Anomia e gruppi intermedi

Bisogna - per porre fine all'anomia - che esista o si formi un gruppo nel quale possa costituirsi il sistema di regole che attualmente manca.
Né la società politica nel suo insieme né lo stato possono evidentemente adempiere questa funzione; la vita economica - dato che è molto specializzata e si specializza ogni giorno di più - sfugge alla loro competenza e alla loro azione. L'attività di una professione può venire sottoposta ad una regolamentazione efficace soltanto da un gruppo assai vicino a tale professione, anche per conoscere bene il suo funzionamento, per sentirne tutti i bisogni e per poterne seguire le variazioni. Il solo gruppo che risponde a queste condizioni è quello formato da tutti gli agenti di una medesima industria, una volta riuniti ed organizzati nel medesimo corpo - cioè quello che chiamiamo corporazione o gruppo professionale.
Nell'ordine economico il gruppo professionale non esiste, come non esiste la morale professionale. […]
Indubbiamente, gli individui che si dedicano allo stesso mestiere sono in relazione a causa delle loro occupazioni similari. La concorrenza medesima li mette in rapporto: ma questi rapporti non hanno nulla di regolare, dipendono dall'accidentalità degli incontri ed hanno - il più delle volte - un carattere del tutto individuale. […]
I soli aggruppamenti dotati di una certa permanenza sono quelli che oggi chiamiamo sindacati - sia di padroni sia di operai. Vi è certamente in essi il germe di un'organizzazione professionale, ma essa è ancora informe e rudimentale. […]
Affinché una morale ed un diritto professionali possano stabilirsi nelle differenti professioni economiche, occorre dunque che la corporazione – invece di continuare ad essere un aggregato confuso e privo di unità – diventi, o meglio ridiventi, un gruppo definito ed organizzato, vale a dire un’istituzione pubblica.
(É. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, op. cit, dalla Prefazione alla II edizione - 1902; pp. 12-14)

Ma, anche se le organizzazioni corporative non sono necessariamente tutte degli anacronismi storici, abbiamo ragione di credere che siano destinate a sostenere - nelle nostre società contemporanee - la parte considerevole che assegniamo ad esse? Infatti le giudichiamo indispensabili a causa non già dei servizi economici che potrebbero rendere, ma dell'influenza morale che potrebbero esercitare. Nel gruppo professionale vediamo anzitutto un potere morale capace di contenere gli egoismi individuali, di alimentare nel cuore dei lavoratori un sentimento più vivo della loro comune solidarietà, di impedire alla legge del più forte di essere applicata brutalmente alle relazioni industriali e commerciali. Esso è però ritenuto inadeguato a questa funzione: essendo stato occasionato da interessi temporanei, sembra che non possa servire che a fini utilitari, ed il ricordo delle corporazioni del vecchio regime conferma tale impressione. […]

Bisogna però evitare di estendere all'intero regime corporativo ciò che poteva essere vero per certe corporazioni, e durante un brevissimo periodo del loro sviluppo.
(Ibidem, p. 17)
[…] il gruppo professionale non è per nulla incapace di esercitare un’azione morale.
(Ibidem, p. 20)
[…] i membri della famiglia mettono in comune la totalità della loro esistenza, i membri della corporazione soltanto le loro preoccupazioni professionali. La famiglia è una specie di società completa, la cui azione si estende sulla nostra attività economica come sulla nostra attività religiosa, politica, scientifica e così via. Tutto ciò che facciamo di importante, anche al di fuori delle pareti domestiche, viene risaputo a casa nostra, dove suscita reazioni adeguate. La sfera di influenza della corporazione è, in un certo senso, più ristretta. Inoltre, non bisogna neppure perdere di vista il posto sempre più importante che la professione occupa nella vita, a mano a mano che il lavoro si divide ulteriormente; infatti il campo di ogni attività individuale tende sempre i più a chiudersi entro limiti fissati dalle funzioni delle quali l'individuo è specialmente incaricato. Inoltre, sebbene l'azione della famiglia si estenda a tutto, essa non può essere che generale: i particolari le sfuggono. Infine - e soprattutto - la famiglia, perdendo l'unità e l'indivisibilità di un tempo, ha perduto nello stesso tempo gran parte della sua efficacia. Essa si disperde al giorno d'oggi sempre più ad ogni generazione, l'uomo passa gran parte della sua esistenza lontano da ogni influenza domestica. La corporazione non conosce tali intermittenze; essa è continua come la vita. L'inferiorità che sotto certi aspetti presenta rispetto alla famiglia non è dunque priva di compenso.
(Ibidem, pp. 22-23)
[…] l’organizzazione che ha per base aggruppamenti professionali (il villaggio o la città, il distretto, la provincia, ecc.) tende sempre più a scomparire. Senza dubbio, ognuno di noi appartiene ad un comune e ad un dipartimento, ma i vincoli che ci collegano ad essi diventano di giorno in giorno più fragili e più lenti. Queste divisioni geografiche sono in massima parte artificiali, e non risvegliano più in noi sentimenti profondi; lo spirito provinciale è scomparso senza possibilità di ritorno, il campanilismo è diventato un arcaismo che non possiamo restaurare a nostro arbitrio. Gli affari municipali o dipartimentali più non ci toccano né ci interessano affatto, salvo nella misura in cui coincidono con i nostri affari professionali. La nostra attività si estende ben al di là di questi gruppi troppo ristretti, e d'altronde buona parte di ciò che accade in essi ci lascia indifferenti. Si è prodotta così una specie di cedimento spontaneo della vecchia struttura sociale; e non è possibile che questa organizzazione interna sparisca senza che nulla la sostituisca. Una società composta da un miriade di individui disorganizzati, che uno stato ipertrofico si sforza di abbracciare e di dominare, costituisce un'autentica mostruosità sociologica. Infatti l'attività collettiva è sempre troppo complessa per poter venir espressa dal solo ed unico organo dello stato; inoltre lo stato è troppo lontano dagli individui, ha con essi rapporti troppo esteriori ed intermittenti perché sia possibile ad esso penetrare molto profondamente nelle coscienze individuali e socializzarle interiormente. Perciò, dove esso è il solo ambiente in cui gli uomini possono addestrarsi alla pratica della vita comune, è inevitabile che vi rinuncino, che si distacchino gli uni dagli altri e che la società si disgreghi in misura proporzionale. Una nazione sussiste soltanto se tra lo stato ed i privati cittadini intercala a tutta una serie di gruppi secondari abbastanza vicini agli individui per attirarli fortemente nel loro campo d’azione, e per coinvolgerli così nel torrente generale della vita sociale. Abbiamo or ora mostrato che i gruppi professionali sono atti ad assolvere questa funzione, e che tutto li destina ad essa; si può allora comprendere la importanza del fatto che - soprattutto nell'ordine economico - essi escano dallo stato di inconsistenza e di inorganizzazione nel quale sono rimasti da un secolo, dato che le professioni di questo genere assorbono oggi la maggior parte delle forze collettive.

(Ibidem, pp. 32-33)