QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA TRIBBLI

Settore 001 - Pianeta Terra
San Francisco - Astroporto "H. Sulu"

"Signori, vi ringraziamo d'aver scelto la nostra compagnia, vi auguriamo una buona permanenza sulla Terra" - annunciava l'hostess umana ai passeggeri che lasciavano la nave, sul volto aveva un sorriso che sembrava quasi sincero, con ogni probabilità frutto di un lungo e faticoso allenamento.

All'improvviso il sorriso si trasformò in una smorfia d'irritazione.

Uno dei passeggeri, un umano sulla quarantina, s'avvicinò a lei.

"Ultima possibilità, fra pochi secondi varcherò quella porta e noi potremmo non vederci mai più ... accetta il mio invito potresti non averne mai più l'occasione" - disse lui con un sorriso da smargiasso.

Lo sguardo che gli diede la donna avrebbe fatto scappare chiunque, ma il tipo non si mosse di un millimetro.

"Senta, per la miliardesima volta, non ho la minima intenzione d'uscire con lei. Per favore cerchi qualcun altro da importunare, io devo lavorare, perciò vada via che blocca la fila."

L'uomo si guardò indietro, vide una decina di persone che aspettavano che si muovesse e non pareva fossero molto felici d'attendere che facesse i suoi tentativi d'approccio. Diede un'altra occhiata alla hostess, ricevendo in cambio uno sguardo sprezzante, scrollò le spalle e se ne andò.

"Non sai cosa ti perdi" - fu l'ultima cosa che disse.

"Via o ti faccio cadere di nuovo addosso la minestra bollente" - fu la pronta risposta della donna.

A quelle parole accelerò il passo, si ricordava fin troppo bene l'incidente avvenuto prima.

"Mio caro, stai proprio perdendo colpi" - pensò a voce alta, mentre con un sorriso tra le labbra s'addentrava nei meandri dell'astroporto.

Davanti a lui si parava un incredibile varietà di persone, c'erano predicatori Bajoriani, nei loro abiti arancioni, che intonavano canti religiosi cercando di distribuire volantini propagandistici, piccole folle si erano create nei pressi di alcuni venditori ambulanti, il cibo che trattavano era per lui sconosciuto, e sinceramente non se la sentiva di sperimentare.

Il flusso di pensieri fu interrotto da un paio di tellariti che gli fecero gentilmente notare, con degli urli che gli spaccarono i timpani, che era proprio in mezzo al loro percorso.

Imbarazzato, si scusò e li lasciò passare.

"Aveva proprio ragione Magdalene, non è tanto dissimile da casa mia. Cerchiamo un centro informazioni, prima arrivo all'accademia e prima mi sottopongo a quest'assurdità del colloquio."

Cercò per qualche minuto, poi un inserviente gli indicò il terminale informativo più vicino.

"Computer, indicami il percorso più breve per l'Accademia della Flotta Stellare, e come raggiungerla con i mezzi pubblici."

<Bus pubblico n° 23, in partenza dalla fermata davanti all'astroporto "H. Sulu" fra 13 minuti e 45 secondi... buona giornata.>

"Grazie."

<Prego> rispose la macchina.

"Eh?? Oh beh, lasciamo perdere" - disse, mentre fissava il computer leggermente stupito.

Uscendo all'aria aperta, rimase bloccato dallo spettacolo che si parava davanti ai suoi occhi.

La città di San Francisco, in una soleggiata giornata, piena di gente d'ogni razza che tranquillamente conducevano le proprie esistenze.

Inspirò avidamente quell'aria, rimanendo a contemplare il paesaggio, come mesmerizzato da quello che vedeva.

"Diversa, ma simile... forse troppo però, qui è proprio come tornare a... no, non devo pensarci questa non è la mia" - disse sottovoce, con una punta di tristezza, per poi mettersi a cercare la fermata dei mezzi pubblici.


 

"Uhm... forse quel tipo blu mi può dare una mano. Cos'è poi? Un angariano? No, un andoriano, ecco."

Con passi veloci si diresse verso l'alieno, nella speranza di poter ottenere aiuto.

"Scusi, mi dispiace importunarla, ma per caso, saprebbe dove posso prendere il bus per l'Accademia della Flotta Stellare?"

Il ragazzo lo guardò per un attimo, poi sorrise. - " Sei fortunato, sono un cadetto e stavo appunto tornando lì, seguimi."

"Fai strada."

"Vai a trovare un tuo parente per caso?"

"No, a dir la verità mi devo iscrivere" - rispose leggermente imbarazzato.

L'andoriano rimase veramente stupito da quello che aveva sentito, quel tipo era leggermente fuori dall'età standard per un cadetto umano.

"Ma senti non... " - tentò di chiedere.

"Lo so, non sono certo un giovanotto, ed il perché m'iscrivo all'accademia è proprio una lunga storia" - rispose, anticipando la domanda. Inoltre non se la sentiva di raccontargli di come era arrivato in quell'universo o di come quel nanerottolo vulcaniano e la dottoressa Lorne l'avessero convinto ad andare in quello stramaledetto posto. Comunque non c'era bisogno d'essere troppo maleducato. - "A proposito, mi chiamo Luke, Luke Dalton, ma gli amici mi chiamano Lucky" - aggiunse subito dopo, porgendogli la mano.

"Felice di conoscerti Luke, io sono L'Amico Andoriano" - rispose sorridendo e strinse vigorosamente la mano offerta.

" Soprannome poco fantasioso ma..."

"No, mi chiamo proprio L'Amico Andoriano."

"Eh?" - scappò detto a Dalton, appena si rese conto di quello che aveva sentito.

"Lunga storia, proprio una lunga storia."


 

Era pomeriggio inoltrato, aveva perso buona parte della mattina a litigare con un'oscura megera dell'ufficio iscrizione, che asseriva di non aver mai ricevuto il bollettino attestante il pagamento dell'iscrizione, e questo non lo aveva di certo messo di buon umore. Scoprire poi che quell'essere vagamente imparentato con il genere femminile aveva anche ragione e che Memok si era dimenticato di compiere quell'atto di piccola burocrazia, costringendolo così a fare una fila interminabile all'ufficio postale, non contando la figuraccia con la vecchia strega, aveva poi dato il colpo finale alla stabilità dei suoi nervi ed alla sua pace interiore...

Perciò, sebbene il suo incontro con il rettore per sostenere un colloquio dovesse cominciare entro pochi minuti, stava ancora fuori dal suo ufficio cercando di rilassarsi, all'apparenza con scarso successo.

"Calma, Luke, calma, tu non vuoi fare una pessima figura, proprio il primo giorno, aspettiamo almeno la prima settimana"- disse appoggiato al muro, mentre tentava degli esercizi di regolazione del respiro e mentalmente ringraziava il cielo che non ci fosse nessuno a vederlo rendersi ridicolo così.

"Sono sopravvissuto alla Linea ed a quella matta di Ivanova, cosa vuoi che sia un rettore di una scuola... andiamo va, cosa mai ti può capitare? Al massimo rifiuta la tua iscrizione e tu finisci a fare l'autista per il servizio di nettezza urbana in qualche sperduta colonia" - e con quell'ameno pensiero, decise che era tempo d'affrontare il drago nel suo antro.

Entrando nell'anticamera vide che accanto alla porta dell'ufficio di D'Elena c'era una scrivania con annesso segretario. Una segretario arcigno e vulcaniano, per essere precisi.

'Ma chi è, il fratello con le orecchie a punta dell'altra? Questi li fanno proprio con lo stampino' - pensò mentre tratteneva un respiro.

"Si??" - disse squadrandolo da capo a piedi, con la stessa espressione e luce negli occhi di un pitbull che studia la sua preda.

"Mi chiamo Dalton, Luke Dalton. Dovrei avere un appuntamento per un colloquio."

L'uomo controllò per un secondo sul computer e poi annunciò il suo arrivo, tramite interfono, al suo capo.

"Lo faccia entrare."

"Entri" - disse il vulcaniano, con un tono talmente freddo che una patina di brina si formò sullo schermo del computer.

"Troppo buono, mio buon signore" - disse sfoggiando uno dei suoi famosi sorrisi, ottenendo come risposta dal segretario, solo un sopracciglio inarcato.

Cominciamo bene.


 

Entrando nella stanza, Luke fu colpito dalla sua austerità, pochi mobili, niente oggetti strettamente personali, le uniche cose degne di nota erano le pareti a finestra che illuminavano quell'ufficio alla perfezione e l'enorme simbolo della federazione dipinto sul pavimento.

Per un attimo Dalton fu spiazzato da questa mancanza di un tocco di personalità, ma poi la poltrona girevole, dietro la scrivania davanti a lui, fece un giro di 180° gradi rivelando il suo occupante.

Un andoriano avanti con gli anni, che stava leggendo un DiPAD con aria assorta. Poi con apparente noncuranza mise via il documento che aveva in mano e fissò Luke, facendogli segno di venire avanti.

In quel momento Dalton osservò bene l'alieno blu davanti a lui. Sebbene fosse minuto e con il peso di molti anni sulle spalle, poteva avvertire l'aria di autorità e comando che quell'uomo emanava.

Il tizio dietro la scrivania era uno di quelli abituati ad essere obbediti, non in forza del grado, della paura o della gerarchia, ma solo in forza del loro carisma, di questo Luke ne era sicuro, aveva già incontrato persone simili in vent'anni di vita nelle forze armate e ancora non aveva capito se questo era un segno buono o cattivo.

Con passo deciso avanzò verso il rettore, istintivamente fece il saluto militare e si sedette fissando D'Elena dritto negli occhi, il tutto senza dire una singola parola.

"Allora, signor Dalton, il consigliere Memok scrive cose molto buone di lei nel suo rapporto."

"I casi sono due signore, o il consigliere è malato o lei sta leggendo il rapporto sbagliato" - rispose abbozzando un sorriso.

L'andoriano dal canto suo non fece una piega.

"Dice anche che lei ha una predisposizione per mettersi nei guai, specialmente se c'è coinvolta una bella ragazza. Inoltre, all'inizio non sembrava entusiasta di venire qui."

"Si, è il rapporto giusto."

"Sta cercando di farmi irritare, signor Dalton?"

"Non mi permetterei mai, signore, litigare con il proprio rettore il primo giorno e senza un buon motivo è una cosa assolutamente stupida. E se mi permette, mi è stato insegnato che raramente gli stupidi raggiungono l'età pensionabile. Almeno da dove vengo io" - aggiunse, enfatizzando quelle parole e non abbassando mai lo sguardo.

"Le assicuro che, per certe cose, troverà molte similitudine con il suo universo."

"Lo supponevo."

Per un attimo il volto del preside si contorse in qualcosa di simile ad un sorriso, ma solo per un attimo.

"Mi dica, perché all'inizio era così titubante ad iscriversi all'accademia?" - domandò con tranquillità D'Elena.

"Posso parlare liberamente, signore?" - domandò rispettosamente, ottenendo un cenno affermativo.

"Come noterà, non sono più di primo pelo, inoltre dov'ero prima ero un ufficiale abbastanza famoso, anche se altri avrebbero detto famigerato. In parole povere, tornare sui banchi di scuola a competere con dei pi... giovincelli, affrontare la fatica ed i sacrifici che una carriera esigono... di nuovo, diciamo che mi ha provocato una notevole... irritazione."

"Ma poi qualcuno o qualcosa le ha fatto cambiare idea."

"Si signore, un'amica mi ha... convinto che avevo bisogno di una sfida, di un nuovo scopo nella mia vita, altrimenti presto o tardi avrei cominciato a vegetare. Viaggiare e lavorare nello spazio è sempre stato il mio sogno. Entrare nella Flotta Stellare, semplicemente, mi permetterà di ritornare nel mondo dei sogni."

Per un attimo la conversazione si fermò, mentre il rettore riprese a fissare il DiPAD.

"Allora, lei viene qui, solo per trovare un occupazione? Avrebbe potuto tentare nel ramo civile, sarebbe stato più facile" - disse improvvisamente.

Luke per un secondo rimase spiazzato da quella domanda, ma subito si riprese e continuando a fissarlo negli occhi, rispose.

"Probabilmente, ma ho sempre avuto il desiderio, o meglio la necessità, d'essere in grado di fare la differenza, d'essere al centro dell'azione... inoltre la prima cosa che mi ho imparato nei militari è che avere la possibilità di chiedere dei rinforzi ben armati, e altri piccoli vantaggi che dà un organizzazione più grande, rende la vita più lunga."

"Capisco, perciò vede la Flotta Stellare come una forza armata, proprio com'era la sua... Earthforce, se non mi sbaglio."

'Il tipo ha fatto bene i compiti, Memok deve aver fatto un rapporto molto particolareggiato. Misura bene le parole, Luke, altrimenti sei defenestrato' - pensava l'aspirante cadetto, mentre sfoggiava la sua proverbiale faccia da poker.

"No, signore, so benissimo che la vostra Flotta non è un organismo totalmente militare, ma si dedica anche, o meglio contemporaneamente, alla ricerca scientifica ed all'esplorazione. Non posso dirle quale dei due approcci sia il migliore, ho lavorato due decenni con un sistema e ho visto il vostro solo da pochi mesi, perciò capirà se considero il mio migliore."

"Lo capisco, certamente... ma può spiegare anche il perché?"

"Cercherò, signore."

"Allora, la Federazione Unita dei Pianeti è la principale potenza economica, tecnologia e politica del quadrante alpha, ma è circondata da potenze ostili come i Cardassiani ed i Romulani, senza contare i Tzenketi, i Miradorn e le altre potenze minori. Fino a questo momento il vantaggio numerico e tecnologico, anche con l'apporto dell'alleanza con i Klingon, è stato vostro, un vantaggio tale che vi ha permesso di poter fare più o meno il bello ed il cattivo tempo. Nessuno con qualche briciolo d'intelligenza affronterebbe in una guerra aperta la Federazione."

"Se mi permette, signor Dalton, anche qui abbiamo avuto la nostra buona razione di carneficine."

"Certo signore, mi scuso, non volevo offenderla, semplicemente volevo chiarire come dalla sua fondazione la U.F.P, non abbia mai dovuto lottare per la propria sopravvivenza. Certo, ci sono state alcune guerre di confine, ma è sempre stato chiaro fin dall'inizio la limitatezza del conflitto. Questo per arrivare al punto, ossia che voi non avete la mentalità giusta per affrontare una guerra totale, con un nemico pari o superiore a voi."

"Crede?"

"Si, signore, basta vedere le vostre regole d'ingaggio. Nel mio universo ho imparato che se non sei pronto a difendere quello che hai, stai sicuro che qualcun altro sarà tentato di prenderlo... probabilmente con le cattive, e che pace e democrazia sono da molti considerati cose da deboli, praticate da coloro pronti per essere conquistati."

"Bel discorso, signor Dalton, bel discorso" - rispose l'anziano ammiraglio, facendo una smorfia simile ad un sorriso, che lui non riuscì a capire se di scherno o di soddisfazione. "Mi creda, ognuno qui sa quanto precarie siano i risultati che abbiamo raggiunto, e quanto molti scambino per debolezza la nostra più grande forza. Il fatto di non concentrarci esclusivamente su un solo aspetto, cioè quello civile o quello militare, ha sempre dato alla Flotta un vantaggio in più rispetto ai nostri avversari, ci ha sempre fornito un punto di vista alternativo alla risoluzione di un problema, che alla lunga si è rivelato provvidenziale. Spero che più tempo passerà con noi, più comprenderà questa visione... o magari sarà lei a portarne una nuova. E' questo che sta alla base della Federazione, ognuno porta il proprio bagaglio culturale, le proprie idee, la propria filosofia, in modo che tutti gli altri possano condividerla."

"Sono qui per questo, signore."

"Se lo ricordi, Dalton, e lasci in pace l'altra metà del cielo, o almeno si limiti" - disse l'andoriano, riprendendo a leggere il rapporto.

Luke arrossì leggermente, mentre mentalmente malediceva Memok e si riprometteva, appena lo vedeva, d'ucciderlo talmente lentamente che sarebbe morto di noia.

Il momento di stupore dell'umano era proprio quello che D'Elena stava aspettando. In modo del tutto casuale e senza distogliere gli occhi dal DiPAD, gli fece un ultima domanda.

"Allora, futuro cadetto, fino ad ora mi ha parlato del suo grande desiderio d'entrare nella Flotta Stellare, ma lei che sacrifici intende fare per compensare il tempo e le risorse atte ad addestrarla, oltre a quelli richiesti da una normale carriera?" - dicendo quest'ultime parole, l'ammiraglio aveva posato il documento e l'aveva fissato dritto negli occhi.

Per un momento Luke rimase sorpreso, indeciso su cosa dire, ma alla fine optò per essere totalmente franco con il suo inquisitore blu.

"Sacrifici, signore? Io non farò nessun sacrificio."

"Dice?"

"Fare un sacrificio, presuppone avere qualcosa da sacrificare. Ed io non ho niente, ricomincio da zero. Amici, famiglia e conoscenti sono in un altro universo. Perciò tragga lei le conclusioni. Inoltre questo genere di scelte le ho già fatte a mio tempo."

"Capisco, cadetto Dalton. Bene, con questo posso considerare concluso il colloquio e darle il benvenuto in quest'augusto luogo di sapere, è tutto. Non faccia tardi le lezioni per i cadetti del secondo anno, iniziano presto domani" - e con quelle parole concluse il colloquio, voltando la sedia girevole verso la finestra e prendendo un altro DiPAD.

"Sì signore... ehi, scusi signore, ma perché ha detto secondo anno? Credevo d'iniziare al primo, come tutti gli altri."

D'Elena non si voltò. Così Luke non poté vedere l'espressione divertita che per un attimo era apparsa sul suo volto.

"Cadetto, qualcuno sulla Nemesis mi ha consigliato di non sprecare tempo ad insegnare gli stessi trucchi ad un vecchio cane, dato le sue precedenti esperienze ed i mesi passati a familiarizzarsi con la nostra tecnologia. E visto che perdere tempo non mi è mai piaciuto, seguirò quel suggerimento, permettendole di saltare il primo anno. Ora se mi vuole scusare..."

"Sì signore, certo signore" - e con quelle parole Dalton uscì da quell'ufficio ringraziando la sua buona stella e molto a malavoglia anche il consigliere Memok.


 

Erano appena calate le prime ombre della sera ed una figura solitaria vagava in un piccolo ed oscuro viottolo.

"Ecco fatto, Luke, vecchio mio, adesso sei ufficialmente un cadetto dell'accademia della Flotta Stellare. Gioia e tripudio, venite, gente, venite, bisogna festeggiare" - disse a voce alta, rivolgendosi a se stesso e ringraziando il cielo che la strada era deserta.

"Ecco, ci mancava solo che cominciassi a parlare da solo. Devo proprio stare male. Nemmeno al cinema c'era qualcosa di decente, solo idiozie commerciali come 'Quella Sporca Accozzaglia', niente sul dissidio introspettivo generazionale."

Poi, come se qualcosa l'avesse chiamato, si voltò all'improvviso e vide l'insegna di un locale.

"Strano, giurerei che prima non c'era, sto proprio invecchiando. 'La Salamandra Lucente nel Sole del Mattino che Varca i Cancelli del Regno del Coleottero Danzante', che razza di nome assurdo, vorrei proprio sapere chi è l'idiota che l'ha chiamato così. Oh be', visto che non ho nulla di meglio da fare, magari trovo compagnia" - e con quelle parole entrò.

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