Quante
volte noi sentiamo parlare di tradizioni come qualcosa a cui opporsi, qualcosa
da combattere, da eliminare, da distruggere.
La
tradizione è ritenuta, e sovente a ragione, qualcosa che è presa per buona senza
riflettere, solo perché altri, prima di noi, l’hanno portata avanti.
Prima di parlarne,
pensiamo però che non tutte le tradizioni sono brutte. Pensiamo, ad esempio, a
quelle culinarie, che si tramandano di padre in figlio, e che ci permettono di
avere dei prodotti meravigliosi, che il tempo altrimenti avrebbe cancellato.
La
tradizione, quindi, è qualcosa che “preserva”. In tal senso è conservatrice, è
il suo scopo!
Ma
spesso il conservare, come già visto, non è sempre deteletio e negativo.
Magari, senza una tradizione, perderemmo di vista qalche cosa di importante,
che così possiamo continuare ad avere.
La
frase “la tradizione si rinnova” può essere anche qualcosa di molto bello. In
fondo, i piatti tipici delle varie zone del Mondo di sono arrivati grazie a
“tradizioni culinarie”. Altrimenti le avremmo perse da tempo.
Quindi,
una tradizione è qualcosa che “conserva”, che “mantiene”, che “perpetua”.
Non
sempre, però, l’oggetto perpetuato è bello e solare. Talvolta vengono
perpetuate tradizioni violente, cupe, oscure, fatte di situazioni negative, se
non davvero violente.
Altre
volte, invece, tradizioni più innocue restringono, ad esempio, a certe
categorie di persone, magari in certi momenti particolari, l’accesso a certe
strutture, come le case nelle feste comandate e simili.
In
tutti questi casi, qualcosa viene mantenuto vivo.
Forse,
però, in tutte queste tradizioni possiamo identificare un elemento forte
comune, una caratteristica comune che viene preservata. E che esclude tutte le
altre.
Anche
nelle tradizioni culinarie, che sembrano le più lontane dal Gruppo, alla base
appare esserci la volontà di creare coesione tra le persone di un certo luogo.
La tavola, poi, è da sempre un fattore di unione. Ed il perpetrare e il
conservare la tradizione è un modo, molto semplice, di voler dire che chi
produce quel certo genere è diverso da chi ne produce un altro. La tradizione
crea gruppo sempre. Ed esclude che non è del Gruppo.
Infatti,
l’uomo è un animale sociale. L’uomo, nonostante alcune sue velleità di ritenersi
non bisognoso degli altri, non potrebbe vivere da solo.
Un
esempio molto semplice. Se una persona dice che può vivere senza nessuno, già
il mangiare un piatto di pasta al sugo dice che non è possibile. Infatti, se la
pasta non è di produzione propria, qualcun altro l’ha fatta per lui. Stesso
discorso per il sugo. Se veste un paio di scarpe, qualcuno le ha fatte per lui.
Se guida un’auto, qualcuno ha fatto l’auto, ha lavorato il petrolio per
produrre benzina, ha costruito la strada su cui l’auto va e così via.
Ogni
nostro gesto, direttamente o indirettamente, coinvolge altra gente. Anche
l’accendere una luce coinvolge chi ha fatto la linea elettrica, chi ha fatto
l’impianti, chi fornisce e mantiene la centrale elettrica e così via.
Per
dire che non ha bisogno degli altri, l’uomo dovrebbe andare nell’entroterra di
una foresta, vivere di bacche, radici o di cibo che lui caccia o pesca, vivere
in grotta o costruire da sé una capana o un riparo. Attenzione, però! Se poi si
mette a camminare su un sentiero o su di una mulattiera, ha già usato il lavoro
di altri che gliel’hanno preparata!
Credo
che un uomo che non usi il lavoro di altri avrebbe vita breve!
Comunque,
credo che l’interdipendenza tra le persone, anche in diretta, sia scontata. Tu
non conosci personalmente chi ha azionato la macchina che ha confezionato il
tuo sacchetto di biscotti, ma tuttavia sei legato a lui in modo interdipendente
e molto sostanziale. Dicevo diversi anni fa: “nessuno è solo, tutti collegati
siamo”, e mai come ora capisco di avere detto qualcosa di giusto. A sua volta,
poi, la persona citata è collegata ad altri. Pensiamo, infatti, quante persone
sono collegate ad un gesto banale, come l’alzarsi o il sedersi: chi ha
costruito la sedia dove eri seduto, chi ha piastrellato il pavimento dove stai
camminando e così via; se apri un rubinetto, è conivolto con te chi sta
lavorando alla centrale idrica, chi ha progettato i tubi, chi regola eventuali
chiuse e così via ancora a lungo.
L’interdipendenza
ed il collegamento crea sicuramente il Gruppo. Il Gruppo è legato con
caratteristiche comuni, che possono essere l’appartenenza ad una nazione, il
tenere ad una squadra di calcio, l'avere un interesse comune, quale la
Montagna, il Tennis, la Canoa, il suonare il Pianoforte eccetera.
Ogni
Gruppo decide se la persona ha le “caratteristiche” per accedere in esso. Un
esame è un modo per dire “se non hai certe caratteristiche non entrerai nel
nostro sodalizio”. I gruppi sono più o meno aperti, dal Circolo del Dopolavoro
alle logge massoniche più rigide, ma tutti sono evidenziati dalla comune
proprietà dell’avere caratteristiche comuni tra tutti i partecipanti.
Il
fare Gruppo è anche un modo per eliminare l’aggressività, proiettandola al di
fuori. Ben lo sanno i Dittatori, che per fare coesione proiettano, attraverso
un forte nazionalismo, l’aggressività al di fuori dal Gruppo stesso. Lo stesso
meccanismo è quello delle squadre di calcio e delle tifoserie. Si fa coesione
tra i tifosi di una squadra, e si proietta l’aggressività su chi appartiene ad
un’altra squadra.
Quindi,
le caratteristiche di un gruppo sono molto semplici: caratteristiche comuni tra
tutti i partecipanti, coesione e di conseguenza esclusione di chi non è
ritenuto avere queste caratteristiche.
Più
è forte la coesione tra i partecipanti, più sovente è difficile l’accesso alla
struttura.
Le
logge massoniche ne sono un esempio più che chiaro. Attraverso il creare
coesione ed aggregazione tra i membri, si perpetua al contempo l’esclusione di ciò
che non appartengono a questo sodalizio e che non hanno queste caratteristiche.
Tanto più aumenta l’esclusione, quanto più cresce l’aggregazione e viceversa.
Lo
stesso nome di “gruppo esclusivo” indica proprio questo. Infatti sta per
“Gruppo che esclude”, naturalmente chi non ha le caratteristiche richieste. In
tal modo aumenta la coesione.
Va
da sé che, in alcuni casi, come in gruppi razziali o nazionali, al crescere
dell’aggressività verso l’esterno aumenta la coesione all’interno.
Ma,
in fondo, spesso, non c’è differenza così grossa, almeno in linea di principio,
tra l’aggressività tangibile e quella che “snobba” chi ha caratteristiche
differenti. È sempre una violenza, anche se non fisica!
Quindi
abbiamo due caratteristiche di un Gruppo: una aggregante, che lega i membri di
esso, e l’altra “esclusiva” , che esclude chi non ha quelle caratteristiche. Le
due vanno di pari passo, e come dicevo prima, tanto più si lega, quanto più si
esclude, tanto più si esclude, quanto più si lega.
Nel
caso delle tradizioni che escludono, ad esempio, i non parenti in certi periodi
dell’anno, il discorso è analogo. I parenti sono un gruppo con una
caratteristica comune, l’essere, appunto, parenti.
L’escludere
chi non è un parente, in certi periodi, in particolare “religiosamente
importanti”, quali Natale e Pasqua, crea coesione tra i parenti stessi, o
vorrebbe crearla. Più si esclude, infatti, più si lega chi non è escluso.
Almeno sulla carta.
Un
esempio può essere poi quello di persone che seguono certi dettami alimentari,
quali i vegetarianismo. Come dicevo prima, la tavola unisce, ma può anche
dividere. O meglio, seguendo il modello dato in precedenza, unisce chi mangia
in un certo modo, ed esclude chi non lo fa (basti pensare a chi mangia insetti:
molti di voi non li assaggerebbero nemmeno, ponendosi quindi al di fuori di un
certo gruppo)
Il
vegetariano, per scelta, se non mangia carne e pesce, ancor di più se non
mangia uova, ancor di più se è, come se suol dire, “vegan”, quindi se non
mangia nemmeno latticini, difficilmente può sedersi a tavola con altri che non
sono vegetariani, perché mangerebbe ben poco di quello che loro mangiano (pensiamo
ad un vegetariano in Emilia: potrebbe non toccare quasi cibo!), o dovrebbe
richiedere cibo apposta per lui (anche questo, comunque, lo porterebbe ad un’esclusione
dalla mensa degli altri). Questo esclude, ma ad un tempo lega molto. Esclude
chi ha altre idee, altri modi di vedere, ma lega chi mangia così. Infatti,
spesso, i vegetariani costituiscono gruppi molto solidi e saldi al loro interno
(le varie Associazioni di Vegetariani sono molto aggreganti). Sviluppano in
questo rapporti di unione, di amicizia molto forti. Ma, nello stesso tempo,
questo viene fatto escludendo chi non mangia in un certo modo (almeno da un
ambito sociale, non certo da un ambito di amicizia). E non è cattiveria:
semplicemente non ha queste caratteristiche, e quindi, per permettere l’unione
di chi è in un certo modo, viene escluso.
Anche
l’escludere di mangiare la carne è un modo per generare un ipotetico “gruppo”
anche con tutto il regno animale. Di questo Gruppo non fanno parte i vegetali
che, quindi, possono essere mangiati, in quantitativi ancora, ovviamente,
maggiori degli animali.
Sembra
quasi che, creando coesione, si generi uno squilibrio energetico, sanabile solo
escludendo. Per legare, quindi, si devono identificare caratteristiche comuni,
che possono essere sociali (il ceto, il reddito), individuali (la nobiltà, la
parentela….), attitudinali (praticare uno sport, suonare uno strumento e
simili), etico-umane (mangiare in un certo modo, praticare un certo tipo di
vita…..).
Talvolta
i gruppi possono essere anche fatti inventando una categoria (non è così raro
il caso in cui alcuni dittatori lo hanno fatto).
Creando
coesione in questa categoria, si esclude automaticamente chi non ne appartiene;
anzi, ancor di più, la coesione tra le persone che vi appartengono va di pari
passo con l’esclusione di chi non vi appartiene. Tanto è più forte il legame
tra chi appartiene ad un certa caratteristica, quanto più è forte l’esclusione
di coloro in cui questa caratteristica non viene ravvisata.
Per
fare coesione, bisogna necessariamente escludere, e per aumentare la coesione,
bisogna purtroppo aumentare l’esclusione. Aggressiva, se all’esterno viene
proiettata aggressività.
Nei
casi più gravi, questo modo di fare porta, se i Gruppi sono sociali o razziali,
all’odio razziale, alla violenza, al sopruso e così via. I casi di questo tipo
riempiono, purtroppo, le cronache ed i libri di Storia.
Nei
casi meno forti, quante volte sentiamo dire: “se non la pensi così, ti tagliano
fuori”. Questa affermazione, ora, non deve più stupire. Se non la pensi così,
non hai certe caratteristiche ( o almeno vieni ravvisato come non averne). Di
conseguenza, tanto più la coesione del Gruppo è forte, quanto più chi non ha le
caratteristiche per appartenervi ne viene escluso. È una legge di natura e non
credo sia possibile sovvertirla. Per creare coesione, secondo questa legge, si
esclude chi non ha le caratteristiche richieste. In tal modo, la coesione
aumenta di pari passo.
C’è
un solo modo per poter creare qualcosa di diverso: pensare a Gruppi che non
siano legati a condizioni particolari, ma che siano generali ed affratellanti.
Ad esempio, si potrebbe dire: Gruppo che accomuna gli Esseri Umani per il solo
fatto di essere Esseri Umani, o ancora di più, Gruppo di tutti gli Esseri
Viventi.
Queste
sono le basi della Spiritualità. Quella vera, che lavora sull’Essere Vivente, e
crea il Gruppo degli Esseri Viventi nel Cosmo. È la cosa più bella che possa
esistere. Una coesione che non abbia bisogno di escludere un’unione che non
venga compensata, automaticamente, da una negazione di qualcosa o di qualcuno.
È
una prospettiva magica, prospettata da ogni persona illuminata apparsa su
questo pianeta.
Purtroppo,
però, la stessa Natura Umana ha utilizzato questa cosa per creare ulteriori
divisioni. Ha creato strutture basate solo su forme, le Religioni, che hanno
generato violenze tra le più feroci che si possano ricordare.
Purtroppo
l’uomo nuovo è ancora lontano da venire. In attesa di ciò, cerchiamo di vivere
senza giudicare ed escludere una persona solo perché non ha le caratteristiche
che crediamo siano le migliori. È solo una nostra idea, a attraverso il
rispetto potremo, un giorno, creare il vero “Gruppo Universale” che sia solo un
legame tra esseri, senza dividere l’individuo dal suo simile.
Sergio Ragaini