CIO' CHE SI PERDE, CIO' CHE SI TROVA

GENTE CHE VIENE

Accademia della Flotta Stellare
Alloggio del cadetto Renko
Il mattino dopo il ritorno da Kantara IV

C'è nebbia nella tempesta.

Nebbia nei miei pensieri, data ancora una volta dalla stanchezza, e un susseguirsi di tuoni stridenti invece che di scoppi roboanti.

L'avviso acustico del computer sta già suonando da un po' di tempo ed il suo tono è destinato a diventare sempre più acuto. È programmato in questa maniera, il volume si alzerà gradualmente fino a che qualcuno dotato di buona volontà non procederà allo spegnimento.

Mi rigiro nel letto e nel buio dell'alloggio. Non ricordo nemmeno di aver puntato la sveglia, ieri, prima d'addormentarmi. Chissà che ore saranno?

"Computer, terminare avviso acustico."

Il computer si limita ad ignorare l'ordine. La mia compagna di stanza, infatti, l'ha programmato perché si spenga solo spingendo un comando situato in soggiorno. In poche parole, bisogna proprio alzarsi dal letto per interrompere quell'incessante e bordelloso suono.

La trill aveva dovuto prendere questi provvedimenti perché altrimenti rischiava di non riuscire a svegliarsi e così aveva deciso di puntare sul drastico. Del resto non possono essere tutti come me, che non ho bisogno di questi trucchetti per essere tirato giù dal letto.

"Computer, disattivati" gli ordino, rigirandomi di nuovo fra le lenzuola e ficcando la testa sotto al cuscino. Beh, certo, non ne avrei bisogno, di questi trucchetti, se avessi voglia di alzarmi. Era sottinteso, mi pare ovvio.

Come risposta alla mia richiesta, il computer attiva l'illuminazione dell'alloggio, mentre il suono continua imperterrito. Perfino con la testa sotto il cuscino posso rendermi conto del cambiamento di luminosità nella stanza. Accidenti, c'è più luce qui che in un meriggio d'agosto terrestre.

"Computer, aprire la porta della stanza, ora."

Arraffo il mio shuriken multiuso, che sta riposando sulla testata del letto, e lo lancio con precisione attraverso la camera ed il salotto. Due secondi dopo, l'avvisatore acustico cessa di colpo la propria attività e l'interruttore per la sveglia cessa la sua esistenza.

Solo la luce permane.

"Computer," dico, mentre mi alzo a sedere, facendo bene attenzione a tenere le palpebre chiuse ed una mano a proteggermi gli occhi. "Luminosità a spettr... ridurre luminosità del cinquanta per cento."

Arraffo i miei occhiali schermanti e li inforco, mentre la luminosità si riduce notevolmente ma non abbastanza per la mia fotosensibilità allo spettro di Sol III.

Qualche psicologo dell'antichità ha genialmente estrapolato la teoria che, se la luce artificiale riproducesse lo stesso spettro solare della stella madre, l'umore ed il rendimento degli individui migliorerebbe notevolmente. Il fatto che, al giorno d'oggi, l'Accademia sia frequentata da centinaia di specie diverse con diverse esigenze fisiologiche, è qualcosa che deve ancora farsi largo fra le maglie burocratiche dell'Amministrazione.

Fisso il cronometro, fra due ore inizierà il funerale del cadetto Dyanthes.

Lara... morta per cause naturali su Kantara IV. Un altro organismo inadatto all'invecchiamento. Dovrei esserci abituato ormai, e limitarmi a fare tesoro dei pochi momenti trascorsi con quella ragazza sorridente che non si perdeva d'animo, nemmeno di fronte a difficoltà che sembravano sovrastarla.

Dovrei.

Mi dirigo verso il bagno passando accanto al letto vuoto di Coren, la mia compagna di stanza. Mi correggo, la mia ex-compagna di stanza.

Perché non ho richiesto al computer l'illuminazione a spettro modificato? Tanto la trill non tornerà.

Anche a questo dovrei essere abituato. Genesis Lab. 497, quasi trent'anni standard fa, percentuale di successo sulla sopravvivenza dei nuovi nati 65%. Non era inusuale che i letti si liberassero improvvisamente e non era certo un mistero dove fossero finiti gli occupanti.

-E allora?- mi esorta una vocina all'interno di me stesso, quando si accorge che sto rallentando all'altezza del giaciglio. -È soltanto un altro letto vuoto.-

"Già," mi dico invece io, "e poi lei non è nemmeno morta, sarà da qualche parte adesso, chissà dove."


 

Quando torno in soggiorno, vestito e pronto per la colazione, trovo un cadetto mizariano che mi fissa perplesso dal soggiorno dell'alloggio adiacente.

La trill, andandosene, si è anche portata via il pezzo di parete dove ormai si era incisa la mia silhouette. Forse le piaceva avere un ricordo di tutte le volte che mi ci aveva lanciato contro. Fatto sta' che ora c'è un buco nella parete divisoria che aveva suddiviso un'unità abitativa da quattro occupanti, in due da due.

"Buongiorno!" Con nonchalance e buon umore saluto il cadetto, mi sembra il minimo. "Già fatto colazione?"

"Beh, no, veramente... io sono appena..." non finisce la frase, si limita ad indicare il pezzo di muro mancante, come se io potessi dargli spiegazioni.

O è appena rientrato da un turno o il cadetto stava dormendo della grossa mentre la trill compiva il lavoro, perciò si è accorto solo ora della variazione nell'arredamento.

"Già," mi limito ad annuire, sorridendo gentilmente, "bisognerà farlo riparare. Non preoccuparti, penso io ad avvertire la squadra di manutenzione."

Nel frattempo, la porta dell'alloggio adiacente si apre ed entra un umano dalla pelle scura. A vederlo sembra molto giovane.

"Hai visto? Che ti avevo detto, c'è un buco nel muro!" dice, apostrofando il compagno e gesticolando nella mia direzione.

"Beh..." si limita a rispondere il mizariano, "tanto ormai la paratia si stava deformando. A proposito, io sono Vargas Zani di Mizar II, ingegneria, quarto anno. E il pivello qui presente, che dovrò prendere sotto la mia ala protettrice, è Changomani, un terrestre del primo anno, specializzazione incerta."

"Incerta!" Si intromette l'esuberante ragazzino. "Sono solo indeciso se scegliere exobiologia o cartografia stellare, non capisco cosa ci trovi di tanto strano ad avere qualche dubbio. Non dare ascolto al babbione qui presente," dice poi, rivolgendosi verso di me, "piacere, Changomani, sono appena arrivato, praticamente un novellino del primo anno."

Il ragazzo mi porge una mano perché gliela stringa alla maniera terrestre. È questa la loro forma di saluto nelle occasioni ufficiali. Lo accontento allungando un braccio e mi presento a mia volta secondo la formula rituale di chi è giunto ormai a metà del corso di diploma.

"Piacere, 512.451, novellino del terzo anno e veterano del secondo. Ma qui mi chiamano tutti Renko."

Novellino del terzo anno. Beh, esami permettendo, ho ancora una settimana piuttosto impegnativa davanti a me, per concludere, nel bene o nel male, il secondo anno.

"Pensavo che nell'alloggio accanto al nostro ci stesse una trill" si informa Vargas, "non sapevo avesse un compagno di stanza."

"Già, probabilmente neppure lei" mormoro a fil di voce, aggiungendo solo mentalmente: 'visto come se ne è andata, senza salutarmi, senza dirmi nulla.'

Zani, che non ha colto il mio farfugliamento, chiede educatamente: "Cosa?"

"Oh, no, nulla in realtà. Stavo solo pensando che in due anni non ci siamo mai frequentati malgrado vivessimo praticamente accanto, e stavo tentando di ricordami quel detto terrestre riguardo al non conoscere i propri vicini... una cosa del genere."

"Io sono appena arrivato" si difende Changomani, prendendosi un'amichevole gomitata nelle costole da parte del compagno più anziano.

"Frequentiamo anni e corsi differenti, non è poi così strano. Ci sono migliaia di cadetti in Accademia. La tua compagna di stanza dov'è?"

"Ah, lei non è più in Accademia. Beh, ora chiamo subito la squadra manutenzione e in men che non si dica avrete di nuovo il vostro muro. Nuovo e... liscio."

"Bha... che fretta c'è?" mi comunica Zani, "adesso che ci siamo presentati... è ancora valido quell'invito per la colazione?"

"Prego!" li invito entrambi, compiendo un ampio gesto verso il mio lato del soggiorno, contento di non dover mangiare da solo, almeno non stamattina.

"Accomodatevi, siete miei ospiti. Ordinate ciò che volete, ho un replicatore nuovo."

"Questo è l'ultimo modello, com'è che noi abbiamo ancora il vecchio?" chiede Changomani a Vargas, con tono inquisitore.

"Anche qui era installato il modello FR-2426, fino a qualche mese fa," intervengo io, per spiegare lo strano evento. "Ma poi abbiamo dovuto cambiarlo perché si è rotto."

Già. Come il muro.


 

Durante la colazione parliamo delle solite cose di cui possono parlare delle persone che si sono appena conosciute. Almeno credo, è da un po' che ho smesso di affidarmi al mio DiPAD per controlli di questo genere.

Dopo le prime battute, inevitabilmente la conversazione slitta sul funerale. La morte di Lara ha fatto scalpore. Non è né previsto né usuale, infatti, che i cadetti muoiano durante le esercitazioni.

Da Vargas e Changomani vengo a sapere che, negli ultimi giorni, la notizia è stata praticamente sulla bocca di tutti e D'Elena è dovuto passare attraverso non poche noie ma, dal colloquio avuto con il Rettore al mio arrivo, posso arguire che il dolore di aver perso un cadetto sovrasti tutti le noie burocratiche o politiche che questo comporta.

Fra meno di un'ora ci sarà il funerale secondo il rito tradizionale della cultura della ragazza, che Changomani ha descritto come latino. Mentre nel pomeriggio ci sarà un'altra cerimonia, secondo il rito proprio della Flotta e a cui parteciperà l'intero corpo dei cadetti dell'Accademia.

Il primo funerale a cui partecipo in vita mia. Ma non mi sento certo rallegrato dalla novità.

I funerali sono rituali che servono a chi resta per dare l'ultimo saluto ai propri cari, una specie di rito che dovrebbe aiutare i vivi ad ammettere ed accettare la morte del defunto.

Su Delta Gamma non c'è questa usanza. Se uno dovesse metter su una cerimonia per la morte di tutti gli individui con cui è imparentato, passerebbe la propria esistenza fra un rito e l'altro.

Lara... ho potuto frequentarla solo un paio di giorni, prima che morisse, e fra poco la andrò a salutare per l'ultima volta. Mentre Coren, che conosco da un paio d'anni ed è ancora viva, se ne è andata senza salutare me.

Deve esserci una simmetria in tutto questo che non riesco a cogliere appieno. Del resto, come diceva anche il mio Maestro: "Un insetto in balia del vento non può che seguire percorsi invisibili al nudo occhio."


 

Fra cibi energetici e succhi di frutta dai colori improbabili, la colazione procede in mezzo a chiacchiere dalle connotazioni più o meno filosofiche. Changomani sta giusto riflettendo sul suo futuro, vagliando i pro e i contro dei vari corsi, quando il terminale emette due brevi beep e lo schermo si attiva automaticamente.

Mi avvicino alla postazione per controllare il messaggio. Viene dalla segreteria.

"Buone nuove?" mi chiede Changomani.

"Tanto per non farti i fatti suoi, eh?" lo riprende Vargas, in maniera discreta e indiretta.

"Buone nuove, anzi, buonissime. Due settimane di licenza da usufruire una volta conclusi gli esami di fine anno."

"Ah! Casa dolce casa?" esclama il terrestre.

"Altroché! Sono due anni che non ci torno e stavolta non voglio saperne di spie e di intrighi... accada quel che accada. Ho proprio voglia di vedere qualcuno dei miei genitori."

"Dopo due anni, anche loro saranno contenti, quando glielo dirai."

Ripenso a 318, una delle mie madri, e agli interventi che ha dovuto subire.

Le mie richieste di informazioni in proposito sono rimaste inizialmente senza risposta. Poi 215 ha cominciato a mandarmi qualche comunicazione in cui spiegava a grandi linee che stava andando tutto bene. Ma i suoi rapporti erano sempre carenti di dettagli significativi ed anche tuttora, quando accenno a 318, mi sembra sempre ci sia una qualche tendenza, da parte di 215, di svicolare dall'argomento.

"Non so..." cogito ad alta voce, "magari gli faccio un'improvvisata... sarà una bella sorpresa, che ne dici? In fondo ho bisogno di un po' d'allegria in questo periodo."

"Mm, attenzione a non far tardi per il rito funebre" mi avverte gentilmente Vargas, probabilmente dopo aver fatto un qualche strano collegamento mentale fra 'bisogno di allegria' e funerale.

"Ah, devo proprio andare, ora" confermo io, dopo aver controllato il cronometro. "Qu'Vaitlh! Fra una cosa e l'altra ho anche dimenticato di avvertire la squadra manutenzione."

"Non ti preoccupare di questo, adesso" mi rassicura Changomani, mentre i due si dirigono verso la porta del mio alloggio. "Lo farai in un'altra occasione, con più calma."

Vargas e Changomani salutano ed escono, lasciandomi solo mentre finisco di prepararmi in tutta fretta. Dieci secondi dopo li vedo entrare dalla porta del loro alloggio, gli faccio un ultimo cenno attraverso il buco nella parete ed esco anch'io di gran carriera.

GENTE CHE VA

Spagna - Terra.
Funerale del Cadetto Dyanthes

"Nero, Renko. Hai capito? Nero."

Mi tornano in mente le parole di Paul riguardo l'abbigliamento adeguato da indossare ad un funerale terrestre secondo il rito latino.

Nero ha detto e nero ho replicato. Tuttavia, pur nel rispetto delle altre culture, non posso fare a meno di notare ancora una volta come questi abiti tradizionali siano scomodi. Con i pantaloni troppo attillati, la giacca troppo corta (mi arriva appena a metà schiena) e sta' fascia in vita di cui non capisco molto bene l'utilità.

Quando arrivo al funerale mi perdo fra la folla. Pensavo dovesse essere una cerimonia per 'pochi intimi' ed invece vedo centinaia di persone. Sono stati invitati tutti i parenti, anche quelli alla lontana e gli amici dei parenti. Evidentemente il rito alla latina prevede questo.

Mi viene presentata la madre di Lara che, fra una lacrima e l'altra mi ringrazia di aver partecipato e farfuglia qualcosa riguardo al fatto che è bello che i giovani portino avanti le tradizioni. Penso si riferisca al mio vestiario.

Io mormoro un "Condoglianze" ed evito accuratamente di aggiungere altro, come mi hanno 'consigliato' (o minacciato? nooo, loro sono miei amici, non farebbero mai una cosa del genere) Foster e Dalton.

Spostandomi fra la folla, trovo il gruppo di cadetti che faceva parte della squadra di Lara su Kantara IV. Noi undici siamo stati invitati anche al rito civile. Ci siamo tutti, Vaarik, Luke, Paul, Ripley, Musuko, Ilaj, Rebecca, Sh'muss, Meferura e Bolty.

C'è anche Lara, il suo ricordo echeggia nei nostri ricordi.

"E il cappello con le orecchie da topo?" mi apostrofa Rebecca, appena mi vede.

Mi stringo nelle spalle. Quello l'ho dimenticato, spero non sia grave.

FINE CAPITOLO