(A mia madre, scomparsa
improvvisamente la sera di Natale del 2001)
Così
è la Vita: in un attimo, una folata di vento, passa, finisce.
“Purtroppo
è deceduta”. Con queste parole, lapidarie, crude, fredde, anche se cercate di
dire in modo meno duro, è cambiato il verbo. Mia madre, da quel momento, “era”
qualcosa. Ora non era più. Il tempo si è fermato, in quell’istante incredibile.
Ma
allora è così morire? È questa la Vita? È questo il destino che noi ci
aspettiamo di avere?
Per
questo lottiamo, ci danniamo? Perché ci si senta dire: “Purtroppo è deceduto”?
E, a quel punto, noi non siamo più toccati da questo. Altri lo sono. Chi
prosegue.
In quell’istante, tutto appare bloccato. Il tempo non ha più scopo. I colori freddi di quel Pronto Soccorso, ove uno strano verdognolo dominava, quell’irreale movimento, ogni cosa perde di significato in quei momenti. Tutto si arresta, come attonito, di fronte all’infinito.
Una
Vita, che credevamo ancora lunga, con la quale si progettavano cose,
situazioni, si era appena spezzata. In un soffio. In un giorno di festa, in cui
ancora il cielo era pieno di bagliori, di luci, di gioia. In cui tutti
festeggiavano.
Per
Luigia, per noi Luisa, o la “mammoccia”, il tempo era finito. In quei colori
irreali, in quelle fredde luci di un Pronto Soccorso. Il suo corpo era là,
immobile, su una barella. La sua lingua rattrappita in avanti, quasi in un
immoto istante di infinito. I suoi azzurri occhi semiaperti, come ad osservare
l’assoluto, dove ella ormai si trovava. Quasi come a volerci salutare. Nel suo
volto, un vago sorriso, come ad ultimo commiato per tutti noi.
Una
giornata normale, iniziata in festa. Uno dei tanti Natali finiti sulle mie
riprese. Natale 1996, 97, 98, 99, 2000…….questo era il primo del nuovo secolo e
millennio. Un Natale importante. Io in altro luogo. Avevo iniziato una nuova
vita, tra lago e monti. Ero lì per festeggiare un Natale nuovo. Un’epoca nuova.
E
nuovo lo è stato, ma non come io volevo.
Una
giornata iniziata con un allegro e festoso “Buon Natale”, e finita così, su una
barella di un Pronto Soccorso, ove il corpo di mia madre giaceva immobile, tra
i pianti disperati di mio padre, ed un qualcosa che, ormai, in noi si era
rotto. In modo irrimediabile.
Tutto
in quel grande ciclo, incredibile, che è la Vita. Nello stesso istante qualcuno
stava nascendo. Il flusso vitale continuava, comunque. E deve continuare anche
per noi. Un flusso di tristezza ma al contempo di speranza, di grande apertura
al Futuro. Da una vita che si spegne, altre vite nascono. Ed il Mondo va
avanti. Continua. Anche senza di te. Lo diceva anche Renato Zero.
Sei
stata rimpianta, compianta, molto, mamma. Al tuo funerale tutti piangevano,
singhiozzavano, si disperavano. Tanta gente ti ha voluto bene, e tu a tanta
gente ne hai voluto.
Ora,
tutti ti portano nei tuoi pensieri. Sinché il tempo, come una lenta erosione,
li sbiadirà.
Il
Tempo è come un vago e strano effetto. È come un vetro, sulla cui superficie si
forma polvere. Dopo un po’, non si vede più nulla.
Anche
tu passerai, nella mente di molta gente, presa dai pensieri, e presa dalle vite
che stanno nascendo. Da presenza viva, un giorno diverrai un’impressione vaga e
sottile, forse un qualcosa su cui ci si soffermerà, per un istante, tra la
quiete dei pini di un tranquillo Cimitero, quello di Magenta, ove le tue ceneri
quiete riposano.
Il
ciclo della Vita, anche te, implacabilmente, farà sbiadire. Intenti tutti nel
nostro vortice di situazioni. Ed intenti a quello che viene. Alle Vite che,
ora, in questi giorni, sono nate, a quei volti che, da pochi attimi, hanno
guardato il Mondo. A loro è andato, ed andrà, l’interesse di tutti. A loro
andrà l’attenzione, per rendere le loro vite le più belle e luminose possibili.
Anche il nostro interesse.
E
tu, sarai nei pensieri di chi ti ha amato, con intensità diversa, ma nella
sfera più bella.
Ove,
dimenticato ogni tuo eccesso, ogni tua punta di orgoglio, solo i momenti più
belli di te rimarranno.
E
questi, il tempo mai potrà cancellarli.
09/02/02
23.07.33