Vaarik si materializzò in uno spiazzo polveroso e privo di vita, costellato di scarne rovine che si ergevano candide nella polvere come ossa spezzate. Un brusio incessante e ossessivo echeggiava nel vento secco, come se i sussurri di tutte le anime che avrebbero potuto essere e non erano state si fossero uniti in una litania lugubre e angosciosa.
In lontananza, si stagliavano le polverose rovine della Città. Il suo vero nome era sconosciuto, così come quello della civiltà infinitamente antica a cui apparteneva, e probabilmente lo sarebbe rimasto per sempre. Sopra di esse, il cielo era cupo e plumbeo, e miasmi dai colori malsani vorticavano nell'atmosfera rarefatta. L'aria era carica di statica e odorava di ozono, come se stesse per scoppiare un furioso temporale. Ma il temporale non scoppiava mai. Minacciava soltanto di farlo, cristallizzato per sempre in un'eterna possibilità. La sua angosciosa presenza incombeva pesante come una condanna a morte sempre in procinto di essere eseguita.
E naturalmente c'era lui.
L'Accesso ad Ogni Luogo, il Passaggio verso Ogni Tempo.
Il Guardiano dell'Eternità.
Aspettava pazientemente un comando, come aveva fatto per miliardi di anni, pronto a squarciare il velo del tempo per permettere ai miseri mortali di osservare ciò che nell'universo si era svolto dall'inizio dei tempi, lungo il lento dipanarsi dei flussi della storia.
Perfino Vaarik dovette ammettere di provare un po' di soggezione per quel luogo. Il gruppo di cadetti osservava rapito e silenzioso l'imponente manufatto di pietra, mentre Fraser si dilungava in dissertazioni sulla propagazione delle onde di interferenza temporale su piani di esistenza multipli.
In genere Vaarik era piuttosto interessato ai collegamenti tra l'astrofisica (il suo campo di studi primario) e la fisica temporale. L'universo era infatti popolato da una sconvolgente varietà di fenomeni che mettevano a dura prova la percezione intuitiva del flusso temporale. In quella occasione, però, nemmeno Vaarik riusciva a tributare la dovuta attenzione alla lezione corrente. Il fascino del Guardiano dell'Eternità era semplicemente magnetico.
Vaarik notò accanto a lui Foster che si agitava. "Tutto a posto, Paul?"
L'umano sembrava a disagio. "Be', dovresti sapere che cosa rappresenta per me quel giocattolino... un salto, e potrei..."
Vaarik lo guardò corrugando le sopracciglia. "Non starai dicendo sul serio, spero."
Foster gli rispose con un sorriso un po' troppo immediato. "Certo che non dico sul serio! Non rinuncerei mai alla mia nuova vita..." lo rassicurò, tornando a guardare Fraser con quel sorriso ancora stampato in faccia.
Vaarik continuò a osservarlo in silenzio per qualche secondo, poi distolse lo sguardo con una scrollata di spalle.
Intanto Fraser stava terminando la lezione, e i cadetti cominciavano a rientrare a bordo della USS Huston, attualmente in orbita attorno al Pianeta del Sempre. Ma come sempre succede qualcuno si stava attardando per fare qualche domanda al tenente Fraser.
"Interràogativo, signore," sibilò Dizzie, alzando una delle sue mani artigliate per fare una domanda, "non causa di grande pericolo costituisce il manufatto, poiché privo di guardie e cancello?"
"E... ccciu!", starnutì Fraser, facendo sventolare il fazzoletto davanti al naso arrossato. "Una buona domanda, mia cara. Ma il Guardiano non è così indifeso come può sembrare a prima vista. A parte la rete di sensori orbitali che abbiamo avuto modo di osservare dalla Huston, c'è una piccola postazionà di sicurezza sul pianeta che tiene sempre sotto osservaziàne il Guardiano. Inoltre, la Flotta Stellare ha istituito tre principali precauzioni a difesa del manufatto." Fraser si stava di nuovo infervorando nella spiegazione, richiamando anche l'attenzione di altri cadetti, compreso Vaarik, che si attardavano intorno al docente.
"Una scansione della retina..." disse Fraser, e portò il proprio viso all'altezza di un sensore posizionato in una colonnina che soàgeva a poca distanza dal manufatto. Un tenue raggio luminoso ronzò sul suo occhio destro, poi una voce sintetica affermò senza esitazione: "Identificazione positiva: Fraser, William P. Tenente Junior Grade."
Con la coda dell'ocàhio, Vaarik vide Renko alzare una mano "Ehmmm, signore..."
Ma Fraser era sempre più infervorato. "Poi un codice di riconoscimento vocale..." il docente pigiò con il pollice un pulsante sulla stessa colonnina. "Tempus fugit, honor marcescit, mors imminet atra" declamò, come colto da una fulminea ispirazione. La colonnina ronzò nuovamente, mentre una luce sulla sua sommità mutò repentinamente dal rosso al verde. "Riconoscimento completato" sostenne la stessa voce sintetica.
Anche Foster cominciava a preoccuparsi, e fece per richiamare l'attenzione del docente "Scusi, signore... guardi che..."
Inutile. Fraser, totalmente deliziato della sottigliezza dei sistemi di sicurezza federali, si voltò entusiasta verso i cadetti. "E naturalmente senza tutàa la procedura sopraelencata, non sarebbe possibile attraversare la barr..."
Vaarik si rese conto del guaio quando era ormai troppo tardi. "NO!..." iniziò a gridare. Ma Fraser era già stato risucchiato nel Guardiano dell'Etàrnità.
"...S'kreeyak!" terminò Vaarik, sibilando tra i denti un antico insulto vulcaniano, traducibile approssimativamente con "individuo privo di istinto di sopravvivenza che mi hai condotto nel deserto senza acqua né cibo e ora mi vieni a dire che non sai come tornare a casa."
Presente, passato e futuro vorticarono nelle immagini proiettate dal Guardiano: impossibile stabilire dove Fraser fosse stato risucchiato dai vortici del tempo.
I pochi cadetti rimasti sul Pianeta del Sempre si guardarono tra di loro spauriti.
Teorema di Konrad: Piu' un sistema e' complesso, piu' e' difficile predire le conseguenze dell'introduzione di un elemento di instabilita'.
Traduzione per i profani: preparatevi al peggio.
Foster toccò il suo comunicatore. "Hustonabbiamounproblema..." ma si gelò a metà della frase, terrorizzato. Un atroce sospetto si insinuò nella mente di Vaarik.
Dalla nave giunse la terribile conferma. "Qui parla il tenente comandante Ahl Cobledick. Si calmi, cadetto, e ripeta più lentamente. Faccio fatica a seguirvi..."
Renko sgranò gli occhi dietro alle lenti scure. "PerchèCobledickparlanormalmenteenoino?"
Vaarik rispose senza esitazione, cercando di non fare caso al modo in cui la voce usciva dalla sua laringe. "Dev'esseresuccessoqualcosanelpassato!"
Dalla nave giunse una nuova comunicazione. "QuiVinsar.Restatelìenonmuovetevi. Mandogiùunasquadraappenapossibile." "Mirrraccomando,cadetti!Rrrestatecalmieprrrudenza!"
Foster, Renko, Vaarik e il nuovo acquisto Dalton si scambiarono un'occhiata significativa.
"Cenepentiremo" asserì Dalton.
"Assolutamente" concordò Foster.
"Ealloracosastiamoaspettando?" li incalzò Renko, con un sorriso di sfida sulle labbra.
"GUARDIANO!" ordinò Vaarik, non permettendosi di provare alcuna soggezione nei confronti del Portale. "MostracidoveèFraser!"
Immagini provenienti da ogni anfratto dello spazio-tempo turbinarono nuovamente nel cuore del Guardiano, mentre forze che sfuggivano alla comprensione dei mortali creavano un passaggio le cui caratteristiche sembravano appartenere più al regno della magia che a quello della tecnologia. I suoi compagni saltarono nel Portale, scomparendo senza lasciare tracce in una foschia innaturale. Per un attimo Vaarik esitò, consapevole delle conseguenze di quello che stava per fare, ma la decisione era stata presa.
In ogni caso, rifletté il vulcaniano con una punta di sarcasmo, cos'ho da perdere?
Fece risolutamente un passo in avanti e saltò àel centro del vortice.
Per un istante provò l'intensa sensazione di cadere in tutte le direzioni contemporaneamente, poi il mondo attorno a lui si stabilizzò nella forma di un vicolo puzzolente di una città sconosciuta. Cercando di allontanare un leggero senso di nausea che ancora lo infastidiva, Vaarik si guardò intorno alla ricerca dei suoi tre compagni.
Non gli fu difficile trovarli.
Dalton era piegato in due e stava vomitando anche il pranzo della sua prima comunione, mentre Foster tentava di coàfortarlo, battendogli con delicatezza sulla sàhiena e cercando contemporaneamente di mantenere puliti i suoi stivali.
Renko aveva lo sguardo al cielo e si stava sistemando sugli occhi gli eterni occhiali scuri. "Potrei scommetterci la tunica del Maestro," stava dicendo con disappunto, "questa è indubbiamente la Terra."
Il vulcaniano, sapendo del suo problema di fotosensibilità con lo spettro di Sol, non vide motivo per dubitare della sua diagnosi.
"Bene!" disse Foster, sollevato. "Almeno giochiamo in casa..."
"Ora che sappiamo dove siamo... non ci resta che stabilire quando siamo," aggiunse Dalton, con la voce ancora arrochita dalla bile.
In quel momento, Vaarik avvertì qualcosa che gli tirava la stoffa dei pantaloni all'altezza della coscia. Si voltò stupito e vide un bambino, chiaramente umano, che lo osservava con dàe enormi occhi azzurri. Indossava un completo dai colori sgargianti e stava compiendo una profonda investigazione speleologica della sua cavità nasale.
Quando il bambino lo vide bene in volto, spalancò ulteriormente quegli enormi fanali azzurri e piegò le labbra in una smorfia che non faceva presagire nulla di buono. Nel momento in cui il labbro inferiore del bambino prese a tremare, Vaarik sapeva già di trovarsi di fronte all'inevitabile.
L'infante infatti esplose in pianto dirotto e devastante, lanciando raccapriccianti strilli da far tremare i vetri delle finestre che si affacciavano sul vicolo. Il vulcaniano, ormai nel marasma più totale, già si vedeva circondato da orde di casalinghe armate di mattarello, quando, ringraziando il cielo, Renko venne in suo soccorso.
Senza dire una parola, il ragazzo si chinò fino a trovarsi di fronte al naso dell'infante, poi eseguì una serie di rapidi gesti eleganti, facendo infine comparire tra le sue mani un foulard di tessuto rosso. Il bambino lo fissò incantato, dimenticando persino di piangere.
Renko agitò il fazzoletto come se fosse dotato di vita propria, poi lo calcò nel palmo di una mano. Quando la riaprì, al suo posto c'era un enorme chupa-chupa. Gli occhi del bambino si illuminarono alla vista del paradisiaco oggetto, e Renko con un sorriso lo consegnò nelle sue mani cicciottelle. Il bimbo prese a succhiare con avidità la caramella, poi si frugò in tasca e consegnò un disco metallico nelle mani di Renko a mo' di ringraziamento. Infine si allontanò trotterellando, senza degnare di un solo ulteriore sguardo il gruppo di cadetti. Foster guardò Renko con ammirazione. "Una volta o l'altra dovrai dirmi dove hai imparato a farlo."
Renko si limitò a sorridere in maniera enigmatica.
"A proposito, spaventa-bambini," stava dicendo Dalton con un ghigno sardonico, "dovremmo fare qualcosa per il tuo aspetto..."
Vaarik dovette ammettere che aveva ragione. Dalton e Foster erano àerrestri, e Renko poteva passare tranquillamente per un umano. Ma le sue orecchie a punta...
Dopo un attimo di riflessione, Vaarik si tolse il laccio che usava per legare i capelli, lasciando che ricadessero liberamente sulle sue spalle. Si assicurò che coprissero completamente le orecchie, poi guardò i suoi compagni per avere una conferma.
Dalton si stava passando una mano davanti alla faccia. "Perfetto. Ora sembri davvero un becchino..."
"Allora, come hai detto che si chiama questa città?" chiese Renko per la dodicesima volta.
"Sacramento!" Foster cominciava a perdere la pazienza.
"Non bestemmiare, Paul. Stavo solo chiedendoà"
"SACRAMENTO E' IL NOME DELLA CITTA', RIMBAMBITO!"
Renko tossicchiò imbarazzato. "Certo... l'avevo capito subito, io..."
"E siamo nel 1979, giusto?" fece eco Dalton.
"Ossia anni prima delle Guerre Eugenetiche." Vaarik era la solita enciclopedia ambulante. "In questo periodo, il clima mondiale era dominato da quella che veniva definita Guerra Fredda, ossia una contrapposizione di forze tra due grandi nazioni, gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica, che non sfociò mai in uno scontro militare..."
Foster lo stava guardando in modo strano. "Be'," commentò Vaarik con tono casuale, "queste cosà Paul le sa certo meglio di me..."
I quattro camminavano nelle strade di Sacramento, cercando di dare nell'occhio il meno possibile. Grazie al cielo, quelli erano gli anni settanta, e nessuno sembrava fare caso al loro abbigliamento inconsueto. Anzi una vàlta un gruppetto di ragazzi su un furgoncino accostò e chiese a Dalton, riporto letteralmente, "Ehi, capo, ci faresti un deca di broda che siamo rimasti a secco?"
Inutile dire che fu necessario trascinare via l'umano prima che si metteàse a prendere a calci il veicolo dei malcapitati.
Vaarik ogni tanto dava un'occhiata al suo tricorder cercando di tracciare il transponder del comunicatore di Fraser, ma finora i risultati erano stati piuttosto deludenti.
"Non capisco" mormorava il vulcaniano, seccato. "Dovrei essere in grado di rilevare le emissioni del suo comunicatore nel raggio di 40 chilometri..."
Ad un certo punto il gruppetto venne speronato da due persone che, immerse nei loro pensieri, badavano poco a dove mettevano i piedi. I due si scusarono imbarazzati, poi si allontanarono commentando:
"Ehi, Rick, hai visto che fichi quei tipi con le casacca?"
"Vero, Michael. Sono davvero dei tipi giusti!"
Foster rimase un attimo interdetto,àpoi si voltò a guardare i due che si allontanavano grattandosi la testa perplesso.
"Che c'è?" chiese Dalton.
"Quei due... mi sembrava di conoscerli..." mormorò l'umano, cogitabondo.
"E dai, Paul..." rise Renko, "va be' che questo è il tuo tempo, ma adesso esageri..."
Eppure Foster sembrava convinto. "Sono sicuro di averli già visti... ma non è stato nel '79..." Poi si illuminò, battendo un pugno sul palmo dell'altra mano. "Rick Berman e Micheal Piller! Nell'81 erano venuti alla Harlington-Starker Studios con un altro tipo, un certo Straberry... Generry... insomma una cosa del genere, e cercavano fondi per produrre il seguito di una vecchia serie di fantascienza... chissà se ci sono riusciti..."
"...o meglio, se ci riusciranno," lo corresse Vaarik.
Senza badare al commento del vulcaniano, Renko, incuriosito, chiese "Come si chiamava lo spettacolo?"
"Bho? ...qualcosa del tipo La Nuova Generazione della Pista delle Stelle... non ricordo bene."
A quel punto il tricorder di Vaarik emise un trillo di allarme. Il vulcaniano controllò le letture. "Trovato," sibilò tra i denti. "Trecento metri,àdirezione sud-sudovest."
Quando si trovarono di fronte al luogo indicato dal tricorder, il gruppetto si guardò in giro per trovare indizi della presenza di Fraser.
Lo sguardo di Foster venne attirato dal cartellone scolorito di un cinema di periferia. "Buon dio!" si stupì l'umano. "Era ancora in programmazione nel '79? E dire che Straker lo riteneva un flop!"
"Cosa?" chiese distrattamente Vaarik.
"Guerre Stellari!" disse Foster indicando con un ampio gesto della mano l'enorme cartellone pubblicitario.
A sentire quel nome, Dalton si immobilizzò. "Mio dio, anche qui!" esclamò, sprofondando nello sconforto più totale.
"Scusate, ragazzi, cos'è Guerre Stellari?" chiese Renko, rivolto ai due terrestri.
Dalton si strinse nelle spalle, lasciando a Foster il compito di spiegare. "Una specie di favoletta di fantascienza, con una principessa da salvare, un contrabbandiere dal cuore d'oro e un ragazzo dai poteri speciali, Luke Skywalker..."
"Il primo che fa una sola battuta sul mio nome è un uomo morto," tagliò corto Dalton, lanciando loro un'occhiata mortale.
"Credo di aver individuato Fraser," dichiarò Vaarik interrompendo la loro digressione. "Sta parlando con quell'uomo laggiù."
I tre si voltarono nella direzione indicata dal vulcaniano, trovandosi di fronte Fraser che discuteva animatamente con il cassiere del cinema. Il personaggio in questione era abbigliato nel modo più vistoso che avessero mai visto: una camicia hawaiiana verde a fiori viola, pantaloni bianchi di tela e un paio di rozzi sandali ai piedi. I suoi capelli erano ricci e pettinati all'africana, e indossava un paio di occhialini tondi dalle lenti rosa. Nonostante Vaarik fosse sicuro di non aver mai conosciuto un uomo di tale cattivo gusto, ebbe anche lui l'impressione che il suo viso non gli fosse nuovo. Forse coi capelli più corti e qualche ruga in più...
"Oh, cristo..." mormorò Foster, pallido in volto, "...quello è COBLEDICK!"
"Ehilà, ragazzi! Anche voi da queste parti?" disse loro Fraser, scorgendoli tra la folla. "Sapevo che avrebbero mandato qualcuno a riprendermi!"
Vaarik si passò una mano sul volto. Andiamo bene...
Vaarik non era mài stato nella camera di proiezione di un cinema, ma la sua prima impressione fu che fosse sporca, buia e maleodorante. Certo, la sua opinione era dovuta soprattutto all'uso di bivacco abusivo che ne aveva fatto Cobledick, ma tant'era.
Al centro della stanza, dominava un apparecchio che doveva essere il proiettore cinematograficoà Tuttavia, esso appariva avvolto da uno spettrale alone di luce azzurrognola, come se un'aurora boreale brillasse al suo interno. Quando i cadetti avevano provato ad avvicinarsi, le emanazioni erano cresciute di intensità, impedendo loro di avvicinarsi ulteriormente.
Nonostante l'inquietante presenza della strana macchina luminescente, almeno il posto sembrava abbastanza al sicuro da orecchie indesiderate.
"...dopo essere caduto nel Guardiano, mi sono materializzato in questa stanza. Era tutto buio, e credevo non ci fosse nessuno. Fortunatamente avevo con me la mia cronovela da polso, un gadget del corpo dei crononauti del mio pianeta, e ho iniziato la programmazione per tornare nel nostro tempo. All'improvviso però qualcosa mi ha colpito alle spalle, e la cronovela mi è caduta nel proiettore, che in quel momento stava facendo avanzare la pellicola a velocità accelerata. C'è stato una forte emissione di energia, e i due apparecchi si devono essere fusi insieme."
Cobledick sembrava desolato. "Mi deve scusare per quella sberla, ma pensavo che fosse un ladro, o qualcosa di simile..."
Fraser lo rincuorò. "Non è colpa sua. Se fossi stato al suo posto probabilmente anch'io avrei fatto lo stesso. Comunque, fatto sta che siamo svenuti entrambi, e quando sono rinvenuto ho scoperto che la gente che usciva dal cinema parlava a velocità accelerata. Allora ho svegliato il signor Cobledick, gli ho spiegato chi ero, e in che razza di pasticcio ci eravamo cacciati."
Vaarik era meditabondo. "Hmm... La cosa ha un senso. L'energia triolica della cronovela deve aver interagito con il campo di scorrimento del proiettore, generando un campo subspaziale riflesso che si è propagato sotto forma di onde stocastiche di sfasamento temporale..."
Tutti lo guardarono come se gli fosse spuntato un terzo occhio in mezzo alla fronte.
"In parole povere, si è generata un'onda di sfasamento subspaziale che altera la percezione soggettiva del tempo lineare..."
Gli sguardi degli altri continuavano a essere completamente vacui.
"La gente parla più velocemente."
Gli altri tornarono alla vita con un sospiro di sollievo. "Be', pensavo peggio..." commentò Dalton, sollevato.
"E invece e' peggio," sibilò Vaarik, irritato. "L'onda si propagherà in maniera stocastica attraverso il continuum spazio-temporale, contagiando sempre più persone. I suoi effetti non sono ancora stabàli, ma cresceranno esponenzialmente col passare del tempo. Ho calcolato che tra approssimativamente diciassette anni, nove mesi e tredici giorni l'intera popolazione mondiale avrà accelerato il proprio eloquio in maniera definitiva. E questo è solo l'inizio. L'onda, viaggiando a curvatura, si propagherà in tutta la galassia, influenzando la percezione soggettiva del tempo su tutti i pianeti che incontrerà nel suo cammino. Vi ricordo che nel XXIV secolo, tutti, anche Vinsar e Ailoura, che non sono terrestri, parleranno a velocità accelerata."
Un silenzio di tomba regnò per qualche secondo. Poi Renko alzò una mano, come se fosse ancora a lezione.
"E come mai nel nostro tempo Cobledick era l'unico a parlare normalmente?"
"A questo posso rispondere io," si intromise Fraser. "Quando viene attivata, la cronovela crea una bolla di stabilità intorno alla sua posizione, in modo da proteggere il viaggiatore dalle forti fluttuazioni del continuum aàsociate al salto temporale. In questo caso, ogni elemento metallico presente sul signor Cobledick, come il suo medaglione, la zip dei suoi pantaloni, o anche le sue otturazioni dentarie, deve aver fatto da catalizzatore per l'energia della bolla, riversandola interamente su di lui. In questo modo, Cobledick è stato come 'vaccinato' contro gli effetti dell'onda di sfasamento."
"Allora anche lei è protetto dagli effetti dell'onda?" chiese Dalton, incuriosito.
"No, perché io non indosso oggetti metallici. Nelle nostre uniformi le chiusure sono in materiale plastico, e come voi saprete nel XXIV secolo le otturazioni vengono fatte in matàriale dentario replicato."
Il gruppetto rimase in silenzio ancora qualche secondo, poi fu Foster a formulare la domanda che aveva attraversato la mente di tutti. "E noi?"
Vaarik rispose cupamente. "Finché resteremo in questo tempo, potremo essere anche noi soggetti agli effetti dell'onda. Come ho detto, essa agisce stocasticamente, ossia i suoi effetti si possono manifestare in qualunque luogo, in qualunque momento, e senza alcun preavviso."
"Dobbiamo fare àualcosa per impedirlo," disse Renko con sicurezza. "Non possiamo starcene qui con le mani in mano."
"Lo so," rispose Vaarik, "ma in effetti non ho idea di cosa fare."
"Forse lo so io!" disse Fraser, come risvegliandosi di colpo da un lungo sonno. "Ho studiato qualcosa di simile durante la mia tesi di dottorato. Quello che dobbiamo fare è riuscire a separare la cronovela dal proiettore. Purtroppo i due apparecchi si sono fusi a livello molecolare, e l'unico modo per separarli è utilizzare un discriminatore di fase."
Cinque sguardi perplessi si voltarono nella sua direzione.
"Fidatevi di me, ragazzi," disse Fraser con un sorriso incoraggiante. "So che funzionerà!"
Gli altri si scambiarono qualche rapida occhiata, poi Foster alzò le spalle. "In fondo, non è che abbiamo molto da perdere."
Sotto le direttive di Fraser, il gruppetto si mise a saccheggiare la strumentazione che siàerano portati dietro dal XXIV secolo. Erano già a buon punto con la costruzione, quando "Come sarebbe a dire Manca un radar binario a largo spettro!?!"
"Spiacente, ma senza quel radar non riusciremmo ad inizializzare la matrice subspaziale che..."
"Ok, ok, ho capito," si affrettò a dire Foster. Poà si fece pensieroso. "Dovremo trovare un modo per recuperarne uno sul posto..."
Dalton li guardò incredulo. "Scusatà la domanda, ma non penserete mica di trovare un radar binario a largo spettro in un negozio di àerramenta, vero? Questo è il XX secolo!"
Per un attimo gli occhi di Vaarik, solitamente così focalizzati, si fece àeggermente vacui. Un secondo dopo stava fissando con severità Foster. Per tutta risposta, l'umano si agitò sul posto.
"Paul..." fece il vulcaniano, ammonendolo. "Tu sai dove trovare un WSBR in quest'epoca, vero?"
Foster era alle strette. "Be', sì, saprei dove trovarlo... ma preferirei non andarci..."
"Lo so,"àdisse Vaarik, stranamente comprensivo, "ma il programma Utronik lo aveva solo la SHADO."
Foster sospirò, sapendo di avere perso in partenza. "Ok. Ma la base è fuori Sacramento. Come ci arriviamo?"
Sul volto di Cobledick si spiaccicò il sorriso più grande che aveva a sua disposizione.
"Se permettete, ai mezzi ci penso io..."
Nella rimessa del cinema, Cobledik, sollevò un enorme telone polveroso, rivelando un paio di motociclette di grande cilindrata.
Gli occhi di Cobledick brillavano mentre faceva le presentazioni. "Gentili ospiti, queste sono le mie signore!"
Un lungo fischio ammirato sfuggì dalle labbra di Foster, mentre ammirava quelle due bellezze su ruote. Una era una Harley Davidson modificata, il cui manubrio era diventato lunghissimo, mentre l'altra era una custom della stessa marca, a cui era stato montato un sidecar di forma ovoidale.
"E noi dovremmo salire su quelle?" disse Dalton, con gli occhi fuori dalle orbite.
"Esattamente," rispose Cobledick, sprizzando orgoglio da tutti i pori. "Ma mi raccomando, fatele anche solo un graffio e vi riporto personalmente nel vostro tempo a furia di calci nel sedere, d'accordo?"
Tutti, saggiamente, annuirono in silenzio.
Poi il futuro istruttore passò un occhio clinico sul loro abbigliamento. "E direi che dovremo fare qualcosa per rendervi più... intonati all'ambiente."
[Inquadratura di un paio di stivali neri. Musica di sottofondo: "Wild Thing".]
[La telecamera sale, rivelando un paio di pantaloni, sempre di pelle. Inquadra poi due mani coperte da guanti senza dita, seguendole mentre chiudono la cerniera lampo di un giubbotto nero da motociclista. L'inquadratura si ferma su un volto affilato incorniciato da lunghi capelli corvini. Suàla sua fronte è ben visibile una bandana con il simbolo bianco e rosso del sol levante.]
Vaarik si rimirò forse per la ventesima volta nel piccolo specchio rugginoso messo a disposizione da Cobledick. Non era certo un look al quale era abituato, ma quel completo di pelàe da motociclista era meno peggio di quanto avesse pensato all'inizio.
E poi, almeno, era nero.
Sfilò un paio di occhiali da sole dalla forma affusolata dal taschino del giubbotto, fece scattare le asticelle con un movimento del polso, poi li infilò.
Per un attimo le sue labbra si incresparono in quello che poteva quasi sembrare un ghigno compiaciuto, poi il vulcaniano si voltò di spalle e uscì rapidamente dallo stanzino in cui si era cambiato, facendo del suo meglio per apparire il più spontaneo possibile.
Sulla sua schiena era ricamata a lettere di fuoco la scritta "Hell on Earth".
Il leggero imbarazzo che Vaarik provava si dileguò completamente quanào vide come erano conciati gli altri. Cobledick era andato a spulciare nel guardaroba della maschera del cinema, che in occasione delle proiezioni indossava un completo ispirato al film in programma. Vaarik aveva naturalmente scelto quello abbinato a 'Easy Rider'.
Renko indossava un vestito giacca-pantalone-gillet completamente bianco, sotto il quale faceva capolino il lungo colletto di una camicia nera aperta sul davanti. Quando entrò Vaarik iniziò a canticchiava in falsetto qualcosa come "Staying alive! Staying alive! Ah-ah-ah-ah, staying alive...".
Foster si stava assestando una specie di tappeto con un buco per la testa su un paio di jeans color sabbia. Quando si calcò in testa un cappello a tesa larga, Dalton esclamò, deliziato. "Quello lo conosco! E' il poncho di Clint Eastwood in 'Il buono, il brutto e il cattivo', di Sergio Leone..."
"E lui quale fa dei tre?" chiese Renko, ancora in falsetto. Poi osservò Luke. "A proposito, perché non ti sei ancora cambiato?"
"Sto aspettando che Cobledick mi porti qualcosa..." lo informò Dalton.
"Quante volte vi devo dire di chiamarmi Ahl?!?" esordì l'el-auriano, portando con sé un piccolo fardello.
"Allora, Ahl... cosa mi hai portato?" chiese l'umano, osservandolo con fare sospetto.
"Tu indossalo, poi mi dirai..."
Pochi minuti dopo, Dalton riemerse con addosso un incrocio tra una tunica e un accappatoio, chiuso in vita da una cintura da elettricista. "Se credi che io vada in giro conciato in questo modo sei fuori di testa, amico!" gridò, diventando ogni secondo più paonazzo in volto.
"Mi dispiace, ma è l'unico che mi è rimasto," si scusò Cobledick. "E' quello che la maschera indossava oggi per le proiezione di 'Guerre Stellari'."
"Appunto! Io odio quello stramaledettissimo film!!!" urlò Dalton, lanciandosi quasi alla gola del povero el-auriano.
Dopo un'estenuante trattativa, gli altri riuscirono finalmente a convincere Luke ad indossare la tenuta da cavaliere jedi, e soprattutto a non strangolare il futuro istruttore.
"Allora, signorine, se la sfilata di moda è finita direi che possiamo andare," disse Renko con l'aria di uno che non vede l'ora di entrare in azione. "Avevo qualcosa di simile sul mio pianeta, quando ero ragazzino," disse l'ibrido mettendosi alla guida della custom. "Era un po' più piccolo e un po' meno rumoroso, ma il principio dovrebbe essere lo stesso..."
Infatti, con un piccolo aiuto dell'el-auriano, il frullato genetico fece partire la motocicletta. Dalton approfittò dell'occasione per infilarsi nel sidecar.
Restava il problema della Harley modificata. Come era naturale, tutti gli sguardi confluirono su Foster, il quale però scosse la testa. "Non guardate me. Io uno di quei mostri non l'ho mai guidato."
Scuotendo cupamente la testa con la tipica espressione vulcaniana da "ma-tu-guarda-cosa-mi-tocca-fare-per-guadagnare-la-pagnotta", Vaarik salì agilmente a cavalcioni della moto, facendo cigolare sinistramente i pantaloni di pelle. "Allora?" incitò Foster. "Cosa stai aspettando?"
Foster lo guardò con sospetto. "Errr... sei sicuro di quello che fai?"
Vaarik sollevò un sopracciglio, divertito. "La tua preoccupazione è del tutto infondata. Mi sono preoccupato di leggere attentamente il libretto di istruzioni."
"Se lo dici tu..." commentò l'umano, leggermente più pallido del solito.
Appena l'umano fu salito in sella alla moto, Vaarik colpì con un potente calcio lo starter della moto, facendo partire il motore. Diede un paio di rapide sgasate con la frizione tirata, facendo rombare il motore fino a fare tremare le suppellettili della rimessa, poi partì a manetta facendo slittare la ruota dietro sull'asfalto.
Renko e Dalton si guardarono allibiti. "Sarei curioso di sapere chi ha quel libretto di istruzioni..." commentò l'ibrido, sistemandosi sul naso gli occhiali schermanti.
"Born to be wi-i-i-ild...!" Dalton tentò più volte di strangolare Renko dal suo sidecar, ma nemmeno lui poté nulla contro l'inesauribile entusiasmo del frullato genetico.
Le moto erano piuttosto veloci (pure troppo, a sentire un paio di agenti di sicurezza che li avevano fermati sull'autostrada, e che non li avevano multati probabilmente solo perché erano storditi dai fumi nocivi degli automezzi e dal sole che picchiava sui loro caschi...), e così riuscirono ad arrivare al distaccamento della SHADO fuori Sacramento entro il tramonto. Il luogo appariva come il tipico complesso militare, capannoni anonimi ed enormi piazzali vuoti. Nonostante questo, riusciva comunque a comunicare un senso di pericolo incombente. Foster li condusse ad un'entrata secondaria, raccomandandosi la massima precauzione.
"Ora, voi mi state attaccati... niente improvvisazioni, niente attacchi di curiosità... mi state dietro e basta, intesi?"
Per una volta, nessuno ebbe da ridire sul pragmatismo dell'umano.
Una volta all'interno del complesso, cercarono di tenersi il più possibile lontano dalle zone frequentate, ma in un paio di occasioni andarono davvero vicini all'essere scoperti. A poco a poco che proseguivano, il volto di Foster si faceva sempre più tirato e pallido. Stavano percorrendo un lungo corridoio sotterraneo, quando Vaarik udì dei passi che si avvicinavano. "State indietro," sussurrò ai compagni. Due figure, un uomo e una donna, emersero da dietro una svolta, per poi proseguire in un corridoio laterale senza aver notato gli intrusi.
Dalton tirò un sospiro di sollievo. "Possiamo proseguire," decise. Poi vide che Foster era appoggiato con la schiena al muro, coprendosi il volto con le mani.
Vaarik fu il primo a raggiungere il compagno. "Paul..." sussurrò, preoccupato.
"Credevo di averlo superato," mormorò Foster con la voce spezzata. "Cristo, quella era Virginia... chi incontrerò ancora?" scivolò lungo il muro, accartocciandosi su se stesso. "Fa male, Vaarik... fa maledettamente male..."
"Io conosco il dolore," gli sussurrò il vulcaniano, con uno strano accento nella voce. Poi gli poggiò una mano su una spalla, senza aggiungere una parola. Rimasero così per qualche minuto, l'umano accasciato contro il muro che ricacciava indietro le lacrime, e il vulcaniano inginocchiato al suo fianco, in silenzio, senza avere idea di cosa avrebbe potuto dire per aiutare l'umano, ma sapendo in qualche modo che non aveva bisogno di dire nulla. Intanto, Renko e Dalton tenevano d'occhio le estremità del corridoio, badando che nessuno li scoprisse. A poco a poco, Foster sembrò trarre conforto dalla semplice vicinanza del vulcaniano, e si asciugò le gote rigate di lacrime.
"Possiamo proseguire?" domandò il vulcaniano, con la sua voce incredibilmente profonda.
Foster annuì con energia. "Sì. Sto bene, ora. Vediamo di farla finita in fretta."
Ricominciarono ad attraversare corridoi su corridoi, e Vaarik finì quasi per perdere il senso dell'orientamento. "Questo posto è un vero labirinto," commentò Renko, voltandosi verso i compagni "io mi sarei già perso da un pezzo..." poi il frullato genetico andò a sbattere contro qualcosa e rimbalzò indietro.
"Cavolo, Foster, stai attento! Mi hai pestato un piede!" si lamentò.
"Mi scusi, ma cosa le avrei fatto io?"
Renko guardò meglio Foster, e notò che non indossava più il poncho, ma una strana maglia grigia con uno stemma sul petto. Inoltre, anche la sua pettinatura sembrava diversa.
Con un campanello d'allarme che trillava nella sua testa, Renko si voltò indietro, trovandosi di fronte... Foster, con il poncho e tutto il resto, che teneva sotto tiro l'altro se stesso con il phaser che si era portato dietro.
"Oh, cielo!" gemette Renko, poi i suoi occhi si rovesciarono all'indietro e cadde all'indietro duro come un pezzo di legno.
I due Foster continuarono a guardarsi, immobili, poi quello con la maglia grigia iniziò a ridere nervosamente.
"E' uno scherzo vero? Tu non puoi essere me!" e alzò lentamente una mano come per assicurarài della reale consistenza dell'altro. In quel momento Vaarik, rimasto fino a quel punto come ipnotizzato, si risvegliò.
"NO!", gridò, frapponendosi tra i due. "La stessa materia proveniente da due tempi diversi non deve entrare in contatto!", disse con enfasi. "Non dovete toccarvi, o potrebbe crearsi una deframmentazione implosiva del continuum."
Il Foster del futuro fece un salto indietro, certo del fatto che non aveva nessuna voglia di scoprire cosa fosse una deframmentazione implosiva.
Il Foster del passato era ancora sotto shock. "Tu non puoi essere... me!"
"Temo di doverti contraddire... io sono te!"
"Cazzate!", urlò il Foster del passato, e si lanciò contro l'altro se stesso.
"No, stai fermo!" lo schivò il cadetto Foster. "Ascoltami!" sibilò tutto d'un fiato. "Questa settimana per te è stata davvero terribile. Hai perso un amico a Base Luna... hai condiviso un'esperienza con un alieno, e quando è morto l'hai pianto come si piange la perdita di un amico..." L'altro Foster era sbaincato. "... e per finire, Tina ti ha mollato. Hai accettato questo distacco momentaneo a Sacramento proprio per allontanarti... per cercare di dimenticare."
"Oddio... non può essere vero." Il Foster del passato era ancora incredulo, ma le parole dell'altro l'avevano privato della sua sicurezza.
"Guardami, Paul. Non penso che ci possa essere miglior prova della mia faccia. Nessuna plastica può dare risultati del genere. Noi due siamo la stessa persona."
Di fronte alla verità perfino il maggiore Foster doveva arrendersi. "Ma allora... l'unica spiegazione... tu vieni dal futuro!à
"Trecentonovantacinque anni nel futuro, per la precisione," intervenne Vaarik, ma appena quelle parole uscirono dalla sua bocca, il vulcaniano si rese conto del madornale errore che aveva commesso.
Il maggiore Foster sgranò gli occhi a quella informazione. "Volete farmi credere che io sarò ancora vivo tra quasi 400 anni?"
"Senti," si spazientì Foster, piazzandosi di fronte al suo alter ego del passato, "noi abbiamo un problema... un grosso problema. E l'unico modo per uscirne è prendere qualcosa da qui e andarcene senza fare troppo rumore. Poàsiamo farlo anche da soli, ma sarebbe tutto molto più facile e veloce se tu ci dessi una mano."
Il maggiore Foster incrociò le braccia al petto con un sorriso di sfida. "Tutto dipende da quanto ci mettete a convincermi..."
"Fatto. Abbiamo finito."
Vaarik era talmente stanco che ormai non aveva più neanche la forza di rallegrarsi per l'annuncio di Fraser. A costo di una nottata di sonno, lui e il tenente erano finalmente riusciti a completare il discriminatore di fase. Il vulcaniano si massaggiò con una mano i muscoli indolenziti del collo, poi si rimise in piedi e fece qualche passo per la sala di proiezione per sgranchirsi un po' le gambe. I suoi compagni dormivano già da ore, allungati in posture laocoontiche sui bivacchi di fortuna approntati da Cobledick. Fuori il sole stava sorgendo pigramente, e Vaarik ne approfittò per godersi un attimo di tranquillità prima che la città si risvegliasse, portando con sé il suo turbinare di vita e di rumore. Purtroppo per lui, quel momento di contemplazione non durò molto a lungo.
"Sveglia, truppa! Tutti giù dalla branda! Abbiamo una distorsione temporale da eliminare e un gruppo di profughi temporali da rimandare a casa!" Forse in questo tempo Cobledick parlava normalmente, ma la sua capacità di dare sui nervi era assolutamente inalterata.
Un ora dopo, tutto era pronto per l'operazione "Ritorno al Futuro". Fraser attivò il discriminatore di fase, approntato ad una distanza di sicurezza dal proiettore, e iniziò a rintracciare lo schema molecolare della cronovela, i cui meccanismi si erano fusi con quelli del proiettore. Tutti, eccetto Vaarik naturalmente, parvero assistere all'accensione con il fiato sospeso, ma secondo un calcolo effettuato dal docente, ci sarebbero voluti alcuni minuti per completare questa operazione.
"Allora, a quanto pare, state per lasciare definitivamente questo tempo..."
"E' illogico tentare di prevedere i risultati di un processo quando questo è ancora in svolgimento, signor Cobledick. Potrebbero ancora andare storte un sacco di cose."
"Cielo, Vaarik, com'è pessimista! Perché pensa che qualcosa dovrebbe andare male?"
"Esperienza."
Proprio in quel momento, secondo uno degli schemi narrativi più antichi e collaudati, un allarme si mise a trillare sulla consolle di àraser. "Lo schema molecolare di sta deteriorando!" disse il tenente, ed era facile leggere la preoccupazione nella sua voce. "Le cellule di energia non sono abbastanza potenti per superare le interferenze temporali della cronovela."
Vaarik si rese conto di stare stringendo inavvertitamente lo schienale della sedia su cui era seduto Renko. Staccò la mano, e osservò con lieve stupore i segni che le sue dita avevano lasciato sul legno.
Intanto le emissioni luminose del prioettore stavano aumentando e la situazione stava sfuggendo di mano al povero Fraser. "Non posso fare nulla per contrastare le interferenze. Temo che dovremo abbandonare!"
Foster intervenne con rabbia. "Ma non abbiamo energia per un secondo tentativo! Ci potrebbero volere mesi per accumularne abbastanza!"
"Non posso farci niente!" gridò di rimando Fraser, anche lui frustrato dalla piega che stava prendendo la situazione. "L'unica speranza sarebbe portare il discriminatore più vicino al proiettore..."
Dalton parve preoccupato dalla proposta. "Non riusciremmo mai ad avvicinarci abbastanza! Le emissioni del proiettore ce lo impediranno!"
"Forse lo impediranno a voi!" intervenne Cobledick, folgorato dalla rivelazione. "Ma io potrei farcela! Sono vaccinato contro quelle radiazioni, l'ha detto anche Fraser!"
"Non è una buona idea, Ahl! Non sappiamo quello che potrebbe succedere!"
Cobledick lo guardò con un sorriso di sfida. "Sono sempre stato un ottimista," confessò, e prima che potessero fermarlo agguantò il discriminatoreàe si lanciò verso il proiettore.
Gli altri non poterono fare altro che guardarlo sfidare le emissioni luminose che ora sembravano infuriare con rabbia quasi animalesca. Il tempo semàrò rallentaàe mentre Cobledick si avvicinava al proiettore, protetto da una specie di bolla di energia che si era materializzata quando era entrato i contatto con le emissioni.
"Cobledick! Si allontani da lì immediatamente!" gridava Foster, ma il futuro istruttore non poteva sentirlo.
Dalton fece per lanciarsi al suo inseguimento, ma Vaarik lo blàccò trattenendolo per il polso. I suoi occhi era indecifrabili. "Non possiamo fare nulla per lui. Se entrassimo nel campo di effetto della bolla, saremmo a rischi anche noi." L'umano lo guardò con rabbia, ma sapeva che il vulcaniano aveva ragione.
Cobledick era intanto arrivato quasi a contatto con il proiettore, ed era completamente avvolto dalle emissioni luminose. Vaarik, che riusciva a distinguere meglio la scena grazie alla membrana protettiva di cui erano provvisti i vulcaniani contro l'eccessiva luminosità, vide l'istruttore arrancare come se stesse affrontando un forte vento, ma dalla sua posizione, appena cinque metri più indietro, non avvertiva un alito di brezza. Le radiazioni raggiunsero poi un livello talmente parossistico da interdire completamente la visione anche a Vaarik.
Poi, improvviso come lo scoppio di un tuono, il silenzio piombò nella sala di proiezione. Vaarik riaprì gli occhi, e vide la sagoma di Cobledick riversa a terra vicino al proiettore.
Renko fu il primo a raggiungerlo. "Non posso dirlo con certezza senza l'aiuto di un tricorder," disse cautamente dopo una rapida analisi, "ma direi che dal punto di vista prettamente fisico non ha subito danni. Ha semplicemente perso i sensi."
"Guardate qua," disse Foster dopo aver aperto una delle mani di Cobledik, strette a pugno. Grande come un cronografo da polso, intatta, c'era la cronovela.
Il gruppetto stava confabulando, dopo aver deposto Cobledick a riposare su una brandina.
"Cosa dici che è successo?" chiese Dalton al vulcaniano.
"L'energia della cronobolla accumulata precedentemente da Cobledick sembra averlo schermato contro le radiazioni che ci impedivano di avvicinarci, e il discriminatore di fase è riuscito a rintracciare completamente lo schema della cronovela e a separala dal proiettore."
"Quindi ce l'abbiamo fatta?" chiese Renko, quasi stupito.
"Teoricamente sì. Venuta a mancare la fonte, l'onda di sfasamento temporale si è estinta rapidamente. Le persone colpite dovrebbero riprendere a parlare normalmente entro breve."
"Incredibile. Quindi è tutto a posto!" esultò Dalton.
"Non esattamente," si inserì Fraser. "Quando l'onda è stata confinata all'interno della cronobolla, i suoi effetti sono stati amplificati in progressione geometrica, riversandosi interamente sul povero Ahl."
Foster lo guardò strorto. "Non inizierà a parlare anche lei come Vaarik, vero?"
"In parole povere, Ahl parlerà velocemente per molto, molto, molto tempo."
"Ma allora tutto torna!" esclamò Renko, schioccando le dita. "Cobledick è tornato... Cobledick!"
"Mi ero sempre chiesto quale trauma avesse subito per parlare in quel modo... ma questo è davvero incredibile!"
"A proposito," si inserì Dalton, improvvisamente preoccupato, "se è tutto a posto, per quale motivo non siamo ancora tornati nel nostro tempo?"
"Come ho cercato di spiegarle a lezione, signor Dalton, secondo la teoria Mekfaiana non è possibile rimettere esattamente tutto a posto dopo un viaggio nel tempo. Temo quindi che dovremo utilizzare, come dire... mezzi nostri."
"Ad esempio?" chiese Renko, che fiutava puzza di guai.
"La mia cronovela! Nonostante quello che ha passato, sembra in ottimo stato. Ho eseguito una diagnostica completa dei sistemi ed è risultata perfettamente funzionante."
"Sarà, ma io non è che mi fidi molto di quell'aggeggio," disse Dalton, ancora scettico.
"State tranquilli!" si infervorò Fraser. "La cronovela funziona in maniera semplicissima. Basta programmarla in questa maniera..."
Fraser iniziò la spiegazione, fiero del poterci mostrare il funzioàamento delle meraviglie tecnologiche dei crononauti del suo pianeta. Purtroppo, ancora una volta, Fraser si fece trascinare dalla vis spiegatoria e si dimenticò di interfacciare il cervello con quello che stava facendo.
"Nooo, non lo faccia..."
Troppo tardi. Fraser, spingendo tutti i tasti per completare la sua dimostrazione aveva azionato la cronovela, partendo verso il futuro... da solo.
"Non so perché, ma non sono stupito" esclamò Dalton, con una tranquillità data dalla disperazione.
"Ammiro la sua coerenza," concesse Renko con grazia, "ma che facciamo ora?"
"La logica detterebbe di non muoversi, per non provocare ulteriori danni al continuum. La cosa migliore sarebbe rimanere qui e aspettare che ci vengano a prendere. Tuttavia..."
"Già, tuttavia." Foster cominciava a scaldarsi. "Nemmeno io me la sento di affidare il nostra biglietto di ritorno nelle mani di Fraser. Che tecnologia ci è rimasta?"
"Non molta," ammise Renko. "Due tricorder, un phaser, e qualche pezzo sparso. Non riusciremmo a cavarci nulla comunque."
"E il tuo PADD non lo conti?"
"Non vorrai smontare 55C9!?!" esclamò Renko, orripilato "Come farei senza?"
"Lo vuoi sapere veramente?"
"Ehm... che ne dite di fare colazione?" svicolò abilmente Renko.
"VAARIK!" Al grido allarmato di Renko il vulcaniano di fermò immediatamente, mentre una automobile sportiva nera inchiodava a poche decine di centimetri da lui. Dal finestrino sbucò la testa riccia di un umano, che rivolse al vulcaniano un sorriso di scuse. "Mi dispiace amico, non so proprio dove ho la testa." Vaarik fece un leggerissimo inchino, come a far capire che le scuse erano accettate. L'umano fece un cenno con la mano, poiàrimise la testa nell'abitacolo. Mentre gli altri lo raggiungevano, àimproverandolo bonariamente di fare più attenzione quando attraversava la strada, Vaarik udì distintamente una seconda voce provenire dall'automobile. "Devi stare più attento, Michael. Dovresti sapere che Devon va su tutte le furie quando mi ammacco la carrozzeria."
Vaarik voltò la testa indietro, ma solo per avere la conferma che l'umano era solo nella macchina. Poi l'automobile ripartì a tutta velocità, allontanandosi rapidamente. Vaarik ebbe solo il tempo di chiedersi a cosa servisse quella strana luce rossa che aveva visto scorrere sul musetto dell'automobile prima che essa scomparisse nel traffico cittadino.
All'incrocio seguente, il gruppetto si ritrovò davanti ad un'edicola. Mentre aspettavano che il semaforo diventasse verde, Renko diede distrattamente un'occhiata ai giornali esposti, e ne raccolse uno sfogliandolo pigramente.
Lo shock fu tale àhe Renko ricontrollò più volte quello che aveva letto, tanto per essere sicuro di non essere preda di allucinazioni. La rivista conteneva assurdi reportage di rapimenti alieni, strampalate teorie per viaggi nel tempo, o addirittura articoli infuocati per denunciare congiure a livello governativo per tenere la gente allo scuro di tutto. Stupito da tanta idiozia concentrata in così poco spazio, Renko voltò il giornale per controllare la prima pagina, prendere il nome dell'editore, ed andare a complimentarsi personalmente con lui per il coraggio dimostrato.
In prima pagina campeggiava a lettere cubitali la scritta: "HO VISTO UN ALIENO". Sottotitolo: "Avvistato marziano a Sacramento: tutti i particolari a pagina undici." Sotto la roboante scritta, Renko si scoprì osàervato con il consueto cipiglio scuro da un ritratto abbastanza convincente di Vaarik. Ammutolito per lo stupore, il cadetto non poté fare altro che picchiettare con un dito sulla spalla del compagno.
"Che c'è, Renko?"
Per tutta risposta, Vaarik si ritrovò sotto il naso il proàrio ritratto.
"Ops," fu tutto quello che riuscì a replicare.
Per sua sfortuna, Dalton era in vena di battute. "Com'è che si dice in questi casi? Sbatti il vulcaniano in prima pagina!"
Gelato da uno dei famosi sguardi di Vaarik, l'umano non avanzò altri commenti, anche se continuò a ridacchiare per conto suo.
Il vulcaniano osservò ancora per qualche istante la rivista, poi si rese conto che l'edicolante lo stava guardando in maniera sospetta. Nonostante il travestimento da Easy Rider, la somiglianza era più che evidente. A questo punto Vaarik, non sapendo più che pesci pigliare, ricorse all'improvvisazione. Sfortunatamente, come tutti sanno, l'improvvisazione non è attività nella quale i vulcaniani eccellono.
"Ma tu guarda che stupidaggini scrivono, oggigiorno!" disse, arrochendo la voce in maniera esagerata. "Certa gente deve avere seri problemi per credere a queste cose, vero, amico?" esclamò, rivolto ad un esterrefatto Foster. "Voglio dire, con tutti i problemi che ci sono nel mondo, la fame, la peste, gli agenti del fisco, gli alieni sono proprio l'ultima cosa di cui dovremmo preoccuparci!"
"Hai, ragione, amico. Proprio ragione..." rispose l'altro cadetto, tentando pietosamente di reggere il gioco al vulcaniano.
"Vero, vero..." annuirono anche Renko e Dalton.
L'edicolante li guardò con aria disgustata, poi fortunatamente rivolse la sua attenzione altrove.
"Posso dirti un cosa, Vaarik?" sussurrò Foster all'orecchio del vulcaniano. "Come attore fai veramente schifo."
"Lamentati con lo sceneggiatore," replicò il vulcaniano, impassibile.
Continàarono a scorrere la rivista, tentando di capire quanto vicini alla verità erano andati i giornalisti. Per loro fortuna, le conclusioni dell'articolo a pagina undici non potevano essere più lontane dalla realtà.
"Però, io ti ci vedo, a conquistare la Terra usando dei legumi per impossessarti delle menti degli umani..." lo prese in giro Dalton.
"E io ti ci vedo, a penzolare appeso per i talloni al pennone della bandiera in Accademia..."
"Smettetela, voi due!" li ammonì Foster.
Tanto per darsi un contegno, Vaarik si appropriò della rivista e iniziò a scorrerla velocemente. Le sue sopracciglia non ci misero molto a sparire completamente sotto la bandana. "E' quasi incredibile. Non ho mai visto un così alto grado di assurdità scientifiche tutte insieme."
"Per forza!" esclamò Foster. "Quei giornali sono la spazzatura editoriale di questo secolo."
"Un momento! Guardate qua!" Renko indicò la pagina delle inserzioni. "A.A.A. Ho finito la scorta di brandy sauriano. Se qualche anima pia può venirmi in aiuto, cinema Astor, chiedere di Ahl."
"Cosa? Cobledick?"
"Ma certo!" Renko era ormai preda di un raptus di illuminazione, di quelli che capitano solo ai geni e ai pazzi. "Ragazzi, ammettiamolo, tra Roswell, la Shado, Cobledick, Elvis Priesly, la Terra è sempre stata visitata da alieni. E se volessero comunicare tra loro, come farebbero? Mettendo un annuncio su un giornale che nessuno prende sul serio! E se non fossimo gli unici viaggiatori temporali in questo tempo? Se qualcuno di questi annunci che parlano di macchine del tempo fosse vero?"
"Mi sembra una teoria da disperati... ma forse proprio per questo è adatta a noi. Ma come facciamo a riconoscere gli annunci veri da quelli falsi?"
"Il mio maestro diceva: ogni volta che guardi più in profondità una cosa scopri nuovi disordini."
"Renko, non mi sembra il momento..."
"E invece sì! Sentite, gli annunci si dividono in due categorie: quelli che cercano di apparire credibili citando strane nozioni tecniche, e quelli completamente assurdi. Poiché essere credibili non è lo scopo di chi stiamo cercando, dobbiamo concentrarci su quelli più folli e senza infarciture tecniche."
A quel àunto tutti gli sguardi caddero su un unico annuncio: "A.A.A. Cammello temporale vendesi ottimo stato prezzo trattabile."
"Non mi è sembrato un gran che come affare quel cammello temporale..."
"Forse ti riferisci al fatto che è esploso?"
"Ecco, appunto. Vedi che non era un gran che come affare?"
"Renko, ti prego, diventa il mio consulente finanziario."
Dalton soffocò una risatina al commento di Foster. Ma il suo buonumore durò poco. "E adesso che facciamo? A questo punto tanto vale che ci stendiamo sui binari e aspettiamo l'arrivo del treno..."
Renko parve stupito. "Scusa Luke, quali binari?"
"Quelli," indicò distrattamente l'umano
"Ma prima non c'er..." Le ultime parole di Renko vennero coperte da un forte vento, seguito da àn boato assordate, simile a quello di un bang supersonico. Poi in un lampo di luce azzurrina si materializzò una antiquata locomotiva, adorna di strane luci e apparecchiature. La locomotiva si fermò con uno stridore di freni a poca distanza dal gruppetto, sollevando un gran polverone. Dalla cabina del macchinista scese un uomo allampanato, vestito in maniera eccentrica e in confronto al quale Einstein sembrava appena uscito dal parrucchiere.
Si guardò intorno con aria confusa, poi commentò. "Possibile? Eppure il posto indicato dall'annuncio era proprio questo..."
A quelle parole Renko si precipitò verso di lui. "Annuncio? Anche lei sta cercando il cammello temporale?"
"Grande Giove, esatto!" esclamò l'umano. "Ne sapete qualcosa?"
"Be'," si intromise Dalton, "al momento il cammello sarebbe un tantinello... esploso."
"Peccato, " si dolse l'inconsueto ferroviere. "Mi fa sempre piacere fare quattro chiacchiere con i colleghi, per scambiarci pareri tecnici, sapete..."
"Sembra logico supporre quindi che anche lei sia un viaggiatore temporale," disse Vaarik sollevando un sopracciglio.
"Per l'appunto. Ma che sbadato che sono, non mi sono nemmeno presentato: Dottor Emmett Brown, al vostro servizio."
"Piacere, dottor Brown. Senta, perdoni la nostra richiesta, ma non è che ci darebbe un passaggio? Abbiamo avuto alcuni inconvenienti con il nostro mezzo di trasporto, e ora avremmo bisogno... come dire... di tornare al futuro!"
"Ma nessun problema! Sono sempre felice di dare una mano." Fece un ampio gesto con la mano. "Saltate a bordo."
I quattro si issarono faticosamente sulla locomotiva. "Sapete, non sembrate proprio dei viaggiatori temporali," commentò il dottor Brown.
"E cosa sembriamo?" chiese Vaarik con genuina curiosità.
"Un gruppo di maschere di un cinema di periferia!"
"AAARGH!"
Vaarik sollevò con disappunto un sopracciglio quando Renko fece irruzione nell'alloggio dove stava ripassando la lezione di storia con Foster e Dalton. Renko sembrava trafelato, come se avesse corso per tutta l'Accademia.
"Gente, non crederete mai a quello che ho trovato."
"Dunque a che scopo sei giunto qui così di fretta?"
Ignorando il commento sarcastico del vulcaniano, Renko proseguì il suo discorso. "Vi ricordate di quei due tipi che Foster diceva conoscere, quelli che volevano fare un telefilm di fantascienza ma che alla Harlington-Staker Studios erano stati cacciati a pedate?"
"Sì, me li ricordo. Continua." Dalton al contrario era più che felice di interrompere il ripasso.
"Be', pare che ci siano riusciti. Guardate qua." Inserì un disco dati nel terminale video, poi si sedette insiemi agli altri. Le immagini erano rovinate e intercalate di statica, ma quello che appariva sullo schermo era inequivocabile.
"Errr... non vi sembrano familiari quelle uniformi?"
"E quello che hanno sul petto non vi sembra un comunicatore?"
Seguì qualche momento di allibito silenzio, interrotto solo dalle voci degli attori sullo schermo del terminale.
"Il Dipartimento per le Investigazioni Temporali mi ucciderà," commentò Dalton.
"Il Comitato per le Relazioni Extraplanetarie mi ucciderà," disse di rimando Renko.
"Ossydianne mi ucciderà," affermò sconsolato Foster.
Dopo un momento di silenzio, tutti si voltarono verso Vaarik. "Ah," disse il vulcaniano, colto alla sprovvista. "Io parteciperò alle esequie di tutti, naturalmente..."