JULES E JIM

 

Di Francois Truffaut – Francia ; 1962

 

Un film che ha fatto storia, presentato in versione restaurata.

Un lavoro datato, ma ancora attuale, e che ancora sa trasmettere emozioni a chi lo guarda, come se i 40 anni che da esso ci separano possano risultare annullati, di fronte alle capacità di un registra che, ancora giovane (all’epoca del film aveva solo 30 anni) sa dimostrare una non comune capacità di descrivere in modo essenziale, senza ridondanze, ma molto efficace, una situazione che avrebbe potuto divenire banale o retorica.

Un triangolo amoroso, che poteva prestarsi ad ogni banalità, ad ogni superficialità espressiva. Che poteva essere reso in modo scontato e privo di spessore.

Invece non è così. Truffaut, di fronte ad una situazione di questo tipo, riesce a tessere una storia pregevole, che al di là di ogni apparenza riesce a scavare nei personaggi, a lavorare su di loro, a studiarne ogni trasformazione, a percepirne ogni sottile mutamento.

Il connubio tra amore ed annullamento (o forse distruzione) è presente decisamente in questo film. Questo modo di vedere l’Amore, forse come impossibile meta da raggiungere, e dove l’annullamento può esserne una conseguenza, è presente anche altrove nella cinematografia, ma anche nella letteratura, ove gli “amori impossibili” riescono sempre a colpire e a catturare l’attenzione.

Qui, comunque, non si tratta di un amore impossibile, ma piuttosto di una sottile complicità, fatta di sguardi, di situazioni lasciate intendere, di sospesi non risolti. Con un tono narrativo che può apparire freddo, a tratti staccato. Ma probabilmente questa è una delle forze del lavoro di Truffaut.

In generale, il Cinema Francese non eccede quasi mai in esplosioni dichiarate di passioni (anche qui, comunque, vi sono pregevoli eccezioni!), in scene di gelosia o in drammi di tradimento (che caratterizzano invece una consistente parte del cinema italiano). Il tutto avviene su binari piuttosto contenuti, quasi come se si volesse assumere un punto di vista esterno, di chi osserva e vuole studiare e capire, piuttosto che di colui che prende parte in modo passionale alla vicenda.

Un distacco che ad alcuni può apparire un modo per non essere coinvolti. Guardando invece i film di Truffaut, dove il sentimento e l’amore sono spesso presenti, anche in modo marcato (Da “L’Amore a vent’anni” a “Baci Rubati” a “L’amore che fugge” e così via) vediamo che questo apparente distacco è solo un modo per capire a fondo le situazioni, per volerle esplorare.

Nel film emerge senza dubbio anche la natura un po’ ribelle di Truffaut. Ricordiamo che il Regista è stato sempre una personalità complessa, fuori dagli schemi. La figura di Antoine Doinel, presente in diversi suoi lavori, ne è un po’ l’”alter ego”, a cui si rivolge senza paure di mostrare la sua vita e le sue difficoltà. (Il suo primo film, “I 400 colpi”, del 1959, rappresenta anche la vera storia del regista).

Anche in “Jules e Jim” Truffaut mostra il suo gusto per situazioni che esulano dagli schemi, da una certa forma di perbenismo, di conformismo, ma non per questo meno vere.

La stessa epoca scelta per l’ambientazione mostra questa sua voglia di rottura, e non appare casuale. I primi anni del ‘900, un po’ prima ed un po’ dopo la prima guerra mondiale. Un’amicizia tra due persone, un austriaco ed un francese, poi divisi dalla guerra ma non di certo dai sentimenti di simpatia reciproca. Una donna, Catherine, amata da entrambi, e da lei stessa entrambi ricambiati.

Un amore particolare, ma molto intenso, una passione che ci viene lasciata intendere, ma mai risulta forzata o mostrata di forza. La comprendiamo, la intuiamo, senza che in nessun momento ci appaia in modo accentuato. Tuttavia, la vicenda ci risulta in modo molto preciso, nel modo quasi ironico (con una punta di sarcasmo) di narrare, che stempera situazioni talvolta drammatiche.

Il modo di vita di Jules (austriaco) e di Jim (francese) contrasta con quello, un pochino perbenista, del tempo (anche su questo perbenismo, comunque, Truffaut non mette mai l’accento con veemenza). Essi vivono quasi al di sopra della società del loro tempo. Ma, non per questo, ne sono esclusi, ed anzi il loro stile un po’ particolare crea un alone di fascino non indifferente verso questi personaggi. Un fascino che li rende interessanti e ricercati.

Così come appare interessante e staccata la stessa Catherine. Un personaggio che vive appieno la sua società, ne ama le agiatezze, i piaceri, ma non per questo ne è travolta. Catherine Riesce piuttosto a mantenere, nei confronti di essa, uno sguardo quasi esterno, di colei che vive ma che mai rimane troppo attaccata a ciò che vive.

Il trio (definito scherzosamente, in paese, “i matti”) vive quasi una dimensione indipendente, ma senza rifiutare il mondo e le sue dinamiche (la stessa guerra toccherà in qualche misura i personaggi, ed in qualche battuta si intuisce il suo carico di sofferenza).

Oltre alla pregevolezza dell’elemento descrittivo, è di certo rimarchevole l’elemento musicale. Qui, infatti, la Musica interviene mai a sproposito, a commentare, a enfatizzare, a cambiare punto di vista, a guidarci, per così dire, nelle ellissi temporali presenti. Ma mai a disturbare. Anzi, nei momenti di maggior tensione narrativa, la musica è assente, come spesso è caratteristica del Cinema Francese.

Un Cinema che, di certo, con “Jules e Jim” raggiunge un ottimo valore. Dimostrando che, quando un lavoro è di buon livello, il tempo è relativo, e permette solo di apprezzarlo maggiormente.

 

Sergio Ragaini