C'era nebbia nella tempesta. Volute di vapore vagavano pigramente nel box doccia. L'acqua era bollente, le gocce venivano sparate violentemente verso il basso, sottili schegge liquide che impattavano sulla pelle come piccoli aghi solleticanti.
Renko sentì la porta del bagno aprirsi ma non si voltò, non ne aveva bisogno, aveva già riconosciuto l'andatura tipica della sua compagna di stanza. Dopo qualche secondo un crepitio vellutato gli fece capire che stava tentando di pettinarsi i capelli.
"Non capisco perché ti ostini a tenere questo dispositivo preistorico, è antigienico." Non perse occasione per punzecchiarla. Avere anche una doccia ad acqua, oltre quella sonica, era stata una delle crociate di Iris Bi che Renko ancora non comprendeva appieno. Avendo passato la sua infanzia in un ambiente sterile si era fatto un'idea ben precisa del concetto di 'servizi igienici' e, per quanto facesse, si sentiva veramente 'pulito' solo dopo aver fatto una bella doccia sonica.
"Sì, sì, parli, parli, però intanto continui ad usarla" rispose lei senza scomporsi, mentre tentava di far assumere ai propri capelli una piega decente.
"Mmmm, ha un che di rilassante che alla doccia sonica manca" ammise infine Renko, stiracchiandosi sotto il getto d'acqua. "E poi ormai ci ho fatto il callo, anche al Castello di Kyoki il Maestro era fissato con i bagni d'acqua bollente."
"Certo che sei proprio schizzinoso per uno che passerà i prossimi giorni a rotolarsi nel fango."
"Io non sono schizzinoso" ribatté sulla difensiva Renko. "La mia schizzinosità se ne è andata in fumo dopo aver lavorato per due anni sull'astrotraghetto di mio zio..."
"Quanto dura questa esercitazione?" gli chiese lei, riportando l'argomento su giusti binari e sulle grandi manovre a cui il compagno di stanza si accingeva a partecipare.
"Cinque, massimo sei giorni."
"Mm. Mm."
"Tu cosa farai, resti qui o parti per uno dei tuoi soliti giri?" Sebbene non le avessero riconosciuto il diploma, all'Accademia sembravano non farsi più di tanti scrupoli a richiederle compiti che andavano al di là delle normali mansioni di un cadetto. Del resto, dopo la guerra, non si poteva certo dire che il personale abbondasse.
"Hai finito con la doccia?"
Renko chiuse il rubinetto e afferrò l'asciugamano che gli veniva porto. "Senti..." disse poi l'ibrido, ancora incerto su che parole utilizzare. "Potresti evitare di entrare nel bagno mentre sono... sì, insomma, mentre faccio la doccia?"
La ragazza si limitò a fissarlo, rimasta momentaneamente senza parole.
"Cosa... ma... stai scherzando, vero?"
"No, è che... non sta bene."
"Dopo due anni?"
Renko non le rispose e senza guardarla in faccia prese ad asciugarsi. Iris Bi scosse la testa ed uscì dal bagno a malincuore. Sinceramente non si era aspettata una cosa del genere, non da Renko, che non si era mai fatto di questi problemi, prima. Fino ad allora, infatti, i loro rapporti erano stati sempre quelli di due normali compagni di stanza.
Rimasto solo, il ragazzo immerse la testa nella morbida spugna dell'asciugamano, strofinandosi energicamente i capelli e rimanendo poi per qualche istante con la salvietta che gli copriva la faccia, separandolo così dall'ambiente esterno, chiedendosi se avesse fatto una cosa giusta.
"E comunque io sono una trill" sentì lamentarsi da dietro la paratia. Iris Bi evidentemente si era appoggiata di schiena proprio a fianco della porta. "Cosa credi di avere che non abbia già visto o con cui non ci sia addirittura nata... e più di una volta!"
Renko si tolse l'asciugamano dalla faccia ed appoggiò le spalle alla paratia, ancora leggermente umida a causa della condensa. Si sarebbe chiarito più che volentieri con la trill... se solo fosse stato chiaro anche a lui che cosa gli fosse saltato in mente.
Mentre facevano colazione l'atmosfera era completamente cambiata, avevano mangiato in tranquillità, senza più tirare in ballo l'episodio. Negli ultimi tempi Iris Bi era notevolmente maturata come trill ed ora era completamente diversa dalla ragazza arrabbiata con l'universo ed irritabile che aveva incontrato la prima volta. Del resto, le cose si stavano mettendo bene, per lei, perché la legislazione che regolava il rapporto dei trill con e senza simbionte all'interno dell'Accademia era quasi pronta.
Finito di mangiare, entrambi si prepararono per uscire dall'alloggio.
"È un po' inquietante" scherzò Renko.
"Cosa?"
"Vederti così tranquilla, chissà se riuscirò mai ad abituarmici."
"Come sarebbe a dire?" indagò lei. "Io sono sempre stata una persona pacifica, no?"
"Oh, è tardi, devo andare, la Starlight partirà fra poco" tagliò corto Renko, sottraendosi alle conseguenze "Ci vediamo fra quattro giorni."
"Divertiti" gli augurò lei, pescando una formula di saluto a caso fra i suoi ricordi.
Renko iniziò a dirigersi verso la porta quando si sentì chiamare.
"Ah, Renko, ancora un'ultima cosa."
"Cosa c'è?" stava per chiedere, ma la ragazza non gli lasciò finire la frase e, afferratolo, lo scaraventò contro la parete. Quella stessa contro cui lo scaraventava sempre e che ormai aveva assunto la sua stessa sagoma.
"Nulla, volevo solo augurarti buon viaggio" gli spiegò, uscendo dall'alloggio prima di lui.
"Attenzione!" tuona la voce di Sherman dagli altoparlanti della Starlight, chiamando a raccolta i cadetti. Signori, si inizia, ora dirà qualcosa sul tipo: ascoltatemi, disgustosi residui di melma rigelliana. "Ascoltatemi, disgustosi residui di melma rigelliana." continua infatti la voce, mentre a poco a poco i cadetti confluiscono nell'area di raduno.
"Un paguro zoppo ci avrebbe impiegato meno" mormoro sottovoce.
"Hai detto qualcosa?" chiede un cadetto, non avendo sentito bene.
"Un paguro zoppo ci avrebbe impiegato meno di voi!" tuona Sherman, di rimando.
"Siamo fortunati che non ci sia tempo da perdere, senno' no in un bel giro di chiglia..." continuo, sempre fra me e me.
"Siete solo fortunati che non abbiamo tempo da perdere, altrimenti un bel giro di chiglia non ve lo levava nessuno!" Rassicurante come una scadenza, l'istruttore inizia a fornirci dettagli sulla nostra missione a terra. Il tutto si riduce a dividersi in squadre e spararci addosso a vicenda.
Mi chiedo se quello che abbiamo davanti sia veramente Sherman o un registratore a forma umanoide. A tutte le esercitazioni sempre lo stesso discorso, la stessa esuberanza e la stessa inquietante sensazione che da un momento all'altro l'istruttore si metta a sparare col suo bazooka sulla folla, tanto per chiarire la serietà della situazione.
Stavolta si fanno le cose in grande, non ci siamo solo noi della sicurezza, sono presenti cadetti di tutte le sezioni, alcuni partecipano ad un'esercitazione di sopravvivenza per la prima volta, i volti giovani e lo sguardo attento, sfida e apprensione amalgamati in un delicato equilibrio.
Guardo i miei amici che ascoltano pazienti e annoiati le parole dell'istruttore. Vaarik sfoggia la sua solita e imperturbabile espressione vulcaniana, ma Paul e Luke si trattengono solo per educazione dallo sbadigliare. L'espressione da mamme chioccia che hanno assunto da quando ci siamo imbarcati sul trasporto non gli sta certo attirando le simpatie degli altri cadetti, e se me ne sono accorto perfino io...
Mentre mi dirigo in sala teletrasporto incrocio Wright, quarto anno, mio diretto superiore nel Corpo di Sicurezza dei Cadetti.
"Renko, fa che finiamo in squadre differenti e stavolta non avrai scampo" mi apostrofa sorridendo. La composizione delle squadre non è stata decisa a priori, i membri saranno sorteggiati a caso dal computer della sala teletrasporto al momento dello stesso. Nessuno sa ancora con chi capiterà fino a che non si sarà materializzato sul pianeta.
"Quand'è che ho già sentito questa frase?" rispondo con lo stesso scherzoso tono. "Ah, sì, lo scorso mese sulle Montagne Rocciose, proprio prima di colpirti."
"Ridi, ridi, riderai meno una volta che saremo scesi."
"No, no, sarò io a beccare Renko" si intromette F'laìss, salutandomi con una pacca sulla spalla.
"Mettiti in fila" lo avverte Wright, mentre allunga il braccio verso F'laìss e le loro mani si chiudono in un'energica stretta di saluto, le braccia piegate come ad una sfida a braccio di ferro.
"Beh, ragazzi," dico, abbracciandogli le spalle e camminando in mezzo a loro, "ci vediamo giù." Stringo la stretta a mo' di congedo e allungo il passo, allontanandomi, per poi voltarmi solo dopo un istante. "Beh... almeno io vi vedrò" li provoco, calcando su quell' Io.
Il sorriso che mi rivolgono in risposta si piega agli angoli, in una promessa di sfida.
Due anni in Accademia, ventiquattro mesi nella sezione sicurezza, tre esercitazioni a squadre in esterno, dieci sul ponte ologrammi e sono morto soltanto una volta. Dieci volte uscito illeso, un colpo di striscio e una ferita alla spalla. Il mio stato di servizio non è proprio niente male, ci sono occasioni nelle quali la tendenza a passare inosservati risulta particolarmente utile. Aggiunta a sette anni di allenamento al Castello di Kyoki è già incredibile che siano riusciti a colpirmi per ben tre volte.
Dopo i miei exploit del primo anno, sono praticamente diventato la preda più ambita in questo tipo di esercitazioni. Riuscire a colpirmi sarebbe motivo di vanto per i miei esuberanti colleghi della sicurezza.
Quando 693 mi disse che, se mi fossi distinto, le persone avrebbero iniziato a ricercarmi non immaginavo certo che si riferisse a questo. So che non vedono l'ora di rifarsi per tutte le volte che gli sono passato sotto il naso senza che ne avessero il minimo sentore e mi sto giusto chiedendo che quotazione io abbia raggiunto nel giro di scommessucce organizzato dai cadetti della sicurezza, quando sento chiamare il mio turno.
Mi apposto sulla pedana del teletrasporto pronto per iniziare l'ennesima esercitazione di sopravvivenza. L'unica variante interessante è costituita dal fatto che stavolta non si tratta del ponte ologrammi, nè di un qualche luogo desertico terrestre, ma di un vero e sincero planetoide tenuto allo stato brado per adempiere al meglio agli scopi della Flotta. Per una volta tanto potremo rotolare giù per i pendii senza i rassicuranti protocolli di sicurezza del ponte ologrammi e spararci addosso senza autoctoni appostati al margine del campo a godersi lo spettacolo. Mi manca solo un altro marmocchio fra i piedi, entrato nel campo d'esercitazione a mo' di prova di coraggio verso i suoi amichetti.
Il famigliare ronzio del teletrasporto distoglie il mio sguardo dalla pedana per farlo posare su di una radura ai limiti della fitta foresta. Bene, si comincia. Cambio immediatamente posizione, non farò da bersaglio a chiunque possa essere qui ad attendere il nostro arrivo. Mai restare fermi immobili a guardare basiti il panorama dopo un teletrasporto, queste sono cose che possono andare bene, al limite, per un telefilm olografico. Beh, in realtà non c'è nessuna imboscata, ma certe abitudini è meglio non perderle.
"Il destino è quel che è, non c'è scampo più per me." Sento cantilenare una voce famigliare alle mie spalle e mi volto per incontrare lo sguardo di Foster, se io fossi un terrestre del XX secolo, forse coglierei la fine citazione al film Frankenstein Jr., ma, non intendendomi di antichi sistemi di comunicazioni terrestri, mi limito a guardarlo con un sorriso diplomatico stampato in faccia.
La selezione delle squadre è stata effettuata in modo assolutamente casuale nell'attimo stesso del teletrasporto, è proprio una bella coincidenza che io e Paul siamo in squadra insieme. Foster ricambia il mio sorriso e fa un cenno con la testa verso Luke e Vaarik, mentre Ripley è a soli pochi passi di distanza. Se invece della sezione sicurezza avessi scelto quella scientifica forse avrei qualche possibilità di capire per quale strana legge della fisica noi cinque finiamo sempre insieme.
Al centro della radura spicca un cartello impalato in un'asta di legno, al suo centro possiamo leggere il nome in codice che è stato affibbiato alla nostra squadra dal cervellone elettronico: Delfino Infiocchettato.
"Un nome denso di significati" mormoro.
"Non li voglio sapere" mi comunica Foster, categoricamente, mentre fa un passo verso Luke e Vaarik per introdursi nella loro conversazione. Per non restare solo davanti al palo e al cartello dal significato apportatore di presagi mi avvicino anch'io al resto del gruppo.
"Calcolando il numero di cadetti che partecipano all'esercitazione e il numero di persone di cui è composta ciascuna squadra... 334879 a 1." Sento declamare il vulcaniano, riferendosi a quante probabilità ci fossero che potessimo capitare tutti e cinque nella 'Delfino Infiocchettato'.
"Che vuoi che ti dica, Vaarik" mormora Luke. "Dalle mie parti si dice che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo e se è riuscita ancora una volta ad appaiarmi a te... undici decimi, oserei dire."
"Se avete finito con le vostre effusioni direi di spostarci in un luogo più riparato." Paul si rivolge a Luke, strizzando un occhio a sottolineare il sarcasmo dell'affermazione per poi diventare improvvisamente serio ed autoritario. "Che ne pensi di quel posto laggiù?" confabula in tono professionale con Dalton.
"Più a destra, la visuale sulla boscaglia è più ampia."
"Mmmm, ti capita di avere ragione qualche volta, sai? Qualcuno perlustri il luogo."
"Beh, sai, dopo tanti anni la Legge dei Grandi Numeri inizia ad avere un certo peso. Presto, raccogliete quei contenitori e raduniamo le provviste."
Mentre Paul e Luke si punzecchiano amichevolmente e distribuiscono ordini riguardo l'organizzazione del campo, io mi dirigo in perlustrazione verso lo spiazzo che dovrebbe accoglierci. Non noto nessuna traccia di precedenti esercitazioni, o questo posto viene tenuto selvaggio con una cura impressionante o siamo la prima squadra di cadetti che calpesta questo pezzo di terra.
Mi chiedo a che distanza siano state trasportate le altre squadre e quanto tempo abbiamo a disposizione per approntare il campo base prima che inizino i fuochi d'artificio. L'erba non è eccessivamente alta, in questo punto arriva al ginocchio, ma ci sono parecchi arbusti sparsi, alcuni dei quali secchi. Ci manca solo il rischio di un incendio. Nessuna impronta identificabile, né piste tracciate nella vegetazione (o, almeno, nulla che io riesca a scorgere). Qua sembra tutto a posto, nessun pericolo, almeno per ora.
Chiudo gli occhi e mi concentro sui suoni per abituarmi all'ambiente, in questo modo dovrei rilevare più prontamente qualsiasi elemento estraneo. Sento l'aria che passa fra gli arbusti e il brusio delle foglie nella boscaglia. Rumore di casse che vengono spostate ed aperte, le voci dei cadetti che si fanno concitate, sembra quasi che stiano discutendo, là in fondo. Voci di sei, sette, otto, persone. Ripley e Bolty, il tellarita, stanno controllando l'altro lato del perimetro, ma non dovevamo essere squadre da dodici elementi?
Schivo appena sento il fendente arrivare, mi ci vuole un nulla per capire da che parte giunga l'attacco. Avete presente un tagliaforbice che danza la break-dance? Anch'io, le mie gambe scattano in alto e poi di lato, atterrando l'umano. In un'unica mossa lo immobilizzo, ritrovandomi a fissare due pupille dorate che fissano il vuoto oltre la mia spalla.
"Musuko!" eclamo.
"Musuko-san, per te. Che razza di esibizione hai fatto stavolta? Atterrarmi con un semplice sbilanciamento era troppo complicato? Peccato essere nella stessa squadra, non vedevo l'ora di aggiungere un'altra tacca al mio phaser."
"Tu hai i tuoi metodi, io ho i miei. E... non per demoralizzarti, ma direi che i miei funzionano meglio visto che siamo ancora cinque a due."
"A tre."
"Andiamo, non vorrai contare anche il colpo di striscio?" gli chiedo, poi mi volto verso la wakasashi (NdT.U.: katana corta) che sta ancora reggendo in pugno. Musuko percepisce il mio movimento e allenta la stretta sull'arma.
"Un colpo a segno è un colpo a segno, non puoi attaccarti a questi cavilli, ora."
Gli lascio il polso appropriandomi dell'elsa e mi allontano da lui. Musuko, rimasto a terra, si mette a sedere, poi volta il viso a guardare un qualche punto alla mia sinistra. Resta immobile per un attimo ed alza un braccio nella mia direzione, in attesa. Non si aspetterà che lo aiuti a rialzarsi?
"Questa roba è affilata." Ignoro la sua mano e ruoto la lama nell'aria, ascoltando il suono perfetto del filo che scivola attraverso le molecole. È un sibilo dal tono basso e caldo, una lama perfettamente bilanciata, nata dalle mani di qualcuno esperto e devoto al proprio compito. Non posso fare a meno di provare un moto di ammirazione e forse un po' d'invidia.
"Andiamo..." si lamenta "parli come se ti avessi attaccato sul serio!" Sta già iniziando ad abbassare la mano e ad alzarsi da solo.
Gli giro le spalle per dirigermi verso gli altri e con un unico gesto lancio la wakasashi verso l'alto. Con una serie di evoluzioni la spada sale in una parabola stretta per andare a conficcarsi perfettamente in piedi nel terreno davanti a Musuko, a sette passi di distanza, ovviamente.
Il gelo che mi accoglie quando mi riunisco al resto del gruppo è decisamente in contrasto con il panorama lussureggiante in cui ci troviamo. L'atmosfera nel campo non è di certo delle più idilliache, a causa della discussione avuta in mia assenza regna ancora un certo scontento fra i cadetti più giovani. Letteralmente: si può quasi sentire l'aria crepitare.
Sembra ci sia stato un conflitto riguardo le competenze gerarchiche all'interno del gruppo. Guardo interrogativamente verso Luke, Paul e Vaarik ma per ciò che riguarda loro la discussione sembra essere chiusa. Gli altri membri della squadra sono Rebecca Goldblum, Ilaij Ulianov, un tellarite di nome Bolty, più altri due che non conosco. La prima è un'umana dai lineamenti che i terrestri definiscono ispanici, l'altro è un enorme ammasso con quattro chele al posto della bocca ed i capelli rasta.
"A quanto pare vi siete già presentati" interviene Musuko, avvertendo anche lui la tensione nell'aria e tentando di alleggerire l'atmosfera. "Per chi non mi conosce, Musuko Senman, secondo anno, sezione sicurezza. Al vostro servizio." Musuko, che ha tenuto la testa alta ma lo sguardo rivolto con noncuranza verso il pavimento, si esibisce nel tipico inchino giapponese, riconfermando le proprie origini. I rimanenti membri del gruppo si presentano a loro volta, in via ufficiale :
Luke 'Lucky' Dalton, operazioni; Paul J. Foster, scienza; Vaarik, scienza; Ripley, sicurezza; Rebecca Goldblum, sicurezza; Ilaij Vladimirovic Ulianov, comando; Lara Dyanthes, che segue corsi generici; Sh'muus, medicina; Meferura Meritamon, scienza; Bolty, operazioni.
Mentre finiamo di radunare idee e provviste la tensione si è alleggerita solo in minima parte. Ormai si sta facendo buio e malgrado l'area battuta sia di qualche chilometro non abbiamo ancora incontrato traccia di altri accampamenti e di altre squadre di cadetti, strano, di solito in queste esercitazioni gli sfidanti si trovano in un territorio poco ampio, sufficientemente ristretto per far in modo che gli scontri possano essere frequenti, sì che i partecipanti siano costretti ad escogitare le più svariate tattiche per poter eccellere.
Ilaij sta ancora borbottando qualcosa riguardo ai sindacati mentre apre le ultime casse di provviste. Finora abbiamo trovato seghetti, levigatrici, indumenti in nylon, lamette affilate, svariati contenitori di cibo, primitive barriere ematiche utilizzate un tempo dalle donne terrestri, strumenti di scrittura... tutte riproduzioni di oggetti in vigore secoli fa e che Sh'muss (che scopro essere di razza mcgaiveriana) ha utilizzato per approntare qualche trappola nella foresta. Connettendo collant, penne, lamette è riuscito ad estrapolare qualche trappola artigianale sul tipo: un tizio inciampa in un filo che tira una leva che rilascia una lametta che taglia la corda che tratteneva il ramo che andrà a colpire l'innescatore. Sembra avere un'insana passione per questo tipo di cose. Quando gli abbiamo chiesto se non sarebbe stato più facile limitarsi a scavare delle buche per terra, ci ha guardati con un'espressione basita, come se una soluzione così semplice e lineare rasentasse i confini dell'eresia.
Mentre Sh'muss studia l'obsoleta levigatrice, pensando già a cosa potrebbe ricavarne, il resto del gruppo si sta dedicando alla propria nutrizione, approfittando, nel contempo, per prendere confidenza l'un con l'altro. Ripley mi ha dato il cambio nel turno di guardia e approfitto per cercare Vaarik, lo trovo seduto su di un tronco che sta esaminando con aria perplessa una confezione di detergente.
"Hai bisogno di qualcosa?" mi apostrofa, sentendomi arrivare.
È sempre difficile capire quale possa essere l'approccio migliore con il taciturno vulcaniano. La mia titubanza però deve averlo incuriosito perché lo vedo sollevare un sopracciglio.
"Senti Vaarik, tu e Luke non andate molto d'accordo, vero?" Alla fine decido che l'approccio diretto rimane comunque e sempre il più onesto. "E se non sbaglio hai una certa... esperienza di rapporti, come dire, conflittuali."
"Renko, cosa stai cercando di chiedermi?"
"Hai presente Musuko Senman? Ecco, io e Musuko abbiamo, per così dire, filosofie diametralmente opposte per quanto riguarda le arti marziali. Come sai io ho studiato per anni arti marziali esoteriche, mentre lui è stato allenato fin da bambino nelle arti marziali tradizionali. Come puoi immaginare il suo è un approccio piuttosto limitato, ma ognuno in fondo è libero di allenarsi come più gli piace. Durante il corso abbiamo avuto modo di confrontare le nostre tecniche in varie occasioni, ma tutto sarebbe dovuto finire lì. O almeno, questo è quello che pensavo io. Invece Musuko ha portato il nostro antagonismo fuori dal quadrato di combattimento. E io non so come comportarmi."
"Mi hai forse preso per il consigliere Memok?"
"Beh, avete tutti e due le orecchie a punta e così... Scherzo, scherzo, non te la prendere. Per quanto riguarda Musuko volevo solo un parere esterno, ecco tutto. E sai anche tu quanto possano essere plateali gli umani, se ne avessi parlato a Paul o Luke sarebbero stati capaci di fargli una scenata. Come se per il fatto che io non abbia scelto di essere un soldato ci debba essere qualcuno a tenermi per la manina. Beh, la pensano così lasciamoglielo credere... al contrario, con te sono sicuro che non ti intrometterai. In fondo, a te non importa di nessuno, no?" Nel momento stesso in cui finisco la frase una spia in un angolo buio del mio cervello si accende per segnalare che forse le mie doti diplomatiche stanno scendendo oltre il limite di guardia. La zittisco, Vaarik è pur sempre un vulcaniano, e la mia è soltanto una constatazione.
"Dunque, proviamo ad ipotizzare cosa ti direbbe il consigliere Memok se fosse al mio posto... 'Mi dica, Renko, lei pensa che l'ostilità di Musuko sia dovuta alla vostra differente interpretazione delle arti marziali'."
"Sostanzialmente sì."
"E che magari potreste appianare le vostre divergenze e imparare a collaborare."
"Infatti." È ovvio, è così che si lavora nella Flotta Stellare. A cosa servirebbero altrimenti queste esercitazioni, in cui i cadetti vengono appaiati con compagni con cui non hanno mai collaborato prima.
"E Musuko si comporta con chiunque non condivida la sua visione delle arti marziali come si comporta con lei?"
"Obiettivamente... no." Rifletto un attimo su quest'ultima domanda, non mi ero mai soffermato sui rapporti sociali di Musuko, c'è sempre una certa dignitosa cortesia nei suoi modi da samurai.
"E non ti è mai venuto in mente che potresti essergli semplicemente antipatico?"
"Cosa?!?" esclamo "Antipatico? Io?!? Vuoi dire che io sto antipatico?"
Vaarik solleva uno dei suoi sopraccigli e si allontana fingendo nonchalanche di fronte alle mie proteste.
"Ehi, io non sono antipatico! Ti sto antipatico forse?! Vaarik, dove stai andando. Vaarik!"
Niente da fare, non ha alcuna intenzione di continuare il discorso, inutile insistere.
Torno all'accampamento senza sapere ancora cosa pensare. Quando entro nella tenda, Lara interrompe un attimo la conversazione con Musuko per farmi un cenno di saluto. L'atmosfera allegra e rilassata che vi sta regnando riesce in un qualche modo ad irritarmi, ma non riesco a capirne immediatamente il motivo. Sarà per quello che mi ha detto Vaarik riguardo al giapponese, forse. Non posso farci niente, pensare di stargli in antipatia fa uno strano effetto, influenza la visione che ho di lui.
"Di cosa stavate parlando?" Chiedo, più che altro per cortesia verso Lara.
"Del mio sguardo fiero e onorevole" risponde Musuko, sorridendo verso il cadetto Dyanthes.
"Oh, non prendermi in giro adesso, Sen-kun," risponde Lara, con un sorriso divertito. "Mi è solo scappato detto che i tuoi occhi sono splendidi."
"Devono essere splendidi, visto che la loro funzione è puramente ornamentale."
"Senman!" esclama Lara, con finto tono di rimprovero.
Musuko è cieco. Lo è dalla nascita, è una specie di tara di famiglia che rispunta saltuariamente fra le generazioni. Il tessuto che forma le sue pupille è affetto da una malformazione che gli impedisce di vedere e nello stesso tempo gli conferisce quel colore dorato che attira l'ammirazione di parecchi cadetti di sesso femminile.
All'interno della Federazione la cecità non costituisce più un handicap da tempo, tuttavia, in alcune occasioni, Musuko utilizza una rete sensoria che indossa sopra i vestiti. Ce l'ha anche in questo momento, strano, perché solitamente durante i combattimenti non la usa e non posso che essere d'accordo con lui. Ci sono occasioni nelle quali è affidarsi alla vista che costituisce un handicap. Una buona parte delle tecniche insegnate dal mio maestro non prevede l'utilizzo di questo senso, infatti.
"Wooaaahhh!" esclama Lara, innalzando come se fosse un trofeo un barattolo marrone che ha appena trovato in una cassa. "Cioccolato!"
"Hai un'idea di quanti anni avrà questa roba, angelo?" si intromette Dalton, che è appena entrato nella tenda.
"Che importa, intanto è cioccolato vero, non replicato. Mmmm, queste esercitazioni iniziano a piacermi." A quanto pare, la ragazza non ha la minima intenzione di perdersi d'animo. "Che altro c'è? Vediamo... cereali, pasta..."
"Obiettivamente, è sempre meglio delle carote di Paul. Permetti?" chiede con cortesia Dalton, aprendo il barattolo di cioccolato ed offrendone prima, galantemente, a Lara.
"Foster sta mangiando carote?" chiedo. "Strano, non pensavo gli piacessero."
"Ma che dici? Va matto per le carote." Luke mi contraddice con una tale naturalezza che quasi quasi potrei anche credergli. "L'ho lasciato che urlava, probabilmente per la contentezza."
"Potremmo invitarlo qui e mangiare insieme." propone Lara. Anche lei deve aver intuito che il sorriso sornione di Dalton nasconde qualcosa.
"Nooo, figurati se ha minimamente voglia di ingurgitare questi cibi ipercalorici, lui che tiene così tanto alla forma fisica. È già così contento di avere le sue carotine... "
Vedete, Luke non è un cattivo ragazzo, è che la sua dose giornaliera di scrupoli è limitata e finisce sempre piuttosto in fretta. Ho pranzato insieme a Foster abbastanza spesso, in mensa o da Chun, da sapere che non ordina mai carote e mai gliele ho viste mangiare.
Anche se sa perfettamente che lo sto fissando, Luke finge di non accorgersene, ma non riesce a trattenere un sorriso soddisfatto che affiora a fil di labbra. Scuoto la testa e classifico l'intera faccenda come una delle loro scaramucce, o forse, più' che scaramucce, sarebbe esatto dire scherzi, che si scambiano a vicenda. Che faccio, applico la Prima Direttiva? Terrestri... valli a capire, è brutto dirlo dei propri amici, ma si sa, quelli di razza pura... son tutti pazzi.
"Dov'è andato Ilaj, l'avete visto?" chiedo invece, cambiando argomento.
"Ha detto di aver visto delle tracce strane attorno all'accampamento e che voleva fare un giro veloce di perlustrazione. Ha detto che tornava subito. Ne vuoi ancora?" mi chiede Lara porgendomi il barattolo di cioccolato in crema."
"No, grazie, sono a posto. Finitelo pure voi, io non ho bisogno di altro" le rispondo.
"Ce l'hai ancora?" chiede Musuko, con le labbra semi increspate, lo sguardo sempre rivolto al vuoto.
"E tu?" gli rispondo con un'altra domanda, per quanto la sezione socializzazione del mio DiPad mi sconsigli di farlo. Non vedo infatti perché dovrei dare soddisfazione ad uno a cui sto pure antipatico.
"Cosa?" chiede Lara, intenta a ripulire il barattolo.
"Hyakumi irezumi" le risponde Musuko, nella sua lingua.
"Hai un tatuaggio in parti intime?" mi chiede Luke con aria canzonatoria, appena il traduttore universale ha fatto il suo lavoro.
"Ma per favore!" gli rimando, senza neanche prendermi la briga di stare a pensare a qualche altra risposta. "Hyakumi irezumi è una tecnica antichissima" spiego poi ai presenti "Consiste nell'inserire sotto pelle sostanze nutritive che vengono poi assorbite gradualmente dall'organismo."
"Già, e col tempo si è poi iniziato ad inserire le sostanze in modo che formassero disegni ornamentali e sempre più raffinati. I tatuaggi svaniscono col tempo, man mano che vengono metabolizzati" continua Musuko, sembrando un documentario (la mia spiegazione era molto meglio). "La mia scuola è la migliore in questo."
"Come no!" sbuffo. "Dovresti inserire la voce obiettività nella tua lista della spesa, ne sei rimasto a corto." Ma se lo sanno tutti che la scuola migliore in questo tipo di cose è il Castello di Kyoki. Solo che lì non la chiamiamo Hyakumi irezumi, bensì la Tecnica dell'Istrice Cambusiere.
"Anche tu hai uno di questi tatuaggi?" viene chiesto al giapponese.
"Ha una testa di tigre che gli arriva da una spalla all'altra, tanto per parlare di raffinatezza dei disegni!" Non lascio il tempo a Musuko di rispondere in propria vece, la frase mi è scaturita spontaneamente, in tutto il suo sarcasmo. Da parte mia è un comportamento così insolito che Musuko aggrotta leggermente le sopracciglia, incerto se rispondermi o meno, e soprattutto cosa.
"Almeno io cambio soggetto ogni tanto, tu ti fai sempre tatuare un drago, è banale... mi chiedo come abbia fatto Chun a non essersi stancato di disegnare costantemente la stessa cosa." Probabilmente lo sta dicendo solo per ribattere una cosa qualsiasi, tanta è la convinzione che traspare dal suo ancora perplesso tono di voce.
In quel momento Foster irrompe a passo di carica nella tenda. "L'ultima pattuglia di ricognizione ha avvistato una squadra avversaria, è ora di muoversi" esclama, poi gli occhi gli cadono sul barattolo di cioccolata ormai ripulito e il suo viso si trasforma in una maschera inespressiva. Lo vedo girare lentamente lo sguardo verso Luke, che ricambia con espressione angelica fino allo spasmo. Ahi, ahi, sento puzza di futuri guai. Senza aggiungere altro, Paul fa dietro front ed esce per andare a prepararsi allo scontro.
"Finalmente ci si muove" mormoro, controllando il phaser agganciato in cintura ed uscendo anch'io dalla tenda.
Grande. È stato grande.
Non era la squadra di Wright, ma non importa. Ce la siamo cavata egregiamente, più che egregiamente. E non sono morto neanche una volta! Anche se devo ammettere che stavolta ci sono andato parecchio vicino, a farmi uccidere, ma non vedo perchè questo dovrebbe togliermi la soddisfazione di crogiolarmi in quella splendida sensazione che è lo scampato pericolo.
"Smettila" mi dice Musuko, affiancandosi a me.
Mi sono ormai rassegnato al fatto che gli altri riescano ad indovinare sempre piuttosto facilmente cosa sto provando o pensando, ma il fatto che riesca a vederlo perfino un cieco fa crollare ogni mia speranza di futura carriera come giocatore di poker.
"Il sentiero è largo. Se ti da fastidio la mia soddisfazione và a camminare a fianco di Vaarik, da lui non ne avrai di sicuro" lo dico cambiando la mia andatura ma Senman compensa senza fatica.
"Fastidio? Perchè dovrebbe darmi fastidio? Ti facevo solo notare che non è che che sei tu ad essere particolarmente bravo con il phaser, sono gli altri che non ti colpiscono perchè non ti vedono" spiega il giapponese.
"Grazie della puntualizzazione, era fondamentale, vero? Sia mai che mi monti la testa... e tu? Come mai con la rete sensoria durante un combattimento? Il tuo istinto-radar sta iniziando a fare cilecca? Senti improvvisamente il bisogno di dispositivi d'appoggio, ora?"
"Non tentare di cambiare argomento" mi ritorce contro, svicolando dalla mia domanda ma facendo sembrare che sia invece io a non voler parlare della sua affermazione di poco prima.
"Io non sto tentando di cambiare argomento. È vero, sono particolarmente abile nel non farmi notare, ma visto che ce l'ho, questa caratteristica, non vedo perchè non dovresti rendermene merito. Scusa, ma è come se ad uno che è nato con una buona mira venisse rinfacciato che non è merito suo se colpisce il bersaglio! Si da il caso che io abbia appena fatto un buonissimo lavoro e..." finirei volentieri la frase, ma qualcuno dotato di poco tatto ha urgenza di comunicarmi qualcosa:
"Si può sapere che stavi facendo, quando quei due sono spuntati dal burrone?" Evidentemente Dalton non la pensa come me, il fatto che mi abbia afferrato la spalla facendomi voltare verso di lui e mi stia gridando in faccia me lo fa sospettare.
"Li stavo disarmando, forse?" gli rispondo, senza farmi intimorire e sfidandolo a ribattere (avevo utilizzato due lamette a mo' di shuriken, per costringerli a mollare la presa sui phaser).
Prima Musuko e adesso Luke, andiamo bene! Ho come l'impressione che qui si stia cospirando contro la mia autostima.
"Perché non gli hai sparato?" grida Luke, senza allentare la presa sulla spalla.
"Erano della sezione medica. Non si spara sulla sezione medica."
Mi guarda allibito. "E da quando?"
"Ah, non ci posso credere! Hai una bella faccia tosta a far ramanzine quando ho dovuto coprirti la schiena contro quell'andoriano." Gli scosto la mano dalla spalla con uno strattone e mi allontano.
"Ma quello si è rialzato!" sento Luke che controbatte alle mie spalle, mi volto verso di lui per capire se ci è o ci fa: "Certo che si è rialzato, perché non avrebbe dovuto, scusa?"
Non posso credere che con tutta l'esperienza bellica vantata da Dalton... ma non mi lascia finire, lui ha le sue idee in proposito: "Perché se l'avessi colpito con un phaser vero non avrebbe più quella cosa chiamata cranio?"
"Dov'è Ilaij?" ci interrompe Rebecca. "È da prima della battaglia che non lo vedo."
"Non era con voi?" chiede allarmato Meferura, che faceva parte della squadra rimasta a guardia delle provviste.
Quando Ilaij viene ritrovato non è certo in buone condizioni. Un colpo di phaser, un vero phaser, l'ha centrato in pieno petto. Il giubbetto l'ha protetto quel tanto da salvargli la vita, ma ora una brutta bruciatura gli deturpa il torace.
"Chi è stato, chi è stato il bastardo?" esplode Rebecca, mostrando chiaramente un coinvolgimento maggiore dello sgomento che sta invece pervadendo il resto del gruppo.
Qualcuno ha sparato ad Ilaij, perché?
"Forse è stato un incidente" prova a proporre Meferura, non volendo accettare un atto di violenza volontaria. "Magari qualcuno ha un phaser attivo invece che a salve." Ma dal suo tono di voce si capisce che non ne è convinto neppure lui. Non è poi così difficile distinguere un phaser vero da uno a salve... dopo aver sparato il primo colpo.
Ma il tempo delle teorie e delle speculazioni dovrà attendere ancora, prima di potersi manifestare in tutto il suo splendore perché, per ora, la cosa più importante è curare Ilaij e l'unico modo per farlo è riuscire ad avvertire la dottoressa Leneorat, sì che possa venire con tutte le sue attrezzature mediche.
Purtroppo siamo senza comunicatori, né abbiamo altri mezzi per poter avvertire gli istruttori dell'incidente ma per fortuna, su una delle mappe dateci in dotazione, riusciamo ad individuare una vecchia struttura in cui probabilmente ci sarà una radio subspaziale o qualsiasi altra attrezzatura che può fare al caso nostro.
Ci mettiamo in marcia portandoci dietro il minimo indispensabile in modo da poter procedere il più velocemente possibile. Le condizioni di Ilaij, che viaggia su di una barella di fortuna, sono per ora stabili. La parte ustionata è stata tamponata e fasciata con i Nuvenia, le barriere ematiche trovate fra le provviste. Dispositivi primitivi ma che dovrebbero essere in grado di assorbire i liquidi che vengono suppurati dalla pelle ustionata e tenere relativamente asciutta la ferita.
Durante il tragitto ho pensato di fornire supporto ad Ilaij aiutandolo ad affrontare il dolore grazie alla mia personale esperienza giovanile e alle meditazioni imparate successivamente al Castello. Tuttavia mi sono presto reso conto che la vicinanza di Rebecca aveva, su Ilaij, un effetto più incisivo di qualsiasi suggerimento od apporto potessi dargli io. Nel gruppo si inizia a mormorare che il loro rapporto abbia radici differenti da quelle che normalmente contraddistinguono una semplice amicizia fra compagni di corso.
La marcia attraverso la foresta, già estenuante e priva di comfort, si fa inquietante quando Ripley e Vaarik si allontanano dal gruppo senza far ritorno. Inizialmente la cosa non mi preoccupa più di tanto, il vulcaniano sa il fatto suo e Ripley ha le spalle larghe, forse hanno un qualche loro progetto in mente per risolvere la situazione. Ma, man mano che la marcia prosegue, ho sempre più la sensazione di trovarmi in un oloracconto dell'orrore. A poco a poco i miei compagni iniziano a scomparire, ora anche Lara e Luke non si riescono più a trovare. Esattamente come gli altri anche loro si sono allontanati promettendo di tornare subito per poi svanire nel nulla. A questo punto non ha senso continuare la marcia come niente fosse per poi venire decimati uno ad uno. Sh'muss, Rebecca e Bolty scorteranno Ilaij fino alla struttura, mentre io con Musuko e Paul con Meferura tenteremo di capire cosa è successo ai nostri compagni.
La boscaglia riluce in tutte le sfumature del verde esistenti, selvaggia, inquietante e bellissima. La vegetazione è così rigogliosa che rende difficile riuscire a muoversi senza lasciare traccia e, nello stesso tempo, rende paradossalmente difficile seguirle.
Musuko sta scivolando fra le fronde, concentrato e con lentezza. "Da questa parte." Si ferma per farmi cenno ed accertarsi che io lo stia seguendo. Mi guardo intorno tentando di cogliere qualche particolare, un ramo spezzato, una foglia schiacciata, ma non sono un tracciatore, posso al limite arrivare a riconoscere una pista o i resti di un vecchio accampamento, ma la sottile arte di poter decifrare il terreno resta per me ancora avvolta nel mistero.
Prima Ulianov ferito gravemente, poi Ripley e Vaarik che si allontanano senza fare più ritorno, infine Dalton e Dyanthes, anche loro spariti nel nulla, ed ora eccomi qua, che mi sto facendo guidare da un cieco (a cui sto pure antipatico) alla loro ricerca. Mi sta seriamente sorgendo il dubbio che, ultimamente, il destino stia tirando un po' troppo la corda.
Grazie ad un intervento di Sh'muss, la rete sensoria che Musuko utilizza per 'vederè, è stata potenziata al massimo. Come il mcgaiveryano ci sia potuto riuscire utilizzando solo un tratto-pen, alcuni circuiti tratti dal seghetto orientabile e una lametta da barba, lo sa soltanto lui. Comunque funziona, ed è per questo che ora Musuko riesce a cogliere anche il minimo indizio in mezzo ad una tale cacofonia di piante. Tuttavia, proprio perché la rete sensoria è potenziata fino al limite, Musuko non riesce ad indossarla per più di un minuto al massimo, dopo di che deve fare una pausa di almeno altri cinque prima di poterla riutilizzare. Quando è attiva i suoi sensi sono così sollecitati da provocargli disturbi a livello fisico, anche ora lo vedo alzare una mano verso lo stomaco per contenere la nausea. Disattiva la rete e si strofina il volto con le mani.
"Già stanco?" lo apostrofo.
"Renko, dammi un po' di tregua. Questa roba mi acceca" dice, indicandosi la pettorina con i sensori. Lo guardo senza rispondere nulla. Arrivati a questo punto, non vale neanche la pena di fare la battuta.
"Qualsiasi cosa sia successa deve essere successa qui." Fa un ampio gesto con la mano ad indicare la zona.
Mi guardo intorno, tentando di capire cosa possa avere di particolare quel luogo. "Ehi, guarda! Un ramo spezzato, e là ce n'è un altro." Non riesco a tenere l'entusiasmo fuori dal mio tono di voce, troppo contento di aver finalmente scoperto qualcosa.
"Infatti," spiega Musuko, "qualcuno stava trascinando un corpo. Erano più di uno... due, forse tre. Non posso essere più preciso."
"Tutto qui?" gli chiedo "Mi aspettavo qualcosa di più da te, qualcosa sul tipo: erano in due, uno alto e nervoso con un cappello blu e uno basso e grasso con dieci crediti in tasca che trascinano il corpo di un cadetto addormentato."
"Spiritoso, davvero" mi rinfaccia Musuko, strappandosi la pettorina dal petto e lanciandomela contro. "Perché non ci provi tu visto che finora non hai fatto altro che."
L'indumento mi schiaffeggia la faccia, lo afferro prima che cada a terra, stringendolo in pugno. "Non ho fatto altro... non ho fatto altro che cosa? Prego, sentiti pure libero di finire la frase" gli rilancio l'indumento e lui l'afferra al volo.
Musuko sbuffa rumorosamente e sbatte con violenza la pettorina per terra. "È da ieri sera che non fai altro che sarcasmo, beh... sai una cosa? Non sei capace, ti manca l'allenamento. Sembra quasi che un ultracorpo abbia preso il tuo posto."
"Oh, era tutto qui. Ti rompe tanto che io finalmente risponda alle tue provocazioni... cosa vuoi adesso, che ti chieda anche scusa di starti sulle scatole?"
Musuko ci mette un po' prima di rispondere, con tono perplesso: "Chi te l'ha detto?"
In realtà me l'ha detto Vaarik, io non ci ero arrivato, ma ciò che mi scappa dalla bocca sul momento è: "Come se non potessi accorgermene da solo, non sono mica cieco."
A Musuko scappa un singolo sorriso e calcia la pettorina verso di me. "Ecco, quest'ultima sparata è già più sul tuo stile."
"Quale sparat..."
Un raggio luminoso centra la pettorina in pieno volo. Questa viene sbalzata verso un cespuglio, crepitando in corto circuito e spandendo scintille ovunque. Prima ancora che cada a terra io e Musuko siamo già balzati al riparo ma non possiamo certo definirci al sicuro.
"Musuko, credo che abbiamo appena fatto un errore tattico."
"Musukosan. Tu dici?"
"Come, non sei stato attento alla lezione di Sherman della settimana scorsa?"
"Quale, quella in cui diceva che mettersi a discutere in campo nemico attirando il fuoco è male?"
"Esatto."
"No, quella l'ho saltata, ero ad una visita oculistica."
"Allora, samurai, pronto all'azione?" chiedo, riportando la concentrazione sull'immediato.
"Dipende, loro sono pronti ad essere stesi?"
"Uno dritto davanti a noi e uno ad ore tre?"
"Sì, ma potrebbe essercene un terzo. In guardia."
Musuko scivola verso destra, io verso sinistra. Se anche loro, come noi, hanno pensato di prenderci alle spalle, probabilmente ci incontreremo... vedo una fronda oscillare... più o meno qui. Raggiungo il tronco dell'albero che reputo nella posizione migliore rispetto al percorso del misterioso nemico ed inizio ad arrampicarmici, facendo bene attenzione a rimanere nell'angolo cieco di chiunque si stia muovendo là sotto.
Dall'alto ho la visione di una forma umanoide in tuta mimetica che si sta muovendo fra le fronde e, devo ammettere, con una certa abilità, come se fosse abituato a questo tipo di vegetazione.
Lo vedo esaminare attentamente qualcosa che ha in mano, poi alza la testa verso l'alto. Qu'vatlh, ha un tricorder! Faccio appena in tempo a saltare dal ramo prima che il raggio stordente possa colpirmi. Avverto un vago formicolio ai piedi ma, fortunatamente, l'effetto è blando, anche perché sento un altro colpo partire e devo spostarmi piuttosto in fretta, balzando su mani e piedi come un Insetto Stecco a Molla, fino a che non trovo rifugio dietro ad un tronco abbastanza grosso.
Odo il mio inseguitore spostarsi, cercando una linea di tiro che sia sgombra da ostacoli. Allungo una mano alla cintura, escludendo il mio indispensabile DiPad 55C9, come armi da offesa ho solo il phaser caricato a salve, il mio fedele shuriken multiuso ed una confezione con tre lamette residue. Il rumore di un raggio più concentrato irrompe nell'aria, seguito immediatamente dallo scricchiolare di legno surriscaldato e dal crepitare del carbone quando viene sollecitato dal calore. Il mio nemico senza volto ha deciso di aumentare la regolazione del proprio phaser ed ora sta sparando contro il tronco dell'albero. Mi sposto gradualmente per compensare i suoi movimenti e per non trovarmi sulla linea di tiro. Frammisto al cicalio del tricorder sento un click che non mi piace per niente. Se si tratta di quello che penso, cioè di una granata stordente, sono nei guai. Ma non gliel'hanno mai detto che questo non è leale?
Armeggio con il mio phaser quel tanto che basta per sovraccaricarlo. Essendo un phaser finto, uno di quelli da esercitazione, non esploderà di certo ma le forti onde energetiche che sta emanando serviranno almeno per confondere un po' le letture del tricorder. Getto il phaser in un cespuglio e getto me stesso dalla parte opposta, allontanandomi il più possibile dalla precedente posizione, anche a costo di strisciare fra la vegetazione (ho fatto mia la tecnica del Lombrico Che Tenta di Non Pagare il Conto d'Albergo). Ora lo posso vedere più chiaramente, si tratta di un orioniano. Perfetto, ci mancava solo l'attacco dei pirati spaziali, adesso! Beh, non che io abbia pregiudizi verso gli orioniani, intendiamoci.
Lo vedo fermarsi, ora che non ha più le letture dal tricorder sembra incerto. Non gli ci vorrà comunque molto a scovare la posizione del phaser ed eliminare la mia unica e rudimentale fonte di contromisure elettroniche. Ma ora non ne ha il tempo, deve prima disattivare il timer della granata che stava per lanciarmi. Lo vedo riallacciarsi il tricorder alla cintura e portare la mano libera verso la sicura. Il mio braccio si muove ancora prima che il cervello abbia delineato il piano d'attacco, afferro il primo sasso che vedo e lo scaglio contro la mano dell'orioniano che, colpita dalla massa e dalla velocità della pietra, si lascia sfuggire la granata. La piccola sfera rotola per terra, l'istinto dell'orioniano è quello di chinarsi per afferrarla, invece di calciarla il più lontano possibile. Grosso errore, il conto alla rovescia finisce proprio in quel momento ed un onda energetica investe in pieno il corpo del pirata che viene sbalzato indietro, coprendo una distanza di qualche metro ed accasciandosi al suolo, privo di conoscenza. L'onda continua ad espandersi, perdendo potenza ma raggiungendo, infine, anche me. Solo che ormai è troppo debole e l'unico risultato ottenuto è quello di scagliarmi a terra su mani e ginocchia, leggermente stordito.
Mi è andata bene, scuoto la testa per schiarirmela, quando rialzo lo sguardo la prima cosa che vedo sono due piedi, attaccati a due gambe, attaccate ad un tronco, attaccato al sorriso semi increspato di Musuko. Deve aver percepito la mia presenza, perché si è fermato esattamente di fronte a me, giusto un attimo prima di inciamparmi contro.
"Ti stai rotolando a terra a tempo perso..." mi chiede con tono un po' provocatorio e un po' scanzonato, "o è un'altra delle tue tecniche da Fata Turchina?"
"Aha... rieccoti con un'altra delle tue battutine sulle mie tecniche..." gli rispondo, alzandomi in piedi, "ma come fai ad avere una visione così limitata delle arti marziali?" Ora il mio sguardo è al suo stesso livello, i miei occhi incrociano i suoi, fissi, dorati... e ciechi.
"Come non detto" mormoro. "Ma vedi di non tirare troppo la corda su quest'argomento. Sai come dicono i terresti: non abbaiare al can che dorme."
Musuko aggrotta un attimo le sopracciglia ed assume un'aria stoica. "Non mi intendo di proverbi occidentali."
Mi dirigo verso l'orioniano privo di conoscenza. "Come te la sei cavata tu?" gli chiedo, mentre mi chino accanto al corpo senza sapere bene che farne.
"Io? Egregiamente, il tizio si è tirato una granata stordente sui denti, e tutto da solo."
"Davvero?" commento con tono piatto. Chissà perché ma non sono affatto stupito.
"Già, mi stavo dirigendo verso di lui quando ho sentito qualcosa che veniva lanciato nella mia direzione... rimbalzare contro un ramo e tornare indietro. Dopo di che non ho dovuto far altro che annaspare in cerca di questo" spiega, facendo cadere a terra un fagotto di abiti mimetici ed uno zaino dello stesso colore.
"L'hai spogliato?" gli chiedo incredulo, malgrado ne abbia le prove davanti agli occhi.
"Dovevo renderlo inoffensivo" mi risponde, con un'alzata di spalle. "Prima o poi riprenderà i sensi e poi non avevo tempo di stare a fare una cernita. Ti consiglio di fare lo stesso con questo."
Resto accovacciato, guardando perplesso l'orioniano. "Perché non lo fai tu, ormai ci hai fatto la mano."
"Nooo, non voglio prendermi tutto il divertimento" mi incita Musuko, non avendo la minima intenzione di fare il lavoro al posto mio. "Coraggio, che io non guardo."
Tolgo la cintura all'orioniano, appesi vi sono il tricorder, un Padd, il phaser e una fondina con dentro un coltello 'da caccia' e le lettere Giaphar incise a fuoco sul cuoio. Mentre Musuko inizia ad esaminare il suo bottino, sferragliando con le fibbie dello zaino, sento un sibilo profondo, lo sente prima il mio inconscio di quanto possa farlo io, è qualcosa che non dovrebbe esserci e che invece fende l'aria, dritto verso Musuko. Estraggo il coltello dalla fondina e mi giro di scatto, alzandomi nel frattempo. La mia spalla scarica il contraccolpo arrivato sul braccio quando un altro coltello da caccia entra nel fodero lasciato vuoto. Quello che avevo estratto l'ho già lanciato ancora prima di inguainare l'altro nella fondina. È la Tecnica del Lama allo Specchio, l'ho scagliato verso la stessa direzione da cui veniva il fratello per riceverne in risposta il toc dell'elsa che colpisce il legno nodoso di un albero.
Musuko nel frattempo ha raccolto il phaser dell'orioniano ed ora sta sparando nella stessa direzione. L'arma è rimasta settata ad alta potenza, a quanto pare i suoi gli scrupoli per l'incolumità del nemico sono minori dei miei che invece ho restituito il coltello dalla parte dell'elsa.
Solo che il tiratore non è più lì, ha lanciato e si è spostato, un professionista. Quando anche il giapponese se ne rende conto cessa il fuoco, la vegetazione e gli arbusti gemono e crepitano per l'energia residua.
Guardo verso il phaser che Musuko tiene in mano. "Perché non ci ha sparato?" chiedo. "Si vede benissimo che non siamo della sezione medica."
Non ha senso, cosa pensava di fare, l'assalitore, con un coltello?
"Renko! Viaaaa!" sento gridare Musuko e non me lo faccio ripetere due volte. Balzo nella direzione in cui era il tiratore, l'unica in cui sono certo che ora non c'è più, ma non è abbastanza lontano, vengo travolto dall'onda d'urto di una granata stordente ed il mio balzo si tramuta in un volo contro il tronco di un albero. Voleva solo distrarci, con un phaser non era sicuro di riuscire a prendere entrambi, prima che l'altro si mettesse al riparo, un coltello è troppo innocuo per scappare a nascondersi dietro ad un cespuglio.
Mi ritrovo con la spina dorsale che mi sta bestemmiando contro, ma per fortuna è intatta. Non ho perso conoscenza anche se le mie capacità motorie ora sono limitate. Le orecchie mi fischiano, è come se il mio senso dell'udito stesse facendo baldoria nella mia testa. "Musuko, tutto bene?"
"Musukosan, per te" mi giunge un sussurro ovattato, così flebile da renderlo quasi indistinguibile dall'immaginazione. Cerco di allungarmi il più possibile verso il phaser orioniano che impugnava Musuko e che ora è caduto poco distante da me. Arrivo appena a toccarlo con le dita ma è già sufficiente, lo afferro. Maledizione, la regolazione di questo coso si è bloccata, non c'è verso di riportarla su stordimento, questo settaggio potrebbe anche uccidere. Forse.
"Lo sento, Renko, si sta avvicinando."
"Io non sento quasi nulla, non lo vedo, né riesco a capire dove sia. Puoi colpirlo?" Spero solo di star sussurrando anch'io, perché i miei sensi non sono più tanto affidabili e tento di regolarmi sulla memoria.
"No, non da qui, ho le gambe intorpidite, non posso spostarmi. Ma è dietro di te, arriva da quella direzione, procede piano, circospetto... shhh." È l'ultimo avvertimento che mi lancia Musuko. Evidentemente il nemico deve essere giunto a portata d'orecchio. Musko non dà più segno della propria presenza. L'avrò sentito veramente in mezzo a tutti i fischi che rimbombano nei miei padiglioni auricolari o mi sarò immaginato l'intera conversazione?
L'orioniano è dietro di me, ha detto. Dove? Perché non riesco a percepirlo? Quando è successo che la vista è diventata l'unico senso con cui difendermi? Se solo avessi il tempo per una meditazione che riassesti il mio ki... potrei localizzarlo immediatamente.
Ho ancora abbastanza forze per spostarmi e tentare di colpirlo, è il tempo che manca. Appena mi muoverò, l'intruso individuerà immediatamente la mia posizione. Alla fine, tutto dipenderà esclusivamente dai suoi riflessi. Mi permetterà di mirare e far fuoco o mi colpirà prima lui?
Sparare... sparare dove? Guardo il phaser che ho in mano, il settaggio bloccato, rischio di ucciderlo. Non può finire così. Forse no, se riesco a colpirlo alle gambe.
Lancio un sasso poco distante, il rumore di fronde smosse attira una scarica di phaser da parte del nostro inseguitore. La vegetazione stormisce in protesta. Settato per stordire.
Stringo il pugno sul mio phaser con la regolazione bloccata e traggo un respiro profondo per rilassarmi, non ho più tempo per indugiare ed ora, grazie al raggio appena sparato, ho anche un'idea della posizione in cui si possa trovare l'orioniano. Le gambe... potrebbe funzionare. Questa leva proprio non vuole spostarsi.
Percepisco lo spostamento d'aria quando la lama della katana di Musuko mi passa davanti al volto per andare a conficcarsi sul tronco dell'albero alla mia destra.
L'orioniano si gira immediatamente in quella direzione, il phaser puntato, pronto a far fuoco ma, quando si accorge che si tratta solo di una spada e non di un cadetto, si ricompone nella sua solita guardia. Si avvicina con circospezione verso l'albero, pronto a scattare al minimo segnale. Come diceva sempre il mio Maestro: "la curiosità è un paradosso del mercato, è la merce più diffusa dell'universo e, nel contempo, la meno economica."
L'orioniano si immobilizza quando gli sorge il dubbio che potrebbe essere una trappola, ma poi realizza che è possibile estrapolare la posizione del suo bersaglio studiando l'angolazione con la quale la lama si è piantata nel legno. Punta il phaser nel punto in cui, più o meno, dovrebbe essere Musuko, ma il movimento è incerto, non si fida al cento per cento dei suoi calcoli. Eppure sta mirando bene, lo so per certo, perché sto vedendo l'intera scena riflessa sulla lama perfetta e letale della katana.
Forse anche lui potrebbe vedere me, se non fosse tanto più distante dalla spada e non stesse scrutando il fogliame verso la mia sinistra. Lascio scivolare il phaser a terra, ora che posso identificare la posizione esatta del mio bersaglio, lo colpisco con ferrea precisione. Non ho avuto bisogno di alzarmi, non ho avuto bisogno di muovermi, è bastato un elegante scatto del polso perché due lamette, lanciate a mo' di shuriken, andassero a conficcarglisi sulla mano con cui teneva il phaser, costringendolo a lasciare la presa. Prima che possa chinarsi a raccoglierlo mi ci avvento contro, coprendo in pochi istanti la distanza che ci divide. A livello puramente stilistico avrei preferito un migliore effetto scenico ma, date le mie attuali condizioni fisiche, non posso permettermi balzi od evoluzioni, così non mi resta altro che la Tecnica del Riccio nel Vento. Eseguo una serie di capriole rasoterra fino ai suoi piedi e lo atterro con un'opportuna sforbiciata alle gambe. La lotta per il possesso del phaser finisce ancora prima di cominciare, lo raccolgo da terra e faccio fuoco da distanza ravvicinata, spedendo il mio avversario nel mondo dei dormienti.
Ora non è più un mistero ciò che è successo ai cadetti dispersi. Sembrerebbe infatti che questi gentili signori se ne siano presi cura. Tutto sta a determinare in che modo, il che mi fa tornare in mente Ilaij e la ferita che gli ha squarciato il petto. Tutto questo non mi mette in una buona disposizione d'animo nei confronti dell'orioniano.
"Dove sono?" gli chiedo, afferrandolo per il bavero ed iniziando a scuoterlo nel tentativo di fargli riprendere i sensi. Niente da fare, il suo corpo resta afflosciato come un fagotto pieno di bradipi pigri. Un rumore di passi strascicati attira la mia attenzione verso Musuko, che sta tentando di vincere l'intorpidimento alle gambe provocatogli dalla granata ed avanza con un'andatura buffa.
"Questo è andato" gli faccio notare, mollando il corpo privo di conoscenza per raccattare lo zaino che avevamo 'requisito' precedentemente ed il Padd che avevo trovato alla cintura dell'altro orioniano.
La perquisizione portò a non poche sorprese. Quello che ci aspettavamo erano armi ed attrezzature di varia origine. La solita accozzaglia collezionata in giro per il quadrante fra una scorribanda e l'altra. Quello che troviamo è invece una predominanza di tecnologia federale. I phaser con cui ci hanno sparato erano in dotazione al personale della Flotta Stellare una cinquantina di anni or sono. Per i tricorder la stessa cosa, non così vecchi forse, ma nemmeno ultimo modello. È come se qualcuno avesse intercettato le scorte di materiale obsoleto che i magazzini della Flotta avevano destinato al riciclo. O questo, oppure sono riusciti in qualche modo a mettere le mani sugli schemi per poter replicare i nostri modelli.
In entrambi i casi la conclusione è una sola ed è molto spiacevole: qualcuno nella Flotta sta giocando sporco. Mentre Musuko si dedica a queste amene scoperte ispezionando lo zaino ed i corpi, a me viene più naturale dedicarmi al Padd, ho un'adorazione per questi piccoli e vitali aggeggi. Specialmente per il mio 55C9, non esco mai senza.
Appena attivo lo schermo di quello orioniano mi trovo davanti al mio stesso volto che mi fissa, come se il display riflettesse la mia immagine invece di attingere dati dalla memoria. Facendo scorrere la schermata trovo anche le foto di Vaarik, Luke e Paul. Rebecca ed Ilaij sono in un file a parte, come se si trattasse di riserve.
Se la presenza di orioniani su un planetoide gremito di cadetti che giocano alle grandi manovre mi aveva lasciato notevolmente confuso, la scoperta di essere personalmente ricercato non mi lusinga tanto quanto mi aspettassi.
Esamino il contenuto del Padd in cerca di altre informazioni utili. Alcuni file sono protetti da codici di sicurezza. Utilizzo 55C9 per lanciare un programma di decodificazione e, in men che non si dica, ho l'accesso completo all'intera memoria. È stato così facile perché i codici usati sono vecchi codici della Flotta Stellare. Non so se credere o no a ciò che leggo, a quanto pare l'attività di questi gentlemen è il contrabbando e la loro base operativa è proprio qui... nella struttura verso cui Sh'muss e Rebecca stanno portando Ilaij.
"Questo mi tranquillizza" afferma Musuko, appena lo metto al corrente.
"Ci credo," ribatto "non è te che vogliono."
"Andiamo, guardati intorno!" esclama, facendo un ampio gesto con le braccia per comprendere non solo la radura in cui ci troviamo ma tutto ciò che ci è successo finora. "È... è troppo assurdo! Contrabbandieri orioniani che usano attrezzature della Flotta e che hanno la base su Kantara IV, il più importante ed usato centro di addestramento per il personale di Flotta."
"Effettivamente ammetto che la scelta del luogo sia piuttosto singolare... forse non brillano per intelligenza?" butto lì come ipotesi.
"E come mai nessuno li ha mai scoperti, visto che regolarmente centinaia di cadetti vengono sguinzagliati ovunque?"
Mi torna in mente, come un flash, la zona in cui la nostra squadra è stata teletrasportata. Ne rivedo nella mente la vegetazione ed il terreno, praticamente un lembo di terra incontaminato e non un campo calpestato da centinaia o più piedi. E non solo... la nostra squadra è stata teletrasportata particolarmente distante da tutte le altre.
Non mi piace per niente. "Muoviamoci verso la struttura, presto, dobbiamo avvertire Sh'muss e Rebecca."
"Di cosa? Non capisci che fa tutto parte dell'esercitazione?" ribatte Musuko, che però, malgrado le sue convinzioni, mi sta seguendo.
"Contrabbandieri orioniani che hanno la loro base su Kantara IV e che ricercano me, Vaarik, Luke e Paul... non ha senso!" ribatto. A prima vista la mia frase sembrerebbe appoggiare la sua teoria, ma non è proprio così. Io, Vaarik, Luke e Paul passiamo parecchio tempo insieme ma non vedo come questo possa interessare i contrabbandieri. L'unica cosa degna di nota che ci accomuna tutti è stato il viaggio temporale... ma idem come sopra. Come può centrarci questa cosa qui e adesso?
"Neanche la mente malata di Shermann potrebbe partorire un piano del genere" continuo poi ad alta voce. "Se avesse voluto inventare dei 'cattivoni' li avrebbe inventati credibili, e poi non dimenticare che Ilaij è stato ferito veramente."
"Che ne sai? Sei un medico forse?"
"Ho visto il suo dolore, so riconoscere il dolore fisico."
"Però non è morto, forse anche questo fa parte della lezione."
"Ma di quale lezione vai parlando? Non posso credere che la Flotta arrivi a questo!"
Musuko non ribatte immediatamente ma si prende una pausa di riflessione di due secondi prima di domandarmi: "Prima... avresti sparato?"
Si sta riferendo a quando avevo un phaser bloccato su alta intensità contro un nemico che voleva solo stordirci. Mi piace sempre meno la piega che sta prendendo il discorso. Non so che fine abbiano fatto i miei amici, se siano ancora vivi oppure no. Forse anche il resto della squadra è in pericolo, Ilaij è ferito... no, non mi piace dove Musuko vuole andare a parare, non voglio pensarci, non adesso, non mentre sto correndo, facendomi strada come posso attraverso il fogliame verso... verso non so cosa, sperando di ritrovare i miei compagni sani e salvi.
"La storia non si fa con i prima. O era con i forse? Insensati detti terrestri... insomma, come diceva il mio Maestro: 'i pulcini non si programmano a posteriori'."
Musuko non risponde, per un po' continuiamo in silenzio la nostra marcia forzata fra le sterpaglie e le fronde che ci frustano il viso.
"E tu? Al mio posto, avresti sparato?" gli chiedo infine, arrendendomi. A certe cose non si può passare sopra tanto facilmente, più cerchi di metterle da parte più rimbalzano contro le pareti della tua coscienza per tornare dritte al centro dell'attenzione.
"Probabilmente" risponde, riuscendo a non sbilanciarsi più di tanto. "Comunque io credo che non ci metteremo molto a scoprirlo," aggiunge poi, ponderando le parole, "siamo al secondo anno ormai, e penso che d'ora in poi le esercitazioni saranno sempre meno mirate sul puro aspetto tecnico e sempre più su... sull'abituarci a prendere decisioni di questo tipo."
Magnifico, io non mi sono iscritto all'Accademia per imparare ad uccidere. L'orioniano aveva un phaser settato per stordire. Ma se l'avesse avuto settato a massima energia, se fosse stato lo stesso che ha colpito Ilaij? Cosa avrei fatto io, gli avrei sparato o avrei esitato anche in questo caso?
Non ho mai avuto paura durante un'esercitazione, se non quella volta su Ranid, quando un'intero campo di cadetti scomparve e noi non sapevamo il perchè. Ma poi risultò essere l'ennesimo trucco di Sherman ed i 'cattivoni' altri non erano che cadetti anche loro in missione. Quando iniziò lo scontro, l'identità degli assalitori divenne palese piuttosto in fretta.piuttosto in fretta.
È obiettivamente la prima volta che, durante un'esercitazione, mi trovo di fronte ad un nemico sconosciuto, a qualcuno che potrebbe mettersi a sparare sul serio in qualsiasi momento e non un compagno di corso che, dopo aver incassato il colpo a salve si rialza per ricominciare il gioco. E Vaarik, Luke, Paul, Ripley, Lara... staranno bene? La speranza che gli orioniani li abbiano storditi e non feriti, come invece è successo con Ilaij, posso veramente essere sicuro si basi su qualcosa di più concreto della mia inesperienza in fatto di guerre e perfidia?
"E meno male che io volevo scegliere come specializzazione la sezione investigativa" sospiro, ricordo bene quel che avevo scritto sulla scheda di ammissione due anni fa. Alla voce 'ambizioni' c'è un unica parola: investigare. Com'è che invece, finora, sono sempre finito in mezzo a queste esercitazioni alla spara/spara? E stavolta, accidenti, sparano davvero.
"L'investigativa..." Sento mugugnare Musuko da dietro di me. "... tipico tuo."
"Musuko, per favore... non è il momento." Mi ci manca solo che ricominci con le sue critiche, l'unica cosa che voglio adesso è arrivare alla struttura il più presto possibile, questa esercitazione sta già dando una scossa ai miei convincimenti e non ho minimamente voglia di mettermi a discutere, ora. Ora devo solo concentrarmi a dove mettere i piedi in questo intrigo di rami e fogliame.
"Perché no?" ribatte Musuko. "Siamo o non siamo in tema di riflessioni profonde, quando mai noi due parleremo più in questa maniera?"
"Non dipende da me, Musuko. Tanto per non darti colpe... sei tu che mi attacchi sempre, alla fine."
"Renko, io non ho niente contro di te, malgrado tu te ne sia convinto. È solo che... se solo la piantassi con quella fissazione sulle arti marziali esoteriche e Kyoki, potresti essere un ottimo jitsuka. La stessa cosa per la sicurezza, sei fatto per essere un agente operativo, beh... quasi, ti manca solo un po' di esperienza di vita e un po' di cinismo in più... ma no! Tu ti sei fissato con l'investigativa."
"Ma che cos..." inizio a protestare, ma Musuko non me ne dà l'occasione, ignorandomi e tirando dritto con la sua filippica.
"Ma perché poi dovrei stupirmi, poi?" continua il giapponese. "Sei entrato in Accademia solo per prendere appunti per conto del tuo pianeta, no? Non sai neanche se confermerai o meno la tua presenza nella Flotta una volta diplomato." Musuko si zittisce un secondo, ma solo per riprendere fiato. Basandoci su una mappa trovata sul Padd dell'orioniano, stiamo percorrendo la strada più corta ma più impervia. "I corsi dell'Accademia sono a numero chiuso, hai idea di quanti, in questo momento, vorrebbero essere al tuo posto per diventare Ufficiali della Flotta Stellare?"
"Tutto qui? Nulla da dire sul taglio dei miei capelli?" gli chiedo "Allora, fammi capire bene, non sono io a starti antipatico ma soltanto tutte le mie convinzioni e le scelte che ho fatto finora nella vita. Ah, ecco... capisco come per te fosse fondamentale chiarire questo punto." Il mio tono di voce sta scivolando nuovamente in quel sarcasmo che, si dice in giro, io non sappia maneggiare.
"Chissà, forse quando avrò più esperienza e più cinismo, come dici tu, magari riuscirò anche a capire la sottile sfumatura che certo passa fra le due cose. Perché, per adesso, ti dirò... tende a sfuggirmi."
Accelero il passo per allontanarmi ed interrompere la discussione. Non ho voglia, non ho il tempo per stare a spiegare, ora, le mie motivazioni.
"Renko, io..." sento Musuko dire alle mie spalle ma, con un gesto della mano, gli faccio cenno di tacere e guardare davanti a noi. Poi mi ricordo che è senza pettorina sensoria e gli bisbiglio. "Ecco la struttura. Siamo arrivati."
Aggirando l'edificio per trovarne l'ingresso, faccio appena in tempo a scorgere il gruppo che trasporta Ilaij infilarsi nella struttura prima di vederli inghiottiti dalle porte scorrevoli. Maledizione, ormai è troppo tardi per avvertirli, la nostra unica possibilità consiste nel tentare di introdursi di nascosto, sperando di riuscire a mettere le mani su di un comunicatore subspaziale prima di essere individuati dai contrabbandieri. Una volta dentro tento di farmi un'idea della pianta del luogo, mentre Musuko è allerta, è lui infatti a lanciare l'avvertimento: "Passi in avvicinamento, dobbiamo trovare un riparo."
"Possono essere dei nostri?" gli chiedo.
"Negativo, dallo sferragliare che sento sono pesantemente armati."
Il corridoio è cieco, c'è solo una porta come via di fuga. O la va... o non sarò qui a raccontare il seguito. Oltrepassiamo come due kamikaze la porta per trovarci in una stanza affollata di cadetti. Segue una cacofonia composta da spezzoni di frasi ed esclamazioni. Da quel poco che riesco a capire sembra che ci sia l'intera squadra qua dentro, cadetti scomparsi compresi.
Un applauso pone fine alla confusione, facendoci zittire tutti, ci guardiamo attorno solo per scoprire di essere circondati dai contrabbandieri orioniani, fucili phaser spianati, e non per stordire.
La persona che sta applaudendo si fa avanti lentamente, scoprendo i propri connotati. "Finalmente ci incontriamo, Signori e Signore. Come le vostre facce esplicano chiaramente avete notato la somiglianza che c'è tra me e mio nipote Dick."
Lo sconosciuto, che sta indossando un'uniforme da comandante della Flotta Stellare, sembra la copia sputata di Dick Dastardly, stessa curva del mento, stessi baffi... è solo un po' più vecchio. Per non parlare del caitiano sghignazzante che è al suo fianco.
"Vedo che la bruttezza è un tratto di famiglia" sento sentenziare Luke.
"Come la disonestà" aggiungo io.
Ma il comandante della Flotta ignora le nostre frecciate e prosegue il suo grande discorso di presentazione: "Permettetemi di presentarmi, sono un uomo ricco e di buon gusto ed il mio nome è... Damocles Dastardly. È da un pezzo che con l'aiuto dei miei soci sfrutto questo posto per il contrabbando, in fondo chi sospetterebbe mai che un'installazione dell'accademia è usata per scopi illegali?"
"Ma perché ce lo sta dicendo?" si chiede Meferura, perplesso.
"Non hai mai conosciuto il nipote, eh?" gli chiede Foster in risposta.
Vedo i contrabbandieri orioniani alle spalle di Damocles cominciare a muoversi, sto per scattare in un tentativo, seppur disperato, di difesa, quando sento la mano di Luke afferrarmi il braccio. Mi volto verso Dalton con aria interrogativa e lui, con un unico cenno della testa mi chiede di non fare stupidaggini e godermi, per ora, lo spettacolo. Intanto Dastardly sta continuando il suo delirio, non riuscendo proprio ad esimersi dal mostrarci il suo immenso genio criminale.
"...non volevo limitarmi a questi affarucci, in un ambiente come questo o ti espandi o muori, perciò avevo mandato all'accademia il mio povero nipote, per prendere contatti, fare ricatti, le solite cose insomma... e voi, maledetti, avete rovinato tutto! L'avete spedito in galera, mandando a monte i miei piani!"
Le elezioni! Ecco di cosa si trattava... di quando io, Luke, Vaarik e Paul abbiamo orchestrato la trappola che ha smascherato i trucchi e i piani criminali di Dick Dastardly.
"Così mi è venuta un'idea geniale, perfetta, sublime!" continua Damocles, ormai inarrestabile. "Riprogrammare il computer che selezionava le squadre random per fare in modo che i responsabili fossero teletrasportati tutti insieme qui vicino, per potermi vendicare in un colpo solo, ed ora, mi spiace per gli innocenti ma... capirete, il minimo che io possa fare è darvi una lenta e dolorosa morte. Ah! Ah! Ah! Ah!"
"Allora la genetica è proprio una scienza esatta, si è intrappolato nello stesso modo del nipote." gli rispondo, scuotendo la testa.
"Mi sembra di essere in quei vecchi film che producevo, sapete" sogghigna invece Paul.
"Se lo racconto in giro, nessuno ci crede" si aggiunge Luke, mentre Vaarik si limita ad inarcare un sopracciglio con aria serafica.
"Ma... avete capito che state per fare una fine orribile?" insiste Damocles, stupefatto. "Avete sentito quello che ho detto? Adesso i miei uomini penseranno a voi."
"Quali uomini?" chiede freddamente Vaarik.
"I miei... uo..." La frase e l'espressione di Damocles Dastardly si congelano quando questi si volta verso i suoi sgherri per scoprire soltanto che questi sono stati tutti atterrati e messi fuori combattimento da una dozzina di istruttori. Sono gli stessi istruttori che Luke e Vaarik avevano incontrato nella struttura mentre cercavano di liberarsi, e non sono di buon umore. Shermann e Gozar stanno tenendo sotto mira Damocles con aria più agguerrita che mai, mentre Leneorat stringe nelle mani (pardon, fra le fronde) il tricorder con il quale ha registrato l'intera confessione di Dastardly.
"Mumbley fa qualcoooosaaa..." ha solo il tempo di gridare questi, mentre viene trascinato via.
E il caitiano fa veramente qualcosa: si mette a sghignazzare a crepapelle.
"Non gli è bastato che gli abbiamo tolto le castagne dal fuoco prima che potessero scoppiare, smascherando una mela marcia all'interno della Flotta. No, Shermann non poteva essere felice se non facendoci continuare con l'esercitazione come se nulla fosse successo. Come se, dopo tutto ciò che abbiamo passato, ricominciare a sparare agli altri cadetti con un phaser a salve, alla stregua di personaggi di un ologioco, potesse ancora avere un senso."
Il cadetto stava digitando queste ultime frasi sul suo DiPad, a conclusione del suo diario personale sull'intera avventura appena vissuta su Kantara IV. L'unico ad essere esonerato dall'esercitazione era stato Ilaij, subito trasportato sulla Starlight e posto sotto le sollecite cure della dottoressa Leneorat.
Renko aveva approfittato del viaggio di ritorno per poter redigere il rapporto. La Starlight era rimasta in orbita attorno a Kantara, le risorse della nave erano satate necessarie per poter smantellare la base dei contrabbandieri ed inventariare tutto il materiale immagazzinatovi. I cadetti erano stati prelevati da un trasporto-bus per il viaggio di ritorno, perciò non avevano avuto occasione di potersi sistemare e ripulire dopo la settimana di esercitazione, ed ora Renko non vedeva l'ora di poter entrare nel suo alloggio per farsi una doccia, una lunga doccia sonica. Si apprestò alla porta sentendosi già a casa, quando questa si aprì, scivolando di lato, Renko esalò un sospiro di rilassamento ed entrò nell'alloggio... per rendersi immediatamente conto che qualcosa non quadrava.
Un'intera sezione di paratia era stata asportata. Si trattava della sottile parete divisoria su cui la sua compagna di stanza l'aveva lanciato così tante volte che ormai vi aveva incavato le proprie sembianze. Attraverso il foro lasciato nel muro poteva vedere il soggiorno dell'alloggio vicino, ma in questo momento non c'era nessuno all'interno. Si voltò verso la porta che dava sulla camera ma sapeva che lei non sarebbe stata lì. Non c'era più, al suo posto c'era solo un Padd, lasciato apposta in bella vista. Renko lo prese e lo gettò in un cassetto senza leggerlo. Gli era passata anche la voglia di fare la doccia, si diresse nella camera vuota e si gettò sul proprio letto, chiudendo gli occhi ed addormentandosi di botto, voleva essere in forze per quando sarebbe arrivato il momento di pensare e farsi domande.