I proprietari della semplice forza-lavoro, i proprietari del capitale e i proprietari fondiari, le cui rispettive fonti di reddito sono salario, profitto e rendita fondiaria, in altre parole, gli operai salariati, i capitalisti e i proprietari fondiari, costituiscono le tre grandi classi della società moderna, fondata sul modo di produzione capitalistico. Senza dubbio
è in Inghilterra che la società moderna nella sua struttura
economica ha raggiunto il suo sviluppo più ampio e più
classico. Tuttavia la stratificazione delle classi non appare neppure
lì nella sua forma pura. Fasi medie e di transizione cancellano
anche qui tutte le linee di demarcazione (nella campagna tuttavia
in grado molto minore che nelle città). Ma per la nostra analisi
ciò è irrilevante. Abbiamo visto che la tendenza costante
e la legge di sviluppo del modo di produzione capitalistico è
di separare in grado sempre maggiore i mezzi di produzione dal lavoro
e di concentrare progressivamente in larghi gruppi i mezzi di produzione
dispersi, trasformando con ciò il lavoro in lavoro salariato
ed i mezzi di produzione in capitale. E a questa tendenza corrisponde,
d'altro lato, la separazione autonoma della proprietà fondiaria
dal capitale e dal lavoro, o la trasformazione di tutta la proprietà
fondiaria nella forma di proprietà fondiaria corrispondente
al modo di produzione capitalistico.
(K. Marx,
Il capitale. Critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma,
1994, Libro terzo, p. 1003; l’opera completa è in tre libri:
il primo fu pubblicato nel 1867, il secondo ed il terzo uscirono postumi
rispettivamente nel 1885 e nel 1894 grazie al lavoro di Engels)
La storia
di ogni società sinora esistita è storia di lotta di
classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba,
membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi
sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta
ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì
sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la
società o con la rovina comune delle classi in lotta.
Nelleprime
epoche dellastoria troviamo quasi dappertutto una completa divisione
della società in varie caste, una multiforme gradazione delle
posizioni sociali. Nell’antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei,
schiavi; nel Medioevo signori feudali, vassalli, maestri d'arte,
garzoni, servi della gleba, e per di più in quasi ciascuna
di queste classi altre speciali gradazioni. La moderna società
borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha
eliminato i contrasti fra le classi. Essa ha soltanto posto
nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta
in luogo delle antiche.
L'epoca
nostra, l'epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché
ha semplificato i contrasti fra le classi. La società intiera
si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due
grandi classi direttamente opposte l'una all'altra: borghesia e proletariato.
Dai
servi della gleba del Medioevo uscirono i borghigiani delle prime
città; da questi borghigiani ebbero sviluppo i primi elementi
della borghesia.
La scoperta
dell'America e la circumnavigazione dell’Africa offrirono un nuovo
terreno alla nascente borghesia. Il mercato delle Indie orientali
e della Cina, la colonizzazione dell'America, lo scambio con le colonie,
l’aumento dei mezzi di scambio e delle merci in generale, diedero
un impulso prima d’allora sconosciuto al commercio, alla navigazione,
all’industria, e in pari tempo favorirono il rapido sviluppo dell’elemento
rivoluzionario in seno alla società feudale che s’andava sfasciando.
L’organizzazione
feudale o corporativa dell’industria da quel momento non bastò
più ai bisogni, che andavano crescendo col crescere dei nuovi
mercati. Subentrò la manifattura. I maestri di bottega vennero
soppiantati dal medio ceto industriale; la divisione del lavoro tra
le diverse corporazioni scomparve davanti alla divisione del lavoro
nelle singole officine stesse.
Ma
i mercati continuavano a crescere, e continuavano a crescere i bisogni.
Anche la manifattura non bastava più. Ed ecco il vapore e le
macchine rivoluzionare la produzione industriale. Alla manifattura
subentrò la grande industria moderna; al medio ceto industriale
succedettero gli industriali milionari, i capi di intieri eserciti
industriali, i moderni borghesi. […]
Vediamo
dunque come la stessa borghesia moderna sia il prodotto di un lungo
processo di sviluppo, di una serie di sconvolgimenti nei modi della
produzione […].
Ognuno di
questi stadi nello sviluppo della borghesia fu accompagnato da un
corrispondente progresso politico. Ceto oppresso sotto il dominio
dei signori feudali, associazione armata e autonoma del Comune, qui
repubblica municipale indipendente, là terzo stato tributario
della monarchia, poi, al tempo della manifattura, contrappeso alla
nobiltà nella monarchia a poteri limitati o in quella assoluta,
principale fondamento, in generale, delle grandi monarchie, col costituirsi
della grande industria e del mercato mondiale, la borghesia si è
impadronita finalmente della potestà politica esclusiva nel
moderno Stato rappresentativo. Il potere politico dello Stato moderno
non è che un comitato, il quale amministra gli affari comuni
di tutta quanta la classe borghese.
La borghesia
ha avuto nella storia una funzione sommamente rivoluzionaria.
Dove
è giunta al potere, essa ha distrutto tutte le condizioni di
vita, feudali, ,patriarcali, idilliache. Essa ha lacerato senza pietà
i variopinti legami che nella società feudale avvincevano l'uomo
ai suoi superiori naturali, e non ha lasciato tra uomo e uomo altro
vincolo che il nudo interesse […]. Essa ha affogato nell'acqua gelida
del calcolo egoistico i santi fremiti dell'esaltazione religiosa,
dell'entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo-borghese.
Ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio
[…].
La borghesia
ha spogliato ,della loro aureola tutte quelle attività che:
per l'innanzi erano considerate degne di venerazione e di rispetto.
[…]. La borghesia ha strappato il velo di tenero sentimentalismo che
avvolgeva i rapporti di famiglia, e li ha ridotti a un semplice rapporto
di denari. […]
La borghesia
non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti
di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l’insieme
dei rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi
industriali precedenti era invece l’immutata conservazione dell’antico
modo di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione,
l’incessante scuotimento di tutte le condizioni sociali, l’incertezza
e il movimento eterni contraddistinguono l’epoca borghese da tutte
le altre. Tutte le stabili e arrugginite condizioni di vita, con il
loro seguito di opinioni e credenze rese venerabili dall’età,
si dissolvono, e le nuove invecchiano prima ancora di aver potuto
fare le ossa. […]
Col
rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le
comunicazioni infinitamente agevolate, la borghesia trascina nella
civiltà anche le nazioni più barbare. I tenui prezzi
delle sue merci sono l'artiglieria pesante con cui essa abbatte tutte
le muraglie cinesi, e con cui costringe a capitolare il più
testardo odio dei barbari per lo straniero. Essa costringe tutte le
nazioni ad adottare le forme della produzione borghese se non vogliono
perire; le costringe a introdurre nei loro paesi la cosiddetta civiltà,
cioè a farsi borghesi. In una parola, essa si crea un mondo
a propria immagine e somiglianza.
La borghesia
ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha creato
città enormi, ha grandemente accresciuto la popolazione urbana
in confronto con quella rurale […].
La borghesia
sopprime sempre più il frazionamento dei mezzi di produzione,
della proprietà e della popolazione. Essa ha agglomerato la
popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione e concentrato
la proprietà in poche mani. […]
Nel suo
dominio di classe, che dura appena da un secolo, la borghesia ha creato
delle forze produttive il cui numero e la cui importanza superano
quanto mai avessero fatto tutte insieme le generazioni passate. […]
Sotto i
nostri occhi si sta compiendo un processo analogo. Le condizioni borghesi
di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà,
la moderna società borghese, che ha evocato come per incanto
così potenti mezzi di produzione e di scambio, rassomiglia
allo stregone che non può più dominare le potenze sotterranee
da lui evocate. Da qualche decina d’anni la storia dell’industria
e del commercio non è che la storia della ribellione delle
moderne forze produttive contro i moderni rapporti di produzione,
contro i rapporti di proprietà che sono le condizioni di esistenza
della borghesia e del suo dominio. […]
I rapporti
borghesi sono diventati troppo angusti per contenere le ricchezze
da essi prodotte. Con quale mezzo riesce la borghesia a superare le
crisi? Per un verso, distruggendo forzatamente una grande quantità
di forze produttive; per un altro verso, conquistandonuovi mercati
e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti.
Con quale mezzo dunque? Preparando crisi più estese e più
violente e riducendo i mezzi per prevenire la crisi.
Le armi
con cui la borghesia ha abbattuto il feudalesimo si rivolgono ora
contro la borghesia stessa. […]
Nella stessa
misura in cui si sviluppa la borghesia, vale a dire il capitale, si
sviluppa anche il proletariato, la classe degli operai moderni, i
quali vivono solo fino a tanto che trovano lavoro, e trovano lavoro
soltanto fino a che il loro lavoro aumenta il capitale. […]
Quelli che
furono sinora i piccoli ceti medi, i piccoli industriali, i negozianti
e la gente che vive di piccola rendita, gli artigiani e gli agricoltori,
tutte queste classi sprofondano nel proletariato, in parte perché
il loro esiguo capitale non basta all’esercizio della grande industria
e soccombe quindi nella concorrenza coi capitalisti più grandi,
in parte perché le loro attitudini perdono il loro valore in
confronto coi nuovi modi di produzione. Così il proletariato
si recluta in tutte le classi della popolazione.
(K. Marx,
F. Engels, Manifesto del Partito comunista, op. cit., pp. 55-68)
La
grande industria raccoglie in un solo luogo una folla di persone,
sconosciute le une alle altre. La concorrenza le divide, quanto all'interesse.
Ma il mantenimento del salario, questo interesse comune che essi hanno
contro il loro padrone, li unisce in uno stesso proposito resistenza:
coalizione. Così la coalizione ha sempre un duplice
scopo, di far cessare la concorrenza- degli operai tra loro, per poter
fare una concorrenza generale al capitalista. Se il primo scopo della
resistenza non è stato che il mantenimento dei salari, a misura
che i capitalisti si uniscono a loro volta in un proposito di repressione,
le coalizioni, dapprima isolate, si costituiscono in gruppi e, di
fronte al capitale sempre unito, il mantenimento dell’associazione
diviene per gli operai più necessario ancora di quello del
salario. Ciò è talmente vero, che gli economisti inglesi
rimangono stupiti a vedere come gli operai sacrifichino una buona
parte del salario in favore delle associazioni che, agli occhi di
questi economisti, non sono stabilite che in favore del salario. […]
Una volta giunta a questo punto, l'associazione acquista un carattere
politico.
Le condizioni
economiche avevano dapprima trasformato la massa della popolazione
del paese in lavoratori. La dominazione del capitale ha creato a questa
massa una situazione comune, interessi comuni. Così questa
massa è già una classe nei confronti del capitale, ma
non ancora per se stessa. Nella lotta, della quale abbiamo segnalato
solo alcune fasi, questa massa si riunisce, si costituisce in classe
per se stessa. Gli interessi che essa difende diventano interessi
di classe. Ma la lotta di classe contro classe è una lotta
politica.
(K. Marx,
Miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della Miseria del
signor Proudhon, Editori Riuniti, Roma, 1973, p. 145; opera originalmente
pubblicata nel 1847)
I
contadini piccoli proprietari costituiscono una massa enorme, i cui
membri vivono nella stessa situazione, ma senza essere uniti gli uni
agli altri da relazioni molteplici. Il loro modo di produzione, anziché
stabilire tra di loro rapporti reciproci, li isola gli uni dagli altri.
Questo isola, mento è aggravato dai cattivi mezzi di comunicazione
della Francia e dalla povertà dei contadini stessi. Il loro
campo di produzione, il piccolo appezzamento di terreno, non consente
nessuna divisione di lavoro nella sua coltivazione, nessuna applicazione
di procedimenti scientifici e quindi nessuna varietà di sviluppo,
nessuna diversità di talenti, nessuna ricchezza di rapporti
sociali. Ogni singola famiglia contadina è quasi sufficiente
a se stessa, produce direttamente la maggior parte di ciò che
consuma, e guadagna quindi i suoi mezzi di sussistenza più
nello scambio con la natura che nel commercio con la società.
Un piccolo appezzamento di terreno, il contadino e la sua famiglia;
un po' più in là un altro piccolo appezzamento di terreno,
un altro contadino e un'altra famiglia. Alcune decine di queste famiglie
costituiscono un villaggio e alcune decine di villaggi un dipartimento.
Così la grande massa della nazione francese si forma con una
semplice somma di grandezze identiche, allo stesso modo che un sacco
di patate risulta dalle patate che sono in un sacco. Nella misura
in cui milioni di famiglie vivono in condizioni economiche tali che
distinguono il loro modo di vita, i loro interessi e la loro cultura
da quelli di altre classi e li contrappongono ad esse in modo ostile,
esse formano una classe. Ma nella misura in cui tra i contadini piccoli
proprietari esistono soltanto legami locali e la identità dei
loro interessi non crea tra di loro una comunità, una unione
politica su scala nazionale e una organizzazione politica, essi non
costituiscono una classe.
(K.
Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, in K. Marx, Rivoluzione e
reazione in Francia 1848-1850, a cura di L. Perini, Einaudi, Torino,
1976, pp. 303-304; l’opera fu originalmente pubblicata nel 1852)
|