Questi operai, che sono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolo di commercio, e perciò sono egualmente esposti a tutte le vicende della concorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato. Il
lavoro dei proletari, con l'estendersi dell'uso delle macchine e con
la divisione del lavoro ha perduto ogni carattere d'indipendenza e
quindi ogni attrattiva per l'operaio. Questi diventa un semplice accessorio
della macchina, un accessorio a cui non si chiede che un'operazione
estremamente semplice, monotona, facilissima ad imparare. Le spese
che l'operaio procura si limitano perciò quasi esclusivamente
ai mezzi di sussistenza necessari pel suo mantenimento e per la propagazione
della sua specie. Ma il prezzo di una merce, e quindi anche il prezzo
del lavoro, è eguale al suo costo di produzione. Così,
a misura che il lavoro si fa più ripugnante, più discende
il salario. Più ancora: a misura che crescono l’uso delle macchine
e la divisione del lavoro, cresce anche la quantità del lavoro,
sia per l’aumento delle ore di lavoro, sia per l’aumento del lavoro
richiesto in una data unità di tempo, per l’accresciuta celerità
delle macchine, ecc.
(K. Marx,
F. Engels, Manifesto del Partito comunista, op. cit., pp. 66-67)
Abbiamo
visto che l'operaio durante una sezione del processo lavorativo
produce solo il valore della propria forza-lavoro, cioè
il valore dei mezzi di sussistenza che gli sono necessari.
Poiché egli produce in una situazione che poggia sulla divisione
sociale del lavoro, non produce direttamente i propri mezzi di sussistenza,
ma li produce nella forma di una merce particolare, del refe p. es.,
produce cioè un valore eguale al valore dei suoi mezzi di
sussistenza, ossia eguale al denaro col quale li compera. La parte
della sua giornata lavorativa ch'egli consuma a questo scopo è
maggiore o minore a seconda del valore della media quotidiana dei
mezzi di sussistenza che gli sono necessari, dunque a seconda del
tempo di lavoro medio richiesto per la loro produzione. Se il valore
dei mezzi di sussistenza quotidiani dell'operaio rappresenta in media
sei ore lavorative oggettivate, l'operaio deve lavorare in media sei
ore al giorno per poterlo produrre. Se egli non lavorasse per ilcapitalista,
ma per se stesso, indipendente, l'operaio dovrebbe sempre, eguali
rimanendo le altre circostanze, lavorare in media ancora per la
stessa parte aliquota della giornata, per produrre il valore
della propria forza-lavoro, e con ciò ottenere i mezzi
di sussistenza necessari per il proprio mantenimento, cioè
per la propria continua riproduzione. […]
Chiamo
dunque tempo di lavoro necessario la parte della giornata lavorativa
nella quale si svolge questa riproduzione; chiamo lavoro necessario
il lavoro speso durante di essa. Necessario per l'operaio, perché
indipendente dalla forma sociale del suo lavoro. Necessario per il
capitale e per il mondo del capitale, perché la loro base è
l'esistenza costante dell'operaio.
All'operaio,
il secondo periodo del processo lavorativo, nel quale egli sgobba
oltre i limiti del lavoro necessario, costa certo lavoro, dispendio
di forza-lavoro, ma per lui non crea nessun valore. Esso crea
plusvalore, che sorride al capitalista con tutto il fascino
d'una creazione dal nulla. Chiamo tempo di lavoro soverchio questa
parte della giornata lavorativa e pluslavoro (surplus labour) il
lavoro speso in esso. Per conoscere il pluslavoro, è
altrettanto decisivo intenderlo come puro e semplice coagulo di
tempo di lavoro soverchio, come pluslavoro semplicemente
oggettivato, quanto è decisivo, per conoscere il valore
in generale, intenderlo come puro e semplice coagulo di tempo
di lavoro, come semplice lavoro oggettivato. Solo la forma
in cui viene spremuto al produttore immediato, al lavoratore,
questo pluslavoro, distingue le formazioni economiche della società;
p. es., la società della schiavitù da quella del lavoro
salariato.
Poiché
il valore del capitale variabile è eguale al valore della forza-lavoro
da esso acquistata, poiché il valore di questa forza-lavoro
determina la parte necessaria della giornata lavorativa e il plusvalore
è determinato a sua volta dalla parte eccedente della giornata
lavorativa, ne segue che il plusvalore sta al capitale variabile
nello stesso rapporto in cui il pluslavoro sta al lavoro necessario:
cioè il saggio del plusvalore è: p/v=pluslavoro/lavoro
necessario.
I
due rapporti esprimono la stessa relazione in forma differente, l'uno
nella forma del lavoro oggettivato, l'altro nella forma del lavoro
in movimento.
(K. Marx,
Il capitale. Critica dell’economia politica, op. cit, Libro primo,
pp. 249-251)
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