IL CASATIELLO
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Cenni storici:
Gli antichi testi flegrei, rinvenuti recentemente a Cuma nell’antro della omonima
Sibilla, recano - tra le tante - testimonianze importantissime circa le
tradizioni culinarie pagane dei nostri antenati. La pizza, ad esempio, nata
come bevanda offerta a Cerere per ingraziarsene la benevolenza per i buoni
raccolti della terra, nei secoli si è tramutata in vivanda; la pastiera
napoletana nasce invece come offerta alla Sirena Parthenia, per ringraziarla
del canto melodioso e toccante col quale, di tanto in tanto, emergendo nel
Golfo di Napoli, ella soleva benedire quella costa paradisiaca che scelse come
casa... Ma per il casatiello è tutt’altra storia!
Il casatiello dall’aspetto così innocuo, che
suole presentarsi sulle nostre tavole campane nei giorni della Pace Pasquale,
nacque, in realtà, come arma letale da combattimento ad alto potenziale
bellico.
Si narra, appunto, di un’aspra battaglia di
sirene e tritoni contro l’abominevole Piovra delle Navi nel già menzionato Golfo di Napoli, in tempi molto remoti
(circa IV sec. A.C.)....... Il mostro mitologico attaccava i legni di passaggio
nel Golfo di Partenope, causando stragi di argonauti e ingenti perdite di
tesori e masserizie trasportate a bordo dei traghetti CAREMAR (trad. dal in
sanscrito : CADE A MMARE) . Di più, l’orrendo mostro, soleva suggere con i suoi
lunghi ed interminabili tentacoli borchiati di ventose implacabili, la
vegetazione sottomarina e ingenti porzioni di costa, procurando effetti
sismologici imprevedibili . La Piovra - che ha finito poi col dare il proprio
nome a polipi, polpi e purpetielli
della manovalanza criminale locale odierna, stante le sue nefande
caratteristiche - impazzava in lungo e in largo nelle acque territoriali
flegree, tantochè la Capitaneria di Porto di Pozzuoli fu costretta ad inviare
un cablogramma alla sirena Megaride, pregandola di rientrare dalle ferie a
Milano Marittima, con tutta la famiglia di sirene e tritoni, per combattere
l’occupante senza titolo la casa della Sirena Parthenia.
Giunsero
da ogni dove, a sirene spiegate, le Sirene e, imbracciando i tritoni, giunsero
i Tritoni dai lontani Oceani “al di qua” ed “al di là” del
Faro.........Giunsero batterie di tonni in scatola, eserciti di pesci-spada,
cavalli marini allo stato brado.......Si allearono con le potenze di
Nettuno persino le Frecce Tricolore dei pesci volanti, per le opportune
incursioni aeree......Insomma, il Golfo fu un gran ribollire , un pentolone a
pressione di brodo primordiale senza
sfiatatoio e la Madre di tutte le Battaglie ebbe inizio.
La Piovra, nascosta nelle profondità di caverne
sottomarine, ogni tanto allungava tre o quattro tentacoli e ...splash
splash..... si “zugava” un po’ dell’esercito schierato dal nemico.....
Armi letali furono studiate e approntate nei
laboratori sotterranei di Baia, Cuma, Oplonti; lungo tutta la costa.
Un’impepata di cozze gigantesca fu
usata come lacrimogeno ma la Piovra impazzita, scalmanando, fece più danni
ancora, trascinando con sé negli abissi ingenti porzioni di barriera corallina
di Torre del Greco - ridente cittadina - che subì così una biblica mareggiata
sterminatrice .
I danni si accumulavano ai danni. Il popolo
napolithano si divise in due fazioni: i napolithani di Fede e quelli di “Pensiero”; prevalse con
successo l’opera arguta dei secondi che tramutarono in Azione l’Ingegno ;
quell’Ingegno che da allora in avanti ha contrassegnato per millenni la unicità di questa genìa sulla faccia della terra.
Cosa si inventarono ordunque i napolithani?
Durante i lunghi giorni di battaglia, questi
avevano notato che la famelica Piovra, di tanto in tanto emergeva col suo bel
capocchione nello specchio di Megaride, affascinata dai canti delle
sacerdotesse Megattere (quelle, un po’ chiattone e dalle lunghe ali di chiffon,
ancelle della Diva Parthenia regina di Palepoli e Neapolis). Emergeva nei
giorni dei sacri riti officiati dal
poeta greco Licofrone, cantore delle canterine sirene Leucosia, Ligea e
Partenope ovvero la Santa Trinità partenopea.
In quelle occasioni, i napolethani portavano
offerte al Tempio Marino e già, tra queste, vi spopolava la “mitica” Pastiera,
il cui profumo inebriava i sensi della Grande Piovra che più volte tentò
assalti con i suoi tentacolari abbracci all’altare votivo nell’intento sacrilego di rubare le regali libagioni........
Fu così, che ricordando anche gli effetti
pirotecnici della prima rudimentale arma (l’impepata di cozze), il popolo
approntò l’arma letale; quella, che a memoria di quei giorni ci è stata
tramandata con l’onomatopeico nome DI
CASATIELLO , dal greco, appunto : “KHIAVATA’N’CELLO’N’KAPA”.
Lungo tutta la costa, nei laboratori sotterranei
delle forze alleate di Rodi e Falerno
presso le basi segrete della NATO di Bagnoli e di Licola, e persino nelle
abitazioni private, fervero i preparativi di guerra per industriare la potente
arma bellica.
Furono compattate tonnellate di farina e uova, e
cicoli e pepe, e latticini e caci, per ottenersi un impasto tosto e micidiale;
furono approntati proiettili di casatiello a testata nucleare e di lunga
gittata, studiandone anche la più consona ed aerodinamica forma a piattello.
Nei tempi in cui l’acciaio ancora non era presente, l’elemento alchemico casatiello era già più duro e compatto del
diamante.
E venne il giorno dell’ultima battaglia; quella,
che decretò la vittoria in guerra dei partenopei.
Lungo tutta la costa, un formicaio di uomini e
donne, muniti di grosse fionde e catapulte e di montagne di proiettili di
casatiello, si snodò per ben tre linee di trincea. Persino dalla collina che
oggi è chiamata Vomero, bande di indigeni armate di tutto punto, dalle loro
postazioni tra i limoneti, gli aranceti ed i “broccoleti”, fissavano lo
specchio d’acqua di Megaride, pronti alla controffensiva.
Le Megattere presero a cantare, il poeta
Licofrone prese ad officiare il rito...la Sacra Triade Sirenusa celebrò il sacrificio della mitica
Pastiera.....Il popolo, in silenzio, guardingo attendeva l’emergere del capocchione
infernale.
Un’onda anomala si levò d’un tratto quindi una
serie di paurosi cerchi concentrici sull’acqua, in un principio voluttuoso di
tromba marina dette il segnale dell’affioramento del capocchione di Piovra che
si allargò a stella, emersa, fino a riempire di sé tutto il Golfo.
Prontamente, dai gradoni della seconda linea,
milioni di catapulte lanciarono miliardi di casatielli sulla lucida testona del
mostro marino quindi, all’unisono, la
prima e la terza linea di combattimento, dal basso e dall’alto della costa, ad
un segnale del generale Bhassòlino , scatenarono qualche megatone di casatiello
sul nemico. La battaglia durò qualche ora e lo specchio d’acqua finì col
sembrare sembrava l’ enorme pentolone
della Creazione di memoria celtico-druidica...
La Piovra, si dibattè con quanta e più energia riuscì a richiamare nelle sue multiple membra ma una gragnuola di circa 15 casatielli all’unisono che le piovvero a raffica sulla “fontanella”, le diede il colpo di grazia. Si afflosciò come un gommone senza tappo e lentamente si inabissò morente e vinta.
Da allora, per celebrare ogni quiete dopo la
Tempesta, ogni Pace dopo ogni Guerra,
il Casatiello divenne simbolo di Vittoria e, nell’intento sacrale- secondo la
concezione animistica - l’arma letale
fu trasformata in piatto patrio, perché le potenzialità vigorose di essa si
trasfondessero in energia vitale ed in forza sovrumana nei comuni mortali.
Ecco, perché ancora oggi nel periodo di Pace Pasquale, il casatiello imbandisce
trionfalmente la tavola di ogni napolithano di mitica schiatta.
E’,
anche se poco digeribile e tosto come e peggio di un roccocò - il più delle
volte - il simbolo del riscatto e della memoria, come lo è il pane àzzimo
per i figli di Abramo.
Del resto, il casatiello è sovente accompagnato
da suoceresche istruzioni “iniziatiche” per l’uso, per cui se assunto in dosi
omeopatiche non crea eccessivi danni.
IL CASATIELLO. SE LO CONOSCI, NON TI UCCIDE !