SPIRITUALITÀ E DENARO

 

La Spiritualità è, quasi per definizione, un qualcosa che si pone al di fuori delle leggi di “quantificazione” tipiche della Società attuale. Quindi, per sua stessa natura, si pone al di fuori delle logiche legate al Mercato e al rapporto costi / benefici. Tuttavia, si colloca in questo Mondo, dove i valori legati al denaro sono molto sentiti, e dove il denaro riveste un’importanza notevole, se non essenziale, per la propria sussistenza e sopravvivenza. Come trovare, quindi, un compromesso? Come trovare un connubio tra non business e sopravvivenza materiale? Cerchiamo di capirlo insieme. Naturalmente, qualsiasi osservazione sarà ben accetta.

 

 

Siamo nell’epoca del Mercato. Nell’epoca, quindi, in  cui tutto ha un prezzo. E, soprattutto, nell’epoca in cui il prezzo non corrisponde al valore, ma ad altro.

Cosa intendo con questo? Il prezzo, che pur parte dal valore di una cosa, è poi stabilito da quella che si chiama “legge della domanda e dell’offerta”. Arrivando alle conclusioni, sovente davvero discutibili, che un prodotto “vale” di più se più persone lo richiedono. In tal modo, una fuoriserie può costare meno di un’utilitaria, se quest’ultima è molto richiesta.

Nella società di Mercato, quindi, il “valore” di una cosa è data dalla richiesta. Se più persone chiedono un prodotto, significa che esso “vale” di più. E quindi costa di più. Apparentemente tutto questo è molto democratico, ma in realtà arricchisce solo chi detiene le leve del Potere e della Produzione, tutto a spese di chi invece usufruisce. Infatti, i prodotti più richiesti sono spesso quelli più utili, se non necessari. E, in tal modo, chi compra dovrà pagare sempre di più tanto sale la necessità di quel bene. Arricchendo quei pochi che detengono le leve della produzione.

 

Sin qui introduzione. Ma questo, cosa c’entra con la Spiritualità? Oggi, lo vediamo, c’è molta “fame” di Spiritualità! C’è fame di ricerca interiore. E quindi nascono e si moltiplicano le offerte in tal senso.

Purtroppo, però, la spiritualità si trova a nascere nella Società del Mercato. Quindi, la tendenza, può essere quella di assoggettarla alle leggi del Mercato stesso. Legandola ad un discorso costi / benefici. Il prodotto Spirituale è un “prodotto” a tutti gli effetti. Se ne senti di avere bisogno, è una merce che va pagata come tale.

Qui, però, il prezzo non è, sovente, proporzionale alla domanda e offerta. Ma al presunto beneficio di una certa tecnica. Un discorso, per così dire, di qualità. Vuoi un aestro di livello elevato? Lo paghi quello che può valere. Come per un bene qualsiasi. Se, ad esempio, vuoi la lavatrice di qualità, la paghi di più, sapendo che di più ti darà. Similmente, se vuoi un trattamento di ordine più elevato, lo paghi di conseguenza.

In tal senso, la “purificazione interiore” viene posta sullo stesso piano di altro. E la si valuta in tal modo.

 

Non discuto qui la legittimità o meno di questo ragionamento. Può essere logico oppure no. Ma vediamo in dettaglio cosa può significare il problema dei costi della Spiritualità. Sino a decidere la risposta possibile alla domanda: “ma la Spiritualità va fatta pagare oppure no?”.

Tra le posizioni estreme (va fatta pagare molto perché molto offre, oppure va data gratis perché non può essere misurata in termini di prodotto). Vi sono molte posizioni intermedie.

Ma procediamo per gradi. Innanzitutto: la Spiritualità è un prodotto? In un certo senso sì. M credo che debba essere valutata, in quanto tale, fuori dalle leggi dell’Economia. E’ un bene, questo sicuramente, ma non è un oggetto. Non è un “prodotto” nel senso del termine. E’ un oggetto Spirituale, ma non un oggetto nel senso del termine.

Quindi, l’applicazione delle leggi economiche alla Spiritualità è piuttosto disdicevole. E probabilmente è errata o frutto di una cattiva comprensione.

Ancora, il richiedere cifre elevate per un insegnamento Spirituale, di qualsiasi tipo esso sia, applicandovi quindi un discorso costi / benefici, rientra nella Logica di Mercato. A meno che non sia un mezzo per ottenere denaro da utilizzare per altre attività Spirituali. Ma anche in questo caso, ci sono molti altri mezzi per ottenerlo, senza gravare su spese di insegnamenti.

Forse, comunque, il misurare la Spiritualità “a denaro” è ancor più dannoso che in altri campi. Infatti, essendo qui il discorso meno “tangibile o misurabile”, è più facile ricadere nell’arbitrarietà della scelta. In modo, spesso, incontrollato, chiedendo cifre molto alte.

Infatti, oggi, utilizzando la sete di spirituale diffusa nella Società odierna, molti approfittano della situazione proponendo tecniche e trattamenti a costi sovente altissimi.

Quindi, almeno secondo me, non si può valutare lo Spirituale come un “prodotto” specifico, quindi non si può ad esso applicare un discorso costi / benefici, almeno come lo conosciamo oggi. Anche perché il “beneficio” Spirituale non può essere quantificato. E’ qualcosa di diverso da qualsiasi parametro mondano sin qui definito. Quindi, essendo fattivamente di una dimensione diversa, non possono esservi applicate le leggi di questa dimensione.

Altrimenti, essendo il suo beneficio superiore a qualsiasi cosa si possa definire (in quanto di livello molto superiore), si giustificano tariffe “infinite”, nel senso di altissime, ritenendo giustamente “altissimi” i possibili benefici che se ne ricavano.

 

Non credo che questo tipo di ragionamento possa reggere qui. Quindi, resta da definire quale è il costo da applicare alla Spiritualità, sia essa relativa ad un corso, ad un ritiro o ad altro ancora.

Personalmente (e non ne faccio mistero) sento che la “gratuità” dovrebbe, ove possibile, essere la forma migliore per un discorso Spirituale. Non essendo quantificabile in termini materiali, infatti, credo che dare ad essa un prezzo come denaro, una delle cose più materiali della nostra Società, su cui si fondano numerose rovine, sia se possibile da evitare. Inoltre, come sostenuto non solo da me, la Spiritualità è un diritto di tutti, e porre una tariffa va comunque a discriminare le presenze.

Vi sono comunque altre posizioni, che hanno pieno diritto di esistere e di essere citate. Il denaro è una forma di energia. E’ un mezzo, che può anche non essere così negativo. Questo fatto era stato propugnato, in parecchi casi, dal Maestro Osho, il cui denaro (possedeva, tra l’altro, diverse Rolls Royce) non gli impediva di essere il grande Maestro Spirituale che è stato.

Il denaro può essere una forma di energia anche positiva, e comunque è da vedersi in un’ottica di “scambio”. Una sorta di “do ut des”. Secondo altre posizioni, quindi, lo scambio energetico è il modo migliore per vivere e portare avanti un discorso anche spirituale. Se una persona riceve qualcosa, viene richiesto del denaro in virtù dello scambio. Se questo denaro non viene richiesto, rimane un debito interiore in quella persona. Quindi, secondo questa logica, è positivo attribuire un prezzo alle attività spirituali, in quanto si completa lo scambio.

Questa posizione può essere interessante. Tuttavia, essa ha in sé la discutibilità del poter, facilmente, rientrare in un discorso di “marketing”, del tipo rapporto costi / benefici. Infatti, se attribuiamo un valore ad un prodotto, allora nuovamente ricadiamo nel discorso del Mercato. E credo non sia il caso.

 

Un discorso energetico va però fatto. E’ vero, il Denaro è energia. E comunque, anche chi pratica o propone attività Spirituali, lo fa in questa Società. Dove tutto si paga con il denaro.

Quindi, in qualche modo, anche un Maestro Spirituale, se si dedica unicamente a questo, dovrà vivere lui stesso, e permettere la sussistenza della struttura da lui fondata o diretta. Che ha bisogno di denaro per poter sussistere.

Quindi, in tal senso, è spesso necessaria una copertura delle spese, ed un dignitoso livello di vita per il Maestro e per chi lavora con lui. In tal caso, le richieste economiche sono necessarie. Altrimenti, la stessa Spiritualità proposta con amore non potrebbe proseguire.

Il problema è, a questo punto, come richiedere. Alcune posizioni sostengono che un vero Maestro deve avere già mezzi di sussistenza, in modo quindi da poter dare le sue pratiche di insegnamento gratuitamente. Questo è vero in alcuni casi, ma in altri, un Maestro ed un istruttore devono poter lavorare “a tempo pieno” sulla pratica stessa. Quindi devono ricevere qualcosa. Questo qualcosa può anche essere un’offerta libera. In tal caso, ognuno dà quello che sente di aver avuto, e quanto può dare. Qui l’applicazione del discorso costi / benefici può essere valida. Infatti, non è alla sorgente, ma all’oggetto. Quindi, va decisamente bene.

Purtroppo, pur essendo decisamente il mezzo da me preferito, in occidente non sempre questo discorso è applicabile. Infatti, l’Occidentale medio considera l’offerta come una sorta di “elemosina”, e non, come dovrebbe essere, una cifra proporzionale a quanto ricevuto. Una persona, qui, tende a lasciare un’”offerta” come un simbolo per affermare “ho dato qualcosa”, e non come un valutare quello che si ha avuto realmente. Ne consegue che una struttura la quale sussiste sulle offerte, potrebbe avere qualche problema. Se si ha un Gruppo di persone capaci di valida comprensione, questo metodo va benissimo, ed è bellissimo in campo spirituale. Ma non sempre la gente è capace di valutare. Rimane, tuttavia, come già dicevo, il mio modo preferito di diffondere la Spiritualità. Al limite, cercando di educare le persone a valutare quanto si è avuto, e a dare di conseguenza, sempre entro i limiti di quanto si può dare.

Può essere, comunque, giusta anche la richiesta di una cifra che copra le spese, che permetta a tutti di poter vivere e che permetta alla struttura di poter continuare la sua attività. Con un occhio, tuttavia, a chi non può pagare, che non deve essere escluso dall’attività, o doversi indebitare per questa! In tal caso, bisogna prevedere un finanziamento per questi individui, in modo che possano usufruire anch’essi di ciò che di bello si può ottenere.

 

In conclusione, chi ha ragione? Probabilmente tutti o nessuno. In piena visione Zen, in cui “questo è perché quello è”.

La Spiritualità deve poter vivere in questo Mondo, fondato sul Denaro, e ha bisogno di denaro per essere portata avanti. Quindi, in tal senso, il denaro è un mezzo, ed è positivo se richiesto in modo da coprire inevitabili spese, potendo garantire così la sussistenza e la continuità.

Quando, però, diviene un fine, allora si scorge, al di là, un intento non positivo.

Il denaro, almeno secondo me, è un buon modo per capire il Gruppo con cui ci si relaziona. Se la richiesta di denaro è proporzionale alle spese sostenute, allora va bene (come dicevo, un Centro deve pur sussistere, per poter continuare a diffondere il suo messaggio!). Ma quando questa richiesta appare sproporzionata rispetto alle spese sostenute, allora qualcosa non funziona. Va capito, in questo caso, dove va il sovrappiù. Se va per finanziare attività di volontariato o simili, allora va ancora bene, o almeno può essere accettabile. Ma se finisce nelle tasche di qualche persona senza scrupoli, che in tal caso è ancora più negativa perché sfrutta un bisogno per fini personali, allora è del tutto da rigettare.

Quindi, credo sia opportuno utilizzare il denaro per capire la buonafede di un Gruppo. Se la richiesta è eccessiva, e se non si capisce dove il di più vada, allora conviene passare oltre. Vi sono tante offerte positive!

 

Esempi:

Un esempio quasi “radicale” nella valutazione del rapporto costi / benefici è quello di Scientology.

Non voglio, qui, valutare la positività o meno della sua proposta (devo anche dire che alcuni ne sono entusiasti!), ma solo far presente come in Scientology ogni cosa venga valutata in termini di prodotto e di beneficio, a cui viene dato un prezzo. Essendo, ovviamente, i possibili benefici molto elevati, i costi attribuiti sono di conseguenza. Ne può conseguire che, diversi aderenti alla struttura, per poter pagare i trattamenti proposti, hanno dovuto contrarre debiti anche consistenti. Chi pratica in Scientology, sostanzialmente, sostiene che sono stati soldi ben spesi. Non sono qui per esprimere giudizi in merito (non avrei nemmeno dati sufficienti per poterlo fare!). E’ solo un esempio per dire come qui venga applicato a quanto si riceve un valore “commerciale” ben preciso. In tal caso, resta da capire dove e come il “sovrappiù” monetario sia investito. Non sapendolo, e non avendo elementi per dedurlo, sospendo qualsiasi altra riflessione in merito.

Ma posso porre un interrogativo (naturalmente ragiono in astratto). Si parlava di “plagio” e simili, per chi spendeva cifre altissime per Scientology. Nessuno ha mai considerato l’ipotesi che, chi spendeva queste cifre, non fosse manipolato, ma che lo facesse solo perché percepiva dei benefici notevoli, e voleva ottenere qualcosa? È un’ipotesi, ed è come dicevo astratta. Ma perché considerare tutto solo in termini di “paura”, e non, in modo più positivo, di “consapevolezza”? Anche su questo sospendo ogni ulteriore riflessione, ma mi è sembrato interessante lanciare questa. In ogni caso, se più persone sentono come positiva una certa cosa, e per essa sono disposte ad investire cifre elevate, credo dovrebbe essere positivo, da parte della struttura che propone queste tecniche, il ridurre il più possibile i loro costi, in modo da poterne permettere la fruizione senza gravare troppo sulle finanze di chi ne usufruisce.

 

Il già citato Osho ha sempre, nella sua esperienza, valutato il denaro come un mezzo. Un mezzo, tuttavia, valido per poter giustificare un impegno nelle attività. Secondo quanto lui sosteneva, se un trattamento si paga, la persona è motivata a seguirlo con interesse ed impegno.

Ne consegue che, nei centri Osho, i trattamenti si pagano. Le cifre proposte sono variabili, e dipendenti dal Centro in cui si opera.

Non ho particolari esperienze in merito, ma qualche dato monetario lo posso dare, anche se pochi. All’Osho Archan di Caprino Bergamasco (Bg), per una meditazione “Aum” (un complesso processo di meditazione che dura circa 2:30 ore) vengono richiesti 15 euro, più 7 per la cena (facoltativa). Una cifra, tutto sommato, equilibrata (tenuto conto che la meditazione è seguita da tre persone). Allo’Osho Arihant di Varazze (Sv), invece, le richieste mi sembrano più elevate. Per un seminario di due giorni, infatti, vengono richiesti 190 euro, cui bisogna aggiungere 38 euro al giorno per vitto ed alloggio. Un po’ tanto, almeno secondo le mie percezioni (anche se non posso conoscere i reali costi dell’iniziativa, magari elevati!). Una cifra, almeno, che esclude dall’attività una certa parte di pubblico, che altrimenti potrebbe ricavare benefici da questi incontri (Le tecniche di Osho sono molto potenti ed incisive, e sono in grado di operare cambiamenti sensibili, in positivo, nelle persone che le praticano). E questo non è bello. Anch’io, se mi fosse stata richiesta una cifra più bassa, avrei partecipato a qualche incontro.

Sui siti di Osho, in particolare quelli italiani (compreso l’italiano www.oshoamici.it, dove sono riportati tutti i Centri Italiani) non si parla quasi mai di costi. Consiglio, quindi, chi vuole avvicinarsi a questa esperienza di informarsi preventivamente sui costi, in modo da evitare sorprese.

 

Non conosco molto dell’esperienza di Ananda, struttura inspirata dal Maestro Paramhansa Yogananda. Le tecniche proposte, dalla Bioenergetica alla rivisitazione di diverse tecniche di Yoga, appaiono piuttosto interessanti.

Non ho esperienza diretta della cosa, ma una persona che ha frequentato questo tipo di esperienza ha parlato di “un po’ caro”. Visitando il loro Sito Web, ho visto che nel loro Centro Ritiri in Umbria, vengono richiesti da un minimo di 42 euro al giorno (camera con 4 o 5 letti), ad un massimo di 76 (camera singola con bagno), tariffa valida per “quasi tutte le attività”. Non ho mezzi per valutare se sia molto oppure no. Non è però pochissimo! I prezzi, comunque, appaiono piuttosto chiari. Consiglio però di informarsi su quali attività siano comprese e quali no, prima di sottoscrivere un ritiro.

 

L’Associazione “Il cerchio di Luce” di Bergamo propone un programma davvero interessante e molto vario, che spazia dalla Kinesiologia Energetica all’apprendimento subliminale. Tutto appare di buon livello e ben organizzato (non ho però esperienze né dirette né indirette). I prezzi sono tuttavia, almeno in apparenza, piuttosto elevati: dagli 80 ai 15 euro per un seminario di un giorno, ed anche 600 euro per uno di tre giorni (sino alla cifra di 600 euro in forma ridotta per il Seminario a Roma con Deepak Chopra, che divenivano sino a 940 a tariffa piena). Consiglio quindi chi volesse seguire qualche incontro di informarsi bene sulla qualità dell’offerta, e di valutare se è proporzionale alla richiesta, anche come spese sostenute.

 

Un esempio molto bello di gratuità è invece quello offerto dall’Associazione Brama Kumaris. Qui, la gratuità è di casa. Nonostante l’offerta sia ricca e composita, oltre che molto positiva come qualità ed accoglienza, non viene richiesta alcuna tariffa monetaria, ma ci si affida, con generosità, alle offerte che una persona sente di voler dare.

Anche nei Centri Ritiri della Brama Kumaris (quello di Gubbio In Italia, quello centrale di Oxford, ma anche negli altri per il Mondo) non viene richiesto nulla per i corsi, ma solo un contributo per le spese di vitto ed alloggio.

La mia esperienza è presso la sede di Milano, dove l’ambiente è piacevole e solare, e i corsi sono tenuti con entusiasmo, gioia, e sono ricchi di grande interesse.

L’entusiasmo e l’impegno dei partecipanti vanno a confermare che, sovente, la motivazione all’impegno non è da ricercarsi solo nel denaro, ma in qualcosa di più profondo.

 

Nei Centri di Cultura Tibetana, spesso, viene applicato un puro discorso di copertura spese e di sostentamento (compreso il Centro “Lama Tzong Kapa”di Pomaia (Pi)).

Non ho grandi esperienze in merito, ma qualche dato lo posso portare.

Al piacevole Centro “Jang Chub” di Paladina (Bg), dove si trova tra l’altro un ambiente piacevole e ricco di calore, non vi è alcuna richiesta economica, se non un tesseramento annuo, peraltro non sollecitato.

Al grande Centro “Ghe Pel Ling” di Milano, invece, viene richiesto un contributo di 6 euro per ogni lezione tenuta dal Lama residente, mentre per ogni seminario di due giorni vengono richiesti 12 euro. Una copertura spese giustificata dalla bella struttura in cui il Centro opera, e dalle spese che si trova, inevitabilmente, a dover sostenere (mantenimento del Lama residente compreso). La cifra è, comunque, contenuta.

 

Solitamente, nelle esperienze Zen, la richiesta di denaro è abbastanza moderata.

Una via di mezzo interessante è data dall’esperienza di Thich Nhat Hanh. Qui viene applicata la classica “via di mezzo”. L’esperienza in generale, in effetti, non accetta solitamente la completa gratuità, ma parla di una cifra giusta e, ove possibile, moderata, per le varie pratiche.

Per chi non può pagare, comunque, sono previste “borse di ritiro”, per poter permettere a tutti di partecipare.

Anche nei ritiri, che per l’Italia Settentrionale sono nel Centro di Pian dei Ciliegi, in Val di Nure, la cifra richiesta è di certo moderata (dai 26 ai 29 euro al giorno). Lo stesso Centro di Plum Village, in Francia, applica tariffe che si possono considerare equilibrate, e non eccessive (generalmente da 200 a 300 euro a settimana, a seconda della sistemazione richiesta).

Una via di mezzo che sembra un buon compromesso tra uso del denaro e non abuso del medesimo.