La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una “immane raccolta di merci” e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l'analisi della merce. La
merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante
le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo.
La natura di questi bisogni, p. es. il fatto che essi provengano dallo
stomaco o che provengano dalla fantasia non cambia nulla. Qui non
si tratta neppure del modo in cui la cosa soddisfa il bisogno
umano: se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come
oggetto di godimento o per via indiretta, come mezzo di produzione.
Ogni cosa
utile, come il ferro, la carta, ecc., dev'essere considerata da un
duplice punto di vista, secondo la qualità e secondo
la quantità.[…]
L'utilità
di una cosa ne fa un valore d'uso. Ma questa utilità
non aleggia nell'aria. È un portato delle qualità del
corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce
stesso, come il ferro, il grano, il diamante, ecc., è quindi
un valore d'uso, ossia un bene. Questo suo carattere non dipende
dal fatto che l'appropriazione delle sue qualità utili costi
all'uomo molto o poco lavoro. Quando si considerano i valori d'uso
si presuppone che siano determinati quantitativamente, come una
dozzina di orologi, un braccio di tela di lino, una
tonnellata di ferro, ecc. I valori d'uso delle merci forniscono
il materiale di una particolare disciplina d'insegnamento, la merceologia.
Il valore d'uso si realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo.
I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza,
qualunque sia la forma sociale di questa. Nella forma di
società che noi dobbiamo considerare i valori d'uso costituiscono
insieme i depositari materiali del valore di scambio.
Il valore
di scambio si presenta in un primo momento come il rapporto quantitativo,
la proporzione nella quale valori d'uso d'un tipo sono scambiati
con valori d'uso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente
coi tempi e coi luoghi. […]
(K. Marx,
Il capitale. Critica dell’economia politica, op. cit, Libro primo,
pp. 67-68)
Nel
rapporto di scambio delle merci stesse il loro valore di scambio ci
è apparso come una cosa completamente indipendente dai loro
valori d'uso. Ma se si fa realmente astrazione del valore d'uso dei
prodotti del lavoro, si ottiene il loro valore come è stato
or ora determinato. Dunque quell'elemento comune che si manifesta
nel rapporto di scambio o nel valore di scambio della merce, è
il valore della merce stessa. Il progredire dell'indagine ci ricondurrà
al valore di scambio come modo di espressione necessario o forma fenomenica
del valore, il quale tuttavia in un primo momento è da considerarsi
indipendentemente da quella forma.
Dunque,
un valore d'uso o bene ha valore soltanto perché in
esso viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente
umano. E come misurare ora la grandezza del suo valore? Mediante
la quantità della “sostanza valorificante”, cioè
del lavoro, in esso contenuta. La quantità del lavoro a sua
volta si misura con la sua durata temporale, e il tempo
di lavoro ha a sua volta la sua misura in parti determinate
di tempo, come l’ora, il giorno, ecc. […]
Quindi è
soltanto la quantità di lavoro socialmente necessario,
cioè il tempo di lavoro socialmente necessario per fornire
un valore d’uso che determina la sua grandezza di valore. […]
(Ibidem,
pp. 70-71)
Una cosa
può essere valore d'uso senza essere valore. Il
caso si verifica quando la sua utilità per l'uomo non è
ottenuta mediante il lavoro: aria, terreno vergine, praterie naturali,
legna di boschi incolti, ecc. Una cosa può essere utile e può
essere prodotto di lavoro umano senza essere merce. Chi soddisfa con
la propria produzione il proprio bisogno, crea sì valore
d'uso, ma non merce. Per produrre merce, deve produrre
non solo valore d'uso, ma valore d'uso per altri, valore d'uso
sociale.[…]
E, infine,
nessuna cosa può essere valore, senza essere oggetto
d'uso. Se è inutile, anche il lavoro contenuto in essa è
inutile, non conta come lavoro e non costituisce quindi valore.
(Ibidem,
p. 73)
A
un primo sguardo la ricchezza borghese appare come una enorme raccolta
di merci e la singola merce come sua esistenza elementare. Ma ogni
merce si presenta sotto il duplice punto di vista di valore d'uso
e di valore di scambio.
La merce
è in primo luogo, nel linguaggio degli economisti inglesi,
“qualsiasi cosa necessaria, utile o gradevole alla vita”, oggetto
di bisogni umani, mezzo di sussistenza nel senso più ampio
della parola. Questo esistere della merce come valore d'uso e la sua
esistenza naturale tangibile coincidono. Il grano ad esempio è
un valore d'uso particolare, differente dai valori d'uso cotone, vetro,
carta, ecc. Il valore d'uso ha valore solo per l'uso e si attua soltanto
nel processo del consumo. Un medesimo valore d'uso può essere
sfruttato in modo diverso. […]
Valori d’uso
differenti hanno misure differenti secondo le loro naturali peculiarità,
ad esempio un moggio di grano, una libbra di carta, un braccio di
tela, ecc.
Qualunque
sia la forma della ricchezza, i valori d’uso costituiscono sempre
il suo contenuto, che in un primo tempo è indifferente nei
confronti di questa forma. Gustando del grano, non si sente chi l’ha
coltivato, se un servo della gleba russo, un contadino particellare
francese o un capitalista inglese. Sebbene sia oggetto di bisogni
sociali e quindi si trovi in un nesso sociale, il valore d'uso non
esprime tuttavia un rapporto di produzione sociale. […]
In
modo immediato, il valore d'uso è la base materiale in cui
si .presenta un determinato rapporto economico, il valore di scambio.
Il valore
di scambio appare in primo luogo come un rapporto quantitativo
entro il quale valori d'uso sono intercambiabili. Entro questo
rapporto essi costituiscono la medesima grandezza di scambio. Così,
un volume di Properzio e 8 once di tabacco da fiuto possono essere
un medesimo valore di scambio, nonostante la disparità dei
valori d'uso tabacco ed elegia. […]
I valori
d'uso sono direttamente mezzi di sussistenza. Ma viceversa questi
mezzi di sussistenza sono essi stessi prodotti della vita sociale,
sono risultato di forza umana spesa, sono lavoro oggettivato. In
quanto materializzazione del lavoro sociale, tutte le merci sono cristallizzazioni
di una medesima unità. Quello che ora dobbiamo considerare
è il carattere determinato di questa unità, ossia del
lavoro che si esprime nel valore di scambio.
Un'oncia
d'oro, una tonnellata di ferro, un quarter di grano e venti
braccia di seta siano, poniamo, valori di scambio uguali. In quanto
sono tali equivalenti, in cui è cancellata la differenza qualitativa
dei loro valori d'uso, essi rappresentano un volume uguale di uno
stesso lavoro. Il lavoro che in essi uniformemente si oggettiva dev'essere
esso stesso lavoro semplice, uniforme, indifferenziato, per il quale
sia indifferente apparire nell'oro, nel ferro, nel grano, nella seta,
allo stesso modo che è indifferente per l'ossigeno trovarsi
nella ruggine del ferro, nell'atmosfera, nel succo dell'uva o nel
sangue dell'uomo. Ma scavare oro, portar alla luce ferro, coltivare
grano e tessere seta, sono tipi di lavoro che differiscono qualitativamente
l'uno dall'altro. Infatti, ciò che oggettivamente appare come
diversità dei valori d'uso, appare nel corso del processo come
diversità dell'attività che produce i valori d'uso.
Perciò, il lavoro che crea valore di scambio, in quanto è
indifferente nei riguardi della particolare materia dei valori d'uso,
lo è anche nei confronti della forma particolare del lavoro
stesso. I differenti i valori d'uso sono inoltre prodotti dell'attività
di individui differenti, sono dunque il risultato di lavori individualmente
differenti. Ma come valori di scambio rappresentano un lavoro uguale,
indifferenziato, ossia lavoro in cui è cancellata l'individualità
di chi lavora. Il lavoro che crea valore di scambio è quindi
lavoro astrattamente generale. […]
Allo
stesso modo che il tempo è l'esistenza quantitativa del movimento,
il tempo di lavoro è l'esistenza quantitativa del lavoro.
La diversità della propria durata è l'unica differenza
di cui sia suscettibile il lavoro, presupposta come data la sua qualità.
Come tempo di lavoro esso ottiene la propria scala di misura nelle
naturali misure del tempo, ora, giornata, settimana, ecc. Il tempo
di lavoro è l'esistenza vivente del lavoro, indipendentemente
dalla sua forma, dal suo contenuto, dalla sua individualità;
ne è l'esistenza vivente come esistenza quantitativa, e insieme
è la misura immanente di questa esistenza. Il tempo di lavoro
oggettivato nei valori d'uso delle merci è la sostanza che
fa dei valori d'uso valori di scambio e quindi merci, allo stesso
modo che ne misura la determinata grandezza di valore. I quantitativi
correlativi di valori d'uso differenti nei quali si oggettiva un medesimo
tempo di lavoro, sono degli equivalenti, ossia tutti i valori d'uso
sono degli equivalenti nelle proporzioni in cui contengono il medesimo
tempo di lavoro consumato, oggettivato. Come valori di scambio tutte
le merci non sono che misure di tempo di lavoro coagulato.
Per comprendere
la determinazione del valore di scambio in base al tempo di lavoro
occorrerà tener fermi i seguenti punti di partenza principali:
la riduzione del lavoro a lavoro semplice, per cosi dire privo di
qualità; il modo specifico in cui il lavoro, che crea valore
di scambio e quindi produce merci, è lavoro sociale; infine,
la differenza che si ha fra il lavoro che ha per risultato valori
d'uso e il lavoro che ha per risultato valori di scambio.
[…]
il lavoro, come si rappresenta in valori di scambio, potrebbe essere
espresso come lavoro generalmente umano. Questa astrazione
del lavoro generalmente umano esiste nel lavoro medio che ogni
individuo medio può compiere in una data società, è
un determinato dispendio produttivo di muscoli, nervi, cervello, ecc.
umani. È lavoro semplice al quale ogni individuo medio
può essere addestrato e che esso deve compiere in una forma
o nell'altra. Il carattere di questo lavoro medio varia esso stesso
in paesi differenti e in epoche di civiltà differenti, ma si
presenta come dato in una società esistente.
[…]
si presuppone che il tempo di lavoro contenuto in una merce sia il
tempo di lavoro necessario per la sua produzione, vale a dire
il tempo di lavoro richiesto per produrre in date condizioni generali
di produzione un nuovo esemplare di quella stessa merce.
Le
condizioni del lavoro che crea valore di scambio, come risultano dall'analisi
del valore di scambio, sono determinazioni sociali del lavoro
oppure determinazioni del lavoro sociale, ma non sono sociali
senz'altro, lo sono in un modo particolare. Si tratta di un modo particolare
di socialità. In primo luogo la semplicità indifferenziata
del lavoro è uguaglianza dei lavori di individui differenti,
un reciproco riferirsi dei loro lavori l'uno all'altro come a lavoro
uguale, e ciò mediante una reale riduzione di tutti i lavori
a un lavoro di uguale specie. Il lavoro di ogni individuo, in quanto
si presenta in valori di scambio, ha questo carattere sociale di uguaglianza,
e si presenta nel valore di scambio solo in quanto è riferito
al lavoro di tutti gli altri individui come a lavoro uguale. Inoltre,
nel valore di scambio, il tempo di lavoro del singolo individuo si
presenta immediatamente come tempo di lavoro generale, e questo
carattere generale del lavoro individuale si presenta come
carattere sociale di quest'ultimo. […]
Come tempo
di lavoro generale, esso si esprime in un prodotto generale, in un
equivalente generale, in un determinato quantitativo di tempo
di lavoro oggettivato; e quest'ultimo, astraendo dalla forma determinata
del valore d'uso in cui appare immediatamente come prodotto dell'uno,
è traducibile a piacere in qualsiasi altra forma di valore
d'uso in cui si esprima come prodotto di qualsiasi altro. È
grandezza sociale soltanto in quanto è una tale grandezza
generale. Per risultare valore di scambio, il lavoro del singolo
deve risultare equivalente generale, ossia rappresentazione
del tempo di lavoro del singolo come tempo di lavoro generale o, ancora,
rappresentazione del tempo di lavoro generale come tempo di lavoro
del singolo.
(K. Marx,
Per la critica dell’economia politica, op. cit, pp. 9-14)
Quindi, se è esatto dire che il valore di scambio è un rapporto fra persone, bisogna tuttavia aggiungere: un rapporto celato sotto il velo delle cose. Allo stesso modo che una libbra di ferro e una libbra d'oro rappresentano lo stesso quantitativo di peso malgrado le loro qualità fisiche e chimiche diverse, due valori d'uso di merci, in cui sia contenuto lo stesso tempo di lavoro, rappresentano lo stesso valore di scambio. Il valore di scambio appare in tal modo come determinazione naturale sociale dei valori d'uso, come determinazione che spetta a questi in quanto cose, e a causa della quale nel processo di scambio essi si sostituiscono a vicenda secondo determinati rapporti quantitativi, costituiscono equivalenti, allo stesso modo che le sostanze chimiche semplici si combinano secondo determinati rapporti quantitativi, costituendo equivalenti chimici. È soltanto l'abitudine della vita quotidiana che fa apparire come cosa banale, come cosa ovvia che un rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto, cosicché il rapporto fra le persone nel loro lavoro si presenti piuttosto come un rapporto reciproco fra cose e fra cose e persone. Nella merce questa mistificazione è ancor molto semplice. Tutti più o meno capiscono vagamente che il rapporto delle merci quali valori di scambio è piuttosto un rapporto fra le persone e la loro reciproca attività produttiva. Nei rapporti di produzione di più alto livello questa parvenza di semplicità si dilegua. Tutte le illusioni del sistema monetario derivano dal fatto che dall'aspetto del denaro non si capisce che esso rappresenta un rapporto di produzione sociale […]. Siccome
il lavoro è l'attività svolta per adattare il materiale
a questo o a quello scopo, il lavoro ha bisogno della materia come
presupposto. In valori d'uso differenti la proporzione fra lavoro
e materia naturale è molto differente, pure il valore d'uso
contiene un sostrato naturale. Come attività conforme allo
scopo di adattare l'elemento naturale in una forma o nell'altra, il
lavoro è condizione naturale dell'esistenza umana, è
una condizione del ricambio organico fra uomo e natura. Il lavoro
che crea valore di scambio è per contro una forma specificamente
sociale del lavoro. […]
Come valore
d'uso la merce agisce causalmente. Il grano ad esempio agisce come
mezzo alimentare. Una macchina sostituisce il lavoro in determinate
proporzioni. Quest'azione della merce, per la quale soltanto essa
è valore d'uso, oggetto di consumo, può essere chiamata
il suo servizio, il servizio che essa presta come valore di uso. Ma
come valore di scambio la merce è sempre considerata soltanto
dal punto di vista del risultato. Non si tratta del servizio che presta,
bensì del servizio che è stato prestato alla merce stessa
durante la sua produzione. Così dunque il valore di scambio
di una macchina, ad esempio, non è determinato dal quantitativo
di tempo di lavoro che viene da essa sostituito, bensì dal
quantitativo di tempo di lavoro che è stato consumato nella
sua produzione ed è perciò richiesto per produrre una
nuova macchina dello stesso tipo.
(Ibidem,
pp. 16-19)
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