LE VERITÀ NASCOSTE
(DI Robert Zemeckis)
Un
mistero. Atmosfera cupa, quasi irreale.
Una
persona scomparsa, la cui sparizione è avvolta nell’ombra. Presenze non
identificate in casa di Norman e Claire.
Gli
ingredienti del noir ci sono tutti, in questo lavoro di Zemeckis. Come già
dicevo, la casa appare in qualche modo “horror”, anche se non in modo così
deciso. Ma le luci, le movenze, il modo di narrare, ove nulla sembra essere
Tutto
è proteso a creare suspence: i movimenti della macchina da presa, spesso lenti
e cadenzati, lasciando intendere e non intendere; i colori delle cose non sono
mai sfavillanti, salvo talvolta sorprenderci con il bianco, o l’incolore
dell’acqua.
L’acqua:
un elemento importante in questo film. L’acqua, da sempre, è simbolo di molte
cose. Da una parte può indicare purificazione, purezza, il mondarsi da colpe,
il “lavare via” qualcosa. In altri casi, rappresenta il fluire del tempo, della
vita, dello stesso essere.
Quasi
sempre, comunque, simboleggia la vita (infatti, costituisce la maggior parte
del nostro pianeta, ed anche del nostro corpo).
Ma
spesso è sinonimo di mistero, di qualcosa che nasconde, che ci cela la verità,
che confonde le idee, o anche il senso di un’oscura minaccia incombente. Se non
addirittura un simbolo di elemento nemico, distruttivo, incontrollabile.
Da
sempre, quindi, questo dualismo (o addirittura questa multipolarità) è
presente.
Per
Zemeckis l’acqua è, di certo, un qualcosa che nasconde, che cela alla vista. Ma
forse anche un simbolo di morte, una sostanza che, seppur parte di noi, è
“differente” da noi, una struttura che noi cerchiamo, di cui abbiamo bisogno ma
con la quale, da sola, non potremmo convivere e nella quale non potremmo vivere.
Una parte di noi,quindi, ma al contempo estranea.
Il
lavoro di Zemeckis è proprio studiato sul “nascondere” qualcosa. E sul suo
svelarsi in modi e con mezzi che entrano completamente nel paranormale.
L’acqua,
qui, nasconde e svela insieme. L’acqua del lago adiacente alla casa di Claire,
sempre torbida, non svela i segreti nascosti sul suo fondo.
Al
contrario, la limpida acqua nella vasca da bagno “riflette” i volti, e rivela
le cose.
Il
vapore acqueo rivela addirittura cose non visibili ad occhio nudo. Celando le
cose in una strana ed irreale nebbia, al contempo le rivela. Questo stato
dell’acqua è di certo quello dove il binomio nascondere - svelare è più
marcato.
Ma,
indubbiamente, il lavoro abbandona, come già accennato, l’elemento della
“normalità” per andare con decisione verso il paranormale, il “mistero” in
tutti i sensi.
Già
il luogo, gli ambienti, i simboli che si possono osservare sin dai primi
momenti ci portano verso un qualcosa che ricorda l’”horror”. La presenza di
spiriti, di riti magici e di sedute spiritiche, la strana tensione irreale che
si respira nell’aria in ogni momento sono di certo, almeno, elementi del
fantastico. Se, poi, guardiamo il titolo originale del film “What lies beneath”
(cosa giace sul fondo) abbiamo molto di più l’impressione di un qualcosa di
paranormale. Nel titolo italiano, invece, abbiamo l’idea, semplicemente, di
qualcosa di nascosto alla vista.
Di
certo Zemeckis non punta sull’”horror”, sul deforme e sul difforme, sul
terrorizzare a tutti i costi lo spettatore. Il paranormale è, qui, più
ventilato, lasciato intendere lasciato immaginare e supporre.
Il paranormale è sempre utilizzato per creare quel sottile filo di inquietudine che possa andare al di là del mondo conosciuto, per entrare in altre dimensioni della percezione, esplorare altri sensi e modi di percepire il reale, facendo capire che il reale stesso può andare al di là di quello che noi crediamo, aprendo altri mondi, altri orizzonti di pensiero e di percezione.
Il
tutto crea un’atmosfera sospesa, decisamente molto interessante. Ma anche
inquietante.
L’inquietudine,
derivante dal mistero delineato, e dal suo andare al di là delle percezioni del
quotidiano, è senza dubbio un elemento forte. Spesso si respira, nel film, una
calma quasi irreale, che di certo prelude a tempestosi sviluppi (per restare in
tema con l’acqua).
In
questo il regista è davvero bravo a far sentire un’atmosfera in modo discreto,
lasciando sempre il discorso con un punto interrogativo.
Gli
elementi, per così dire, scontati vi sono, almeno in qualche caso (un esempio:
il morto che di colpo pare quasi risuscitare). Ma sono gli elementi del genere
thriller. Quindi sono del tutto in stile con il lavoro. E, comunque, di certo
sono utilizzati bene, senza strafare.
Il
Regista del fantastico, che ci ha stupito e fatto, forse, sognare con film come
“Chi ha incastrato Roger Rabbit”, la trilogia di “Ritorno al futuro”, “Forrest
Gump”, rimane quindi nel fantastico, e lo colora di note un po’ “nere”, o
“bianche”, se non “trasparenti” del colore dell’acqua. E lo fa molto bene.
Anche grazie ai due attori protagonisti, su cui ruota tutto il film: Harrison
Ford e Michelle Pfeiffer, ottimi nel mostrare situazioni di tensione, e
talvolta un apparente distacco carico di emozione.
Di
certo un lavoro da vedere, a cui si scusano alcune (poche) ridondanze. Anche
per l’equilibrio psicologico che il regista riesce a creare molto bene,
facendolo percepire come una sottile bolla di sapone, pronta in ogni momento a
spezzarsi. Provocando, però, non un piccolo botto, ma un’esplosione di
emozioni.
Sergio Ragaini