Autocobustione Umana

 

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LA COMBUSTIONE UMANA SPONTANEA

 

PUO' UN CORPO UMANO PRENDERE IMPROVVISAMENTE FUOCO E DIVENTARE CENERE NEL GIRO DI POCHI MINUTI?
Un po' di ceneri, di ossa e molto fumo: è tutto quello che resta di un essere umano dopo una combustione spontanea. Gli esempi non mancano: ciò che manca è la spiegazione scientifica del fenomeno.

Di tutti i fatti lasciati inspiegati dalla scienza, la combustione umana spontanea è uno dei più sconcertanti.

Uno dei primi casi registrato in Italia è datato 4 aprile 1731 ed ha per protagonista Cornelia Bandi, una contessa veronese di sessantadue anni con una salute di ferro. Quella sera, si addormentò dopo aver chiacchierato con la sua cameriera. L' indomani mattina, verso le 8,30, come sempre, la cameriera andò a svegliare la padrona.

Ai suoi occhi si presentò un orribile spettacolo: "il pavimento della camera", riferisce una cronaca dell' epoca, "era cosparso di grosse macchie umide e vischiose, mentre un liquido giallastro colava lungo la finestra". Tracce di fuliggine imbrattavano i mobili. Al contrario, il letto non era stato danneggiato e le coperte spiegazzate indicavano che la contessa Bandi aveva avuto il tempo di alzarsi. Giaceva a poca distanza dal letto stesso: un piccolo mucchio di ceneri, le gambe intatte, sempre inguainate di seta, metà della scatola cranica. Il medico legale e le autorità furono incapaci di spiegare che cosa potesse essere accaduto. Il magistrato incaricato di stendere il rapporto, scrisse: "Sembra che nel petto della contessa si sia acceso un fuoco spontaneo". E chiuse il caso.

L' osservazione di quanto accadde alla contessa Bandi coincide con ciò che è stato osservato in occasione di altri casi di combustione umana spontanea.

Nel 1725, a Reims, in Francia, Jean Millet, un albergatore, venne processato, accusato di aver ucciso la moglie bruciandola nel camino. Della donna erano visibili pochi resti, ad una trentina di centimetri dal camino medesimo. Quaranta centimetri di pavimento erano bruciati vicino al corpo, ma alcuni mobili posti lì accanto erano intatti. Lecat, un giovane medico, riuscì a convincere i giudici che non si era trattato di una morte "normale", ed essi ammisero l' esistenza di una sorta di "fuoco divino" lanciato da Dio per castigare la moglie dell' albergatore, conosciuta da tutti come ubriacona.

Sempre in Francia, a Caen, il 3 giugno 1782, un' anziana donna svanì in fumo. Mèrille, il medico incaricato di esaminare il caso, scrisse:"Il capo era posto su uno degli alari, a quarantacinque centimetri dal fuoco. Il resto del corpo giaceva di traverso, davanti al camino, ed era ridotto ad un mucchietto di ceneri. Benchè fosse una giornata fredda, nel focolare c' erano solo due o tre pezzi di legno bruciati". Onestamente, aggiunse che, nella giornata precedente la tragica fine, l 'anziana donna era stata vista da alcuni testimoni bere parecchi litri di vino e molto cognac.
Tale osservazione ha spinto un medico legale americano, Dixon Mann, ad avanzare l' ipotesi che i casi di combustione umana spontanea si spiegherebbero con lo stato di assorbimento alcolico particolarmente pronunciato delle vittime: in questo caso sarebbe sufficiente una scintilla per farle bruciare. Tuttavia (e lo stesso dottor Mann dovrà riconoscerlo) si sono verificati altri casi le cui vittime avevano sempre bevuto solo acqua.

Un giorno del 1885, in un paese della Florida, la signora Thomason si recò a far visita alla signora Reeser, una sua inquilina. Non avendo ricevuto risposta ai colpi battuti alla porta e messa in allarme da un odore di bruciato, chiamò i pompieri, che, abbattuto l' uscio, trovarono l' appartamento intatto. In mezzo al salotto c' era però una grossa poltrona completamente bruciata, una macchia nera sul pavimento ed il tappeto carbonizzato: della signora Reeser si rinvennero solo pochi resti. I medici legali, non essendo in grado si spiegare il fenomeno, archiviarono il caso.


I resti della signora Reeser: un mucchietto di cenere

Quando gli episodi imbarazzanti non vengono messi da parte, sono ridicolizzati. Il 22 marzo 1908, a Whitley Bay, una piccola città del Northumberland, Margaret Dewar trovò in fase di combustione la sorella Wilhelmina. Dopo aver chiamato i vicini entrò di nuovo nella stanza: si scoprì che la donna era morta ma che le lenzuola e le coperte del letto non erano affatto bruciate: inoltre, non si vedeva traccia di fumo nella casa. Durante l' inchiesta Margaret continuò a sostenere il proprio racconto. In tribunale, tuttavia, ritrattò la deposizione, ammettendo di aver scoperto la sorella bruciata, al pianterreno della casa, e di averla aiutata a salire le scale e a mettersi a letto, dove era morta. I medici legali posero agli atti questa deposizione senza batter ciglio, dichiarando chiuso il caso. In realtà, erano state esercitate pressioni su Margaret perchè modificasse la prima versione, cosa che la donna aveva fatto senza curarsi di una grossa incongruenza: come avrebbe potuto Wilhermina, scoperta in stato di combustione al pianterreno, trasformarsi sul letto in un corpo arso lasciando intatte coperte e lenzuola?

Per il dottor Wilton Krogman, che si è interessato di molti casi di combustione spontanea, occorre una temperatura di almeno 1650 °C per bruciare un corpo umano; un tale calore ridurrebbe tutto in fiamme in un raggio considerevole e potrebbe incendiare una casa.


Un caso di combustione spontanea: la testa e le spalle della vittima sono intatte
così come l' arredamento intorno, mentre il resto del corpo si è dissolto in cenere.

Ma i casi di combustione umana spontanea risparmiano sovente l' ambiente circostante. Nel caso di Caen il rapporto del medico è chiaro: "Nessun mobile dell' appartamento aveva subito danni. Si ritrovò la sedia su cui la signora si era seduta, intatta, ad una cinquantina di centimetri. Il corpo si era consumato in meno di sette ore, mentre nient' altro, all' infuori degli abiti, era bruciato".


Il fuoco intenso di un forno crematorio impiega ore ed ore per
incenerire le carni di un corpo umano, mentre le ossa rimangono
praticamente intatte: al contrario la combustione umana spontanea
riduce in cenere anche le ossa delle vittime

Alcuni scienziati hanno pensato ad una specie di "dissoluzione" fisica, conseguente all' assunzione di certi medicinali, però le inchieste relative ai casi di combustione umana spontanea hanno spesso dimostrato che le vittime non prendevano nessun tipo di medicinale.
Durante gli ultimi decenni sono stati segnalati episodi riconosciuti di combustione umana spontanea, e nessuno è mai stato spiegato.

Uno dei casi più famosi di combustione umana spontanea è quello investigato da John Heymer, un agente della Scientifica in forza al Criminal Investigation Department. In una fredda giornata del 1980 venne chiamato ad investigare un caso di "morte per combustione" avvenuto a Gwent, nel Galles. Entrando nell' abitazione in cui si era verificato il fatto, Heymer rimase sorpreso dal calore intenso e dall' umidità eccezionale. C' era una strana luce arancio-rossastra. Sul tappeto notò un cumulo di cenere bianca brillante: ad un' estremità c' erano i piedi, appartenenti ad un individuo di sesso maschile, infilati in un paio di calze bianche: all'altra, un cranio annerito. era quello che rimaneva di Henry Thomas, un uomo di 73 anni.


I resti di Henry Thomas

Tranne i due terzi della poltrona sulla quale il povero Thomas doveva essere seduto, nella stanza null' altro era bruciato. La luminescenza arancione era il risultato della luce elettrica e di quella del giorno che filtravano da uno strato appiccicoso di carne vaporizzata e condensata, saldamente attaccato a qualsiasi oggetto si trovasse nella stanza. Il tappeto e la moquette sotto il cadavere erano carbonizzati solo per alcuni centimetri oltre il bordo del mucchio di cenere. Il medico legale confermò che la poltrona era bruciata solo mentre era a contatto con il corpo, e che quando era crollata, facendo crollare il corpo in fiamme sul pavimento, aveva smesso di bruciare. Gli altri arredi della stanza non avevano preso fuoco poichè l' ossigeno contenuto nell' ambiente si era rapidamente esaurito nella vampata iniziale. Inoltre la porta d' accesso alla stanza era sigillata da una guarnizione contro il freddo ed impediva il ricambio di ossigeno sufficiente ad alimentare la combustione.

Allora perchè il corpo continuò a bruciare sino a diventare un mucchietto di cenere bianca? Lo stesso medico avanzò l' ipotesi che Thomas, non fumatore, prima fosse accidentalmente caduto a testa in giù nel caminetto acceso, prendendo fuoco. Pensò che poi, presumibilmente, fosse tornato a sedersi in poltrona davanti al televisore, bruciando tranquillamente sino alla morte.

Questa incredibile ricostruzione dei fatti fu accettata e Heymer rimase stupefatto. Dopo aver soppesato i fatti, si era convinto di essere di fronte ad un caso di combustione umana spontanea. Ne informò i superiori, che respinsero la sua tesi, affermando che le cause della morte erano chiare.
Ma se Henry thomas era davvero caduto nel caminetto, perchè si era seduto in poltrona invece di cercare di spegnere le fiamme? E se non era caduto nel caminetto, come era cominciata la combustione del suo corpo? E perchè nella stanza non era bruciato nient' altro mentre il cadavere di Thomas era ridotto in cenere?

Uno dei più importanti argomenti a favore della combustione umana spontanea è il fatto che nemmeno i forni crematori riescono ad incenerire completamente i cadaveri. Le ossa bruciate che rimangono dopo la cremazione devono essere ulteriormente frantumate con una macchina chiamata "cremulator". La cenere che ne risulta è grigia, e non bianca. Le ceneri di Thomas erano invece di color bianco candido, fatto indicativo di una temperatura molto più elevata dei 900 gradi di un forno crematorio.

Nel 1986, quando un uomo di 58 anni bruciò nella sua casa di New York, tutto ciò che rimase di lui furono poche ossa e due chili di cenere. Per incenerire un corpo umano in maniera così completa, il fuoco dovrebbe raggiungere una temperatura di 2500 gradi.
Un incendio domestico, capace di distruggere un edificio intero, raggiunge in media una temperatura di 200 gradi.


I resti di Helen Conway, 51 anni, della Pennsylvania.
Come nella maggior parte dei casi di combustione umana spontanea,
il fuoco ha distrutto il corpo e risparmiato le estremità.


In condizioni normali invece le estremità sono le prime a bruciare.

Durante gli ultimi decenni, si sono verificati spidodi di presunta combustione umana spontanea, senza che nessuno venisse spiegato. Tre casi sono addirittura capitati nello stesso giorno: il 7 aprile 1978, al largo delle coste dell' Irlanda, il comandante in seconda del cargo "Ulrich" si preoccupò per improvvisi movimenti disordinati della nave; con sorpresa scoprì che il timoniere era scomparso. Al suo posto, un mucchietto di ceneri ed un paio di scarpe bruciacchiate. Il cielo perfettamente limpido escludeva ogni possibilità di un fulmine imprevisto.

Sempre in quella data, in un paese dell' Inghilterra, la polizia scoprì, sul sedile di un autocarro rovesciato in un fossato, delle ossa annerite insieme a cenere grassa: era tutto quanto restava dell' autista, George Turner. I cuscini dell' autocarro, invece, risultavano appena intaccati dal fuoco.


Altro caso di presunta combustione umana spontanea: del corpo rimane solo cenere.

E sempre lo stesso giorno, vicino a Nimega, in Olanda, in un' auto intatta si rinvenne ciò che rimaneva del proprietario, un commerciante, "bruciato al di là di ogni possibilità di identificazione".
Sempre lo stesso giorno. Come mai? Si sono formulati in merito vari tentativi di spiegazione senza tuttavia arrivare ad alcuna conclusione soddisfacente.

Negli ambienti scientifici si ritiene di poter spiegare i casi di combustione umana spontanea con la teoria del cosiddetto "effetto stoppino": se un uomo è obeso ed è vestito con vari strati di indumenti infiammabili, questi ultimi funzioneranno da "stoppino" esterno, permettendo al grasso del corpo di bruciare come una candela. Se poi il contatto con una fiamma molto calda è sufficientemente prolungato e nell' ambiente c' è una buona fonte di ossigeno, allora non è necessario che la vittima sia obesa.

Un caso ben documentato di "effetto stoppino" fu esaminato nel 1965 dal professor Gee, presso il Leeds University Hospital. La vittima era una donna di 85 anni colpita da ictus cerebrale o da infarto e caduta nel caminetto acceso. Il cadavere era bruciato col meccanismo ipotizzato della teoria dell' effetto stoppino, tuttavia i resti carbonizzati erano differenti da quelli caratteristici dei casi di combustione umana spontanea.

Nel campo delle ricerche sulla combustione umana spontanea, l' agente Heymer è uno dei più autorevoli esperti al mondo. Altra figura importante è Larry Arnold, capo di ParaScience International, un gruppo americano di ricerca sui fenomeni paranormali. Entrambi hanno raccolto un gran numero di prove che tendono a negare la validità della teoria dell' effetto stoppino come spiegazione dei casi di combustione umana spontanea. Queste prove dimostrano che, in alcuni casi, il fuoco ha origine all' interno del corpo e raggiunge temperature talmente elevate da ridurre le ossa in cenere.

Cercando una causa che rendesse ragione di tutti i dati acquisiti, Heymer si è convinto che il fenomeno della combustione umana spontanea sia dovuto ad una reazione tra idrogeno ed ossigeno che avviene a livello cellulare all' interno del corpo umano. La potenza di una corretta miscela di questi due elementi può essere osservata nei veicoli spaziali come lo Shuttle, che utilizzano proprio idrogeno ed ossigeno come combustibili per la fase di lancio. E' quindi evidente che la reazione idrogeno-ossigeno può produrre calore sufficiente a ridurre le ossa umane in cenere bianca.

Ma ci sono altre teorie riguardo a questi casi, come fulmini globulari e forze magnetiche, ma nessuna suffragata da prove tangibili.

Ci sono alcuni testimoni di incendi verificatisi senza ragioni apparenti.

Uno di questi è il vigile del fuoco Jack Stacey, che a Londra venne chiamato per l' incendio di una casa diroccata. La costruzione non aveva nessun danno riconducibile all' azione del fuoco ma, ispezionando l 'interno, Stacey s' imbattè nel corpo incendiato di un vagabondo, conosciuto dagli abitanti del posto con il nome di Bailey. "A livello dell' addome c' era uno squarcio di circa 10 centimetri", ricorda Stacey. "La fiamma usciva da quello spacco con forza, come in una lampada a gas". Per spegnere quella fiamma, Stacey dovette introdurre l' idrante nel corpo del vagabondo, estinguendo il fuoco, come disse, alla sua origine. "Non ho alcun dubbio che la combustione sia iniziata all' interno del corpo", concluse Stacey. Il caso venne archiviato come "morte dovuta a fiamma ignota".


Il vagabondo Bailey aveva i denti conficcati in una scala di mogano, quindi
era vivo quando ha cominciato a bruciare. i vigili del fuoco ebbero bisogno
di un palanchino per aprirgli le mascelle.


Nel 1982, a Edmonton, nei pressi di Londra, Jeannie Saffin, una minorata mentale di 62 anni, prese fuoco mentre era seduta su di uno sgabello di legno nella cucina della sua abitazione. L' attenzione di suo padre, che era seduto poco distante, venne attratta da un lampo improvviso di luce. Girandosi verso Jeannie, egli vide che era avvolta dalle fiamme, soprattutto sul viso e sulle mani, ma non piangeva nè si agitava. Il padre la spinse sul lavandino e chiamò il cognato che arrivò in tempo per vedere la donna in piedi, con la faccia e l' addome divorati da vampate di fuoco crepitanti. Le fiamme vennero domate ma la sventurata morì in ospedale.

Il cognato di Jeannie, Donald Carrol dichiarò: " Le fiamme le uscivano dalla bocca come fosse un drago, facendo un rumore come un ruggito".

L' inchiesta sulla morte di Jeannie venne differita in modo da dare il tempo alla polizia di accertare le cause di quel fenomeno. L' agente di polizia incaricato di assumere le informazioni non trovò alcuna spiegazione e lo scrisse nella sua relazione; poi disse ai parenti di Jeannie che egli riteneva la loro congiunta vittima di un episodio di combustione umana spontanea.
Il verdetto dell' inchiesta attribuì il fatto ad una "tragica fatalità". Il medico legale, dottor J. Burton, disse alla famiglia: "Comprendo i vostri sentimenti ma non posso menzionare per iscritto la combustione umana spontanea, perchè una cosa simile scientificamente non esiste. Nella relazione dovrò parlare di fatalità".

Il defunto professor Beach, del Politecnico di Brooklin, riteneva che le sventurate vittime di casi di combustione umana spontanea fossero soggetti particolarmente predisposti ad accumulare elettricità statica e, al contrario della stragrande maggioranza degli esseri umani, il loro organismo non la "scaricava" , fino a che non "esplodevano" per il sovraccarico.
Ci sono, dunque, degli esseri umani dalla complessa costituzione fisiologica, esseri elettrodinamici, così carichi di energia da risultare vittime potenziali di combustione spontanea, o addirittura tali da poter essere definiti "bombe umane"?

Ovviamente per quanto riguarda i casi segnalati nei secoli scorsi non è consentito formulare ipotesi plausibili: infatti è più che possibile che fenomeni a quei tempi giudicati inesplicabili avrebbero potuto trovare una spiegazione logica se fossero accaduti ai giorni nostri. Troppo spesso nelle cronache del passato si narrano come fantastici episodi del tutto chiari alla luce delle moderne conoscienze scientifiche. Molto più perplessi lasciano i casi accaduti dal 1900 ad oggi e specialmente i più recenti, cui nessun esperto è riuscito a dare una spiegazione: oltretutto si tratta di una casistica troppo scarsa perchè si possa applicare ad essa il metodo statistico al fine di individuare gli elementi comuni alle presunte autocombustione umane, così da poter risalire alle cause.

Intanto qualcuno continua a bruciare di fuoco proprio.