PARLA CON LEI di Pedro Almodòvar

 

Dopo l’ubriacatura di consensi in tutto il mondo per “Tutto Su Mia Madre”, e la consacrazione a più gran regista di Spagna dopo Bunuel, Pedro Almodòvar torna a “farsi piccolo”nella solitudine della sua Madrid, regalandoci un nuovo, intenso melodramma.

In “Parla Con Lei” il regista entra con delicatezza e sottovoce nel mondo sommerso di due donne, Alicia e Lydia, sprofondate nell’oblio del coma. Devoto e adorante, le scruta con gli occhi innamorati di due uomini, Benigno e Marco, volontari tramiti di quel mondo del non ritorno, che a volte ritorna. Il film si apre dove “Tutto Su Mia Madre” si chiudeva: a teatro, metafora della vita, palcoscenico di drammi e dolori realmente vissuti. In scena due attrici, in platea due uomini. Benigno e Marco siedono vicini, ma non si conoscono. Condividono l’emozione di quella tragica danza che lo spettacolo offre loro: due corpi femminili che camminano come sonnambuli, sbattendo contro muri di gomma. Una triste quanto singolare messa in scena, che prefigura ciò che fuori dal palco accadrà. Le due attrici, infatti, sembrano mimare quella dimensione dell’incomunicabilità di cui Alicia e Lydia faranno parte, a causa dei due diversi incidenti che le colpiranno.

Da una parte c’e il mondo dai toni pastello di Alicia, giovane ballerina classica e amante del cinema muto, che esprime l’anima delicata e fragile della donna almodovariana. La grazia e la freschezza dei suoi movimenti divengono l’unica ragione di vita di Benigno, ingenuo e mite infermiere, che la osserva dietro le finestre della sua casa, proprio di fronte alla scuola di ballo. L’incidente che immobilizza Alicia nell’incoscienza del coma, permette al suo tenero ammiratore di possederla, toccarla, amarla finalmente, e prendersene cura. Benigno diviene l’alter ego della sua protetta, lo sguardo sul mondo, il tramite con la realtà. Ogni gesto, ogni respiro diventa dedica, sacrificio per quella vita in attesa, sospesa fra due dimensioni. La devozione per Alicia toccherà il culmine, fino ad esiti discutibili, ma senza mai emettere un giudizio morale. Questo personaggio, definito dal regista lirico e romantico, vuole essere un omaggio a Benigni per la qualità di rendere verosimile ogni stravaganza, sapendola impregnare d’umanità.

L’altra faccia dell’animo femminile è vigorosa e violenta, e tinge di rosso sangue il mondo di Lydia, la torera scontrosa e infelice. Le crude sequenze della corrida mostrano senza indugio tutto l’orrore di quel massacro, rappresentando forse l’unica macchia di un film commovente ed appassionato.

Il lato sensibile della virile e dura Lydia è Marco, scrittore e viaggiatore che inizia con lei una relazione, interrotta bruscamente dall’incidente nell’arena che spezza la sua vita cosciente. L’ospedale diviene doloroso luogo d’incontro dei due uomini alle prese con due amori ormai impossibili. Inizia così quel bellissimo rapporto di solidarietà e aiuto reciproco che nel film precedente apparteneva alle donne.

Benigno e Marco vivono entrambi un rapporto d’amore votato all’assenza, convinti che la compagnia della persona amata non debba essere necessariamente fisica, ma semplicemente spirituale.

“Parla Con Lei” è un film delicato ed amaro allo stesso tempo, con quel pizzico dissacrante che solo il regista spagnolo può affrontare senza scadere nel volgare.

Il voyeurismo di Almodòvar lo porta a spiare le sue amate donne da ogni punto di vista; non importa se sia da una finestra, da un teatro, dagli spalti della corrida o da imbarazzanti prospettive…ciò che conta è dirne tutto, farle parlare, e farsi amare, persuaso che solo loro, così raccontate possano emozionare.

Alessandra Sessa