| |
| Che
cos'è il cyberpunk |
Questa
è una domanda a cui è difficile dare una risposta univoca,
giacché il termine oramai denota sia un aspetto letterario che un
ambito più propriamente politico. All'inizio questa definizione
è stata coniata per indicare un variegato movimento di
fantascienza, essenzialmente ma non solo americano. Composto da
persone per lo più giovani di età, la media di ognuno di essi è
sui trent'anni, esso ha attraversato in maniera partecipe gli anni
Ottanta, vivendone completamente le intime contraddizioni. Sono
scrittori quindi, come ci segnala Sterling nella sua prefazione a Mirrorshades,
che hanno vissuto, dentro e persino sotto la propria pelle, un
rapporto intimo con la tecnologia, diversamente da quanto successe
negli anni Sessanta, tutta lavatrici e lavastoviglie. I micidiali
anni Ottanta fatti di walkman, stereo portatili,
videoregistratori, batterie elettroniche, videocamere portatili,
televisioni ad alta definizione, telex, fax, laser-disc, antenne
paraboliche per captare i segnali dei satelliti, cavi a fibre
ottiche, personal computer, chirurgia plastica, la rete semiotica
onnicomprensiva, il tendenziale superamento del sistema-mondo in
"un globale sistema nervoso che pensa per se stesso".
Tutto l'intero sistema delle merci fonda in maniera sotterranea,
ma decisiva, la costituzione di senso nella produzione letteraria
del cyberpunk.
Per la prima volta nella storia della letteratura tale rapporto
con la macchina non viene visto quasi fosse una dimensione
negativa, ineluttabile, da scansare non appena possibile. Orwell
è dietro l'angolo, Frankeinstein un lontano ricordo dell'epoca
del moderno. Il cyber presuppone un nuovo rapporto organico con la
tecnologia. Essa permette, difatti, l'estensione delle capacità
dell'uomo e finalmente il superamento dei suoi limiti. Nessuna
ferita altrimenti mortale spaventa più l'uomo del futuro
prossimo, la neurochirurgia saprà implantare nuove membra
artificiali in corpi, oggi, al più buoni per il solo cimitero del
rottame. Viene risolto con un colpo di spugna il problema della
morte, un tema questo che, per altra via, anche lo stesso Leary
(uno dei capofila della tendenza cyber-psichedelia) considera
risolvibile tramite automanipolazioni psichiche del proprio DNA.
Si potrebbe suggerire a questo punto che nulla di nuovo in effetti
è apparso sotto il sole. Il tema dell'immortalità è un sogno da
sempre ricorrente nella letteratura, soprattutto in quella dove più
forte è il tributo all'ispirazione religiosa. Allora in cosa
consiste la novità?
| Alla
ricerca del Cyberpunk |
Ancora
una volta lo scritto, in precedenza citato, di Sterling può
permetterci di intuire la strada più fertile per un approccio
esaustivo al problema. Egli difatti richiama con dovizia di
particolari il debito che tutti questi scrittori nutrono da una
parte, come è logico che sia, verso il tradizionale filone della
fantascienza, ma dall'altra anche verso tutti quei movimenti
giovanili di resistenza che hanno contrassegnato la storia, dagli
anni Sessanta in avanti. Movimenti questi che hanno sempre avuto
un rapporto intenso con le tecnologie, con gli strumenti
elettrici, con la produzione di musica e degli effetti speciali.
Analogamente all'hard rock, ad esempio, lo stile letterario del
cyberpunk vuole coscientemente essere un muro del suono, un tutto
pieno, dettagliato, analitico, dove venga a mancare il tempo per
tirare il fiato e quindi adagiarsi nella riflessione. Questo stile
ha un che di assolutamente nervoso, alcune volte difficile da
seguire nelle sue circonlocuzioni, spesse volte derivate dallo
slang di strada. Esso difatti pone al centro delle proprie trame
dei personaggi che sono completamente "altro" rispetto
alla tradizione letteraria. Come ci segnala acutamente Saucin nel
suo saggio contenuto in Cyberpunk Antologia, essi sono puttane,
biscazzieri, punk, trafficanti, ladri, hackers, pirati
informatici, balordi di strada, con poca o nessuna voglia di
lavorare, immersi solamente in ciò che produce gioia. E' un
filone letterario che recupera organicamente alcune delle tensioni
sociali esistenti. Giustamente Downham, postsituazionista
londinese, ha definito il genere "una scrittura tecno-urbana,
fantascienza sociale, postsituazionista, tecno-surrealista".
Ma cyberpunk è anche "strategia operazionale di resistenza,
estetica da dura garage-band, cultura pop(olare)". Quindi
descrive un ambito sociale che sempre è stato tagliato fuori
dalla scrittura ufficiale, ignorato, vilipeso o, molto peggio,
dichiarato come assolutamente non esistente.
Viene assunto il mondo dei reietti da Dio come protagonista
ufficiale di uno scenario assolutamente nuovo, di una scrittura
assolutamente nuova. Uno stile quindi superrealista. Viene quindi
inventato un diverso immaginario sociale, che d'altronde
sotterraneamente è già esistente da tempo, che unisce insieme
fascinazioni tecno-pop e pratiche esistenziali di resistenza e
sopravvivenza quotidiana.
Per la prima volta dai tempi dell'esperienza hippie viene quindi
forgiato un immaginario collettivo vincente, che sa collocare in
maniera adeguata e accattivante alcune delle aspirazioni che
percorrono i senza parola della società post-industriale. Vi è
quindi da parte nostra un'adesione d'istinto a ciò che il
cyberpunk finora, come scrittura e socialmente, è stato.
| Cinema |
Che
fine farà la nostra anima quando Chris Winter della
Brithish Telecom la frantumerà nel silicio di un chip? La
notizia di un grosso investimento per lo studio del
microchip dell'immortalità, il "soul catcher",
capace di immagazzinare in presa diretta i pensieri e le
sensazioni dell'intera vita d'un uomo è di pochi mesi fa.
Come previsto, l'invasività di una tecnologia ad
altissima densità aumenta a vista d'occhio, una
rivoluzione biotecnocibernetica che sta mutando gli esseri
umani. Situazioni e scenari ben noti a chi frequenta le
sale cinematografiche o, ancor meglio, il magmatico
mercato dell'home-video, che da qualche anno sforna sempre
più di frequente film basati sulle situazioni e le idee
dei romanzieri cyberpunk. Action-movies prodotti in serie
per l'intrattenimento, che pur nelle ristrettezze di opere
spesso poco brillanti, non tradiscono la visione di fondo
di questi scrittori che hanno scommesso su un mondo
(futuro?) sempre più hardwarizzato e softwarizzato, dove
la carne è il circuito stampato sul quale innestare
metallo e dare energia. Così, da Tetsuo in poi,
l'uomo ha confuso i muscoli con il ferro e l'acciaio,
cyborghizzando sempre più il suo corpo con protesi ed
escrescenze metalliche, a mano a mano assorbite e digerite
al punto da non sapere quanto resti di umano. Un cinema,
quello cyber, che mette al centro di tutto computer,
controllo dell'informazione e potere temporale esercitato
con ogni tipo di androidi, cyborg e replicanti, esseri
umani spinti verso l'omologazione con le macchine o verso
l'estinzione. I registi, dai più ai meno conosciuti, si
divertono a comporre affascinanti panoramiche su mondi
virtuali e vertiginosi tuffi nella virtual reality, in
città stato dalla dubbia transnazionalità, a mettere
sullo sfondo delle loro avventure la frantumazione di
paesi e frontiere e che ai governi si sono sostituite
potentissime Zaibatsu.
Ciò che era nei libri vive sull'immacolato candore dello
schermo e nel traslucido vetro dei televisori. Gli
indovini credevano molto al potere divinatorio del
cristallo, e osservandone le profondità prevedevano
l'avvenire, come noi quando guardiamo la superficie di un
monitor.
Quindi intendiamo per cinema cyber quei film ove la
tecnologia si è fatta quotidianità, dove la protesi è
normalità, dove la macchina ha mutato definitivamente la
struttura corporea.
Ecco un'indicativa lista curata da Roberto S.
Tanzi e Gianluigi Negri che
stanno preparando una pubblicazione sull'argomento:
| Liquid
Sky di Slava
Tsukerman (1982)
| Tron
di Steven Lisberger (1982)
| Videodrome
di David Cronenberg (1982)
| Blade
Runner di
Ridley Scott (1982)
| Wargames
di John Badham (1983)
| Decoder
- Il film di
Klaus Maeck (1984)
| Terminator
di James Cameron (1984)
| Max
Headroom di
Rocky Morton e Annabel Jankel (1985)
| Aliens
- Scontro Finale
di James Cameron (1986)
| Robocop
di Paul Verhoeven (1987)
| Split
di Chris Shaw (1988)
| Misteriose
Forme di Vita
di T.C. Blake (1988)
| Akira
di Katsuhiro Otomo (1989)
| Cyborg
di Albert Pyun (1989)
| Sotto
Shock di Wes
Craven (1989)
| Tetsuo
- L'uomo d'acciaio
di Shinya Tsukamoto (1989)
| Cyberpunk
videozine vol. I
Shake Edizioni (1990)
| Robocop
2 di Irvin
Kershner (1990)
| Hardware
di Richard Stanley (1990)
| Atto
di forza di
Paul Verhoeven (1990)
| Terminator
2 di James
Cameron (1991)
| Mindwarp
- Futuro virtuale
di Steve Barnett (1991)
| W.S.
Burroughs - Commissioner of Sewers
di Kalus Maeck (1991)
| Cyberpunk
videozine vol.II Shake
Edizioni (1991)
| Il
Pasto Nudo di
David Cronenberg (1991)
| Fino
alla fine del mondo
di Wim Wenders (1991)
| Il
Tagliaerbe di
Brett Leonard (1992)
| Tetsuo
II - Martello di carne
di Shinya Tsukamoto (1992)
| Killer
Machine di
Rachel Talalay (1993)
| Robocop
3 di Fred
Dekker (1994)
| Rivelazioni
Barry Levinson (1994)
| Cyborg:
La Vendetta - Nemesis
di Albert Pyun (1995)
| Nemesis
II - Cyborg Terminator 3
di Albert Pyun (1995)
| Cybertech
PD di Rick
King (1995)
| Johnny
Mnemonic di
Robert Longo (1995)
| Strange
Days di
Kathryn Bigelow (1995)
| Ghost
in the Shell
di Mamoru Oshii (1995)
| La
Città dei Bambini Perduti
di Jean Pierre Jeunet e Marc Caro (1995)
| Il
Tagliaerbe II
di Farhad Mann (1995)
| Hackers
di Ian Softley (1996)
| Timothy
Leary's Dead
di Paul Davis (1996)
| The
Net di Irwin
Winkler (1996)
| Sleepstream
di Steven Lisberger |
| | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |
| Gli
ispiratori |
L'ispirazione nei
confronti del mondo underground non può però
essere limitato a quanto riferito
precedentemente. Tra gli ispiratori ritroviamo
due grandi nomi, due grandi vecchi: William
Burroughs e J.G. Ballard. In realtà Ballard non
può essere visto come un frequentatore delle
situazioni "contro". Bisogna comunque
considerare che da sempre egli è stato adottato
dal movimento antagonista e controculturale
internazionale, a causa del suo stile
assolutamente analitico, descrittivo,
perturbante, quasi psicoscientifico,
spregiudicato. La sua scrittura è un bisturi,
si è detto in parecchie occasioni. Inoltre
un'altra sua intuizione, conseguente del resto
allo stile fenomenologico della sua scrittura
clinica, ha fatto sì che egli diventasse un
totem assoluto per il cyberpunk: lo spazio
interno. Per spazio interno si intende
coerentemente quell'implosione psichica senza
ritorno che i protagonisti dei suoi romanzi
vivono, in concorrenza di avvenimenti esterni
spaesanti. Come in Deserto d'acqua, uno
dei suoi romanzi più forti ed evocativi, in cui
Kerens "Ricordò le iguane strillanti sui
gradini del museo. Proprio come la distinzione
tra il significato latente e quello manifesto
del sogno aveva perso ogni valore, così non
aveva senso qualsiasi distinzione fra il reale e
il super-reale nel mondo esterno. Fantasmi
scivolavano impercettibilmente dall'incubo alla
realtà e viceversa; il panorama terrestre e
quello psichico erano ora indistinguibili, come
lo erano stati a Hiroshima e ad Auschwitz, sul
Golgota e a Gomorra". Così Bodkin gli
rispose: "I residui del tuo controllo
cosciente sono gli unici speroni che tengono in
piedi la diga". "I meccanismi di
liberazione innati, impressi nel tuo citoplasma
milioni di anni fa, sono stati risvegliati, il
sole in espansione e la temperatura in aumento
ti stanno spingendo indietro, lungo i vari
livelli spinali, nei mari sepolti, sommersi
sotto gli strati infimi del tuo inconscio, nella
zona interamente nuova della psiche neuronica.
Si tratta di trasposizione lombare, di memoria
biopsichica totale. Noi ricordiamo veramente
queste paludi e queste lagune." Abbiamo
riportato questa lunga citazione da Ballard
proprio perché estremamente significativa
rispetto al concetto in esame. Del resto non
sono forse spazio/tempo interni l'esagerato
implodere del disagio psichico in angoscia o,
per altri versi, il fare all'amore in maniera
ubriacante? In realtà il concetto stesso si
presta a numerose valutazioni e contaminazioni.
Nel cyberpunk in particolare ciò ha attivato
l'ispirazione per l'utilizzo del termine di
spazio virtuale. In realtà il rapporto di
filiazione tra i due termini è sufficientemente
diretto, così come del resto non sono
necessariamente contraddittori per certi versi
quelli di spazio interno ed esterno. Alcuni
hanno creduto difatti di poter distinguere due
diversi centri di irradiazione culturale alla
base della fantascienza più recente. Da una
parte Ballard stesso col suo teorema letterario
di spazio interno, da cui deriverebbe la
tendenza Umanista. Dalla parte dello spazio
esterno Dick e, per ragioni immaginativo-sociali,
Blade Runner, da cui ne conseguirebbe in linea
diretta la produzione più propriamente
cyberpunk. In realtà in più occasioni sia
Sterling che lo stesso Gibson sono intervenuti
sulla questione, suggerendo che questa fosse
tutta una storia inventata dai critici, visto
che i due concetti di spazio interno/esterno
debbono essere considerati sostanzialmente come
non contraddittori tra loro.
Per ritornare ancora a Ballard, la stessa
rivista americana "Research", che in
più occasioni ha tratteggiato quelli che sono i
miti, le letture, i film più seguiti dalle
nuove generazioni alternative, ha dedicato a
questo grande scrittore addirittura un intero
numero monografico. Stessa sorte peraltro è
stata riservata, dal collettivo redazionale di
Research, a Burroughs, il quale nonostante tutto
è più interno alla storia del movimento,
giacché ancor oggi vi partecipa
occasionalmente, in quelle che considera le
situazioni più stimolanti. Di Burroughs in
particolare, Sterling richiama del resto i suoi
esperimenti degli anni Sessanta sulla tecnica
del cut-up. Questa pratica suggerisce che,
tagliando e rimontando casualmente qualsiasi
tipo di informazione, alla fine si otterrà di
comprendere il vero senso del messaggio,
indipendentemente dalle manipolazioni nel
frattempo intervenute (cfr. La rivoluzione
elettronica).
Sia Ballard che Burroughs tendono a esprimere
nella loro scrittura le contraddizioni che si
danno nel reale, fino ad assumerle come indici
generali intorno a cui far ruotare le dinamiche
narrative. Come suggerisce Mei ne La giungla
del futuro lo stesso Ballard "tende a
rendere questa profonda dissociazione
dell'esperienza contemporanea con bizzarri
collages verbali, ripresi da riviste di moda e
di armi, inserti tecnologici, avvisi
pubblicitari, listini di borsa".
Similitudini queste che richiamano la scrittura
mediale del misterioso Thomas Pynchon, anche lui
osannato da Sterling. Come riporta Riotta in un
suo servizio, Pynchon nel suo ultimo libro, dopo
diciassette anni di silenzio, unisce insieme
argomenti apparentemente poco letterari quali
"il cioccolato solubile Nestlé, i sarti
Clavin Klein, Cerruti, Azzedine Alaia, Yves St.
Laurent, la grinta di Clint Eastwood, continui
riferimenti a titoli di film, indicati persino
con la data di produzione, Guerre Stellari III,
Jason il mostro di Venerdì 13, Titti e il Gatto
Silvestro, Nixon, Reagan, i terroristi, Mario
Savio (il Capanna americano), la Diet Pepsi
Cola, il dottor Spock di Star Trek, la
birra messicana Dos Equis e il campionato di
basket della NBA". Per certi versi un
analogo percorso segue Burroughs, il quale parte
"dalla dissociazione psichedelica per
presentare sotto forma di dissolvenze incongrue
e casuali, esperienze al limite della
disgregazione psichica e del delirio"(Mei).
E' questo il caso difatti de il Pasto nudo
e de La morbida macchina.
|