C'è nebbia nella tempesta, ma non è un problema, è sufficiente spostarsi dal getto dell'innaffiatore di Boothby, pulirsi gli occhiali appannati ed ecco di nuovo Sol, che splende nella sua solita maniera irritante sul cortile dall'Accademia e su di un'altra giornata di studio e lavoro.
Qualche minuto dopo sono in aula. Oggi lezione di Geometria Multidimensionale, relatore: Stark.
Sto fissando l'insegnante che ci fa lezione da dietro una tecnologica cattedra, e sono indeciso se chiamare o no l'infermeria. Stark sta parlando di cose astruse, deve avere la sindrome tamariana, non si capisce niente di quello che sta dicendo.
Insiemi, vettori, derivate parziali, w x y z alla seconda... e via così, non gli bastano quattro alfabeti per scrivere le sue formule, andiamo bene... usasse almeno le delta e le gamma almeno mi sentirei un po' più a casa.
Mi guardo attorno per vedere la reazione degli altri cadetti e noto che neanche loro sembrano afferrare del tutto la lezione di oggi, soltanto Vaarik mostra un barlume di interesse. Lui e qualche altro vulcaniano sparso ad indirizzo scientifico.
Vaarik è il vulcaniano con la cicatrice sull'occhio che ho incrociato sull'aerobus mentre venivo in Accademia per la prima volta, ed è lo stesso con cui ho disastrosamente tentato di intavolare una discussione più tardi, lo stesso giorno, al locale di Chun.
Da allora la nostra conoscenza non è mai andata oltre ad un breve scambio di battute per volta. Come se il vulcaniano avesse a disposizione soltanto un numero di parole limitato da poter proferire ogni giorno.
Be', almeno quando passo io in corridoio non mi scansa né mi ignora come l'ho visto fare in altre occasioni nei confronti di altri individui. A volte, addirittura, è lui a rivolgermi la parola per primo. Mi sembra un miglioramento notevole, considerato come è andata la nostra prima chiacchierata.
In un'altra parte dell'aula noto un umano dalla pettinatura un po' all'antica che parla con un caitiano dal pelo dorato. Il ragazzo non è più tanto ragazzo, anzi, sembra proprio già un uomo fatto. Verrò poi a scoprire che si tratta di un terrestre del XX secolo catapultato avanti nel tempo a causa di una frattura spazio temporale. A quel tempo non lo conoscevo ancora ma in seguito avremo modo di stringere amicizia, si chiama Paul J. Foster.
Mi sembra che ora stia parlando di enciclopedie... oppure di botte e di sonno o un qualche altro argomento filosofico sul genere.
Direttamente dietro di me, invece, un acamariano ed un andoriano bisbigliano riguardo qualcosa che hanno visto nella Sala dei Ritratti.
La sala dei ritratti, la conosco, l'ho visitata anch'io.
Mentre l'imperturbabile Comandante Stark continua nella sua lezione di Geometria Multidimensionale senza farsi scoraggiare dalle espressioni facciali dei cadetti, non posso fare a meno di non pensare al ritratto del Guardiamarina Sito Jaxa (Shannon Fill, al naturale, dopo aver fatto la doccia e tentato di asciugarsi appendendosi per il naso, con un ciapetto, ad una corda da bucato). Non conoscevo il suo nome ma l'espressione che aveva mi ha spinto a chiedere informazioni al mio utilissimo DiPad serie 55C9. La sua forza era davvero notevole, malgrado il pasticcio combinato in Accademia, (dove un altro cadetto aveva perso la vita) era riuscita comunque a diplomarsi e ad ottenere un incarico niente meno che sull'Ammiraglia. Un punto a favore della Flotta non l'essersi cristallizzata sul passato di Sito, devo prendere appunti. Peccato per come sia finita la sua prima e ultima missione, è difficile credere che sia veramente morta, la classificazione "dispersa" ha dato adito a svariate e romantiche ipotesi.
Certo che mettere il suo ritratto vicino a quel Sirna Kolrami (Roy Broksmith, al naturale, dopo aver fatto la doccia e tentato di asciugarsi nel forno a microonde)... nemmeno il mio pianeta di patchwork genetici ha mai sfornato una tanto perfetta imitazione di muppet.
In un altro ritratto era raffigurato il celeberrimo Leonard H. McCoy (DeForest Kelley, truccato e abbandonato dalla moglie perché le rubava sempre l'ombretto). Digitando richieste di dati su 55C9 scoprii che Leonardo era un famoso pittore del Rinascimento. Proprio quando pensavo che un'informazione più inutile non avrei potuto ottenerla (dov'è Rinascimento? Non riesco a trovarlo sulla mappa planetaria.) i dati continuarono a scorrere, correlando il medico con un certo Tenente Comandante Giotto (Barry Russo, al naturale, perché tanto, quando va in giro, nessuno lo riconosce comunque), anche lui, a quanto pareva, portava il nome di un famoso pittore, ma questa volta il DiPADD non diceva da dove veniva.
Forse un altro pianeta inesistente.
Ed intanto Stark, pardon, il Comandante Stark, continua nel suo sproloquio numerico. Le lezioni di Stark sono fra le più dure da seguire, fanno concorrenza a quelle di Hutch. Il Capitano Maxwell non è male e De Leone... beh, ognuno ha diritto alle proprie e personali turbe psichiche, come sancisce anche il Baolian (Libro V, vv 120-122), ma le lezioni di Stark e Hutch... neanche 55C9 ha parole per descriverle.
Tento di seguire la lezione immergendomi nella meditazione del Millepiedi col Pallottoliere, consigliata dal Baolian per ritrovare armonia con i numeri dell'Universo, ma l'unico numero a cui riesco a pensare è il 7 e per una strana e psicotica associazione di idee mi frullano nella mente i nomi di Anan 7 (David Opatoshu, al naturale, subito dopo una visita rettoscopica) di Eminiar Sette (coincidenza?) e di Gary Seven, (Robert Lansing, al naturale, subito prima che un incredibile incidente gli abbia cambiato i connotati. Sembra che l'incidente fosse stato provocato da un enorme colpo di sfiga causato da un fantomatico gatto nero.). Anan 7 e Gary Seven, due persone provenienti da pianeti diversi ma con lo stesso numero come cognome. Quando la gente viene identificata tramite un numero, anziché con un codice alfabetico, già mi sento più a mio agio.
Non mi chiamo 512451 per niente. Ma non importa, ora. Non sono certo queste considerazioni che mi faranno capire le strutture algebriche di... cosa?
L'ennesimo iperordine?
Cosa c'entra l'ennesimo iperordine con la geometria? L'ennesimo iperordine è il nome di un colpo molto scorretto e molto proibito del Baol Wu Shi, non che il maestro non lo insegnasse... però mi rifiuto di capire cose del genere, per una questione di rigore morale se non altro.
Che ore sono? Mi sta venendo fame. Ieri notte ho cenato in un ristorantino giù in città, non sarebbe andata neanche tanto male se il gestore non fosse stato un sosia di Harcourt Fenton "Harry" Mudd (Roger C. Carmel, truccatissimo, in quanto, nella vita reale, era un capellone) e non avesse passato l'intera serata a raccontarci le imprese del contrabbandiere.
Il trillo della campana rompe la mia spasmodica concentrazione sulla lezione del Comandante Stark.
Finalmente e' finita!
La campanella, dolce e armonico suono che indica l'approssimarsi del cibo. Bisogno atavico e sublime, ed infatti tutti ci precipitiamo nei corridoi con la stessa prudenza di un branco di Hara Kat. Il traduttore universale mi porta smozziconi di frasi accostate alla rinfusa. "Obelix e..." "...un cinghiale...", "..torta di mele..." "...due cime gemelle...", "...succo di prugna..." "...con un klingon...".
Ho quasi la sensazione che lo spirito del Capitano Dathon (Paul Winfield, al naturale, dopo un'onorata carriera ventennale come sparring-partner) abbia colpito ancora...
Non faccio neanche in tempo ad iniziare il pasto, che subito scoppia una rissa sul tipo "Space Station K7", prendendo spunto da Cyrano Jones (Stanley Adams, truccatissimo, in quanto, nella vita reale era anoressico) mi tengo in disparte e mi godo lo spettacolo.
Divertente, ma solo fino a che una scodella di zuppa plomeek va a sfracellarsi contro l'Ingegnere Vinsar, un klingon del corpo insegnante.
La reazione degli istruttori è immediata, minacce pesanti volano nella stanza prendendo il posto di piatti e suppellettili. Sapere che il Capitano Satelk (Richard Fancy, al naturale, dopo aver fatto la doccia e, forte dell'esperienza avuta da Shannon Fill, si è detto, "non farò lo stesso errore, non mi appenderò per il naso") fa parte della commissione d'inchiesta non tranquillizza nessuno dei cadetti.
È un bel dilemma.
Un silenzio raggelante è sceso improvviso, sottili venature di ghiaccio iniziano a formarsi sulle pareti. Nessuno si muove e questo causa l'ira dell'Ammiraglio de Leone.
"Cadetto Ulysses, la pianti di saltellare!".
Sono diviso fra la disciplina che mi impone di parlare e l'istinto di proteggere il mio compagno. Sto per andare in sovraccarico quando un flash mi attraversa la mente: l'immagine del Maestro, rievocata dal passato mentre legge i passi del Baolian.
"Bisogna vedere i nemici che si hanno. Non bisogna vedere piu' nemici di quanti se ne hanno."
Ad un tratto, ciò che sta succedendo nella stanza diventa fin troppo chiaro.
I cadetti sono schierati da un lato e gli istruttori dall'altro, come se fossimo due fazioni avverse in lotta. Due eserciti trincerati su due fronti distinti.
Non è così che dovrebbe essere, e soprattutto non all'interno della Flotta.
Loro sono il nemico e i due litigiosi cadetti che hanno scatenato il putiferio in mensa sono compagni da proteggere... ma chi l'ha deciso? Prima d'ora non avevo mai considerato il mio Maestro un 'loro', e men che meno i miei insegnanti su Delta Gamma IV.
Da dove viene questa atmosfera pesante che si respira... a parte dallo sguardo truce del klingon, s'intende. Compagni da proteggere... dovremmo proteggere l'andoriano ed il tellarite da sé stessi, anziché dagli istruttori.
Forse non riesco a capire del tutto la nuova piega che ha preso la situazione, non riesco a capire come mai, la pausa pranzo, da festa si sia tramutata improvvisamente in tragedia. Ma soprattutto non riesco a capire come mai L'Amico Andoriano ed il tellarite non abbiano ancora fatto un passo avanti e non abbiano detto "Sono stato io."
Non è forse questo, che dovrebbero fare due futuri ufficiali? Di fronte a quante altre responsabilità correranno a nascondersi dietro i compagni, altrimenti?
"ORA BASTA!!!", tuona il klingon. "Voglio sapere chi è stato. SUBITO! Sapete tutti chi ha cominciato. Voglio i responsabili!"
Ma non c'è solo il zuppo Vinsar a rappresentare il corpo insegnante. Fortuna delle fortune, oggi, in mensa, è presente niente meno che il Magnifico Rettore Alenia D'Elena.
"Non lo sapete? Allora tutte le libere uscite e tutti i permessi sono sospesi fino a che i colpevoli non si presenteranno per la giusta punizione. Capito?"
Perfetto. Fra meno di una settimana avrei avuto una licenza abbastanza lunga da permettermi di tornare a casa per la prima volta da che sono su Sol III. Chissà quanto tempo ci metteranno i colpevoli a costituirsi?
Rivolgo lo sguardo nella direzione di L'Amico Andoriano e del tellarite, Tarc, al secolo. Il movimento dei miei occhi è celato dalle spesse lenti scure dei miei occhiali schermanti, ma le espressioni dei due cadetti non sono celate ai miei occhi.
È palese che non hanno la minima intenzione di costituirsi. Chiunque avesse un briciolo d'onore si sarebbe già fatto avanti da un pezzo.
L'Amico Andoriano e Tarc si stanno quasi nascondendo dietro il muro di cadetti schierato davanti agli istruttori. Dal canto mio, non so neanche se riuscirò a finire l'Accademia o se mi richiameranno a casa prima, ma di certo so, che se mai diventassi un ufficiale, non mi piacerebbe servire insieme a chi preferisce trascinare nel fango tutti quanti piuttosto che prendersi le proprie responsabilità.
Ne ho abbastanza. Sono venti minuti che siamo qui impalati come delle Marmotte di Vedetta, neanche dovessimo fare una gara di resistenza contro gli istruttori che continuano a chiedere sempre la stessa cosa. Almeno iniziassero a fare qualche altra domanda a sorpresa, mi andrebbe bene anche qualcosa sulla Geometria Multidimensionale, ma qui si sta sfiorando il limite della monotonia.
Quanto ci mettono L'Amico e Tarc a prendere coraggio e ad ammettere che sono stati loro ad iniziare la rissa? Tento di avvicinarmi a L'Amico, abbiamo studiato insieme Analisi Funzionale ed è quello dei due con cui sento più affinità. Vorrei capire che intenzioni ha esattamente e perché non si è ancora fatto avanti.
"Per quanto hai intenzione di tenerci tutti quanti sulle spine?" gli sussurro, vicinissimo all'orecchio.
L'Amico si volta verso di me e mi guarda, l'espressione un po' smarrita. È lui, più di tutti noi, ad essere completamente schiacciato contro una poltrona di spine aguzze.
Non mi risponde nemmeno, probabilmente non sa cosa dire. È perfettamente comprensibile, non utilizza un DiPAD serie 55C9 come il mio, lui.
"Non voglio, non posso, essere espulso." Ammette infine.
"Stai scherzando?" Lo riprendo io, sempre bisbigliando, sempre senza farci sentire dagli istruttori. "Ma se nemmeno Wesley Crusher e Sito Jaxa furono espulsi... e le loro colpe andavano ben più in là di una innocua rissa in mensa!"
Vedo L'Amico aprire e muovere un paio di volte le labbra, prima di chiuderle subito dopo, serrandole strettamente. Abbassa leggermente la testa ed il mento mentre il suo sguardo si sposta sul nostro collega tellarite, il quale ricambia sprezzante.
L'espressione di Tarc sembra quasi voler dire: 'Non avrai intenzione di fare la spia, vero? Pivellino.' Ed è diretta interamente verso L'Amico.
Ne ho più che abbastanza.
Bisogna vedere i nemici che si hanno. Come no, Maestro? Ma bisognerebbe soprattutto non crearsene di nuovi. Solo che non tengo minimamente conto di questo, mentre faccio un passo in avanti, staccandomi dalla muraglia degli altri cadetti.
Deve essere stato un passo piuttosto scenico, perché i brusii si sono improvvisamente zittiti e nella mensa è calato il silenzio.
"Signore..." inizio a dire, con tono deciso ma precipitando sempre di più nella consapevolezza di essere mosso da un impeto di suicidio sociale.
Che ho intenzione di fare? Di denunciare L'Amico e Tarc?
Si, questo è esattamente dove volevo arrivare. Solo troppo tardi mi sovviene che avrei potuto usare una tecnica più nascosta, più da eminenza grigia, qualcosa che non avrebbe tirato in ballo me stesso. Avrei potuto, per esempio, scivolare silenziosamente alle spalle dei due e spingerli con forza entrambi, mandandoli direttamente in braccio a Vinsar senza mai essere scoperto.
Pazienza, ormai sono in ballo. Mi spiace solo che questo sia un ballo che non ho imparato ancora tanto bene e perciò, inevitabilmente, pesterò qualche piede nel tentativo di provarlo.
"Signore," inizio a dire, con tono deciso, se proprio bisogna suicidarsi, tanto vale farlo senza esitazioni.
"Si, cadetto?"
Ci siamo, sto per denunciare l'Amico Andoriano ed il Prepotente Cadetto Anziano.
"È stato l'uomo con un braccio solo, Signore."
"Che cosa?" Mi ruggisce l'istruttore, incredulo.
Immediatamente, dagli altri cadetti, si alza un coro di voci dissonanti. Mai palla al balzo fu presa più rapidamente di questa.
"È vero..."
"È stato proprio lui..."
"...l'uomo dal braccio solo..."
-Maestro- è l'unica cosa che riesco invece a pensare io, –perché non mi hai mai insegnato meditazioni contro l'idiozia? Ah... già, non esistono.-
"Silenzio! Volete prendermi in giro?"
La reazione di Vinsar era prevedibile ed inevitabile. Ma perché non ho detto: sono stati Tarc e L'Amico, perché? Era così semplice... perché non ce l'ho fatta? Perché le mie corde vocali non si sono modulate su queste cinque parole? Provo forse un odio profondo verso le cose semplici? Ma se io adoro le cose semplici! E dal profondo del cuore.
Vorrei soltanto non essere impalato nel mezzo della mensa come uno Stoccafisso al Turno di Guardia.
Il silenzio ridiscende nuovamente come un manto sull'intera sala. Il Rettore, infastidito, ne scosta un lembo per dire: "Molto bene, a incominciare da adesso avete un'ora di tempo perché la richiesta dell'Ingegnere Vinsar di avere questo fantomatico colpevole a rapporto venga esaudita, o la punizione che sarebbe ricaduta soltanto su di loro ricadrà su tutti voi fino alla settima generazione. Così sia scritto, e così sia fatto."
Profetizzato ciò, esce dalla mensa senza voltarsi indietro, calamitando l'intero corpo insegnante che lo segue con passo marziale.
"Adunata!" è il grido che si leva non appena rimasti soli. Consiste in un antico rito in cui si forma un cerchio e ci si parla stando chinati, tenendo le braccia sulle spalle dei vicini.
Il cerchio è piuttosto esteso, visto che la mensa è affollata, tant'è che non riesco ad intendere i bisbigli che si scambiano i cadetti dal lato opposto, ma percepisco chiaramente un suggerimento che viene da qualche parte alla mia destra.
"Io di dare loro in pasto Vaarik propongo, perché su di lui eseguano danza di punizione."
Focalizzo lo sguardo sull'insolito vulcaniano ma, invece dell'espressione glaciale che mi sarei aspettato, leggo soltanto curiosità, infatti lo sento chiedere: "Perché proprio io?".
Incredibile, è veramente più interessato ad ampliare le sue conoscenze che a eliminare fisicamente il rettile che ha lanciato la proposta.
"Perché quello tu sei che meno da perdere hai. Parole da persone alcune ho sentito, che tu è come se L'accademia già fatto avessi..."
Gli occhi del vulcaniano si socchiudono appena ma l'interlocutore sembra non accorgersene e non bada nemmeno al bisbiglio di risposta di Vaarik.
"Questo non è del tutto esatto."
Il rettile continua per la sua strada: "...perché se già su una nave di stelle danza di lavoro hai eseguito, perché l'Accademia per volta non prima devi rifare?"
Ma Vaarik non la lascia continuare, decide di tagliare corto rispondendo con tono tagliente.
"Ho le mie buone ragioni!" E, detto questo, pone fine a quella discussione.
La mia attenzione viene attirata da un klingon di nome Kravn che sta esponendo il suo punto di vista.
"Se i colpevoli avessero un briciolo di onore, si prenderebbero la responsabilità delle proprie azioni."
Ma L'Amico Andoriano è terrorizzato: "Ma hai visto la faccia di Vinsar? Ci piallerebbe!"
Tarc, che ha incredibilmente accettato di mischiarsi tra noi matricole nel formare il cerchio (evidente segno di quanto sia sconvolto), tenta di chiarire con tono brusco la sua posizione: "Non avrei nessuna esitazione nel presentarmi a rapporto, se fossi certo di ricevere una punizione adeguata. E avrei già fatto più del dovuto visto che non ho iniziato io la rissa, ma il puffetto. Lui ha tirato il primo pugno."
"Mi avevi pesantemente provocato"
"Avresti dovuto controllarti, matricola. Individui ostili alla Flotta ci provocano in continuazione, cosa farai una volta diventato ufficiale? Creerai incidenti diplomatici a catena solo perché non sei in grado di contenere le tue reazioni?"
L'Amico, lo sguardo chiaramente pieno d'ira, sta per rispondere a tono ma, ormai stanco di questo inutile battibecco, decido di mettere fine alla discussione.
"Basta, non serve a niente litigare fra noi. Dobbiamo decidere qualcosa."
"Senti chi parla! Bella trovata che hai avuto, dovremmo linciarti per primo." Mi rimbrotta Tarc, seguendo una sua logica tutta tellarite, probabilmente.
"Soluzione piuttosto drastica e poco pratica."
"Perché? Possiamo sempre staccarti un braccio e dire che sei stato tu. L'idea è stata tua in fondo."
Di perdere un altro arto non ne ho proprio voglia, già mi sembra di non essere più lo stesso senza la coda... non essere più lo stesso? Ad un tratto un lampo di genio mi fulmina, disgraziatamente le molecole del mio cervello non escono del tutto intatte dall'incidente perché sto per estrapolare una linea d'azione un po' azzardata.
"Ehm... torno subito."
"Ehi, Dove credi di andare?"
"Mi è sembrato di capire che l'unico reale problema sia l'entità della punizione. Datemi mezz'ora di tempo e tenterò di risolvervi il problema, altrimenti mi autodenuncerò, quant'è vero che il mio nome è Renko." (e chi vuole intendere intenda.)
Devo essere impazzito. Ma che dico impazzito? Rincretinito è un aggettivo molto più adatto, fra la selva di aggettivi adatti al mio comportamento. Approfitto abilmente dell'istante di smarrimento che ho creato ed esco a capofitto dalla porta, ciò che cerco non si trova qui e rimane poco tempo a disposizione, ormai.
Mi è sembrato di capire che l'unico reale problema sia l'entità della punizione. Bella roba, neanche un problemino da poco. Mi sta diventando chiaro perché non ho denunciato i miei compagni, volevo farlo, no? Nascondendomi dietro a considerazioni etiche e puntando il dito contro gente che mette nelle pesche gli altri per pararsi il fondoschiena e tutta una serie di costrutti simili.
L'Amico è colpevole. Palesemente colpevole, già, ma di essersi limitato a tirare un pugno, che, detto fra noi, potrà anche non essere una cosa carina e gentile ma la rissa, quell'incredibile bordello che è seguito dopo, l'abbiamo scatenata tutti quanti.
Chi è stato ad incominciare? Ovvio, quello che, da solo, pagherà per i tutti quanti di cui sopra. Ed io che solo pochi minuti fa ero più che ansioso di sollecitare L'Amico a costituirsi capro espiatorio!
Forse non tutto è perduto, c'è ancora qualcosa che posso fare anche se le speranze di riuscire sono alquanto flebili. Ho in mente un piano molto preciso e molto idiota. Così idiota che potrebbe anche funzionare.
Il tutto è possibile grazie alle spore dei fiori del mio pianeta, Delta Gamma IV, la sostanza con cui i nostri scienziati sono riusciti a stabilizzare geneticamente i nuovi nati. Queste spore danno la capacità di poter avere delle esperienze extra corporee, cioè di proiettare una copia fisica, ossia un altro sé stesso in carne ed ossa al di fuori del proprio vero corpo, mentre quest'ultimo è privo di conoscenza.
Non è facile però, padroneggiare la tecnica. Bisogna avere una ferrea disciplina, perché il proprio sub conscio tende a prendere il comando e fare quello che gli pare (come sempre, del resto, cosa c'è di diverso dalla normalità in questo?).
Altro particolare è che, in alcuni casi (la maggior parte), le persone con cui questo facsimile interagisce direttamente, non lo percepiscono nella sua vera forma ma in altre, pescate dal proprio subconscio o dal proprio bagaglio culturale.
Chi è veramente abile in quest'arte, può proiettare sugli altri l'idea di essere qualsiasi creatura vivente o mitologica a scelta.
L'idiozia del mio piano si concentra fondamentalmente in due punti: uno, e' illegale fare una cosa del genere senza autorizzazione. Ma in fondo sono tanto lontano da casa... chi lo verrebbe mai a sapere? Non ci sono altri Delta Gammani nei paraggi. E l'occasione...
Due, dal momento che le autorità del mio pianeta non hanno la minima intenzione di ritrovarsi copie senza controllo dei propri concittadini ovunque, vengono posti forti blocchi inibitori psicologici o fisici per impedire che quest'effetto si verifichi.
Teoricamente nemmeno io dovrei più essere in grado di proiettarmi, se non fosse che nasco dall'unione della stirpe dei 512 con quella dei 509 e vi sono perciò particolarmente portato. Non ho perso la capacità di proiettarmi, che è parte integrante del mio DNA, ma mi hanno imposto un blocco psicologico che non riesco a superare addormentandomi semplicemente (ho già detto che le proiezioni si verificano solo mentre si dorme?), devo perdere conoscenza a causa di un shock e, visto che non ho la minima intenzione né di prendere a testate la parete né di farmi linciare da un branco di cadetti inferociti, non mi resta che un'unica soluzione.
"Predicatore, come va oggi?"
Il vecchio Halkan, che aveva già finito la sua predica quotidiana contro la violenza della Flotta Stellare, stava quasi per andarsene ma riesco a fermarlo in tempo.
"Scusa, ma non ho capito molto bene l'ultimo passo del sermone di oggi, che cosa intendevi dire esattamente con: 'mai armarsi perché gli oggetti tendono ad assolvere alle proprie funzioni. Visto che, se nella prima parte della storia viene accennato ad una pistola, nella seconda parte questa sparerà'?".
Il Predicatore, con occhi lucidi dalla contentezza per l'interesse mostrato, riattacca daccapo il suo sermone, sempre lo stesso, sempre identico ogni giorno. Non passano infatti trenta secondi che sto già dormendo in piedi, appoggiato con la spalla al muro di cinta.
Non è che l'halkan predichi poi tanto male ma... avete mai sentito parlare di quelle torture in cui ti picchiettano sulla fronte fino a portarti alla pazzia?
A quanto pare la buona volontà del Predicatore è abbastanza shockante da permettermi di aggirare il blocco psicologico. Fatto sta che, appena il mio cervello si spegne per non assistere ulteriormente alla predica, mi materializzo all'interno dell'ufficio di Vinsar.
Il klingon sta digitando dati sul terminale e non si accorge affatto di me, almeno in un primo tempo.
Aggirare il blocco è solo la prima parte del lavoro e, con tutta la concentrazione che riesco a radunare, tento di proiettare al klingon l'immagine di Kahless, il più grande guerriero della storia del suo pianeta.
In realtà, nelle condizioni in cui sono ora, ho solo un trenta per cento di riuscire in questo trucchetto ma ho tanta fiducia e troppe poche alternative fra cui scegliere.
Se riuscissi a convincere l'istruttore di aver avuto una visione potrei anche indurlo a lasciar correre la questione della rissa in mensa. Accidenti, se non dà ascolto a Kahless, non vedo a chi dovrebbe farlo.
Certo che se dovesse funzionare... già che ci sono potrei anche fargli un discorsetto circa i miei voti... o è meglio non tentare di strafare? Già mi è andata abbastanza bene ad essere riuscito a giungere a questo punto, visto che sto dando fondo a parecchie delle mie energie. Senza la barriera inibitoria sarebbe tutta un'altra questione.
Avvertendo una presenza nella stanza, Vinsar abbandona i suoi appunti ed alza la testa dalla scrivania. Sul suo volto posso chiaramente leggere un'espressione di progressiva sorpresa. Forse sta funzionando.
"Sai chi sono, vero?"
"L'Angelo della Morte?" Risponde serafico il klingon, per nulla spaventato.
"No!" Lo apostrofo con cipiglio serio. "Concentrati di più."
È esasperante! Sempre la stessa storia, mai che il trucco mi riesca al primo tentativo. Quando devo proiettarmi aggirando il blocco, la prima impressione che do a chi mi vede è sempre quella dell'Angelo della Morte, e non ho ancora il perché.
"Hai ragione..." Medita il klingon, cogitabondo e strizzando leggermente gli occhi per scrutare meglio. "Ora sembri tanto quel cadetto che va in giro a parlar male dei Klingon, spargendo ignominiose storie di esperimenti genetici."
Evidentemente la benevolenza statistica mi ha abbandonato.
La stanza inizia a scuotersi e per qualche istante il viso dell'halkan si sovrappone a quello del klingon.
"Giovani menti..." la voce viene da Vinsar ma l'istruttore non sta muovendo le labbra.
Sto per svegliarmi, raduno le energie che mi restano per lanciare un ultimo avvertimento.
"No, sbagliato di nuovo. Io sono un messaggero, tu stai avendo una visione e io vengo ad annunciarle un'importante visita. Torno fra un attimo, nel frattempo lei si concentri sull'epica."
Lascio Vinsar nel suo ufficio con aria corrucciata e torno in me, raccogliendo le idee e le forze, ma una serie di sussulti mi fa riprendere conoscenza in maniera improvvisa e drastica.
"Giovani menti..." sento ancora dire, mentre mi sveglio del tutto. "È proprio nel momento della formazione che..."
Il Predicatore è arrivato al punto sulla corruzione delle giovani menti e, trascinato dalla foga delle proprie argomentazioni, mi ha afferrato le spalle e mi sta scuotendo. Convinto forse, per una qualche strana ragione, che questo possa farmi capire meglio ciò che dice. Giusto a proposito di violenza... ma sicuramente non se ne sta rendendo nemmeno conto, il suo animo è candido.
È a questo punto che, con la coda dell'occhio, scorgo due sagome familiari dirigersi verso l'ingresso dell'Accademia. Istintivamente focalizzo lo sguardo su di loro e, quando li riconosco, rimango a bocca aperta. Si tratta infatti di Vaarik e del Capitano Quijote Patchwork XIII.
Quest'ultimo discende da una stirpe di valorosi capitani ed è l'unico erede rimasto della missione di famiglia, ossia riuscire a catturare il "Grande Asteroide Radioattivo dalla Bianca Luminescenza".
I Cacciatori di Asteroidi, ai nostri giorni, non sono nulla più che i protagonisti di racconti avventurosi ed oloromanzi, ma un tempo esistevano veramente e la loro era una professione piuttosto rischiosa. Non erano in pochi quelli che davano la caccia ai grandi asteroidi per rendere una rotta più sicura per la navigazione o, semplicemente, per smembrarlo e rivenderne i minerali estratti. Ma erano pochi quelli che riuscivano a farlo veramente bene e a guadagnarcisi da vivere se non addirittura la ricchezza.
In realtà il commercio degli asteroidi, anche di questi tempi, è tutt'altro che sparito ma il mestiere viene svolto con ben altri mezzi che in passato ed ha perso gran parte del suo fascino romantico.
Il Capitano Quijote Patchwork XIII può essere definito un povero nostalgico, un avventuriero, un bucaniere od un pazzo a seconda dei punti di vista. Ma una cosa è sicura, chi l'ha conosciuto, per quanto breve possa essere stato l'incontro, non si scorderà mai di quello strano personaggio.
Del resto, definire la persona di Quijote bizzarra, è essere parchi di termini. Infatti, anche lui, come i suoi antenati, ha perso parecchie parti del corpo nel tentativo di compiere il gravoso destino. La maggior parte della sua persona, si mormora in giro, non è composta da pezzi originali.
Inoltre, si narra che in gioventù avesse tentato di sottrarsi all'indesiderata eredità, arruolandosi nella Flotta Stellare e diventando un grande e rinomato capitano, ma un giorno, durante un normale turno di servizio in plancia, si alzò dalla poltrona di comando, guardò fisso verso la distesa infinita mostrata dallo schermo visore, si lisciò l'uniforme e gridò a squarciagola: "Il destino è quel che è, non c'è scampo più per me!".
La vita del Capitano Patchwork, da quel momento, è avvolta nella leggenda e nel mistero. Tuttavia il tredicesimo rampollo dei Patchwork è ancora molto stimato ed onorato per gli anni di valido servizio prestato quando ancora era al comando di una nave stellare.
Ma la cosa per me più importante, in quel momento, era aver trovato un uomo con un braccio solo.
"Può servire?" Vaarik, che appena scortomi, si era diretto verso di me accompagnato dal suo illustre ospite, mi stava guardando con l'espressione neutra più tendente al sarcasmo che io ricordi.
Senza dargli la soddisfazione di una risposta, mi rivolgo direttamente al capitano: "Capitano Patchwork! Sento sempre parlare delle sue imprese quando vado nel locale di Chun."
"Ero nel locale di Chun, prima che il mio zelante compare mi chiamasse per un compito urgente e misterioso."
Mi volto verso Vaarik con aria interrogativa: "Compare?"
Il vulcaniano dall'aria tetra e vestito di nero può ispirare molte cose ma di certo non l'idea di compagnia.
"Un giorno, entrando nel locale di Chun al momento in cui il Capitano narrava una delle sue avventure, non ho potuto fare a meno di notare un'imprecisione riguardo un dato scientifico..."
Si mette a spiegare il vulcaniano a mio esclusivo beneficio, mentre Patchwork annuisce sorridendo con aria bonacciona e giocherellando con la sua pipa.
"...ne è nata una discussione infervorata. Non certamente da parte mia, io mi sono limitato ad esporre le equazioni gravitazionali con tono assolutamente calmo e con precisione... fatto sta che, da quel giorno, sembra che il Capitano apprezzi i miei contributi nella conversazione."
"Incredibile." Mormoro, tentando di immaginarmi la scena di un infervorato Patchwork che discute con un vulcaniano che si ostina a snocciolare dati scientifici con tono inflessibile e monotono.
"È ciò che ho pensato anch'io." Si limita a dire Vaarik. "Di solito le precisazioni di questo stampo non vengono apprezzate. La gente si limita a sbuffare irritata dimostrandosi poco propensa a tornare sui propri passi."
Finita la presentazione di Vaarik, il capitano si toglie la pipa di bocca, sventolando la cannella nella nostra direzione a sottolineare le sue parole.
"Beh? Allora, marinai, cosa volevate chiedermi?"
Ed è così che, mentre il Predicatore insiste nel suo sermone sempre più infervorato tanto da dimenticarsi della nostra presenza, spieghiamo al Capitano qual è il problema e gli chiediamo di intercedere a favore di L'Amico Andoriano presso Vinsar.
Dall'espressione dipinta sul volto non riesco ad indovinare quale reazione stia per avere finché, dall'unico polmone buono, Quijote Patchwork XIII riesce ad estrarre abbastanza fiato per una grassa risata da lupo di mare e, tolta dalla tasca una bottiglia dal contenuto facilmente intuibile, zoppica di buon umore verso l'ufficio dell'Ingegnere Vinsar sentenziando: "Corpo di mille fulmini, conosco quel vecchio bucaniere di Vinsar da più di dieci anni! sono l'uomo dal braccio solo che fa per voi!"
Detto questo, il Capitano si avvia verso l'edificio che ospita l'ufficio di Vinsar con il passo dondolante di buon vecchio lupo di mare.
-Per tutti i palombari affondati nel Mare Della Tranquillità!- aggiungo io, ma solo mentalmente. -Devo subito correre dall'Amico Andoriano a dargli la notizia. Sicuramente il Capitano lo toglierà d'impiccio. Be', lo toglierà... sarebbe meglio dire ci toglierà...-
Mi materializzo di nuovo in mensa dove lo trovo con altri cadetti e, non per scortesia, ma per fretta, mi rivolgo direttamente a lui senza fare caso agli altri.
"Ho buone notizie!"
La migliore è che io eviterò il linciaggio da parte degli altri cadetti per la mia brillante sparata di poco prima davanti a Vinsar, ma suppongo che a lui interessi la parte che lo riguarda e che questi dettagli siano secondari.
"Nooo! L'Angelo della Morte è venuto a prendermi!!"
Resto interdetto davanti alla reazione dell'altro cadetto. Poi mi rendo conto di cosa stia effettivamente succedendo. Non ho camminato fino a qui, mi sono materializzato, è la mia copia che L'Amico ha davanti e quella piccola scocciatura dell'Angelo della Morte sta colpendo di nuovo.
"No, guardami meglio, sono io, Renko! Ho buone notizie, ascoltami! No, che fai? Respira, coraggio, respira. Non stai per morire ti assicuro, forza, respira!"
Gli altri cadetti della sala mensa sono ancora intenti a discutere su come tirarsi fuori dai guai e non fanno caso alla mia apparizione improvvisa. Del resto, visto che non ho focalizzato l'attenzione su altri che L'Amico, se anche qualcuno notasse la scena, mi scorgerebbe comunque nella mia solita forma e non ci troverebbe nulla di strano.
"Angelo della Morte... non puoi prendermi adesso... non ancora..." arranca il cadetto, strappando le parole dai suoi polmoni. "Se proprio devo andarmene... prima... prima vorrei sistemare una cosa..."
L'unica cosa che posso fare è sparire, prima che questo si autoconvinca di stare per morire, suggestionandosi a tal punto che il suo corpo finirà per uccidersi sul serio.
"Non sono venuto a prendere te!" Tuono con voce ad effetto. "Devo aver sbagliato indirizzo. Era Sanfran su Alpha Centauri, non San Francisco su Sol III. Accidenti! Sanfran Alpha Centauri..."
Dopo di che esco dalla porta, allontanandomi dalla vista di tutti e soprattutto da quella dell'andoriano. Bha... speriamo che quest'ultima precisazione possa essere servita a qualcosa.
Mi appoggio con la schiena contro la parete, tirando un sospiro, ora devo svegliarmi.
-Forza, 451, riprendi conoscenza. Avanti, che sarà mai? Nemmeno ti eri reso conto di star dormendo...-
Da quando mi hanno rafforzato il blocco inibitorio non riesco nemmeno più a proiettarmi come si deve, e dire che una volta...
Le proiezioni... Fa presto 104.439 a dire: 'Vietiamole, sono pericolose. Bisogna imporre blocchi più efficienti."
Se non dovessi sprecare gran parte della mia concentrazione a districarmi dal blocco inibitorio, sicuro come pochi che questi incidenti non accadrebbero. Sono completamente d'accordo con 215 su questo, non saranno più così pericolose, una volta che le avremo rese parte integrante di noi.
Tuttavia, dato che il mio DNA è stato assemblato appositamente perché io vi abbia una particolare predisposizione, se non avessi un blocco inibitorio, le proiezioni si susseguirebbero tutte le volte che mi addormento. Sarebbe un po' faticoso, alla lunga.
Chissà, forse, un giorno, riusciremo a creare stirpi in grado di proiettarsi ma libere da questo problema.
"Già di ritorno?"
Mi chiede Iris Bi Coren, mia compagna di alloggio, quando mi vede varcare la soglia ad un orario inusuale.
"Tutte le mie libere uscite sono state sospese." Rispondo, con tono tetro.
E mi è andata anche piuttosto bene, aggiungerei, se non fossi amareggiato dal non poter tornare a casa, per ora.
Iris Bi aggrotta le sopracciglia, guardandomi interrogativa. Tento di svicolare facendo finta di non notarla ma la trill non ha la minima intenzione di essere svicolata ed alla fine mi ritrovo a raccontarle l'avvenimento clou della giornata omettendo, per vergogna o frustrazione, l'intero penoso pezzo della mia mancata trasformazione nello spirito di Kahless e ricamando sull'ancora più ridicola seconda apparizione davanti a L'Amico.
"Una rissa in mensa? Un'altra?" Chiede lei, stupita dalla concentrazione di risse all'ora dei pasti in una singola giornata d'Accademia.
"Come, un'altra?" Ribatto, confuso.
"Ho sentito che c'è stata una rissa identica anche nella sala mensa del blocco C. Pensavo fosse la stessa ed invece ora vengo a sapere che le risse sono due! Tutte e due scatenate da un andoriano e da un tellarite, non è incredibile?"
Non tanto, considerando i caratterini che si ritrovano ad avere gli andoriani ed i tellariti, ma sorvoliamo su certe considerazioni, o rischio quasi di essere tacciato di cliché razziali.
"I cadetti coinvolti nella rissa del blocco C sono stati condannati ad una corvè di pulizia dell'intera Accademia e devono completarla assolutamente entro le ventuno punto zero zero di oggi."
Pulizia? Di nuovo? Vinsar è il primo klingon fissato con la pulizia di cui sento parlare in vita mia. Ma mi fermo qui, prima di scadere in un altro cliché razziale, questa volta sui klingon.
Del resto, non voglio fare il prevenuto ma non scadere nei cliché è piuttosto duro quando si ha a che fare con gente di razza pura, si sa che quelli lì sono tutti pazzi.
"A voi come è andata, invece?" mi sollecita la trill, tornando al discorso di prima.
"Ah... dunque... ad un certo punto Andoriano ha avuto quasi un piccolo malore, e questo deve avergli smosso qualcosa perché poi ha deciso di andare dritto nell'ufficio di Vinsar ad autodenunciarsi. Il quale ha apprezzato enormemente l'onorevole gesto e l'ha gentilmente omaggiato dell'incarico di pulire l'intera sala mensa utilizzando uno spazzolino da denti klingon."
"È stato magnanimo, considerando che in un giorno solo si è preso due ciotole di zuppa Plomeek sull'uniforme e che doveva essere particolarmente irritato."
"Due?"
"Ho sentito dire che anche nell'altra rissa..."
Non ho motivo di dubitare delle parole della trill, sebbene l'intera questione mi appaia surreale. Anche perché, fra i cadetti dell'Accademia, si parlerà ancora a lungo dell'icona dell'uniforme di Vinsar, infradiciata da ben due zuppe plomeek.
"... e poi?"
"Poi cosa?" Chiedo alla trill, spiazzato per un attimo in quanto immerso nelle mie considerazioni.
"È finita qui?"
"No, non proprio, grazie alla gentile intercessione del Capitano Quijote Patchwork, l'intero episodio è da considerarsi chiuso. Non una singola nota verrà posta sul curriculum accademico di Andoriano, neanche il fatto di aver aggredito un cadetto più anziano e non è poco. È andata meglio a lui che a me, in fondo." Concludo.
"Già," conferma lei, "Andoriano se la caverà con un solo giorno di mal di schiena mentre a te, il Rettore ha tolto i permessi di libera uscita per un mese."
Tiro un sospiro di rassegnazione. "Be'... ma almeno prima si è congratulato con me per aver aiutato Andoriano a trovare il coraggio di prendersi le proprie responsabilità. Qualcuno gli deve aver riferito di averlo visto parlare con me prima che si dirigesse come un panzer nell'ufficio di Vinsar."
"E almeno, sempre grazie a Quijote, neanche sul tuo curriculum verrà accennato alla sparata dell'uomo con un braccio solo."
"Almeno..."
"Quanto vorrei aver assistito alla scena di Patchwork e Vinsar che fanno baldoria insieme." Fantastica Coren.
"Anche a me, ti assicuro. La punizione più grande è quella di rimanere con la curiosità. Chissà che cosa si sono detti quei due!"
Iris Bi si stiracchia e si alza per dirigersi verso il replicatore. Per una volta che è tranquilla e rilassata... è anche piacevole avere qualcuno con cui parlare a fine giornata.
"Già, bene o male avete passato anche questo esame."
"Esame?" Chiedo telegraficamente spiegazioni alla trill.
"Gli istruttori si divertono a mettere alla prova il temperamento dei cadetti in ogni momento, senza che questi se ne accorgano, ovviamente, o le loro reazioni non sarebbero spontanee."
"Non è un po' troppo paranoica, questa considerazione?"
"Paranoica?" Mi chiede lei, piccata.
Ahia... ormai dovrei saperlo che 'Paranoia' è una delle parole da non dire, ma non posso farci niente se le calza a pennello.
"Tutte le volte che c'è qualche guaio dai sempre la colpa agli istruttori ed al corpo accademico."
"Perché è quasi sempre loro, ti assicuro." Ribatte lei, tornando sui binari di prima.
"Vuoi insinuare che Tarc era d'accordo con gli istruttori?"
"No, affatto, non ho detto questo, ben lungi da me accusare Tarc, ho solo prospettato una possibilità, ecco. In fondo, chi può dire chi sia veramente la gente che ci sta attorno e alla quale passiamo accanto ogni mattina..."
E dopo questa affermazione, la conversazione si spegne sulle note della sigla di chiusura di 'Ai Confini della Realtà' (la serie in bianco e nero).