IL MISTERO DELL’ACQUA

 

(“The Weight of Water” – di Kathryn Bigelow)

 

Un viaggio in un’isola per far luce su un omicidio, commesso molti anni addietro.

Due epoche che si guardano, quasi osservandosi, quasi parlando tra di loro.

Il Mare, a sorta di “porta del Tempo”, che lega tra loro eventi tanto lontani, ma qui raccontati con contiguità, con la forza di ciò che non muta, di quei ritmi che rimangono sempre uguali.

Una narrazione cadenzata, quasi assorta, per descrivere un’atmosfera misteriosa, spesso sospesa, talvolta quasi come in un sogno, tanto che non distinguiamo, se non per l’abbigliamento, il passato dal presente, che si alternano con una continuità a tratti spettacolare.

Il ritmo, spesso non velocissimo, può trarre in inganno, dando l’impressione di qualcosa che non “decolla” realmente. Ma è solo un’impressione. Se, infatti, andiamo a  guardare davvero quello che viene descritto, si nota un sottile filo di tensione, che pervade tutto il racconto, e dove l’apparente lentezza, talvolta una vaga staticità, è solo un modo per mantenere viva l’attenzione, per poter aumentare il mistero attorno all’evento che possiamo vedere. O, forse, per mostrare come, in quest’isola, molte cose, nel tempo, non sono mutate.

L’acqua la fa da protagonista, in questo lavoro. Innanzitutto nel costituire una barriera che separa le cose. Un’isola, tra l’altro piccola, che permette di evidenziare, al meglio, le caratteristiche dei personaggi, mettendoli, in qualche modo, in simmetria con quelli di tempo addietro.

Nel titolo originale (“The weight of water”, vale a dire “Il peso dell’acqua”) risulta molto evidente l’idea dell’acqua che rende difficili le cose, dell’acqua che, da soave e leggera, può diventare greve ed inquietante. Nel titolo italiano, invece, è evidenziata la natura dell’acqua che crea misteri, che rende difficile la soluzione delle cose. Anche nel titolo italiano, comunque, l’inquietudine appare evidente.

Una caratteristica che, nel film, fa aumentare il mistero, è anche il connubio tra storia (gli archivi dell’epoca, la ricerca sui fatti) e una sorta di “leggenda”, sino a fare davvero luce su fatti oscuri, nascosti dall’acqua ma dall’acqua stessa portati alla luce.

In questo, ancora, sono molto evidenti i contrasti dell’acqua. Infatti, in alcuni momenti, l’acqua ci appare come qualcosa di piacevole, di solare, uno specchio azzurro che può dare bellissime emozioni a chi la osserva, a chi vi si tuffa, a chi sente la brezza che scorre su di essa.

Ben altra impressione, invece, appare nel film un mare in tempesta, che la Bigelow ci descrive in modo da enfatizzare un’atmosfera quasi spettrale, ove il tutto si ricollega al mistero, ma un mistero denso di attesa, di suspence, di un qualcosa che lascia con il fiato sospeso.

L’acqua, tuttavia, è nel film strettamente legata ai personaggi. Addirittura, a tratti, si ha l’impressione che essi siano un tutt’uno con l’elemento liquido. Questo fatto lega, come già accennavo in precedenza, personaggi appartenenti ad epoche diverse. Questo anche grazie all’apparente immutabilità dell’acqua, che segna lo scorrere del tempo ma che, allo stesso modo, appare immutabile. Un qualcosa che fluisce sempre, ma che al contempo appare imutabile. Uno scorrere del tempo, quindi, statico e dinamico nello stesso momento, lento e veloce, che scorre ma che, nello stesso momento, sembra non scorrere e rimanere fermo, come se mai fosse trascorso.

L’elemento ideale per sospendere, quasi, il tempo, per dilatare gli effetti, forse, anche, per confondere. E qui appare un’idea di acqua che confonde i riferimenti. Riferimenti visivi, uditivi, ma anche mentali. Un elemento, apparentemente, sempre uguale, ma in realtà dalle mille sfumature, dai mille risvolti, che sa mostrare, al di là di un’apparente uniformità, molte diversità. Ben lo sa la persona che con l’acqua vive (ad esempio, un pescatore). Per lui l’acqua non è mai uguale e sé stessa, e mostra in pieno la sua armonia, i suoi suoni, i suoi colori, le sue luci e le sue ombre, i suoi riferimenti.

In questo caso, appare davvero chiaro il legame tra l’acqua e la ricerca effettuata dal gruppo di persone in questione. Qui, davvero, le differenze e le sfumature sono percepibili, anche dove tutto appare piatto ed uniforme. Naturalmente, per chi sa osservarle.

L’espediente di “isolare” letteralmente i personaggi permette, naturalmente, di studiare con maggior attenzione anche le problematiche che appaiono. Ad esempio, quella dell’omosessualità, che la Regista ci presenta in modo abbastanza velato, ma in modo tale da farci riflettere.

Ancora, l’isolare i personaggi ci permette di poter studiare anche alcune caratteristiche che, chiuse in un ambiente ristretto, quasi risuonano in eco, con intensità, amplificate come i suoni nell’elemento liquido. Ci permette di vivere e gustare appieno le descrizioni, molto accurate e particolareggiate, che la Regista ci mostra.

Il tono generale del lavoro, talvolta, risente di una certa “lentezza”. Altre volte si ha l’impressione di perdere il senso del tempo, l’orientamento nella Storia.

Probabilmente, però, il tutto è perfettamente “voluto” dalla Regista, per dare un’atmosfera che sia il più possibile irreale, quasi sospesa tra spazio e tempo.

Per un lavoro originale, interessante, ove il respiro dell’acqua, in tutte le sue forme, è molto evidente. Un respiro da ascoltare sino in fondo, anche per i misteri che ci può e ci sa rivelare.

 

 

Sergio Ragaini