silenzio, almeno da parte dei due cadetti, infatti, gli urli della donna che stava partorendo avevano già superato la soglia di sopportabilità.

Poi finalmente dalla cabina di pilotaggio i due si fecero risentire: "Velocità... velocità... ecco, trovata!"

"Vuoi informare anche me, Renko?" disse Luke, digrignando i denti e cercando di mantenere una parvenza di calma.

"Certo, velocità 7.3, inclinazione 25 gradi in diminuzione" rispose Renko.

"OK, ora che abbiamo appurato questo cerchiamo di risolvere la situazione... vedi una leva rossa vicino a te?"

"Si" a parlare questa volta era stato Vaarik "grossa, all'estrema sinistra della cabina."

"Esatto, ed ora..."

"SPINGIIIIIII, FORZA SPIIIINGGGGGGGGIIIIIIII" gli urli provenivano da Paul che stava esortando la povera ragazza a mettere al mondo una nuova vita, distruggendo nello stesso momento tutti i timpani degli altri passeggeri.

"Fatto!" disse Renko, con tutta sicurezza.

"Oh, no!" mugugnò Dalton, afferrando saldamente il primo appiglio che aveva trovato. Ed in quel preciso momento il velivolo fece una brusca virata mandando tutti i passeggeri a gambe all'aria.

"Ma cosa succede?"

"Moriremoooooo tuutttttiiiiiiiii!"

Il mio bambinooooo!"

"Tiraaaaaa! Tira la leva verso di te Renkoo, tira quella maledetta leva verso di te!" urlò Luke tanto da sgolarsi.

"Ho capito, ho capito... lo faccio subito" gridò l'amico come risposta, eseguendo subito il comando del pilota.

La nave non fece la minima variazione di rotta.

"Luke, non funziona!" urlò Renko, molto preoccupato.

-E adesso? Cosa diavolo faccio adesso?- pensò Luke, le opzioni che aveva stavano rapidamente diminuendo, poi si voltò a guardare gli altri passeggeri -Un idea, solo un idea, anche folle... ormai sono alla disperazione.-

E come un fulmine a ciel sereno, l'idea arrivò.

"Ma certo! Come ho potuto non pensarci prima? Renko, dovete resettare l'altimetro, basta premere il terzo bottone giallo sulla sinistra."

Sfortunatamente, proprio nel preciso momento in cui Luke comunicava la sua trovata ai suoi compagni, il bambino di Mei Jing decise di fare un altro tentativo d'uscire, facendola così urlare a squarciagola e coprendo così la voce di Dalton.

"L'altimetro?" chiese una conferma Renko.

"Sì, l'altimetro, dovete resettarlo" rispose il pilota, ma anche stavolta le sue parole furono coperte da quelle della donna, e di tutti gli altri passeggeri terrorizzati.

In qualche modo i due improvvisati piloti avevano capito il comando, eseguendolo subito e facendo tornare la nave sulla sua rotta originaria, facendo fare a tutti un bel sospiro di sollievo.

"Ehi, puoi essere un po' più preciso con quello che dici? Guarda cosa mi hai fatto fare!"

Luke contò mentalmente fino a dieci, facendo dei respiri profondi e cercando di stare calmo, dietro di lui le altre persone si stavano rimettendo in piedi cercando di liberarsi di tutta la roba che era gli era caduta addosso, infatti, quella brusca manovra aveva tra le altre cose fatto aprire tutte le valigie, spargendo per tutta la nave il loro contenuto ed aggiungendo svariate contusioni alla lista dei problemi.

"Allora, ragazzi, mettiamoci d'accordo su una cosa, l'unica voce cui darete retta è la mia, siamo intesi? Se sentite per radio il presidente della Federazione, il capitano Picard o Dio che vi dice di fare qualcosa... voi l'ignorerete, perché qui si fa solo come dico io... INTESI???" Era un bene che non ci fosse un contatto video, altrimenti, per quanto assurdo potesse essere, avrebbero pensato che il loro amico fosse stato posseduto da uno di quegli antichi e leggendari demoni, ma bastò il suo tono di voce a lasciare ben pochi dubbi sul bene di fare come diceva lui.

"E dal loggione sareste pregati di fare poco casino? Altrimenti finisce molto male" disse, voltandosi verso Paul e la ragazza incinta, ricevendo per risposta un commento poco lusinghiero sul suo albero genealogico.

"Va bene, va bene, allora, cosa dobbiamo fare?" domandò Renko.

"Per adesso mantieni questa rotta, però diminuisci la velocità. Per farlo bisogna abbassare... lentamente, mi raccomando, lentamente, una piccola levetta. Vaarik, dovrebbe essere vicino a te, ma contemporaneamente bisogna aumentare la potenza degli stabilizzatori inerziali, è una manopola grossa, vicino ai comandi direzionali.

"Trovata!" urlò il frullato genetico.

"Bene." Luke fece un respiro profondo e si asciugò la fronte imperlata di sudore. "Ora dovete contemporaneamente azionare quei comandi. Vaarik, porta la leva a 5.1, mentre tu, Renko, gira la manopola di un quarto di grado a destra... la tua destra. Mi raccomando, al mio tre."

"Cosa succede se sbagliamo?" domandò il vulcaniano.

"Crepiamo" rispose laconicamente Dalton.

Per un secondo il tempo parve fermarsi, il più totale silenzio regnava lì. Anche la partoriente non emetteva un fiato, Patrizia stava tenendo stretto a se il bambino tellarite, tappandogli con una mano la bocca per farlo tacere, mentre la sua povera lupa si era raggomitolata sotto un sedile coprendosi gli occhi con le zampe come se avesse capito che quello era un momento topico.

"Allora, pronti? Uno... due... tre!" disse Luke, con gli occhi chiusi per non assistere allo spettacolo. Poi, non sentendo urla di terrore od altri segni di caduta e morte imminente, con calma li riaprì e vedendo tutto a posto fece un respiro di sollievo.

"Bene, ragazzi, devo ammetterlo, siete moderatamente in gamba... ma con il sottoscritto a darvi le dritte è ovvio" disse ai suoi amici, cercando di alleggerire la tensione.

"Ma quanto siamo modesti" dissero in contemporanea tutti i cadetti.

"Luke, adesso cosa facciamo?"

"Per adesso niente, Renko, tieni dritta la nave, cerca di compensare per l'atmosfera ed attento ai vuoti d'aria e alle correnti, possono essere delle vere bastarde, appena saremo vicino all'astroporto ti dirò cosa fare... continua così che non te la cavi malaccio."

Le cose filarono lisce per alcuni minuti fino a quando una voce preoccupata chiamò Luke attraverso il comunicatore.

"Ehm... Luke, avrei una domanda" chiese nervosamente Renko.

"Parla pure."

"C'è una luce rossa che lampeggia, solo che non c'è nessuna dicitura vicino, però c'è un grafico che indica la stiva, forse è bene controllare?"

"Ehm... come proposta non è tanto malvagia, ci penso io, tranquillo, se ci sono altri problemi porterò sempre con me il comunicatore, stai tranquillo che andate bene così." E con quelle parole si diresse di corsa nell'ultimo ponte per controllare cosa diavolo stesse succedendo. Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, il computer comunicò subito il motivo perché l'allarme era scattato.

<Rilevato incendio a bordo, rilevato incendio a bordo, sistemi automatici di soppressione non operativi, sistemi automatici di soppressione non operativi, si richiede intervento manuale. >

"Maledizione! Ci mancava solo questo." Subito Luke prese l'estintore (era l'unico) ed una bottiglia d'acqua dal bar e si diresse di corsa a spegnere l'incendio. "Patrizia, vieni con me, potrebbe servirmi una mano." Subito la cadetta lo seguì, prendono anche lei una bottiglia d'acqua.

In poco meno di un minuto arrivarono davanti alla porta della stiva ed appoggiandovi una mano, Dalton notò subito che era calda. "Merda, dev'essere grosso..." Poi ognuno di loro si strappò una manica della camicia e l'imbevè d'acqua, così da usarla come primitiva maschera antigas, con forza Luke premette il bottone d'apertura ma non successe nulla.

"Serratura rotta, fantastico..." Immediatamente provò con l'apertura manuale e con qualche sforzo riuscì ad aprirla.

< Rilevato incendio a bordo, rilevato incendio a bordo, sistemi automatici di soppressione non operativi, si richiede intervento manuale.>

"Luke, allora, cosa sta succedendo? Questo maledetto affare sta continuando a ripetere di evacuare la nave perché rischia d'esplodere!" gli urlò nel comunicatore Foster, mentre contemporaneamente anche Renko chiedeva aggiornamenti sulla situazione.

"ZZZZZIIIIIITTTTTIIIII" urlò la cadetta, lasciando tutti esterrefatti, e subito si gettò tra le fiamme con l'estintore, avendo in breve ragione delle fiamme.

"Bel lavoro" disse Dalton, dandole una pacca sulla spalla ed andando a controllare i danni che aveva causato l'incendio. "Se vuoi puoi ritornare su, credo di avere più dimestichezza io con questa tecnologia obsoleta... almeno spero."

La ragazza sorrise e lo salutò: "Bene, se hai bisogno di me, basta chiamare, compare." E se ne andò, lasciandolo solo nella sua impresa. Davanti a lui si parava uno spettacolo che pareva uscito dall'incubo di ogni meccanico, una marea di cavi fuoriusciva da ogni parte della stiva. Quest'ultima era illuminata dalle numerosissime scintille che scaturivano da ogni dove, segno di una moltitudine di riparazioni fatte con mezzi di fortuna, di modifiche eseguite non nel modo che i manuali insegnano e dei danni causati dall'incendio.

"Vaarik, Renko, cosa dice ora la consolle? Segnala guasti?"

In breve i suoi compagni gli risposero che era segnalato un calo di potenza generale.

"Capisco, datemi qualche minuto e tento di risolvere tutto" disse speranzoso.

Dopo svariati tentativi falliti di rimettere ordine in quel caos, Luke stava dando fondo a tutta la sua conoscenza di imprecazioni e ne stava inventando di nuove. "Ma chi è stato a fare tutto questo? Giuro che se lo prendo io lo... auch!" Non poté completare la frase che si beccò un'altra scarica elettrica, per reazione automatica diede un pugno alla paratia provocando inaspettatamente uno schizzo d'olio che prese in pieno la sua faccia.

"Sput... sput... cough... cough... ma è una persecuzione... cough... questa!" Accecato, cercò a tentoni la sua camicia che si era tolto per non sporcarla, ma che adesso non aveva altra scelta che "Ecco, finalmente" usarla come asciugamano.

Appena riacquistò la vista, Luke si trovò davanti a quella che probabilmente era l'unica parete lucida di quell'ambiente, una parete che ora stava riflettendo la sua immagine. E quello non pareva essere un grande spettacolo, infatti, ora si vedeva sporco di fuliggine ed olio, con indosso pantaloni ed una maglia sudicia, stanco e sudato. Ma stranamente sorrise, non un sorriso felice ma di scherno.

"Eccolo qui, il grande Luke Dalton, eroe della Linea, veterano della Guerra Ombra, asso dell'Earthforce, quello che affronta il pericolo con un sorriso e che ha sempre una bella donna al suo fianco... guarda come ti sei ridotto" disse con un sorriso amaro "Devi tentare di stare al passo con ragazzini che hanno metà dei tuoi anni, niente famiglia, gli amici... almeno quelli sopravvissuti non possono raggiungerti, nessun contatto, ammettilo, sei un nessuno qui, un primitivo ed inutile smargiasso." E con quelle parole si accasciò al suolo a fissare immobile la parete. "E come ciliegina sulla torta, da quando sono qui, sono stato picchiato da pazzoidi, ho viaggiato nel tempo, sono stato praticamente violentato dalla gemella malvagia della moglie di un amico, sono stato messo in mezzo a brogli elettorali e a vendette di parenti folli... mio Dio, se non ci fossero Lam e quei tre matti... mi sarei già sparato." Appena pronunciate queste parole si zittì, stupefatto lui stesso per quello che aveva appena detto. "Oh mamma, devo proprio essere esausto!" Poi diede un'altra occhiata all'ammasso informe di fili e, alzandosi di scatto lanciando una maledizione, diede un forte calcio alla paratia, che subito si produsse un mare di scintille, ma dopo qualche istante Renko gli comunicò che l'energia era tornata ai livelli normali.

"Ehi, Luke, come hai fatto?"

"Classe, ragazzo, semplice classe. Ci vediamo su." Ed in un lampo si diresse verso la zona passeggeri, pensando che forse le cose stavano migliorando, poi, arrivando a destinazione, vide che al gruppo si era aggiunto un nuovo membro, era un umano, di media altezza, capelli bruni e l'aria stanca ma soprattutto con una grossa pistola e teneva sotto tiro tutti mentre blaterava che era un dottore, di com'era stato ingiustamente accusato dell'omicidio di sua moglie e che il colpevole era il Klingon, ma che ora ci sarebbe stata la resa dei conti.

"Beh, d'altro canto potrei anche sbagliarmi" disse sconsolato, poi rendendosi conto che nessuno l'aveva ancora visto decise di fare una cosa molto idiota: tentare di salvare gli altri. Rimase fermo, senza emettere un fiato finché il tizio, Kimble, aveva detto di chiamarsi, non si era avvicinato. Guardandosi attorno, Luke aveva notato l'unica cosa che, con molta fantasia, poteva essere considerata un'arma: era la pesante valigia dell'istitutrice. Con movimenti lenti e misurati e tenendo sempre d'occhio il tipo, s'avvicinò al bagaglio, lo prese e con tutta la forza che aveva lo lanciò addosso al potenziale dirottatore, buttandolo a terra e facendo volare via dalle sue mani la pistola. Questa cadde proprio tra Paul ed il Klingon, entrambi si lanciarono su di lei ma la dea bendata volle che il primo a raggiungerla fosse Foster, che subito la puntò su Kancher.

"Mi dispiace, pur se il signore non è una fonte affidabile è sempre meglio non rischiare troppo, perciò alza le mani ed allontanati, grazie."

Il vecchio grugnì, ma dopo aver dato un'occhiata alla pistola e a chi la teneva in mano, decise che era meglio obbedire.

"Ehi, cosa succede lì fuori? Abbiamo sentito delle urla e noi non abbiamo fatto nulla" chiese Renko preoccupato.

"Tranquillo, tutto risolto, voi pensate a pilotare che al resto ci pensiamo noi" rispose Foster con nonchalanche.

"Ed adesso, cosa ne facciamo di lui?" A parlare era stata Patrizia che teneva fra le braccia il piccolo Babe, mentre Luke legava per benino il sedicente dottore.

"Direi di consegnarlo alle autorità astroportuali se... ehm... quando arriveremo." Dalton si diede dell'imbecille per quella gaffe, non era certo il momento di spaventare ancor di più quella gente. Un urlo di dolore scosse tutti, proveniva da May Jing, la ragazza incinta, con tutto quello che era successo, per qualche istante si erano scordati di lei. Subito Patrizia e Paul cercarono d'aiutarla, purtroppo era dolorosamente chiaro che non avevano le conoscenze mediche necessarie per farlo.

"E adesso?" chiese la cadetta con un tono di disperazione nella voce, mentre si voltava a fissare la parete perché non riusciva a guardare la poverina che soffriva, nello stesso momento la sua lupa, chiusa in cabina insieme agli altri cadetti stava ululando e graffiando la porta talmente forte che riusciva a farsi sentire anche attraverso quelle spesse pareti, era come se sapesse quanto la sua padrona stesse male e cercasse di andare ad aiutarla.

Paul, taciturno e cogitabondo, alternava occhiate alla ragazza orientale ed a Kimble, poi fece per dire qualcosa ma Luke l'interruppe.

"Senti, non vorrai dirmi?"

"Sì."

"Perché?"

"Abbiamo un'altra scelta? Vuoi tentarci tu?" E con un gesto teatrale fece un inchino indicando all'amico di passare pure e di raggiungere la partoriente.

"Detesto quando hai ragione" rispose stizzito Dalton.

"Ehi, dottore" Paul pronunciò l'ultima parola con notevole scetticismo, "stai per fare una visita a domicilio."

"Mi dispiace, ho capito quello che sta succedendo, sfortunatamente per voi e per lei sono un cardiologo non un ginecologo, non saprei cosa fare" rispose con aria sinceramente dispiaciuta

"Farà sempre meglio di noi. La prego" disse di nuovo Paul, fissandolo dritto negli occhi.

Sembrò pensarci per qualche istante, poi guardò di nuovo la ragazza e la sentì nuovamente urlare. "Va bene, farò quel che posso."

Foster lo liberò subito, avvertendolo che però l'avrebbero tenuto sempre d'occhio e come per accentuare quelle parole Patrizia si esibì in un ringhio molto minaccioso, che tra parentesi spaventò un poco anche gli altri.

Kimble si sedette davanti a Mai Jing, le prese il polso, le mise un asciugamano in bocca dicendole di stringerlo e cercò di ricordare le vecchie lezioni sull'argomento, nel frattempo Luke ricevette una chiamata abbastanza urgente dalla cabina di pilotaggio.

La voce apparteneva a Renko e non sembrava molto tranquilla: "Luke, abbiamo un problema con i motori, sembra che la riparazione che hai fatto non abbia retto."

"Acc... lo sapevo che dovevo frequentare di più le lezioni di Vinsar."

"Lascia perdere le recriminazioni, a questa velocità ci schianteremo... COSA DIAVOLO DOBBIAMO FARE???" urlò Renko, assordando tutti.

Ma prima che qualcuno di loro potesse dire o fare qualcosa Vaarik s'intromise: "Prendi i comandi, ho un idea."

"VAARIK, RIMETTITI AI COMANDI!" dissero all'unisono Luke e Renko, ma il vulcaniano non li ascoltò e continuò a lavorare al suo piano.

"Signori, credo che sia meglio che vi teniate ben saldi, fra poco si balla!" consigliò Dalton con un sorriso, sperando che facendo lo sbruffone ed ostentando sicurezza avrebbe tranquillizzato un po' gli altri, speranza sfumata quando vide i loro volti.

La nave cominciò ad abbassarsi a forte velocità tremando spaventosamente, tanto che quasi tutti pensavano che si sarebbe spezzata prima di schiantarsi al suolo. Proprio in quel momento un urlo attirò l'attenzione dei passeggeri, voltandosi per capirne l'origine videro Kimble avvolgere un bambino in un asciugamano.

Il neonato aveva scelto proprio quel momento per venire al mondo, sinceramente Luke non sapeva se ridere o piangere al quel pensiero ma quasi immediatamente la sua attenzione ritornò all'imminente atterraggio, si sedette al suo posto, allacciò la cintura di sicurezza, si mise in posizione anti-urto e cominciò a pregare, più o meno tutti gli altri fecero la stessa cosa.

Poi avvenne, l'Andrea Doria toccò o, meglio, urtò pesantemente il suolo, per qualche miracolo la nave tenne, con ogni probabilità l'idea di Vaarik aveva funzionato.

- In fondo è in gamba, ma piuttosto che dirglielo mi vesto da cavaliere Jedi - pensò Dalton mentre, dolorante, si slacciava la cintura e controllava se ogni suo arto ed organo era intatto o perlomeno non troppo contuso.

"Tutto a posto? Siete ancora vivi?" urlò, volgendo lo sguardo verso i suoi compagni di viaggio, ma fu accecato da una luce fortissima, poi si sentì afferrare per le braccia, cercò di liberarsi ma senza alcun risultato.

"Ehi, chi siete? Cosa volete? Lasciate..." cominciò a gridare, ma smise subito per una fitta di dolore al braccio destro, probabilmente aveva urtato qualcosa durante la caduta ed uno di quegli energumeni lo stava strizzando proprio in quel punto.

"Sicurezza Federale, le domande le facciamo noi... dov'è il dottor Richard Kimble?" chiese in tono duro il tipo, ma almeno abbassò la luce e poté vedere con più chiarezza chi aveva di fronte. Si trattava di un umanoide con indosso la divisa della sicurezza, non si poteva dire chiaramente di che razza perché aveva un casco che gli copriva interamente la faccia.

"Senti, amico, quel tal Kimble era qui un momento fa, diceva di essere un dottore ed ha aiutato a far nascere un bambino... ora, se non vi dispiace, potreste aiutarci??" gli disse Luke, praticamente urlandogli in faccia.

Il tizio in uniforme guardò silenziosamente i suoi colleghi, poi fece un cenno della testa ed immediatamente un team di dottori venne dentro a portare i tanto sospirati soccorsi. Mentre lo portavano via, Dalton vide che stavano caricando sulle barelle anche i suoi amici e cosa più importante parevano essere vivi.

"Ehi, Luke" gli urlò Foster.

"Sì, cosa c'è?"

"Hai presente quel vecchio detto: ogni atterraggio a cui sopravvivi è un atterraggio buono?"

"Sì."

"È una grandissima cavolata!" E cominciò a ridere.

Forse era dovuto alla tensione, al nervosismo o forse era solo contagiosa, ma stranamente anche Luke si trovò a ridere a crepapelle, incurante del dolore che stava provando ad una costola.


 

L'atterraggio, nonostante fosse stato poco delicato, per usare un eufemismo, non aveva provocato vittime. Il neonato ed il piccolo Babe erano stati subito portati all'ospedale della capitale, ed i medici assicuravano che ce l'avrebbero fatta; scoprirono anche cosa aveva causato il malore al pilota, sembrava che una partita di pesce avariato fosse finita in qualche modo nella mensa dei piloti ed il povero Liinobenfi era stato pure l'unico a mangiarne. I cadetti, dal canto loro, se la cavarono più a buon mercato: solo delle abrasioni e qualche ossa rotta, niente che non potesse essere sistemato da un rigeneratore dermico ed osseo.

Ben più dura fu superare l'interrogatorio del Tenente Samuel Gerard, il poliziotto che inseguiva Kimble da molti mesi, pareva che il buon dottore fosse stato accusato dell'omicidio della moglie ma che avesse sempre accusato un Klingon con un braccio solo del misfatto. Ovviamente nessuno aveva creduto a questa storia e l'avevano condannato, in qualche modo era evaso e quel tipo lo stava inseguendo fin da allora. I ragazzi riferirono quello che sapevano (non molto a dir la verità) e furono lasciati andare.

"Sapete, in fondo quel tenente mi fa quasi pena" disse Luke, appena usciti dal posto di polizia. "Sta inseguendo quel tipo da un capo all'altro della federazione e gli sfugge sempre per un soffio, per me ne esce pazzo."

Foster annuì in silenzio, anche a lui Gerard aveva dato l'impressione dell'ossessionato, ma in fondo non era più affare loro, adesso c'era solo una lieve attesa, poca strada da fare e finalmente il viaggio verso l'agognata meta sarebbe incominciato per tutti e con questo pensiero lui e tutti i suoi compagni s'avviarono verso l'astroporto, stanchi ma felici.

Appena arrivati lì, la prima cosa che fecero fu controllare l'effettiva disponibilità dei voli e la reputazione delle linee ed incredibile a dirsi ognuno riuscì a trovare la coincidenza giusta e con una compagnia che generalmente era famosa per la sua affidabilità.

Il gruppo si era accampato in sala d'attesa, accaparrandosi sedie ed unendole per sdraiarsi per recuperare un po' di forze, l'unica che sprizzava energia era Patrizia che giocava con la sua lupa.

"Ma quando ci chiamano?" sospirò Dalton, mentre cercava inutilmente di trovare una posizione giusta per schiacciare un pisolino.

"Abbi un po' di pazienza, il caos sulla Terra ha provocato un notevole aumento di lavoro per questo astroporto, molti voli sono stati dirottati qui" gli rispose Vaarik.

"Unff... già, comunque quest'ennesima avventura dimostra che noi quattro dobbiamo viaggiare separati" disse Luke seriamente, mettendosi in piedi con molta lentezza, per poi dare un morso ad un panino che aveva preso prima al bar.

"Intendi dire che attirate i guai?" disse scherzosamente Patrizia.

"Per la statistica circa undici volte su dieci" precisò Foster.

"State forse tentando di dire che è meglio stare alla larga da voi?" domandò la ragazza con un misto di curiosità ed incredulità.

In quell'esatto momento una voce femminile che fuoriusciva da un altoparlante attirò l'attenzione di tutti.

"Il volo 3171 per Sirio III partirà fra 10 minuti dall'uscita otto, ripeto, il volo 3171 per Sirio III partirà fra 10 minuti dall'uscita otto."

"Signori, in fondo è stato un piacere, ci si rivede all'accademia" E con quelle parole li salutò dirigendosi in gran fretta verso l'uscita assegnata.

Dall'altoparlante si sentì uno scampanellio poi di nuovo la voce dell'annunciatrice: "A causa di problemi tecnici indipendenti dalla nostra volontà le coincidenze per Risa, Vulcano, Dante Maxima sette e Delta Gamma IV subiranno delle variazioni, i passeggeri con queste destinazioni sono pregati di imbarcarsi sul volo 3171 all'uscita otto."

I quattro cadetti si erano alzati ed avevano preso le valigie appena sentite le loro destinazioni, ma a causa della stanchezza non avevano capito, o meglio ancora, realizzato, cosa era stato detto.

"Ripeto, a causa di problemi tecnici indipendenti dalla nostra volontà le coincidenze per Risa, Vulcano, Dante Maxima VII e Delta Gamma IV subiranno delle variazioni, i passeggeri con queste destinazioni sono pregati d'imbarcarsi sul volo 3171 all'uscita otto."

"Oh nnnnooooooooooooooooooooo" dissero all'unisono, mentre mestamente s'avviavano.

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