C'era nebbia nella tempesta. Poi guardai meglio e pulii il vetro dell'oblò che io stesso avevo appannato. All'esterno dello shuttle una matassa scura di nuvole tempestose dava spettacolo di se' a beneficio dei viaggiatori. Il clima di Sol 3 infatti è controllato artificialmente, c'è sempre una tempesta da qualche parte, o almeno così diceva il depliant pubblicitario.
Lo shuttle virò di colpo tuffandosi dentro un mare di luce, il tempo cambiò istantaneamente rivelando un'orrenda giornata di sole. Mi misi gli occhiali schermanti, ero stato avvertito che lo spettro luminoso di Sol mi avrebbe causato problemi di fotosensibilità.
Meno male che al centro di reclutamento mi hanno dato un DiPAD serie 55C9 con parecchie informazioni molto utili per il mio soggiorno in Accademia. Eccoli là, gli edifici a forma di rune indigene che mi ospiteranno per i prossimi quattro anni! Mi affretto verso l'autobus antigravità e noto che parecchi posti sono già occupati, alcuni cadetti conversano fra loro. Diviso fra il bisogno di un riposino dopo il lungo viaggio e il desiderio di non farmi sfuggire nulla di questo mio primo giorno, sprofondo nell'acciambellamento della Meditazione del Gatto Ronfante. Questo tipo di meditazione, consigliata dal Baolian, è molto utile perché non è solo rilassante ma ti permette anche di roteare le orecchie per sondare il territorio, ed infatti capto la conversazione fra un abitante di Stratos e un arcadiano, almeno credo, con gli occhi chiusi non vedo bene.
Un fruscio mi sfiora, apro un occhio per vederne il proprietario, un vulcaniano dall'aspetto inquietante è salito sul bus. Credevo che i Vulcaniani fossero un popolo stoico e pacifista, questo qui, invece, sembra covare una rabbia repressa e la cicatrice che ha sul volto, all'altezza dell'occhio destro, non rende certamente la sua espressione più rassicurante. Mi accorgo di essermi messo istintivamente all'erta e solo ora che lo vedo dirigersi verso il fondo dell'autobus il mio subconscio si rilassa.
Bah! Non mi serve a niente starmene qui acciambellato, tanto vale sedersi, guardarsi attorno e fare conoscenza. Mi ritrovo immediatamente in un gruppetto composto da bajoriani, imprimani e trill. Del resto, l'autobus è pieno di una fauna piuttosto variegata, ci sono cadetti da Beth Delta Uno, Alpha Centauri IV, New Aberdeen e... quello da dove viene? Sbaglio o sta parlando di una ex colonia della Federazione? Incuriosito, digito le informazioni sul 55C9. Prontamente sullo schermo mi appare la risposta, ma non è chiarificatrice:
- Dati assurdi -
"Come sarebbe a dire: dati assurdi?"
- Perché qualcuno dovrebbe voler lasciare la Federazione dei Pianeti Uniti? Nella Federazione si sta bene, da qui la logica conclusione: i dati di input sono assurdi. -
Andiamo bene! Ma che razza di DiPAD mi hanno fornito? Rinnovo la richiesta digitandola nuovamente.
"Formulare ipotesi alternative, ripeto: EX colonia federale i cui abitanti, adesso, sono costretti a vivere sotto terra."
- Essere costretti a vivere sotto terra sarebbe la giusta punizione per chi volesse lasciare la Federazione, ma visto che nessuno potrebbe mai desiderare di staccarsene... -
Ma che è, un DiPAD propagandistico? Vediamo se cambiando tono ottengo qualche risultato. "Dimmi immediatamente da dove viene quel tipo!"
- Evidentemente da un bar, dove ha ingerito una quantità eccessiva di alcool ed ora immagina le cose. -
Inspiro profondamente. Se c'è qualcuno con seri problemi alcolici deve essere il programmatore che ha inserito un costrutto di personalità simile su questo modello di DiPAD. Fortuna che anni di meditazione e di tecniche affinate nel giardino neo-Zen del Maestro mi portano a riformulare la domanda in maniera cortese e paziente.
"Non l'avrai vinta, foglietto di metallo appiattito! Dimmi da dove viene il tipo o ti stianco!"
- Ripeto che il 'tipo' in questione non può esistere, in quanto alle minacce verso la mia coesione molecolare, sono del tutto inutili, in quanto sono composto da fibre la cui formula, come potete notare da pag. 3 a pag. 4 del manuale d'uso... -
Ok, appunto numero uno: fare reclamo all'ufficio reclutamento riguardo la qualità dei DiPAD che sbolognano ai nuovi ed ingenui cadetti.
Mi risveglio con la vaga speranza di aver avuto semplicemente un incubo ma, al posto della familiare cabina sull'astrotraghetto, scorgo le pareti di un alloggio sconosciuto. Mentre un refolo fa svolazzare un foglietto di carta che mi sorvola il viso, il mio encefalo si allinea al resto del mio apparato sensoriale e riconosce la ricevuta del pagamento delle tasse.
Allora era tutto vero! Che faccio adesso, fingo di dormire ancora? Con la coda dell'occhio vedo la mia compagna di stanza che sta strapazzando il suo giaciglio provocando ventate per tutto l'alloggio. Ho già sentito parlare di questo rituale militare, si chiama 'rifare la branda'. Mi chiedo se sia ancora infuriata ma non mi azzardo a proferire parola. Fortunatamente non ne ho bisogno, è lei a spezzare il ghiaccio:
"Lo so che sei sveglio, puoi uscire adesso."
Si sta riferendo al mio rifugio improvvisato.
"Devo temere per la mia vita?"
"Dipende da te, hai altre domande geniali da pormi?"
[La sera precedente, entrando sfinito nel mio alloggio, avevo constatato di avere una compagna di stanza. Una trill per la precisione. Tuttavia, la divisa che indossava non era quella delle matricole. Così, per non fare gaffe, consultai immediatamente 55C9 alla ricerca di un protocollo da tenere fra compagni di accademia di corsi diversi. Immediatamente apparve sul display una lista di domande consuete da porre per una buona socializzazione:
"1) Come ti chiami?"
La trill si voltò verso di me e, senza proferire parola, utilizzando semplicemente lo sguardo, mi annodò le viscere in un nodo a gamba di cane. Avrei dovuto intuire qualcosa?
Senza farmi scoraggiare andai avanti con la lista:
"2) Perché sei all'Accademia?"
I pochi ricordi che ho da qui in poi sono alquanto confusi. Solo qualche rimembranza di urla, suppellettili convinte di essere in assenza di gravità e molti bliip nel programma di traduzione simultanea.]
Cosa dovrei aspettarmi adesso? Quale sarà la sua prossima mossa?
Vorrei dirigermi verso il bagaglio, ancora intatto dal mio arrivo, per sistemare la mia roba, ma il cammino è estremamente infido irto com'è di suppellettili rotte. Così mi siedo sul letto con fare sconsolato. Quando la trill parla mi prende quasi di sorpresa:
"Scusa per ieri, ero ancora piuttosto arrabbiata. Scoprire di dover anche dividere l'alloggio con una matricola è il colmo! Senza offesa, ovviamente."
"Nessuna offesa. Da quello che il traduttore universale è riuscito a tradurre... mi è sembrato di capire che sei bloccata qui all'Accademia per qualche magagna burocratica."
"Esatto, quando iniziai l'Accademia ero un essere singolo, mentre quando mi diplomai avevo già un simbionte. Così qualche computer burocrate ha bloccato il mio imbarco sostenendo che in realtà ho dato solo un quarto degli esami e perciò il mio diploma non può essere convalidato."
"Vuoi dire che ti mancano tre anni di corso?"
"Ma da che parte stai? Il diploma l'ho guadagnato! Ed ho un vivido ricordo di tutti gli esami sostenuti quando ancora ero un essere singolo. E' per colpa di un semplice e puro cavillo burocratico se mi hanno parcheggiato qui in Accademia."
"Ah, burocrazia pesante. Devo prendere nota."
"Prendere nota di cosa?"
"Del fatto che la Flotta ha una burocrazia che può danneggiare, invece di aiutare i suoi componenti."
"Perché prendi appunti su questo?"
"Un consistente gruppo, sul mio pianeta, è intenzionato ad entrare nella Federazione. Tuttavia, il più delle volte, la linea politica ideologica e la realtà sono due binari paralleli, non necessariamente coincidono, così come non è detto che coincidano le esigenze della Federazione e quelle del mio pianeta. E visto che la Flotta Stellare accetta anche i non federali... io, che ho forma umanoide, sono stato inviato qui sulla Terra, altri miei complanetoidi su altri pianeti. In questo modo possiamo studiare la Federazione dall'interno e decidere se veramente fa al caso nostro."
"Entrare nella Federazione è piuttosto complicato. Non basta volerlo, per venire accettati."
"Lo so, ma se il governo del mio pianeta è diviso, essere ammessi sarà ancora più difficile. Il mio compito è stendere una relazione sul reale stile di vita nella Federazione, così finalmente potrà essere presa una decisione di comune accordo, nel bene o nel male."
"Insomma sei una spia."
"Non è mica un segreto! Come noi studiamo la Flotta, allo stesso tempo la Flotta può studiare noi, è un'arma a doppio taglio. E poi non ho intenzione di rubare tecnologie segretissime, ho già superato i test di arruolamento."
"Se ti stai riferendo ai test psichia-logici stiamo freschi! Il vero e segreto compito della Flotta Stellare consiste nell'arruolare chi ha già la psiche sull'orlo del baratro per dargli la spinta definitiva. Appena vedrai che razza di istruttori abbiamo qui... capirai."
"E' umorismo trill?"
"Lascia perdere, creatura di forma umanoide... ma quante razze ci sono sul tuo pianeta?"
"Bè... in realtà, siamo piuttosto variegati... su Delta Gamma IV..."
"Delta Gamma IV? Non è vicino al confine klingon? Se la memoria non mi inganna è catalogato come pianeta interdetto."
"Davvero? Eppure noi vi abbiamo trovato una casa. Quel pianeta è stato la nostra salvezza."
"Voi chi?"
"Noi siamo i discendenti degli esperimenti genetici di fusione effettuati dai klingon su varie razze."
"Esperimenti di fusione genetica? Ma sono una diceria! Un passa parola deteriorato, propaganda anti-klingon risalente ai tempi anteriori all'alleanza! Come fai ancora a credere ad una cosa del genere?"
"Immaginavo avresti detto una cosa simle, nessuno ci crede. Come spieghi allora il cambiamento d'aspetto dei klingon?"
"Non essere ridicolo, il cambiamento nell'aspetto dei klingon è dato dalla reazione allergica alla presenza dei triboli sulla nave del comandante Koloth! Reazione così violenta che si è fissata geneticamente."
"Bella spiegazione! Eppure io sono qui, sono un discendente diretto dei primi esseri nati dall'incrocio fra le componenti genetiche di varie razze selezionate."
"Shai-Hulud, hai un pedigree! E come ti chiami?"
"In realtà non ho un nome, ho una catalogazione: 512451, ma all'ufficio arruolamento un terrestre mi ha consigliato di adottarne uno e mi ha registrato come Renko."
"Bene, così ora so il tuo nome e perché sei in Accademia. Direi che sono in vantaggio io, ho spuntato più voci della lista."
Che mi stia sottilmente accusando di essere carente di spontaneità?
Il mio popolo è stato isolato per parecchio tempo, nel tentativo di trovare un'identità, compito difficile quando le identità sono così tante e così fuse fra loro che non si riesce più a distinguere una dall'altra. Anch'io sono in cerca di una mia identità. Forse avrò un modo di comportarmi ridicolo, continuo a girare con questo DiPAD, consultandolo in continuazione perché non so come comportarmi con chi è troppo geneticamente settoriale, ho sempre paura di sbagliare.
"Senti, mi rendo conto che ieri sera non devo aver dato una buona impressione, basando la conversazione su un copione definito. Vorrei solo farti capire che l'ho fatto perché è il mio primo giorno e sono un po' nervoso... ovvio, non sono qui per piacere personale, sono in missione ufficiale. E poi è noto che chi è geneticamente settoriale ha delle reazioni imprevedibili, insomma, non volevo sbagliare ecco tutto. E invece..."
"Geneticamente... settoriale?" Azzarda la trill, aggrottando le sopracciglia come se si stesse chiedendo se è poi così sicura di volere spiegazioni al riguardo.
"Bè... certo. C'è chi dice che sono solo pregiudizi ma... però... sì, insomma, è scientificamente provato che, a forza incrociare lo stesso patrimonio genetico, si finisce per avere delle tare. Lo sanno tutti che quelli di razza pura sono un po' pazzi."
"Meraviglioso... adesso non so se devo sentirmi adulata per essere stata definita di razza, o se devo arrabbiarmi per essere stata definita pazza e tarata..." rispose lei, con tono sconsolato e tenendosi una mano sulla fronte.
"Oh, no, non equivocare, io non ti reputo pazza."
"Grazie."
"E' troppo presto per dare giudizi. Per adesso ti sei comportata in maniera imprevedibile solo una volta e riguardo alla taratura... non ho ancora avuto modo di analizzare il tuo codice genetico."
"Avrei dovuto immaginarlo..." risponde la trill con un sospiro di rassegnazione.
Pian piano inizia a raccogliere le suppellettili che lei stessa aveva sparso per la stanza la sera precedente.
"Allora," mi dice mentre svolge il lavoro, "cosa pensi di fare nel tuo primo giorno d'Accademia?"
"Oh, per oggi ho solo un colloquio con il Rettore. Le attività vere e proprie inizieranno domani, ci hanno lasciato questo giorno libero per ambientarci. Forse farò un giro nei dintorni dell'Accademia."
Le labbra della trill si increspano. Solo più tardi scoprirò che in questa ultima settimana aveva richiesto più e più volte di parlare con il Rettore per chiarimenti sulla magagna burocratica che le era capitata tra capo e collo. I pochi colloqui che era riuscita ad ottenere non si erano conclusi tanto bene.
"In bocca al lupo, allora," mi dice, con tono cupo. "Ti consiglio il locale di Chun, lo trovi nei paraggi."
Raggiungo il mio bagaglio ed inizio a sistemare la mia roba nell'alloggio. Mentre ispeziono l'armadio e faccio piani logistici su come disporre i miei indumenti, la mia compagna di stanza invade il mio spazio chiedendomi se gli posso cedere due dei miei cassetti.
Quando le chiedo a mia volta perché dovrebbe avere bisogno di due cassetti in più, mi sento rispondere: "Ovvio, perché adesso sono una donna." Come se fosse la ragione più logica dell'universo.
Il resto del tempo lo passiamo quasi del tutto in silenzio, finché, finito di sistemarmi non mi appresto ad uscire.
La trill ha già frequentato quattro anni d'Accademia, c'è una cosa che vorrei chiederle ma non vorrei farla alterare di nuovo. Ho già capito che l'argomento 'Rettore' non le è di gradimento. Oh, bè... non importa, al limite farò un altro allenamento sulle schivate.
"Senti... secondo te, perché il Rettore ha chiesto di vedermi?"
La ragazza mi risponde con un'alzata di spalle e l'aria un po' distratta, forse ha in mente altro in questo momento.
"Il Rettore? Lo fa spesso con i nuovi arrivati. Probabilmente ti chiederà le solite cose... perché hai scelto la Flotta Stellare, cosa ti aspetti dall'Accademia... chi siamo, dove andiamo... le solite cose, no?"
"Le ho già scritte sulla scheda d'iscrizione, perché non se le legge da lì? Così ci evitiamo una perdita di tempo in due, no?"
La trill interrompe un attimo ciò che stava facendo e cerca le parole per rispondermi.
"Ecco... io non glielo farei notare in questa maniera, fossi in te. Il Rettore è il tipo a cui piace sentirsele dire di persona dai cadetti, le ragioni delle loro scelte. E se proprio devo darti un consiglio, ti prego, evita anche di tirare in ballo le tue teorie sul DNA e sulla pazzia. Sono sufficientemente sicura che apprezzerà se non gliene parli affatto."
Il tono della trill sta scadendo sul sarcastico ma almeno, sul momento, i consigli che mi sta dando mi sembrano abbastanza sensati.
"Altri tabù culturali da evitare?"
Visto che orma sono qui, tanto vale informarmi più dettagliatamente.
"La storiella della fusione genetica... ti prego... il Rettore non ha poi tutto questo gran senso dell'umorismo."
Non riesco ad impedire alle mie spalle di abbassarsi ulteriormente.
"Non è una storiella... dopo tutto il discorso che abbiamo fatto, pensi ancora che sia una storiella?"
"Ehi, non volevo demoralizzarti, tentavo solo di esserti utile... senti, facciamo così, prima che tu esca se vuoi ti dico il mio nome così torniamo pari con le spuntature sulla lista, che ne dici?"
"No grazie, sarò cavaliere e ti lascerò il vantaggio."
Senza aggiungere altro, o voltarmi indietro, esco dall'alloggio.
La targhetta che è sulla porta, porta la dicitura Coren/Renko, e Renko sono io. Di questo sono sicuro, anche se ci ho messo un po' ad abituarmici ed anche se l'altro nome ha quasi le stesse lettere del mio ma in ordine diverso.
Inoltre la trill aveva, fra le sue cose, una cartolina cartacea (strano, di questi tempi) su cui qualcuno aveva scritto: 'In bocca al lupo, Iris Bi. Socrate.'
Non ho mica scelto la sezione sicurezza per niente.
"Buon giorno Rettore..."
"Rettore, cadetto 51... ehm... Renko a rapporto..."
"Bell'ufficio che ha messo su, signor Rettore..."
Mentre vago in cerca del locale indicatomi, ripenso a quello che mi ha detto la trill e a che cosa dovrei dire o non dire al Rettore. Dovrò spiegarmi molto chiaramente. Magari metterla sul piano personale per fargli capire quanto sia importante per me la Flotta Stellare. Fargli non so... tipo un discorso drammatico. O sarebbe troppo forzato, così?
E se invece usassi un'altra tattica e gli raccontassi dettagliatamente gli ultimi quindici anni della mia vita? Dunque...
"Un giorno il Maestro mi chiamò per dirmi che non avrei imparato più niente al Castello di Kyôki. Disse che, sebbene ci fossero un'infinità di arti che mi erano ancora sconosciute, non era di queste che avevo bisogno, ma di trovare la mia strada. Meditai a fondo, e conclusi che forse avevo deciso di studiare arti marziali esoteriche semplicemente perché ero alla ricerca di una risposta ad un qualche cosa di filosofico.
Così raggranellai gli averi più cari in un fagotto e me lo buttai sulla spalla. Dopo aver lasciato l'indirizzo dove inviare i restanti nove bauli della mia roba, partii alla volta della Stazione Orbitante, dove avrei lavorato sull'astrotraghetto..."
Chissà se è il caso di mostrargli una mappa dettagliata sezione per sezione del traghetto? Oppure la sto prendendo troppo alla lunga?
"Sei ancora in tempo! Fuggi da questo luogo di depravazione!"
Faccio un sobbalzo di qualche metro. Appena mi ricongiungo di nuovo al suolo tento di capire da dove provenga l'aggressione sonora.
Un anziano umanoide in abiti civili sta urlando la stessa frase a tutte le matricole che vede. Mi guardo intorno, di cadetti anziani neanche l'ombra, evidentemente evitano i dintorni come la peste. L'uomo continua nella sua opera di dissuasione: "Allontanati da questa forgia di violenza! Non farti sedurre da questa scuola di brutalità!"
Mi guardo attorno confuso, non scorgo né bruti né violenti.
"Dove sarebbero?"
Chiedo all'anziano, prima di ricordarmi che, in più di una cultura, curiosità e pentimento sono sinonimi.
"Qui, qui! E' la Flotta, non vedete?! La Flotta, che dice di portare la pace ma costruisce astronavi da guerra! La Flotta, che studia continuamente il modo di costruire nuove armi! Armi con cui si può uccidere! No, rinunciate! Rinunciate almeno voi, che siete ancora giovani, che siete ancora in tempo..."
Sempre confuso, controllo sul mio DiPAD. Che mi abbiano nascosto qualcosa all'ufficio reclutamento? Non trovando niente di anomalo, do sfoggio di ingenuità prendendomi la briga di rispondere.
"Ma la Flotta ha un ruolo difensivo, non offensivo. Del resto, bisogna anche essere un po' pratici, non viviamo in un Universo di Pace e Armonia."
"No, ragazzo, no! Non fatevi traviare, io vengo a mostrarvi la via. Chi pratica veramente la pace nessuno lo aggredisce. Il mio pianeta è un esempio, noi non facciamo del male a nessuno e nessuno fa del male a noi. Le civiltà prosperano nella pace."
Sarà per l'età o per la sordità, ma sembra che la manopola del volume della voce del vecchio sia rimasta bloccata su tono alto. Tutto ciò che gli scaturisce dalla bocca scaturisce è ammantato di rumorosa convinzione.
Ascolto ciò che ha da dire il predicatore riguardo alla Flotta. Sto per controllare nuovamente sul mio DiPAD quando mi sovviene che trattasi di congegno con punto di vista non obiettivo sull'argomento. Dopo aver riflettuto sulle parole del vecchio per qualche istante, gli espongo il mio punto di vista.
"Ma qui non si tratta di starsene ognuno sul proprio pianeta, la Federazione è composta da centinaia di pianeti diversi. La Flotta non solo garantisce la sicurezza ma anche la comunicazione, spesso sono gli equipaggi della Flotta Stellare che vengono interpellati per questioni diplomatiche. Sono le navi della Flotta Stellare che portano soccorso dove ce n'è bisogno. La Flotta è una specie di factotum che cementa l'unione della Federazione. Per non parlare poi dell'esplorazione dello spazio!"
"Ma che ti dici?"
Mi volto e vedo due ufficiali della sicurezza. O, meglio, cadetti del terzo anno facenti funzione.
"Stai pure qui a discutere! Circolare, circolare."
Uno dei due si rivolge al vecchio molto gentilmente, chiedendogli di non tenere prediche nei confini dell'Accademia. Mentre questi tenta di convertire anche la guardia, ne approfitto per chiedere delucidazioni sull'identità dello strano personaggio.
"Noi lo chiamiamo il Predicatore, è un halkan. Identifica la Flotta con un apparato puramente militare e pensa che sia suo compito venire qui a predicare la pace, a redimerci insomma. Noi lo lasciamo fare ovviamente, tutti hanno diritto alle loro opinioni, a patto però che non violi i confini dell'Accademia, cosa che invece succede regolarmente. Non lo fa apposta, è che è molto vecchio e non ci sta più tanto con la testa."
"Perché non lo rimandate sul suo pianeta? Forse lo possono aiutare. "
"Perché non vuole, e gli halkan non possono costringerlo a tornare, sarebbe una forma di violenza, loro l'aborrono."
La prima guardia intanto è riuscita a convincere il Predicatore ad allontanarsi e il mio interlocutore si volta verso di me per darmi il commiato.
"Lo spettacolo è finito, circolare, circolare!"
Guardo per un attimo ancora i due cadetti che si allontanano con il vecchio e mi rimetto alla ricerca del locale di Chun.
Vago per qualche tempo fino a che noto un'insegna costituita da due ideogrammi. Non riconosco i caratteri ma il traduttore universale si attiva facendo apparire un enorme sottotitolo rosso fuoco della lunghezza di qualche metro: "LA SALAMANDRA LUCENTE NEL SOLE DEL MATTINO CHE VARCA I CANCELLI DEL REGNO DEL COLEOTTERO DANZANTE". Mi ricorda il Maestro, anche lui aveva uno stile simile nell'esprimersi.
Decido di sedermi ad un tavolo ed ordinare qualcosa, ho ancora un po' di tempo libero. Faccio appena il gesto di toccare il sedile con la parte appropriata del corpo che un ometto dagli occhi allungati appare come per magia davanti a me, tanto da indurmi a pensare che sia un cameriere olografico.
"Benvenuto, io sono Chun, proprietario del locale. Cosa desidera giovane che si è seduto in posto dove nessuno lo può vedere?"
"Bè, ho un appuntamento con il Rettore fra mezz'ora circa, che cos'hai di già pronto, come spuntino veloce?"
"Dipende da quanto tu impieghi a masticare."
La sua logica non fa una piega.
"Non importa, portami solo qualcosa da bere, così avrò più tempo per pensare a quello che devo dire al Rettore, la mia compagna di stanza mi ha avvertito che vuole fare il solito discorsetto sulle motivazioni che spingono gli esseri senzienti a diventare matricole."
"Giovane in posto nascosto molto loquace, molto bene, perché a questo a tavolo c'è unico posto libero dove far sedere nuovo cliente che sta arrivando."
L'ometto copre molto velocemente la distanza tra me ed il vulcaniano che avevo già notato sul bus. Quello con la cicatrice e l'aria un po' tetra. Questi, senza apparentemente scomporsi, si volta nella mia direzione e il suo sguardo gela all'istante il succo di pompelmo che mi è appena stato servito. Dopo qualche esitazione inizia a dirigersi verso il mio tavolo.
"Lunga vita e prosperità." dice come fosse una sentenza, poi si siede senza aggiungere altro.
"Cosa desidera l'onorevole cliente per rifocillare corpo e anima?" Gli chiede il gestore del locale.
"Cosa offre il menu'?"
All'esitazione del vulcaniano, Chun risponde che penserà lui a portare qualcosa. Apparentemente il vulcaniano la valuta una proposta degna di fiducia.
Mentre tento di consumare ciò che ormai è diventato un gelato al pompelmo, decido di buttarmi e far conoscenza con questo cadetto. Ma non ho intenzione di fare due volte lo stesso errore. Memore del disastro provocato dalle prime due domande suggeritemi dal DiPAD le scarto e passo direttamente alla successiva:
"3) Che hobby hai?"
Il vulcaniano si volta verso di me con un'espressione interrogativa, sto forse sbagliando approccio?
"Prego definire hobby"
Cos'è un hobby? Che cosa ne so, non ho la minima idea di che razza di passatempi si siano inventati in questo quadrante della galassia. Con un sorriso idiota stampato sul volto digito la domanda su 55C9 che mi snocciola una serie di attività assurde.
"Per esempio, durante il tuo tempo libero, fai cose tipo ricamare coperte, macchiare con pittura tele di stoffa, lanciarti nel vuoto attaccato a delle corde attaccate a loro volta ad un enorme lenzuolo, collezioni qualcosa di macabro?"
Il vulcaniano assume un'espressione meditativa per qualche istante, poi spara: "Definire tempo libero"
Non pensavo che il protocollo da seguire per il contatto con altri cadetti fosse così complicato! Lasciamo perdere questo passaggio e andiamo avanti:
"4) Da dove vieni?"
C'è un palpabile attimo di suspense, sta per rispondere, vedo chiaramente i suoi muscoli mandibolari che iniziano a flettersi per permettere alla bocca di aprirsi. Forse ho trovato la domanda giusta finalmente! Quella che mi permetterà di socializzare velocemente.
Vedo le sue labbra che stanno per schiudersi, mi tendo per ascoltare la risposta e.... ricompare il gestore del locale con un bicchiere colmo di roba verde. Il mio assai poco loquace compagno, dimentico della mia presenza, si volta verso di lui e, con un cenno del capo, gli comunica di aver preso nota del fatto che ora c'è un bicchiere in più sul tavolo. Chun tuttavia non si allontana subito, vuole accertarsi che la bevanda sia gradita ed infatti, dopo averne assaggiato un sorso, il vulcaniano assume un'espressione estasiata. Il volto del vecchietto viene illuminato da un sorriso sfuggito da chissà dove e, prima di scomparire, si giustifica dicendo: "Chi viene da Chun trova sempre quello che cerca."
Mi volto verso il mio sconosciuto e improbabile amico per porgergli nuovamente la domanda ma lo vedo nell'atto di gustarsi la sua bevanda e non mi sembra garbato interromperlo. Con fare pensieroso mormora qualcosa che non colgo completamente ma che assomiglia, più o meno, a: "Erano anni che non assaggiavo il tevesh."
Mi sto ancora chiedendo se questa sia un'informazione chiave, quando lo vedo riscuotersi e voltarsi verso di me.
"Io sono Vaarik, figlio di Temnok."
"Piacere, Renko, figlio di."
"Quale hai detto che è il nome del tuo clan?"
"Il mio clan?" Ci vuole qualche istante prima che le mie conoscenze linguistiche facciano sì che io possa collegare la parola clan a quella di stirpe.
"Si potrebbe dire che il mio clan abbia la catalogazione 512, se vogliamo proprio renderla in maniera molto semplicistica, ma prima mi riferivo al mio nome umano: Renko, che in un dialetto terrestre significa semplicemente 'figlio di'. Punto e basta."
"Affascinante. Perché proprio terrestre, non sarebbe meglio assumere un nome vulcaniano?"
"Non l'ho scelto io, ti pare?! Mi hanno registrato con questo nome due terrestri all'ufficio reclutamento. Dovevano avere un senso dell'umorismo traviato, tuttavia trovo che mi descriva in maniera egregia."
"Tipico dei terrestri."
Vaarik figlio di Temnok, per un istante, si scompone nel corrispondente vulcaniano di un sorriso. Il processo, ovviamente, non consiste in un'espressione facciale precisa, bensì consiste semplicemente nel non fissare con estrema diffidenza gli esseri non illuminati dalla sacra luce della logica di Eridani. Ma non gli riesce a lungo, le abitudini radicate sono difficili da perdere.
"Comunque non mi hai ancora detto da dove vieni."
Mi sembra di aver notato un vago tentativo di aggirare l'argomento, e mi sto incuriosendo parecchio. Appena ho finito di formulare la domanda, nella mia mente si forma l'immagine del sopracciglio di Vaarik figlio di Temnok che scatta verso l'alto, mentre il vulcaniano mi fissa in maniera stranita rispondendo 'Da vulcano', come se fosse la cosa più ovvia dell'universo.
Ed invece il suo volto si fa di nuovo cupo, il suo sguardo non si rivolge verso di me ma verso l'interno e la sua risposta è espressa con tono calmo ma secco.
"Da molto lontano. Se mi vuoi scusare..."
Finito il suo tevesh, e senza aggiungere altro, Vaarik figlio di Temnok si alza e si dirige verso l'uscita del locale.
Resto seduto al mio posto fino a che non ho finito la mia consumazione, chiedendomi dove ho sbagliato stavolta. Chissà, forse avrei dovuto dirgli che sono un IDIC biologico.
"Sono il cadetto 512.4... sono il cadetto Renko, ho appuntamento con il Rettore."
Riesco a correggere appena in tempo l'abitudine di presentarmi con il mio ID genetico per passare all'identificazione alfabetica in uso qui.
Marok, vulcaniano e segretario del Rettore, non smentisce le proprie origini alzando un sopracciglio.
"Ah, certo, l'IDIC biologico. Le ricordo che se non vuole dire a che razze appartiene, può avvalersi del diritto di riservatezza dei dati, non è necessario inventarsi storie assurde."
"Ma è tutto vero, nessuno sul mio pianeta ha idea di quante razze siano state coinvolte effettivamente negli esperimenti."
"Non avete archivi?"
"Anche troppi, ma parte degli archivi originali sono andati distrutti."
Da quello che ci raccontavano quando eravamo bambini, i klingon conducevano interventi di genetica su di una stazione spaziale. Quando fu deciso di abbandonare la sperimentazione, anche gli esseri creati fino allora avrebbero dovuto essere eliminati. Nessuno sa cosa sia successo realmente, fatto sta che la stazione andò distrutta ma qualcuno si salvò: erano i miei antenati. Erano riusciti a salvare una parte degli archivi medici ed alcuni dei mezzi di trasporto assegnati alla stazione.
Dopo varie peregrinazioni raggiunsero Delta Gamma IV. Qui trovarono una sostanza, prodotta dai papaveri blu tipici del mio pianeta, che fu possibile utilizzare per ridurre l'instabilità genetica che uccideva tutti i nuovi nati. Ci vollero anni per imparare a manipolarla, ma ora il 70% degli esseri che creiamo sono stabili.
Tuttavia sembra che il segretario resti molto scettico in materia di storia Delta Gammana, infatti, manco a dirlo, il consiglio che mi dispensa è il seguente.
"Le consiglio di non insistere con la storia delle manipolazioni genetiche klingon di fronte al Rettore. Evidentemente i suoi antenati hanno elaborato questa stravagante storia al fine di spiegare la propria origine. In tutte le culture nascono miti e leggende riguardo la creazione ma in realtà lo sanno tutti che il cambiamento d'aspetto dei klingon deriva dall'effetto delle onde lanciate da V'ger al suo ritorno nel 2271."
Resto impalato e senza parole. Fra tutte le spiegazioni sentite finora questa è la più astrusa e meno logica a cui io mi sia mai trovato di fronte, e me la devo sorbire pure da un vulcaniano.
Marok mi guarda ed alza un sopracciglio, come a chiedersi che sto facendo ancora lì.
"Può entrare adesso, il Rettore l'aspetta."
Ripasso tutto il discorsetto che mi sono preparato mentre la porta del Rettore si avvicina sempre di più. Alenia D'Elena, chissà che tipo sarà? Questa tendenza di identificare gli individui con nomi di fantasia dà veramente pochi indizi su quale potrebbe esserne l'aspetto fisico. Comunque non ha poi tutta questa grande importanza, tanto lo scoprirò fra poco.
Le porte si spalancano, entro e mi ritrovo di fronte un vecchio andoriano che, seduto su una sedia di due taglie più grande, sta ammirando il panorama fuori dalla finestra. Poi preme un pulsante sulla scrivania e dice: "Marok, può fare entrare il prossimo cadetto, ora."
"Sono già entrato, signore."
"Ah, non l'avevo vista. E così lei vorrebbe diventare un ufficiale della Flotta Stellare. Si accomodi, ho proprio voglia di scambiare due parole con lei. Dunque, perché vuole entrare nella Flotta?"
Bene, è il momento, ora gli dico tutto, gli dico degli esperimenti, dei miei antenati che sopravvissero, delle arti marziali esoteriche, dell'astrotraghetto, gli dico...gli dico...
"Per proteggere e servire..."
Stava scritto sul mio DiPAD.
Vorrei fare una buona impressione almeno con il Rettore. Se non lo posso annoiare con la storiella degli esperimenti genetici (come la chiamano qui), come faccio a spiegargli le motivazioni del mio governo?
Sono all'Accademia da meno di ventiquattr'ore e due delle tre persone che ho conosciuto mi hanno detto di non andare in giro ad insistere sull'argomento... e allora che altro posso inventarmi per chiarire le motivazioni che mi hanno portato a essere qui, ora?
Ma devo proprio inventarmi qualcosa, perché non posso dire la verità? Non è che sta iniziando molto bene, questa esperienza.
La nave passeggeri che mi ha portato fino al sistema solare (la coincidenza con il traghetto che ho dovuto prendere all'astroporto di Sirio) era gestita da una società terrestre, ed aveva un intero scompartimento in cui venivano proiettati antichi racconti di intrattenimento.
Per proteggere e servire... già.
Nello scenario più disastroso in cui il mio senso di panico si tuffa, le immagini del film (era così che le assistenti di volo chiamavano il racconto a visione bidimensionale) si sovrappongono alla realtà...
"Tu perché sei qui?"
"Per proteggere e servire..."
"Non farmi perdere tempo con queste str****te! Un altro che vuole propinarmi un libro di testo che ho scritto io!"
Il Rettore sembra piuttosto alterato. Si alza in piedi, si avvicina e mi chiede con tono duro.
"Tu di dove sei Renko?"
"Del Quadrante Beta."
"Renko...ti chiami cosi? Qual è il tuo vero nome?"
"Quello è il mio vero nome."
"No, qual era prima che tu lo cambiassi?"
"512451"
"Ecco lo sapevo, non ci mancava che questa, un ibrido nella squadra!"
"Che cosa ha detto?"
"Che sei un fottuto bugiardo e non hai neanche il coraggio di far sapere a che razze appartieni!"
Il Rettore puntualizza le proprie parole spintonandomi leggermente con una cartelletta. Il palese disprezzo, sommato ad un atteggiamento del genere, mi fa perdere il controllo. Gli spintono le mani, scaraventando a terra la cartelletta. L'andoriano fa per colpirmi ma gli punto alla gola l'affilatissimo shuriken multiuso che ho sempre con me, bloccando il suo gesto.
"Sono sempre meglio di te, porco andoriano puzzolente".
Restiamo cristallizzati nella posizione per un interminabile secondo, mentre mi vedo già sbattuto fuori a calci dal pianeta. E invece, incredibilmente, sul viso del Rettore si fa pian piano strada un sorriso.
"Questo qui mi piace. Fai parte della Flotta Stellare, ragazzo."
"Si? Bene."
"Puoi andare ora."
Fortunatamente questa non è la realtà (la realtà non è mai così semplice) ma un racconto di quel cantastorie che si faceva chiamare De Palma, altro nome di fantasia tirato fuori da chissà dove.
"...Dunque, perché vuole entrare nella Flotta?"
Mi aveva chiesto il Rettore.
"Per proteggere e servire..."
Avevo farfugliato io in risposta.
"Figliolo, se bofonchi in quel modo non riesco a sentirti... dicevi?"
"Dunque, il mio governo, formatosi per ragioni ignote, sta vagliando l'ipotesi..."
"No, no, no, ferma, ferma." dice il Rettore, sorridendo paternamente ma senza perdere la propria compostezza.
"L'ho già letta la tua scheda di ammissione, quello che voglio sapere è se sei qui solo perché ti ci hanno mandato. La carriera nella Flotta non può essere affrontata di malavoglia o per dovere imposto, se così fosse partiresti con lo spirito sbagliato, figliolo."
Il Rettore parla sempre con tono molto pacato ma la ramanzina che esce dalle sue labbra viene espressa in maniera piuttosto ferma, decisa e gentile.
"Abbiamo milioni di iscrizioni ogni anno e non possiamo soddisfarle tutte, per questo mettiamo particolare attenzione nel vagliare chi ammettere o meno. Pur tuttavia, alcuni abbandonano gli studi solo dopo qualche anno, scelta saggia, se hanno capito che la vita della Flotta non fa per loro e su cui nessuno recrimina. Il punto è, figliolo, che per riuscire a diventare ufficiali, bisogna avere un certo tipo di motivazione che non può derivare dall'esterno. Capisci dove voglio arrivare?"
"Crede che vi farò perdere tempo."
"Il tempo è esperienza, e non viene mai perso."
Il Rettore si appoggia sullo schienale imbottito della grande poltrona, mettendosi comodo e continuando a fissarmi con sicura tranquillità.
"L'incarico di Gran Rettore non mi lascia più il tempo di tenere dei corsi come insegnante, questo un po' mi dispiace perché sono uno di quegli istruttori a cui piace conoscere i propri ragazzi. Suppongo che i membri del governo di Delta Gamma IV non ti abbiano legato, imbavagliato e spedito sulla Terra come un pacco. Dunque, perché ti trovi qui?"
"Quando ho iniziato a vivere, Delta Gamma IV era già uscito dall'isolamento e avevamo già instaurato rotte commerciali con altri settori. Io ho anche lavorato su un astrotraghetto per un certo periodo."
Sebbene la stia prendendo un po' molto alla lontana, il Rettore non mi ferma nè dice nulla. Si limita ad ascoltare paziente quello che ho da raccontare.
"Quando sono venuto a conoscenza della filosofia dell'IDIC, intendo una conoscenza reale, non per sentito dire, sono rimasto fulminato, io, come molti miei complanetoidi. Del resto, come altro potevamo rimanere? Noi siamo IDIC biologici! Facendo ricerche più approfondite riguardo questa filosofia, ho iniziato a vedere la Federazione sotto una diversa angolazione. Un'Unione di Pianeti con culture estremamente diverse fra loro ma che riescono a coabitare. Ho sentito che questo era il mio posto, io sono un IDIC biologico, ho vissuto in una società, per forza di cose, 'IDICante' ed ora lavorerò per una forma di governo basata sull'IDIC. C'è un filo di continuità in tutto questo, non trova? Non importa se anche alla fine il Consiglio Federale non terrà conto del mio/nostro operato al momento di vagliare la domanda d'ammissione di Delta Gamma IV; o se anche alla fine non ci sarà una domanda d'ammissione. Magari il mio governo ad un certo punto dirrà 'Ok ragazzi, basta. Adesso tornate.' Come posso saperlo? Però non mi pentirò del periodo trascorso in Accademia se, come mi aspetto, la Flotta rispecchia gli ideali della Federazione e forma i suoi cadetti di conseguenza. Studierò e lavorerò, farò ciò che è necessario per diventare un ufficiale."
Cala un velo di silenzio o, a scelta, un velo pietoso. Ho parlato tanto da confondermi le idee. Il Rettore tuttavia, per una qualche strana ragione che sa solo lui, sembra non aver trovato né pietoso, né confuso il mio discorso. Anzi, sorride quasi, e come possa riuscirci pur mantenendo una maschera di austerità è per me un mistero.
"E così troverai il tuo ruolo nell'universo. Sai quanti cadetti giungono qui con le medesime aspettative? La Flotta ha un compito molto, molto gravoso in fin dei conti."
E adesso?