X-MEN
(DI Bryan Singer
– USA ; 2000)
Le mutazioni genetiche: una paura presente, soprattutto in un periodo come questo, in cui l’ingegneria genetica è al centro, spesso, di discussioni che spaziano dalla tecnica alla morale.
Immaginarsi
un mondo di esseri mutati, capaci di dominare il pianeta, è qualcosa di non
nuovo. Diversi l’ hanno provato a fare, immaginando una razza di persone create
dall’uomo per i propri scopi e, magari, poi a lui rivoltatasi.
Ma, forse, può essere anche l’evoluzione stessa, anche aiutata da qualche causa esterna ma ignota, ad aver creato questi esseri, accelerando cambiamenti che, di solito, possono richiedere centinaia di millenni.
Il
caso descritto da Bryan Singer appare essere di questo tipo. Siamo nel futuro,
un futuro non distante da noi. Una razza di “mutati” è apparsa sul pianeta, per
cause ancora non ben del tutto chiare (forse uno scherzo dell’evoluzione, forse
l’effetto di qualche esperimento che non ha dato i frutti sperati: il regista
non lo fa capire). Questi esseri hanno poteri soprannaturali, quali volare,
passare attraverso i muri e via dicendo. La loro convivenza con gli umani
sembra problematica.
Da
questa idea si sviluppa il racconto. Mostrando, a questo punto, tutti gli
elementi della “fiction”, non da ultimi gli effetti speciali, davvero
abbondanti e notevoli.
Il
ritmo è veloce, incalzante, a tratti travolgente. Siamo subito trasportati in
una dimensione nella quale tutto appare fantastico, seppur con qualche
riferimento al Mondo tangibile che noi conosciamo.
Le
dimensioni dello spazio e del tempo sono trattate in modo da accentuare il
senso dell’irrealtà, forse ponendosi dal punto di vista di chi, completamente
umano, non è. Anche dove i luoghi sono vicini a quelli noti, il regista crea
sempre una certa attesa, come per dirci che sta accadendo qualcosa, che tutto
non va come dovrebbe, che sta per avvenire un evento che è completamente al di
fuori delle nostre prospettive.
Mutati
come eroi o anti – eroi? In alcuni casi solo come persone che cercano un
inserimento nella Società, la quale appare rifiutarli o, almeno, temerli. In
altri casi, persone che hanno coscienza del loro potere costruttivo o
distruttivo, e lo vogliono cercare di usare al meglio.
Distruzione
e costruzione: presenti come sempre nella Storia dell’Uomo. Da sempre, infatti,
gli strumenti potenti sono in grado, se usati bene, di produrre cambiamenti
spesso fantastici in positivo, ma se usati male, sono in grado di provocare
enormi distruzioni. Ed anche qui abbiamo i due poli, quello buono e quello
cattivo. Come sempre, nel Cinema, nella narrativa e talvolta nella vita (ove,
però, i confini e lo stesso giudizio su buono e cattivo appaiono molto più
labili, e spesso anche intercambiabili). Charles Xavier rappresenta il polo
buono. La sua scuola per “esseri dotati” rappresenta infatti il tentativo di
far prendere coscienza, ai mutati, dei loro poteri, perché questi imparino a
controllarli, utilizzandoli per il bene comune. Magneto rappresenta invece il
polo cattivo. La sua figura si nota subito all’inizio del film quando, ancora
bimbo, era detenuto dai Nazisti in un Campo di Concentramento in Polonia (il
film, infatti, si apre nel 1944 in un Campo di Concentramento situato in
Polonia). Forse un collegamento tra gli esperimenti genetici, che il Nazismo
sembra aver perpetrato, e la razza dei Mutati? Questo il regista non lo dice, e
francamente, non ci sono elementi per poterlo dire. L’affermarlo sarebbe solo
un’ipotesi.
Magneto
ha uno scopo preciso: la fine del Genere Umano, per affermare la razza dei
mutati come dominante nel Mondo. Il suo scopo è però molto fine, ed egli non si
propone la distruzione del genere umano, bensì la sua trasformazione in esseri
mutati. Come spesso capita, il suo progetto è velato di positività: la sua
giustificazione, infatti, è quella di difendersi dai progetti dell’Uomo di
considerare i mutati come esseri da cui difendersi, da schedare, da marchiare
come se fossero esseri da temere, da cui tenersi a distanza, esseri da tenere
sotto controllo.
Forse,
qui, un vago riferimento al “marchio” della stella di David che gli Ebrei
dovevano portare potrebbe esserci. La stella viene infatti inquadrata
all’inizio del film. Forse questo è un modo per dirci che “marchiare” le
persone perché diverse è una cosa di certo non positiva. Forse un monito per
spingerci ad accettare le persone che sono diverse, magari cercando nella loro
diversità un motivo di arricchimento per noi stessi.
Anche
questo non viene evidenziato in modo particolare, ma rimane una delle possibili
interpretazioni che si possono dare del film.
Qui,
comunque, il confine tra il “buono” ed il “cattivo” non è così evidente. Xavier
e Magnetico appaiono essere stati amici, aver lavorato insieme a diverse cose.
E, forse, un sottile filo di unione scorre ancora tra di loro. Tra essi non
appare esserci odio. Soltanto, sono su due “barricate” diverse, hanno due modi
diversi di vedere le cose, hanno scelto diverse strade. Che, tuttavia,
potrebbero essere solo due diverse facce della stessa medaglia, due modi duali
di vedere la stessa cosa: da una parte la coesistenza positiva di umani e
mutati, con questi ultimi che si rendono utili laddove gli umani non possono
arrivare, mentre dall’altra la sostituzione completa del genere umano in genere
mutato, cosa che appare a Magnetico la migliore per il pianeta. Due modi
diversi di vedere qualcosa di molto simile, probabilmente!
Da
entrambe le parti si muovono esseri molto particolari, dai nomi spesso
esplicativi (Mistica, Tempesta e così via). Nomi che possono voler dire
qualcosa, cercando di dare una lettura più profonda, magari pensando ad un
Mondo “sconvolto” da eventi che appaiono incontrollabili, e che solo qualcosa
di davvero particolare può riportare in equilibrio. Ma anche su di questo il
giudizio è completamente aperto.
Di
certo, l’argomento non è completamente nuovo. Ma è un argomento che, in
qualsiasi modo si riproponga, non appare mai superato. E, di certo, è più nuovo
di quello di invasioni aliene, in quanto in questo caso si vuole mostrare la
capacità dell’uomo di creare in sé stesso un potere immenso, ma anche di
sviluppare una grandissima forza distruttiva. L’uomo è da sempre così: capace
di slanci stupendi verso la spirito di vita e di creazione, ma anche capace di
distruggere quello che lui stesso ha costruito, attraverso l’uso di una cieca
furia capace solo di danneggiare e di cancellare ogni positività. L’eterno
dualismo dell’uomo, quell’ Eros e Thanathos presenti entrambi nella sua natura,
spesso facce della stessa medaglia, capaci di cooperare, ma, altre volte,
capaci di scontrarsi in modo anche violento, annullandosi reciprocamente.
Il
Regista è qui bravo nel farci vedere queste facce dell’essere umano, lontane e
vicine ad un tempo, distanti ma talvolta così capaci di giungere ad un’unica
conclusione. Che potrebbe essere la cooperazione per un benessere comune.
Nulla
di così completamente nuovo, quindi, nel film di Singer. Ma un modo
interessante di descrivere qualcosa che noi temiamo, ed un modo efficace di
stimolare le nostre paure, ma anche di mostrare che la soluzione può esserci,
ed è vicina.
O
forse, al di là degli effetti speciali, del ritmo che tiene incollato lo
spettatore alla sedia, dell’atmosfera quasi sempre coinvolgente, nella sua
irrealtà (irrealtà che pervade anche gli ambienti ed i luoghi che,
all’apparenza, possono sembrare più “normali”, quasi come per dirci che
qualcosa potrebbe avvenire in ogni momento), un modo per mostrare che la
tolleranza e la cooperazione con ciò che appare diverso da noi è senz’altro
migliore che l’emarginazione e l’isolamento del presunto “diverso”, o del
volere rendere “diversi” tutti, come per una sorta di vendetta personale.
Di
certo, la tolleranza e la cooperazione possono tradursi in qualcosa di positivo
per tutti, ed in un impulso alla crescita per tutto il Pianeta.