SPACE COWBOYS

 

(di Clint Eastwood)

 

Spazio: grande frontiera dell’Uomo. Il sogno dell’uomo di librarsi oltre le cose, di uscire dalla Terra, è un po’ il sogno di superare i propri schemi, le proprie idee, di ottenere qualcosa che si pensa davvero grandioso, importante, per sé e la propria vita.

Lo Spazio è credere, sentire davvero che noi possiamo “volare”, superare la “gravità” di ciò che ci opprime, ci lega, ci blocca, per vedere paesaggi diversi, soli più luminosi.

Questo film incarna molto bene l’idea dello Spazio non solo come luogo fisico, ma come luogo mentale, come luogo da raggiungere, come proiezione dei nostri desideri, volontà di superare i nostri limiti, di proiettarsi in un altro mondo, in altri modi di percepire.

Clint Eastwood, nel suo “Space Cowboys”, ci fornisce una visione molto interessante della Vita, delle cose, che tende a ribaltare le prospettive che noi ci siamo creati, o che noi abbiamo creduto vere.

Un Team di astronauti, il “Team Daedalus”, si trova, 40 anni dopo, a svolgere una missione nello Spazio. Essi erano astronauti della NASA, l’hanno praticamente vista nascere e crescere. Ormai sono in pensione, anziani. Eppure, in loro vi è ancora un animo capace di volare oltre le nubi con il pensiero. Vi è ancora la capacità di sognare. Una capacità che è la stessa forza vitale.

E così, quasi per miracolo, si ritrovano a volare nello Spazio, a superare qualsiasi limite che la loro stessa Età verrebbe a porre. Si ritrovano, al di là di ogni idea o pregiudizio, a fare quello che 40 anni prima non hanno potuto fare: volare nel Cosmo, vedere la Terra sempre più lontana, avere l’emozione di fluttuare senza gravità, di librarsi nell’infinito. La loro presenza dimostra che, spesso, i limiti che noi ci imponiamo sono solo in noi, e che li possiamo facilmente superare con una maggior consapevolezza di noi stessi, e con una grande passione ed entusiasmo. La “gravità” è qualcosa che è molto legata ai nostri pensieri, alle idee che altri ci impongono. Il Team Daedalus riscopre davvero quello che noi possiamo fare, se davvero lo vogliamo con passione ed entusiasmo.

Ovviamente, la presenza di queste persone abbastanza avanti con gli anni suscita, nei giovanissimi, qualche ilarità. Questi astronauti appaiono, o possono apparire, come pesci fuor d’acqua. Appaiono quasi fuori posto. Tuttavia, quello che viene trasmesso è il fatto che le cose, spesso, possono andare al di là di quello che noi percepiamo, giungendo davvero sino allo spazio, sino all’Infinito. Mostrando, forse, l’Infinito che c’è in noi, e che dobbiamo noi tutti scoprire.

Un messaggio importante, quello che viene dal nostro film. Forse anche un monito a non spegnere mai il “fanciullo che c’è in noi”. Questi astronauti si divertono davvero, vivono come se ancora fossero fanciulli. Come se i 40 anni non fossero passati, e si fosse ancora in quel “magico” 1958.

Le avvisaglie che l’età è trascorsa vi sono, questo è fuori di dubbio. Infatti, i quattro non riescono a stare al passo con i giovanissimi, nell’addestramento, ed accusano la stanchezza. Ma in loro vi è una forza che gli permette di passare oltre le difficoltà, di superare ostacoli apparentemente insormontabili, come se di colpo questi si trasformassero in pianure meravigliose. Il loro entusiasmo e la loro gioia verso la Vita li porta a non avvertire più nulla. La loro esperienza li conduce a fare cose che i giovanissimi non si potrebbero nemmeno sognare.

Presenza della malinconia: il tempo è passato. Con amarezza, i nostri eroi si rendono conto che diverse persone che loro conoscevano in passato sono scomparse. Un po’ di tristezza affiora, considerando questo. Il tempo, come un fiume, è trascorso, portando via gli eventi, offuscandoli, ma anche portando con sé le persone del ricordo. Una malinconia che, comunque, dura pochi momenti. La voglia di fare, di andare avanti nonostante tutti gli ostacoli, spesso piuttosto grandi (ma che vengono superati con una certa ironia), ha la meglio anche sui ricordi, e sul pensiero che il fiume del Tempo è passato. Magari per ricordarci che, se lo vogliamo, questo fiume può essere risalito, vedendo ancora gli splendori del passato, affrontati stavolta con la maturità dell’età, e forse in modo più consapevole.

Lo Spazio. I suoni sono realistici, e lo Spazio ci riporta indietro ad un’epopea a cavallo tra storia e leggenda.

Ma lo fa con molto gusto, con molto garbo, lasciando in noi una notevole dose di “suspense” che, soprattutto nel finale, appare in crescita, trasformando il lirismo e l’ironia in una vera avventura, che comunque mantiene l’unitarietà con quanto mostrato in precedenza. Anche i suoni, le situazioni, l’atmosfera, catturano lo spettatore, tenendolo incollato allo schermo, e facendogli gustare situazioni interessanti e coinvolgenti.

Anche in questo catturare l’attenzione, calibrando molto bene tensione e distensione, il Regista è molto bravo, riuscendo ad interessare senza eccedere con scene “eclatanti” o troppo “celebrative”.

Clint Easytwood, noto per i suoi lavori tra il “western” ed il sentimentale, mette in scena i suoi “cowboys” spaziali in modo molto interessante e piacevole. Qui è davvero in grado di farci capire che, quando c’è entusiasmo e voglia di fare e di costruire, qualsiasi barriera viene a cadere, e qualsiasi nube si dissolve quasi per incanto, lasciando al suo posto una verdeggiante pianura ed un luminoso sole.

Un vero invito a pensare positivo. E a non guardare i problemi ma dove vogliamo arrivare. Là troveremo quello che cerchiamo, e la nostra più profonda realizzazione.

 

Sergio Ragaini