"Oh mamma, che cocciuti quei due. Proprio non volevano saperne di mollare la presa." disse il cadetto Dalton, entrando nell'alloggio che gli era stato assegnato sull'USS Houston. "Per fortuna Jollyne è riuscita a rendere molto più piacevole la serata." Concluse, sorridendo.
Naturalmente, quelle parole erano più pensieri ad alta voce, che una vera e propria domanda, giacché era solo in quella stanza.
"Devo assolutamente bere. Computer, uno scotch con ghiaccio, grazie." Chiese al computer.
Ed appena il bicchiere si materializzò, Luke lo prese e si sprofondò sulla poltrona più vicina. Gli ultimi giorni erano stati molto stressanti, viaggi nel tempo, linee temporali impazzite, rimedi che si erano rivelati peggiori del male stesso... quello che avevano dovuto fare, per rimettere le cose a posto.
Vaarik aveva tentato di spiegare all'intero gruppo perché si erano ritrovati sul pianeta del sempre al loro ritorno, o perché nessuno ricordava la realtà alternativa che avevano creato e distrutto, ma l'unico risultato che aveva ottenuto era stato quello di fare venire a tutti un mal di testa fortissimo.
Per un secondo, pensò alla versione distorta di quest'universo che avevano appena visitato ed un brivido gli scorse per tutta la schiena. L'Accademia del Commercio, quella gente assetata di danaro, la patetica vita che lì conduceva, ma soprattutto Ossydianne o, meglio, la sua versione malata. Il ricordare, ricordare il suo tocco, il suo sorriso malvagio, gli causava disturbi di stomaco. E, con questo pensiero, bevve tutto il liquido in un solo sorso.
"Meglio se quella realtà non è mai esistita, non era un gran posto per le vacanze." Affermò il cadetto, pensando di nuovo ad alta voce, poi si diresse verso il replicatore per prendere dell'altro liquore.
Proprio prima che potesse ordinare qualcosa alla macchina, fu fermato da un suono fastidioso, era il computer che annunciava l'arrivo di un messaggio.
"E adesso chi scoccia?"
Indeciso su cosa fare, osservò lo schermo nero, in silenzio, per alcuni istanti; poi decise di rispondere.
Sul video apparve la faccia sorridente di una donna, portava la divisa della sezione medica ed aveva i gradi di tenente comandante.
"Salve salvino, cadetto Dalton. Come va?" Esordì allegramente l'ufficiale.
Alla vista di uno dei pochi volti amici che aveva in questo continuum, quello della dottoressa Magdalene Lorne, buona parte del malumore di Luke si sciolse come neve al sole, ed un piccolo sorriso apparve magicamente.
"È un piacere rivederti, angelo. Cosa ti porta a chiamare questo vecchio pilota solitario, tanto, tanto lontano di casa?" Gli rispose sorridendo.
"Due cose, Luke. La prima è che voglio congratularmi per la vostra piccola escursione nel XX secolo. Mi hanno riferito, che ve la siete spassata."
"Divertente Doc, veramente divertente. Certo ci siamo divertiti: come dei maiali, alla sagra della porchetta di Cestus city." Ribatté con falsa animosità.
"Immagino." Poi, diventando più seria, la dottoressa Lorne passò al secondo motivo.
"Luke, c'è qui una persona che deve parlare con te, mi ha chiesto di chiamarti per... diciamo indorare la pillola. Ti prego, cerca almeno di ascoltarlo con la mente aperta."
In un attimo, il volto della donna fu sostituito da quello di un vulcaniano che, stranamente, sorrideva.
In men che non si dica, l'umore del cadetto ridivenne del nero più assoluto. E, con voce fredda e meccanica, salutò il nuovo interlocutore.
"Salve consigliere Memok, vorrei affermare che è un piacere vederla, ma mentirei."
"Sempre sincero, Dalton. Vedo che l'accademia, non l'ha cambiata più di tanto. Bene, bene."
Sbuffando, l'umano diede al consigliere un'occhiata che lo trapassò da parte a parte e chiese cosa voleva da lui.
"Aiutarla, logicamente. Vede, tramite la segreteria dell'accademia riesco ad essere aggiornato sui suoi risultati e quelli di Vaarik. Sa, cerco di espletare il mio lavoro al meglio possibile. E mi sono accorto che né lei né l'altro mio protetto ha un compagno di stanza. Perciò, visto che socializzare è una parte importante dello sviluppo accademico e professionale di un'ufficiale della flotta stellare, ho deciso di risolvere quest'incresciosa situazione. In accordo con il rettore, ora lei è diventato il compagno di stanza di Vaarik, spero che la convivenza sia proficua."
Per alcuni momenti, Luke rimase in silenzio, immobile, incapace di rispondere appropriatamente alla notizia. Poi, all'improvviso, si scatenò la tempesta.
"COME DIAVOLO S'È PERMESSO DI FARE UNA COSA SIMILE!?!" Sbraitò il cadetto. "Io stavo benissimo da solo, ormai sono un uomo cresciuto, inoltre, da dove vengo io, avevo un grado pari al suo, perciò mi sembra doveroso un po' di rispetto. Invece lei mi accoltella alle spalle!"
"Cadetto, speravo che la prendesse meglio, pensavo immaginasse che non poteva stare da solo per sempre, il regolamento dell'accademia è molto chiaro su questo." Rispose, senza scomporsi.
"Invece, al sottoscritto, pare che il minimo che gli spetti sia di vivere da solo, inoltre, tra tutti i cadetti, proprio quel funerale ambulante di Vaarik deve essere il mio compagno? Non poteva almeno assegnarmi qualche cadetta giovane ed avvenente?"
Il volto di Memok, per un secondo parve contrarsi in qualcosa simile ad un sorriso, ma la cosa durò solo un attimo. Poi ritornò agli affari.
"Mi dispiace che la prenda così male, ma credo che entrambi possiate imparare molto l'uno dall'altro. Secondo il mio parere professionale, andrete perfettamente d'accordo."
"Sì, come Felix ed Oscar." L'interruppe Luke.
Ignorando il commento, l'ufficiale continuò imperterrito a parlare. "Troverà gli ordini per il trasloco nel suo vecchio alloggio. Il trasferimento dovrà avvenire entro 24 ore dal suo ritorno in Accademia che, se non mi sbaglio, sarà domani."
Il pilota fece una smorfia più esplicativa che mille parole, ma alla fine, anche se chiaramente controvoglia, annuì.
"Ci sarebbe ancora una cosa, signor Dalton, che dovrebbe fare." Chiese il vulcaniano, con tranquillità, ad un esasperato cadetto.
"Cosa?? Distruggere i borg, usando solo fil di ferro e gomma da masticare?" Rispose Dalton, con tono solo lievemente sarcastico.
Ma il suo interlocutore non se né accorse o, più semplicemente, non lo ritenne rilevante.
"Niente di così difficile, deve semplicemente comunicare il suo trasloco al cadetto Vaarik. Per renderle le cose più semplici, le mando un mio messaggio che ho appena registrato per lui. Addio, e lunga vita e prosperità."
E, con quelle parole, l'immagine sparì dal terminale, lasciando Dalton, ad inveire aspramente contro uno schermo nero.
Gli ci vollero alcuni minuti per calmarsi, e quando successe, decise che la cosa migliore sarebbe stata quella di dormirci su.
Era troppo stanco per affrontare il suo futuro compagno di stanza, inoltre aveva bisogno di tempo per prepararlo alla notizia, infatti, era certo che nemmeno lui sarebbe stato entusiasta di questa novità, e con quel pensiero sprofondò nel mondo dei sogni.
"Allora, dov'è questo benedetto alloggio? Mi sto realmente incavolando." Rimuginava tra sé e sé Dalton.
La giornata non era cominciata bene, appena sveglio aveva cercato Vaarik, ma gli avevano detto che era già sceso a terra. Perciò aveva deciso di cominciare subito il trasloco, non aveva senso ritardare l'inevitabile. Ed ora non riusciva a trovare quel benedetto posto.
"Sto veramente invecchiando, se ho già delle perdite di memoria di questo genere."
Continuava a guardarsi intorno per orientarsi, quando vide un sauro con indosso la divisa da cadetto, subito si diresse verso di lui per chiedere qualche informazione.
Un breve scambio di battute, ed il gentile rettile gli indicò dove stava l'appartamento del vulcaniano. La cosa buffa avvenne quando si apprestò a cambiare la targhetta della porta per aggiungerci il suo nome. Vide il cadetto che aveva detto di chiamarsi Dizzie rimanere immobile, sgranando gli occhi, per poi puntare il dito alternativamente a lui ed alla targhetta. Luke cercò di trattenere le risate, cosa che gli costò molta fatica, in fondo l'aveva aiutato e non pareva gentile prenderlo in giro. Entrando nella sua nuova casa, sentì dietro di sé una voce sibilante affermare che le cose si sarebbero complicate, ed in fondo non sapeva dargli torto.
Ad una prima occhiata, il posto non sembrava un gran che, certo l'amico non si era molto impegnato nell'arredamento. La parola giusta per descriverlo era spartano, qualche sedia, un armadio, masserizie, stranamente non c'era niente che potesse essere definito personale, niente che desse al posto l'idea di casa, niente ologrammi o ricordi di persone o luoghi cari.
"Be', cominciamo ad esplorare il mio nuovo regno."
Per circa 15 minuti, Dalton girò per l'appartamento, osservandolo, catalogandolo e pensando a come renderlo più accogliente.
"Forse con una tintura più allegra, qualche fiore qua e là, potrebbe perfino diventare sopportabile." disse, fissando per diversi minuti le spoglie pareti, pensando a qualsiasi modo per rendere quel posto più accogliente, poi decise di sedersi, così da riordinare le idee e valutare il da farsi. Occupò la poltrona più comoda della casa, nonché l'unica, e distese i piedi sul tavolo, così da essere più comodo, infine cominciò a valutare il modo migliore per comunicare al suo nuovo coinquilino le novità. Quando la cosa si risolse da sola, per modo di dire.
Improvvisamente la porta si aprì, e con passo veloce entrò il vulcaniano. Il suo volto, per quanto possibile, divenne ancor più ombroso alla visione di quello spettacolo, mentre le sue sopracciglia s'inarcavano fino al limite massimo, e forse qualcosina di più. Come il solito, senza perdersi in preamboli, Vaarik gli domandò subito cosa ci faceva nella sua stanza, il perché della nuova targhetta, ma soprattutto cosa ci facevano i suoi piedi ancora appoggiati al tavolo. Il tutto espresso, con un non molto vago tono di minaccia.
Luke, non scomponendosi, e con una lentezza calcolata, tolse i piedi dal tavolo e si alzò, poi decise che era tempo d'iniziare lo show.
"Be', era una cosa che volevo dirti un po' prima, purtroppo non ci sono riuscito." Esordì.
"Ma credo che qualcun altro ti possa delucidare sulla situazione meglio di me."
E, spingendo alcuni tasti sul monitor, fece partire il messaggio che Memok aveva lasciato al suo protetto.
Dopo che questo fu finito, Vaarik stette in silenzio per alcuni istanti, poi squadrò di nuovo l'umano ed i pacchi che aveva portato con lui, specialmente quello da cui si poteva intravedere un grosso oggetto rotondo, con vicino delle aste e dei tondi di metallo a loro attaccati.
"Bella vero? È la mia Sara Jane, il mio orgoglio." Gli disse Dalton, come per anticipare la domanda. "Sai, è appartenuta al batterista dei Bee Hive, uno dei più famosi gruppi nella storia della musica... almeno dalla mie parti."
Ed incominciò a togliere l'oggetto dalla sua custodia, con la delicatezza di un padre che veste un neonato.
"Mi è costata l'occhio della testa, ma n'è valsa la pena, dovresti sentirla suonare, è un'esperienza quasi mistica." Aggiunse, con un tono quasi reverenziale.
"Preferirei evitare." Rispose gelidamente l'originale occupante della casa. "Come preferirei che tu evitassi di percuoterla in mia presenza, grazie." E continuò con un fare che poteva solo essere descritto come minaccioso.
Luke, dal canto suo, non fece una piega, anzi, per un attimo, sorrise divertito. Poi, come se Vaarik non avesse detto niente, continuò a trasferire la sua batteria nella sua nuova stanza. "Sai, ho sempre adorato questo gioiello, inoltre, soffrendo d'insonnia, mi permette di occupare il tempo."
Per un attimo, Vaarik rimase senza parole al pensiero di quello che sarebbe successo. Ma Luke non s'accorse di questo, o più probabilmente l'aveva detto apposta.
"Tranquillo, amico, domani verranno quelli della manutenzione per mettere le pareti insonorizzate, così non disturberò nessuno."
E, per enfatizzare le sue parole, diede una gran pacca sulle spalle dell'esterrefatto vulcaniano che vacillò per alcuni momenti, poi si ricompose subito e, con un tono più gelido del solito, si rivolse a Luke.
"Credo che dovremo discutere d'alcuni dettagli, umano. Primo non chiamarmi amico; secondo, l'idea di gente che entra nel mio alloggio, mettendo tutto in disordine e generando confusione a non finire, non mi aggrada."
"Tranquillo, gli operai finiranno in giornata, probabilmente non ti accorgerai nemmeno che sono stati qui."
"Terzo, non voglio essere toccato... chiaro?"
"Auch... come siamo suscettibili! Va bene, se preferisci così... eviterò anche di sfiorarti, ma ora vediamo di sbrigarci, dobbiamo essere da Renko fra dieci minuti per discutere della navetta Imprimana."
E, con quelle parole, Dalton uscì di corsa dalla stanza. Mentre Vaarik l'osservava rimuginando pensieri che si potevano solo definire omicidi, ma decise che, con ogni probabilità, l'avrebbero scoperto e rinchiuso, perciò decise di non fare nulla, almeno finché non avrebbe ideato un buon piano. E, con quel pensiero, uscì anche lui per andare dal frullato genetico.
Arrivati a destinazione, scoprirono di essere gli ultimi, infatti, sia Paul che Ripley, erano già lì, e parevano stare ad aspettare da molto. Gli altri compresero dalle loro facce che era successo qualcosa di poco piacevole ma, l'unica risposta che ebbero alle loro domande, fu una performance degna di Gianni e Pinotto. Che pur facendoli divertire assai, non spiegò molto dell'accaduto. Dalton dovette aspettare che il suo nuovo compagno di stanza si allontanasse un attimo, per parlare agli altri delle novità che lo riguardavano. Usò dei semplici gesti, così da non dover scoprire quanto era buono l'udito del vulcaniano. Ci vollero alcuni istanti perché Foster, Ripley e Renko assimilassero bene la notizia, per i primi attimi lo guardarono come per dire: hai fatto i segni giusti, o ti sei somministrato delle sostanze che alterano i processi mentali?
Poi, guardando l'espressione rassegnata del suo volto, capirono che quello che intendeva era la pura e semplice verità, allora dovettero fare degli sforzi enormi per non ridere in faccia ai due. Infatti nessuno di loro poteva immaginare una coppia più mal assortita di quella.
Cercando di cambiare discorso, Luke si concentrò sul nuovo replicatore alimentare di Renko. Che, dal canto suo, era fin troppo contento di mostrarlo e provarlo. In pochi attimi tutto il gruppo era accalcato davanti alla macchina, intento a decidere cosa ordinare.
"Io gradirei un tevesh." Chiese Vaarik.
"Hai del sedano?" Domandò Ripley.
"Sedano e brodaglie vulcaniane, stiamo scherzando?" S'intromise Dalton, strizzando l'occhio a Foster. "Dopo tutti i perigliosi eventi che abbiamo superato, dopo tutte le insidie, i trabocchetti e gli inganni a cui siamo sopravvissuti..." disse, in tono quasi offeso ed aprendo le braccia in modo quasi teatrale. "È così che festeggiamo il nostro ritorno a casa? Ci vuole altra roba, amici miei."
Poi andò a controllare la lista dei super-alcolici, ordinando del Gotto Pangalattico.
"Cos'è?" Gli domandò, curiosa, Ripley.
Luke rispose con un'alzata di spalle.
"Non lo so, ma mi sento avventuroso, inoltre il nome m'ispira."
"Invece, al sottoscritto, non molto." Fece da contraltare il vulcaniano.
Gli altri erano di parere opposto e ne presero un bicchiere pieno ciascuno, tanto che anche un rassegnato Vaarik s'unì al brindisi, dopo varie insistenze da parte dei compagni.
Nel momento stesso che il liquore si stava materializzando, qualcuno si mosse troppo avventatamente, ed un rumore non molto piacevole riempì la stanza, tutti si voltarono per capire che cos'era successo. Ci volle solo un attimo per arrivarci, un vaso contenente alcuni papaveri azzurri era stato urtato, con il risultato di cadere rovinosamente a terra, finendo in mille pezzi, sotto lo sguardo disperato di Renko.
Luke si scusò per tutti con il povero frullato genetico, mentre questi stava controllando le piantine. Rialzando la testa notevolmente sollevato, Renko rassicurò tutti, le piante di sua madre erano salve. Dopo averlo aiutato a raccoglierle, e sotto pressione di Vaarik, la riunione iniziò.
"Allora, è sicuro quest'ambiente?" Chiese circospetto Foster, guardandosi intorno come se si aspettasse che una squadra delle investigazioni temporale, facesse irruzione da un momento all'altro.
"Tranquillo, Paul. Anche se ci stessero ascoltando, non sentirebbero altro che una lezione di fisica temporale." Lo rassicurò Renko, indicando una piccola scatola nera sul tavolo.
"Bene, molto bene" l'interruppe Luke, sfregandosi le mani. "Non vedo l'ora di entrare in possesso di tutto quel latinum." disse, riferendosi agli interni della navetta imprimana che avevano nascosto sul Pianeta del Sempre. E, mentre concludeva la sua frase, prese il bicchiere ed in un solo sorso ne ingurgitò tutto il contenuto, seguito a ruota da tutti i suoi compagni.
"Non essere troppo avido. Il motivo del recupero è, principalmente, quello di eliminare una prova del nostro viaggetto non autorizzato." Gli rispose Paul, concludendo con un sonoro sbadiglio.
Dalton, prima di controbattere, sbadigliò anche lui. "Caro Paul, certo che dobbiamo eliminare quello scomodo ricordino. Però, sai, un po' di liquidi in più per le emergenze... non mi farebbe proprio schifo. Non tutti hanno la fortuna di avere la moglie ricca."
E, finendo la frase, si accorse di far fatica a tenere gli occhi aperti.
Paul stava per rispondere, ma vide che sia Vaarik che Luke erano addormentati, tentò di andare a svegliarli, ma anche lui, vinto dal sonno, cadde sul divano.
"Dove sono? Che cosa è successo? Cos'è tutto questo buio?" Urlava Luke, anche se non sapeva bene a chi. Non riusciva a capire cosa stesse accadendo, si sentiva leggero, come se fluttuasse nel vuoto... ma tutto, intorno a lui, era avvolto nell'oscurità più totale.
Poi fu la luce, accecante, e dove prima c'era il buio, ora vedeva un'immagine, si trovava in uno spogliatoio e non era solo. C'era dell'altra gente, militari... sì, non capiva il perché, ma sapeva che quelli erano dei soldati. Quel posto gli sembrava stranamente familiare, ma faticava a ricordare come mai. Nessuno di loro parlava, tutti sembravano aspettarsi qualcosa di terribile, si voltò verso la persona più vicina, era una ragazzo poco più che maggiorenne, ma era certo che doveva aver visto già la sua buona dose di morte, e dalla sua espressione pareva che stesse andando ad un funerale, il proprio.
Dalton, sembrava essere ignorato, tentò di farsi notare, ma nessuno pareva sentirlo. Ora che ci faceva caso, i piloti (ma come faceva a sapere che erano piloti? Si chiedeva.) erano intenti a fissare degli schermi video.
Una donna stava parlando, non era vecchia o brutta ma sembrava essere invecchiata precocemente di decenni, schiacciata dal peso delle responsabilità e del destino.
All'inizio non capiva cosa stesse dicendo. La donna parlava ma il cadetto non sentiva la voce, poi, finalmente...
"So di chiedervi un grande sacrificio, perché la sopravvivenza non è un opzione. Ma lo stesso vi domando di tenere un'ultima volta, la Linea contro la notte incombente." disse la Presidentessa dell'Alleanza Terrestre.
Finalmente Luke ricordò.
"È poco prima della battaglia della Linea... ora mi rammento! Ci sono tutti." Freneticamente cominciò a cercare i suoi vecchi compagni, i suoi vecchi amici che non erano sopravvissuti, si sentiva il cuore pesante, oppresso dal dolore e dalla pena, quando, senza alcun preavviso, la scena cambiò, lo spogliatoio venne sostituito dall'interno di una nave, dove un umano con accanto una donna, una specie d'ibrido, gli sembrava di ricordare, stavano parlando, no, meglio dire affrontando due esseri. Il primo era dentro una specie d'armatura, mentre l'altro era un insetto. E l'uomo gli stava urlando: "ANDATE FUORI DALLA MIA GALASSIA!"
"Capitano Sheridan, Delenn, siete voi. Questa è Coriana Sei, è vero, l'ultima battaglia della guerra contro le ombre."
Ed ancora una volta divenne tutto confuso. Ora le immagini si sovrapponevano a velocità incredibile, vide il suo primo incontro con Lam, i Drakh che infettavano la terra, il suo salto dimensionale, l'arrivo all'Accademia e l'incontro con i suoi amici; l'avventura nel XX secolo e quella nell'universo che avevano creato; poi, così com'era improvvisamente iniziato, quel riassunto della sua vita, finì.
Si ritrovò frastornato, come se fosse stato appena picchiato da un Klingon, in una specie di baraccopoli, davanti a qualcosa che aveva l'insegna di un bar. Accanto a sé vide i suoi amici e, dalle espressioni che avevano, erano più frastornati di lui.
"Cos'è questo posto? Ma soprattutto, PERCHE CAVOLO SIAMO QUI"" Sbraitò Dalton, più rivolto all'universo in generale, che ai suoi compagni.
Paul e Ripley lo guardarono con un espressione che diceva: "Io né so quanto te."
Mentre Vaarik non lo degnava d'alcuna intenzione, tutto occupato ad osservare il circondario.
"Avete almeno capito dove siamo?" chiese il nuovo arrivato.
"No, Luke" rispose Foster, con un alzata di spalle. "Anche se il posto mi ricorda gli scenari post-apocalittici dei Film che producevamo alla Harlinton-Straker."
Cominciando ad imprecare silenziosamente, Dalton si guardò meglio intorno, notando che i suoi amici erano vestiti stranamente. Paul con la sua uniforme della Shado, Ripley in maglietta e calzoncini ed il vulcaniano indossava quella che lui riusciva ad identificare solo come un'uniforme da lavoro, molto malmessa a dir la verità, alcuni strappi potevano essere causati da... frustate o coltelli.
-Strano, veramente strano- pensò Luke, poi inconsciamente guardò i suoi vestiti e, per un miracolo che lui non riusciva a capire, aveva addosso la sua uniforme dell'Alleanza Terrestre.
Stava per chiedere come quando, improvvisamente, Vaarik rivolse loro la parola.
"Signori, se non erro, quella figura ubriaca al bar, non è Zeprham Cochrane?"
Tutto il gruppo lo guardò attentamente, alla fine, e con qualche sforzo di immaginazione, riuscirono a scorgere una certa rassomiglianza con la statua situata nell'omonimo parco.
Ora una sola cosa affollava le loro menti, un solo pensiero li turbava.
-E adesso??? -
E, proprio in quel momento, come dal nulla si materializzò Renko. Portando con sé la spiegazione di tutto quel casino.
In breve spiegò che, grazie all'interazione tra le spore dei papaveri azzurri ed il gotto pangalattico, erano diventate proiezioni extra-corporee, una specie di sogno ambulante, inoltre, quell'assurda combinazione, gli aveva trasportati in quel posto. Naturalmente, questa rivelazione provocò un breve scambio d'opinioni tra persone mature e civili, in cui Foster aveva quasi strangolato Renko sotto gli occhi abbastanza divertiti di Luke e lo sguardo severo di Vaarik ma, come al solito, tutto si era risolto senza eccessivo spargimento di sangue.
"La vita è un sogno, o i sogni aiutano a vivere?" disse Dalton, allegramente, mentre Renko si massaggiava la gola.
I suoi compagni lo guardavano esterrefatti. Lui fece un sorriso imbarazzato, e disse, fischiettando, che gli sembrava una cosa carina da dire.
"Sentite, se questo è un sogno, almeno godiamocelo!" Esclamò Ripley, e con quelle parole entrò nel bar, seguita subito dopo dal resto del gruppo.
Il posto era formato da dei pezzi di metallo attaccati precariamente tra di loro e da delle logore tende. C'era puzza d'alcool di non certo grande qualità, con tutta probabilità era stato fatto in casa, il sottofondo musicale era assicurato da un malmesso jukebox che suonava una vecchia canzone, a completare questo simpatico quadretto era un solitario cliente in evidente stato d'alterazione alcolica. Davanti ai cadetti stava il grande Cochrane, inventore del motore a curvatura, salvatore della terra, eroe riverito in tutta la federazione... e ballava ubriaco fradicio, cantando una canzone talmente sconcia che Luke e Foster arrossirono, di certo non era uno spettacolo di tutti i giorni.
Mentre i cinque cercavano un posto da sedersi che non fosse troppo sudicio, Ripley fu fermata dallo scienziato brillo che l'aveva scambiata per la cameriera, e gli stava ordinando qualcosa. La donna era troppo sorpresa per ribattere, allora l'uomo passò a Paul.
"Senta, barista, Whisky per tutti! Offro io. Anche per quel baro laggiù, naturalmente è incluso il suo degno compare."
Ed indicò Luke e Renko.
"Io baro?! Nessuno ha mai osato darmi del baro! Almeno in faccia..."
E, mentre le orecchie di Dalton fumavano dalla rabbia, Vaarik non teneva certo nascosta l'ironia della situazione, almeno finché non fu identificato come il buttafuori del locale, allora fu il turno dell'amico di ridere sotto i baffi.
Mentre Foster si era immerso nel suo ruolo di barista, Renko continuava a rimuginare, apparentemente cercando una soluzione.
Poi il miracolo avvenne, trovò l'idea giusta. Almeno era quello che i suoi amici, ormai tanto disperati da andargli dietro, speravano.
"Prima di venire qua, ho tentato la meditazione del Risveglio del Dinosauro, ma non ha funzionato. Ed ora ho capito il perché, i nostri sogni si sono legati, dobbiamo meditare tutti insieme, solo così possiamo uscire." Annunciò, felice, Renko.
"Basta solo una mezz'oretta di meditazione collettiva, e saremo di nuovo a casa."
"Grande, allora siamo a posto. Qui, a parte Cocharne ubriaco fradicio, non c'è nessuno." disse un gongolante Dalton.
Ma, appena finito di pronunciare quelle parole, nel locale entrò improvvisamente un vecchietto in evidente stato di agitazione ma, cosa preoccupante, aveva con sé una vecchia arma a proiettili, che a prima vista pareva essere ancora in condizioni di sparare.
"Cochrane, sei qui, ti fermerò, maledetto tecnofilo!" Urlò a tutto spiano, puntando l'arma contro Vaarik.
-Questo è tutto scemo - pensò Dalton, ma cercò di prendere in giro il vulcaniano, più per distrarre il vecchio, che per altro, infatti aveva visto Paul abbandonare silenziosamente il suo posto al bar per svicolare dietro al maniaco.
Improvvisamente il vecchio cominciò a puntare l'arma verso ognuno del gruppo, continuando ad urlare. "Vi fermerò, vi fermerò tutti! Tutti voi Cochrane!"
Indietreggiando sempre di più, si scontrò con Foster che, tenendolo stretto per evitare che si facesse troppo male, non perse l'occasione per disarmarlo. Intanto, l'anziano attentatore stava dando del Cochrane e del tecnofilo anche a Paul.
Mentre il resto del gruppo si avvicinava per aiutare Paul, Renko cominciò a spiegare che uno degli effetti delle spore era un'alterazione di come gli altri ci percepivano, perciò, essendo il tizio ossessionato dallo scienziato, ci vedeva tutti come lui.
Ora che il vecchio era stato neutralizzato, si poteva tornare alla meditazione. Anche se Vaarik ebbe qualcosa da ridire, poiché pensava che il luogo non fosse abbastanza tranquillo, ma alla fine concluse che ormai nulla poteva più accadere.
Fu in quel momento che una coppia di Borg si materializzò. Questi si diressero subito verso lo scienziato ubriaco, ignorando il resto del gruppo, che non era considerato una minaccia. Cochrane, dal canto suo, non faceva nulla per scappare, anzi, aveva scambiato gli esseri cibernetici per allucinazioni dovute all'alcool. In fondo un bene, non c'era certo bisogno di un tipo del tutto ubriaco anche in preda al panico, in quel tipo di situazione.
Il primo ad agire fu Paul, che sparò un paio di colpi in rapida successione, con il solo risultato di attirare l'attenzione della simpatica coppia. Il drone colpito, nonostante gli evidenti danni, si apprestò a colpire Paul, ma un terzo colpo lo mandò nel paradiso degli scarti meccanici. Purtroppo con l'altro invasore non si ebbe la stessa fortuna, i proiettili avevano gravemente danneggiato la parte organica, ma quella meccanica pareva essere seriamente intenzionata a completare la missione, infatti continuò ad avanzare verso Foster fino a che i segnali elettrici non arrivarono al suo elaboratore centrale, informandolo che era morto.
"Oh mamma, quasi peggio della notte dei morti viventi" commentò Luke, guadagnandosi una serie di occhiatacce dai suoi amici. Naturalmente, tutto quel rumore aveva attirato visitatori, infatti tre uomini entrarono di corsa nel locale proprio qualche istante che i borg fossero stati teletrasportati via, per essere riciclati dal collettivo.
Fu Dalton ad accogliere i nuovi venuti, cercando di spiegare gli avvenimenti senza rivelare troppo. Uno di loro riconobbe il vecchietto, che nel frattempo era svenuto (unico effetto positivo dell'arrivo dei Borg) in Geoff Quile, il capo di una fazione avversa ai viaggi nello spazio.
Improvvisamente Paul cominciò a salutare i nuovi arrivati, urlando e sbracciandosi.
"Will, ma non mi riconosci? Sono Paul!" continuava ad urlare.
Per tutta risposta il tizio barbuto e leggermente sovrappeso, lo stava guardando come se si trattasse di un povero mentecatto appena uscito dal manicomio locale.
"Amici suoi?" chiese sottovoce Luke a Vaarik.
"Dalle descrizioni che mi ha fatto Paul, dovrebbero essere il primo ufficiale ed il capo-ingegnere dell'Enterprise, solo che il nostro compagno non si è reso conto che non lo conoscono... almeno non ancora."
"Capisco" annuì un pensieroso Luke, poi, dopo un istante, si voltò verso il vulcaniano.
"Ehi! Ma tu, queste cose, come le sai?" domandò con un tono deciso, tutti quei segreti cominciavano a dargli sui nervi.
Per un momento il suo nuovo compagno di stanza ebbe quasi l'aria imbarazzata, poi gli diede uno sguardo che significava: non andare oltre questo punto, altrimenti sono guai.
E, per una volta nella sua vita, Luke decise di giocare sulla prudenza, almeno per adesso.
Ora che i nuovi arrivati erano andati via, portando con loro Cocharne, il gruppo era di nuovo solo, pronto a ricominciare la meditazione. Quella speranza durò all'incirca quattro secondi, il tempo necessario ai loro cervelli per sentire il rumore che proveniva da dietro di loro, collegarlo a ciò che poteva significare, voltarsi per verificare l'ipotesi, e trovarsi di fronte a cinque borg che, con tutta certezza, avevano intenzione poco simpatiche.
"Non avete anche voi, un curioso senso di dejavù?" disse uno sconfortato Renko.
Paul premette di nuovo il grilletto, ma dalla pistola non uscì nessun proiettile. Per un momento Foster la guardò sorpreso, poi incominciò ad inveire contro il vecchio, che era venuto con una pistola non del tutto carica.
Poi qualcosa scattò in lui e, urlando qualcosa a Renko, gli fece prendere un secchio di acqua e sapone per gettarlo ai piedi dei Borg che, per nostra fortuna, non avevano l'agilità e la velocità come caratteristica primaria.
In pochi secondi, i cadetti assistettero ad uno spettacolo degno delle comiche del cinema muto, quando gli esseri cibernetici scivolarono ignominiosamente per terra, provocando la gioia dei loro avversari. Gioia che durò poco visto che, in pochi attimi, i Borg si dotarono di una specie di pattini, così da potersi muovere facilmente.
Ripley urlò al resto dei suoi amici di uscire alla svelta dal locale. Il consiglio sembrava superfluo, ma aveva un fondo di strategia, infatti quei mostri erano troppo veloci per fermarsi, ed appena i pattini vennero a contatto con il terreno solido caddero in maniera plateale, provocando la creazione di una montagna di metallo e carne ammassata malamente sul terreno.
Mentre tutti gli altri stavano cercando un modo per risolvere la situazione, Luke era ipnotizzato da quello spettacolo, era... era... era troppo comico. Infatti Dalton non resistette ed incominciò a ridere a squarciagola, anche quando fu trascinato via di forza dai suoi compagni che cercavano disperatamente un rifugio.
Rifugio che non sembrava essere in vista, cosa che non si poteva dire dei Borg, che si erano riorganizzati e stavano tornando alla carica. Ripley era stata tutta il tempo ad osservare il comportamento di Luke, poi un piccolo solco apparve sul suo viso, qualcosa di simile ad un sorriso, era come se un interruttore nella sua mente fosse scattato, così, gridando che tutto quello era semplicemente un sogno, attaccò il primo borg che gli si parò di fronte.
La cadetta aveva avuto facilmente ragione dell'essere, ma questo all'improvviso tirò fuori i tubi di assimilazione. La ragazza riuscì a schivarli a malapena, ma purtroppo non evitò che gli procurassero un taglio alla mano.Taglio che fece sgorgare abbondantemente del sangue acido diritto sul drone, provocandone la mai troppo prematura dipartita.
Per un momento i suoi compagni si fermarono, giusto il tempo necessario per adattarsi alla nuova minaccia.
"L'acido è futile, specie 8472, voi sarete assimilati" ripeterono in coro, mentre Renko incominciò a lamentarsi di essere stato chiamato così, probabilmente nel suo pianeta era un insulto mortale o qualcosa di simile, pensò divertito Luke.
Il cadetto di Delta Gamma attaccò un drone, usando la sua conoscenza di arti marziali esoteriche e, dopo qualche minuto di mosse assurde, contorsioni impossibili ed una piccola dose di sfortuna sfacciata, riuscì a stenderlo, poi ancora baldanzoso si presentò ai tre borg rimasti in una delle posizioni d'attacco che aveva imparato al castello di Kyôki. Per risposta i suoi avversari si confezionarono immediatamente dei kimoni gialli e cominciarono a comportarsi come comparse di film orientali di arti marziali. Il frullato genetico, fece 'ciao ciao' con la manina e di corsa si riunì al gruppo.
Per un momento regnò il silenzio, mentre i tre strani cosi avanzavano, poi questo fu rotto dalle fragorose risate di Luke.
"Non ce la faccio più, è troppo folle, troppo divertente. Sto male da quanto mi fa ridere." Sbraitava Dalton, tenendosi la pancia dal ridere e sforzandosi di non cadere a terra. "Ragazzi, dai lasciatemi, è troppo divertente, non lo capite?" Continuava ad urlare, mentre i suoi amici lo stavano portando via a forza.
Si ritrovarono in un edificio di fronte alla base di lancio, che si rivelò essere la mensa anche se, campo di battaglia, era parola che descriveva più efficacemente quello che si parava davanti ai loro occhi. Almeno era quello che pensava Dalton, mentre non smettendo di ridere, guardava i resti della festa per il lancio della Phoenix.
Poi, facendo un respiro profondo e cercando di riprendere il controllo di sé, chiamò i suoi compagni. "Fermi, fermi, e fermi!"
Qualche risolino ancora gli scappò, ma cercè di stare il più serio possibile, altrimenti difficilmente sarebbe stato ascoltato. "Perché stiamo scappando? Dopotutto questo è un sogno, cosa volete che ci succeda?" disse, con un sorriso di sfida stampato in faccia.
Renko tentò di obbiettare, ma i suoi lamenti gli morirono in gola quando si rese conto che l'umano aveva ragione.
"E adesso, ragazzi, come diceva una vecchia canzone: È qui la festa?"
E, prendendo una bottiglia di liquore, si diresse sorridendo verso gli essere meccanici, lasciando i suoi amici leggermente stupefatti (per usare un eufemismo).
"Vediamo se sono ancora un buon lanciatore..."
E con questo pensiero, Luke lanciò la bottiglia, che dopo alcune evoluzioni andò a finire in bocca ad un drone, riversandogli in bocca tutto il suo contenuto e mostrando all'universo il primo caso di borg ubriaco fradicio mai esistito.
"È bello sapere che non ho perso il tocco" disse Luke, con il petto gonfio d'orgoglio. "Il mio vecchio allenatore di Baseball sarebbe stato entusiasta di quel tiro."
Per fortuna il penoso spettacolo del borg in stato d'ebbrezza finì poco dopo con la brusca e poco stilistica caduta a terra del coso, mentre continuava a blaterare incoerentemente. I restanti due si fermarono un momento per analizzare i dati in loro possesso ed in pochi istanti, da alcuni compartimenti, estrassero delle spillette appartenenti alla Anonima Alcolisti.
Dalton li guardò per un attimo, poi rivolse lo sguardo ed una specie di sorriso divertito a Foster, che scrollò le spalle e concluse con un: "Sta diventando sempre più ridicola, questa faccenda."
I loro pensieri furono interrotti improvvisamente da Renko, che stava cominciando a parlare freneticamente, agitando le mani a più non posso.
"Negli incubi bisogna sempre scappare. E qualcosa tipo legge freudiana." Enunciò, avendo trovato la risposta alla domanda rivoltagli da Luke poco prima.
Il frullato fu interrotto dal vulcaniano che, con la sua solita faccia inespressiva, si era avvicinato a lui tenendo stranamente nascosta dietro la schiena una mano.
Non appena Renko si voltò, dalla mano nascosta partì una torta che lo beccò in piena faccia. Lasciando lui e gli altri suoi amici, impietriti dalla sorpresa.
"O questo sogno diventa sempre più assurdo, o devo ricredermi sull'impossibilità della nostra convivenza."
E mentre Dalton sentenziava questo, Vaarik cominciava a tirar torte addosso ai Borg, presto seguito dal resto del gruppo. Il risultato fu che gli ingredienti dei dolci (burro di noccioline, conservanti e coloranti, nonché sostanze non specificate, ma in regola con le normative sanitarie), erano nocivi per quegli esseri, che si ritirarono a mani vuote.
Il gruppo stava riprendendo fiato, cosa più che meritata, dopo l'estenuante battaglia, che subito Renko cominciò ad inveire contro gli altri perché non seguivano i suoi consigli, perché non volevano svegliarsi, dato che si divertivano troppo.
Quella fu la miccia che fece esplodere tutto. I cadetti erano stanchi e con i nervi a fior di pelle, lo sfogo di Renko fece partire una serie di accuse, più o meno possibili, su chi era da incolpare per quella situazione. Nessuno vide chi lanciò il primo colpo, ma immediatamente tutti incominciarono a lanciarsi addosso l'unica munizione rimasta nel posto, cioè i tovaglioli.
"Malefici esseri, ve lo faccio vedere io, con chi avete a che fare! Alle elementari, nessuno mi batteva in queste cose." disse Dalton, con un sorriso fra le labbra, mentre modellava i tovaglioli a forma di aeroplanino per contrastare gli anti-tovaglioli di Paul, i tovaglilken (tovalglioli-shuriken) di Renko, e gli origami di Vaarik.
L'intera sala, era pervasa dalle risate del gruppo.
-Odio ammetterlo, ma cominciano a piacermi, questi tipi- pensava Dalton, mentre partecipava a quella liberatoria battaglia che stava riuscendo a far scaricare tutto lo stress e il dolore accumulati con la loro avventura nel tempo.
Improvvisamente come era iniziata, la lotta si concluse, con tutti i partecipanti che ansimavano per la fatica ma che non riuscivano a fare a meno di ridere, tranne Vaarik, naturalmente.
Quando uscì, il gruppo vide una scia bianca ergersi nel cielo, era la Phoenix, che incominciava il suo storico viaggio.
Dopo qualche tempo, la nave ritornò, ma non era sola, c'era un altro vascello, era il Primo Contatto.
"Vaarik, sono..." Luke stava per dire qualcosa, ma improvvisamente si ritrovò nella stanza di Renko, con un bel mal di testa e guardandosi intorno, vide che anche gli altri si erano svegliati e lanciavano sguardi interrogativi verso il frullato genetico.
"Ah, ecco! C'è un altro modo di svegliarsi. Aspettare che l'effetto delle spore finisca." disse, innocentemente.
"RENKO!!" urlarono all'unisono i suoi amici, dandogli ognuno un leggero scappellotto.
Un gruppo di cadetti vocianti stava uscendo dal museo di storia terrestre.
"Allora, Vaarik, ora sei più tranquillo, abbiamo visionato tutti i file storici, non c'è stato nessuno squilibrio mcflaiano. È stato tutto solo un sogno." disse allegramente Luke, al suo nuovo compagno di stanza.
Il vulcaniano era ancora scettico, ma alla fine decise di dare ascolto ai suoi amici. Tutto era stato semplicemente un sogno, e con ciò decise di dichiarare chiusa la faccenda.
"Allora tutti da Chun!" Annunciò Dalton, seguito dall'assenso di tutti i suoi amici.
Mentre i ragazzi lasciavano il posto, non si accorsero di aver lasciato acceso il display del computer, cosa che invece non mancò di notare il custode.
"Giovani d'oggi, sempre con la testa fra le nuvole, sempre a mettere in disordine tutto. Ai miei tempi c'era più rispetto, per la storia." Brontolava il vecchio.
Mentre stava per chiudere il computer, all'improvviso un'immagine del Primo Contatto gli si parò davanti e, casualmente, notò che in un angolo c'erano cinque tizi, vestiti stranamente, che assomigliavano in maniera assurda ai cadetti che erano appena andati via.
Per un secondo fissò pensieroso lo schermo.
"Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa."
E spense le luci.