INCONTRO

 

"Alloggio numero 47252"

Ripley guardò per l'ennesima volta il suo dataPadd, quello su cui aveva salvato le informazioni necessarie a sistemarsi in Accademia. Letto da lì, pareva molto facile, almeno fino a che non si giungeva alla parte in cui si doveva "prendere possesso del proprio alloggio. L'alloggio a lei assegnato è il numero 47252." Nulla di più facile. Una volta districatisi tra la selva di edifici a C, ad L e a H, naturalmente.

Ripley si aggiustò la sacca della sua roba sulla spalla e si diresse spedita verso l'ennesimo edificio a L, quello indicato da un cartello con su scritto "alloggi," ripensando mentalmente al fatto che gli altri cinque che aveva visto "alloggi" dicevano, ma l'avevano fatta finire rispettivamente nelle cucine, nella palestra, nell'auditorium, nella zona riservata agli ufficiali, e nella zona riservata alle specie non compatibili con l'atmosfera terrestre. Che erano pur sempre alloggi, ma a lei non andava di respirare cloro, acqua ossigenata o vuoto totale, avrebbe potuto anche farlo, volendo, ma non era poi così piacevole.


 

"Alloggi. Vediamo." Ripley pensò che forse trovare l'alloggio fosse una delle prove necessarie ad entrare in Academy... pensava che fosse questo il motivo per cui l'Ammiraglio De Leone aveva tutti quei sorrisini, al colloquio. Le aveva detto che sarebbe stata sistemata assieme ad un altro cadetto che aveva avuto più o meno la stesso problema, quello di essere stato "sparato" in un tempo ed in un luogo che non erano i suoi... uno che avrebbe potuto darle una mano, se mai ne avesse avuto bisogno.

Quell'umano, De Leone, aveva qualcosa che non le ispirava un granché, le ricordava un po' troppo Burke. "Lui lo sa?" aveva chiesto Ripley.

"Non si preoccupi, lo saprà."

Forse era la volta buona. "Alloggi!" Finalmente. Riuscì ad arrivare al 47252, e guardò la targhetta sulla porta.

"Paul J. Foster" c'era scritto. Bussò.

"Avanti" si sentì la voce dall'interno.

Ripley entrò con decisione, i nervi già tesi dalla spasmodica ricerca dell'alloggio. Il botto della porta sembrò sottolineare la cosa.

Dentro all'alloggio c'era già qualcuno. Davanti a lei stava un uomo alto, piuttosto... notevole, di bell'aspetto avrebbe osato dire. La sua caratteristica più evidente, però, in quel momento era l'espressione di assoluto stupore che aveva sul volto, come se lei in quel momento si fosse presentata con uno strizzafaccia annodato a mo' di cravatta.

L'uomo si passò una mano sul volto, assumendo un'espressione sconsolata. "Non mi dire, tu sei?..."

"Ripley. Nove" rispose lei, esitando sul numero, lo stesso che aveva tatuato sotto al gomito. "Non ti hanno detto del mio arrivo? L'umano De Leone aveva detto che ti avrebbe avvertito, e che tu sei l'unico a sapere, oltre a me, qui. Tu sei Foster, immagino." Lui si alzò in piedi, e tendendo la mano disse, più a se stesso che a Ripley: "Me l'ha detto, nessun problema, mi ha spiegato tutto, ma si è dimenticato un piccolo particolare..."

Ripley strinse la mano a Foster, con una forza che sorprese quest'ultimo, nonostante avesse letto la relazione di De Leone.

"Piccolo particolare?" rispose Ripley.

"Vedi, non mi ha detto che tu eri una donna."

Ripley guardò Foster di sottecchi. "Non vedo problemi. L'umano De Leone mi ha detto che sei sposato, e che quindi non rischio di subire..." esitò improvvisamente sulla frase, cercando nella sua mente i termini necessari a concluderla.

Foster anticipò l'intero concetto.

"Non credo proprio che ti salterei addosso, sai" dicendo questo cominciò a contare platealmente sulle dita "uno, mi compiaccio di essere un animale sufficientemente civilizzato, due, mi compiaccio di essere felicemente sposato, tre, mi compiaccio di essere abbastanza sano di mente per non pensare neanche per sbaglio di fare... con tutto il rispetto... sesso... con una vasca di acido muriatico. E poi" terminò sorridendo amabilmente "cerca di non usare "umano" ogni volta... eh? Esteriormente sei umana anche tu..."

Ripley commentò svagatamente la cosa. "Ah. È vero." Poi sorrise, un sorriso che lasciava neanche troppo velatamente intravedere la mandibola secondaria.

A Foster venne un brivido lungo la schiena. "Ehm... mangi sedano come Fuffi per caso?"

"Chi è Fuffi?" chiese Ripley.

"Niente, niente..." rispose lui, scrollando le spalle "Senti... ti spiego... il tuo letto è quello, questo è l'armadio, il bagno è lì, smettila di sorridere in quel modo per favore che mi inquieti, il replicatore è questo... sai come si usa?"

"Sì, me l'hanno insegnato."

Foster pensò che per rompere il ghiaccio una cosa valeva l'altra. "Offro io, che cosa desideri?"

"Un sedano, grazie."

Ci fu un momento di silenzio totale.

"Oh, Santa..." fu il commento di Foster.

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