MOULIN ROUGE

 

Di Baz Luhrmann

 

Un nuovo modo di concepire gli spazi, i tempi. Una ricerca di nuove forme espressive, di nuove tipologie di rappresentazione. Un qualcosa che va al di là della semplice storia che viene narrata, ma che va a rompere, in qualche modo, i tempi e gli spazi che noi spettatori siamo abituati a percepire, per trasportarci in qualcosa di totalmente diverso.

Il film di Luhrmann porta sicuramente in questa direzione. Nel lavoro, la tendenza post-moderna della rappresentazione, mirante a ribaltare i piani a cui siamo abituati, è decisamente presente.

Già dall’inizio, tutto ci appare come finto, a tratti fiabesco, a tratti più vicino all’incubo. Comunque non reale. Montmartre a Parigi, lo stesso Moulin Rouge, non ci sembrano veri, tangibili. Tuttavia noi, con un piccolo sforzo fantastico, possiamo sentirci trasportati in questa dimensione un po’ particolare. Anche questa è Realtà Virtuale, di cui mai come oggi si parla. Anche questo è costruzione di un Mondo alternativo, in cui sullo schermo non siano più presenti strutture tratte o filmate dalla Realtà in cui tutti siamo immersi, ma dove si creano strutture nuove, si porta sullo schermo ciò che nella tangibilità delle cose non risulta, e che tuttavia noi possiamo immaginare.

La personalizzazione della “fabbrica dei sogni” in tutti i sensi, insomma, in attesa che la Realtà Virtuale possa portarci davvero a vivere sensazioni come se fossimo noi stessi all’interno della scena.

In questo caso siamo fuori dalla scena, non potrebbe essere altrimenti.. Tuttavia, anche all’esterno, possiamo partecipare a quanto vi è al di là, entrarvi con il pensiero, vivere questa illusione, proprio come una vera magia.

Una Storia d’Amore. Ambientata in un periodo molto particolare, tra l’800 ed il 900, (esattamente nel 1899) in cui la mentalità bohémienne, imperversava tra gli intellettuali, anche come rottura con le convenzioni, gli schemi e le chiusure della Società Tradizionale (qui si può vedere anche un parallelo con la rottura degli schemi descrittivi da parte del film). Forse, c’è chi dice che le Storie d’Amore non vanno più, oggigiorno. Se guardiamo alcuni dei film appena usciti, infatti, di certo l’attenzione è maggiore verso le problematiche sociali, i problemi dell’immigrazione, le minoranze etniche e così via. Problemi che indubbiamente fanno parte del Mondo Odierno, e che chiunque non può non percepire come tangibili.

Tuttavia, il Cinema è anche sogno, forse evasione. E talvolta è bello anche poter utilizzare questo meraviglioso mezzo espressivo per staccarsi dalla quotidianità, per potere, almeno per qualche momento, trovarsi in una dimensione in cui questi problemi siano assenti.

Anche qui, comunque, vi sono problematiche che emergono. Lo stesso amore impossibile tra una cantante, Satine, ed uno scrittore bohémienne, Christian (a Parigi proprio per sfuggire alle convenzioni familiari), lo fa capire. Situazioni di sempre, ma descritte con garbo e gusto, talvolta anche con un pizzico di ironia. Mezzo, questo, che permette di alleggerire le situazioni più grevi, rendendole leggere come una danza, come quella che possiamo vedere sullo schermo. Di danza si parla, e la danza si vede. E non potrebbe essere altrimenti, nel tempio del “can can”, dei balli sfrenati.

Anche nei balli, comunque, l’atmosfera di irrealtà è presente in modo deciso. Le scene con spazi molto pieni, ci trascinano in una girandola di suoni, di colori, in atmosfere che, a seconda dei casi, passano da esotiche a sfrenate, con un accento, sempre presente (o quasi) di malinconia.

Un velo di tristezza pervade infatti la narrazione. Quella tristezza che, inequivocabilmente, si avverte per le cose che passano, e che non possono più tornare. Per qualcosa che si è chiuso e non si può più riaprire, almeno come era prima, nelle precedenti forme.

Una malinconia che ben si intona con i colori utilizzati, con il modo di riprendere, o anche di inventare situazioni e scene. I colori, sfumati o vivi a seconda delle scene, hanno sempre quelle tinte pastello da grande “cartoon”, come dicevo in precedenza da fiaba. Ma che sono in grado di trasmettere emozioni.

La storia è indubbiamente piuttosto semplice. Una storia come tante possibili. Non di certo un tema nuovo. Tuttavia, qui non conta ciò che viene raccontato, ma come. Conta la ricerca di una nuova espressione, come già accennato conta non la ripresa di un Reale, ma la costruzione di un altro Reale, parallelo, divergente, ma alternativo.

Con queste prerogative, fatevi catturare dalle immagini, sempre bellissime, che vedrete sullo schermo. Fatevi travolgere dalle danze, dai colori e magari, se siete sensibili a queste cose, sospirate per la storia d’Amore presente.

Sarà un modo per riflettere, forse. Ma soprattutto un modo per sognare. In fondo, il Cinema è anche questo.

 

Sergio Ragaini