Nell'ordine della vita non v'è bene senza misura. Un carattere biologico può conseguire i fini cui è adibito solo a patto di non superare certi limiti. Ciò è vero anche per i fenomeni sociali. Se, come abbiamo visto, una eccessiva individualizzazione porta al suicidio, anche una scarsa individualizzazione produce gli stessi effetti. L 'uomo avulso dalla società si uccide facilmente quanto quello che vi è troppo integrato. […] È
stato detto che il suicidio (É.
Durkheim, Il suicidio, op. cit, p. 266) Il suicidio è dunque molto frequente tra i popoli primitivi, ma vi assume caratteri molto particolari. Tutti i fatti ora ricordati, infatti, rientrano in una delle tre seguenti categorie: - 1° Suicidi di uomini giunti alla soglie della vecchiaia o colpiti da malattie. - 2° Suicidi di donne per la morte dei mariti. - 3° Suicidi di accolti o servitori alla morte dei capi. In
tutti questi casi se l’uomo si uccide non è perché se
ne prenda il diritto, ma ben diversamente, perché ne ha il
dovere. Mancando a questo obbligo è punito col disonore e,
spesso, anche col castigo religioso. […]
Sicuramente
il sacrificio viene imposto per un fine sociale. Se il fedele non deve
sopravvivere al capo o il servitore al principe è perché
la costituzione della società implica tra fedeli e padroni, tra
ufficiali e re una dipendenza cosi stretta da escludere persino l'idea
della separazione. E il destino dell'uno deve essere quello degli altri.
I sudditi debbono seguire il capo dovunque vada, anche nell'oltre tomba,
assieme ai suoi abiti e alle sue armi; se fosse stato possibile concepire
diversamente la subordinazione, essa non sarebbe stata quello che era.
Lo stesso avviene per la donna nei confronti del marito. I vecchi, poi,
se nella maggior parte dei casi sono costretti a non aspettare la morte
deve essere per motivi religiosi. Infatti, si ritiene che lo spirito
che protegge la famiglia stia nel suo capo. Ammesso che un dio abiti
un corpo estraneo e ne condivida la vita, per forza dovrà attraversarne
le fasi di salute e di malattia e invecchiare di pari passo. L'età,
perciò, non può diminuire le forze dell'uno senza indebolire
anche l'altro, senza che il gruppo stesso venga minacciato nella sua
esistenza perché protetto da una divinità senza vigore.
Nell'interesse comune, dunque, il padre è tenuto a non aspettare
l'estremo limite della vita per trasmettere ai successori il prezioso
deposito che ha in custodia. […]
Siamo
qui in presenza di un tipo di suicidio distinto dal precedente per caratteri
ben delimitati. […]
Quello
deriva da una società in parte o tutta disgregata che si lascia
sfuggire l’individuo, questo perché lo tiene troppo strettamente
in sua dipendenza. Avendo chiamato egoismo lo stato in cui si
trova l’io che vive la sua vita personale e obbedisce solo a se stesso,
la parola altruismo bene esprime lo stato opposto in cui l’io
non si appartiene ma si confonde con cosa diversa da sé e dove
il polo della condotta viene a trovarsi al di fuori, cioè in
un gruppo di cui l’individuo è parte. Chiameremo suicidio altruistico
quello risultante da un altruismo intenso. Però, dato che esso
presenta anche il carattere di compimento di un dovere, la terminologia
adottata deve esprimere anche questa particolarità; definiremo
perciò suicidio altruistico obbligatorio il tipo così
individuato.
I
due aggettivi sono necessari a definirlo perché non ogni suicidio
altruistico è obbligatorio. Ve ne sono che la società
non impone così espressamente, che sono maggiormente facoltativi.
In altri termini, quello altruistico è una specie di suicidio
che consta di diverse varietà. […]
Nelle
società di cui si è parlato e in altre dello stesso genere
si osservano frequenti suicidi il cui movente immediato e apparente
è uno dei più futili. Tito Livio, Cesare, Valerio Massimo
ci narrano con stupore misto a ammirazione, della tranquilla calma con
cui i barbari della Gallia o della Germania si davano la morte. Vi erano
dei Celti che s’impegnavano a farsi uccidere per un po’ di vino e di
denaro. Altri ostentavano di non fuggire le fiamme degli incendi o le
onde del mare. […]
In
Polinesia una minima offesa basta spesso determinare un uomo al suicidio.
Così presso gli Indiani del Nord America dove un uomo o una donna
possono uccidersi a seguito di un litigio coniugale o di un movimento
di gelosia. Tra i Dakota, tra i Creek il più piccolo disappunto
porta spesso a risoluzioni disperate. Sappiamo con quale facilità
i Giapponesi si squarciano il ventre per motivi insignificanti. […]
In
ognuno di questi casi l’uomo si uccide senza che vi sia espressamente
tenuto. Tuttavia tali suicidi hanno la stessa natura di quello obbligatorio.
Anche se non sono imposti formalmente dall’opinione pubblica, essa vi
è favorevole.
(Ibidem,
pp. 268-272)
Mentre
l'egoista è triste perché non vede niente di vero nel
mondo all'infuori dell'individuo, la tristezza dell'altruista intemperante
deriva, al contrario, dal considerare l'individuo privo di realtà.
L'uno è distaccato dalla vita perché, non scorgendovi
alcuno scopo cui aggrapparsi, sì sente inutile e privo di ragione
d'essere, l'altro lo scopo lo avrebbe ma fuori di questa vita e questa
gli fa da ostacolo. La diversità delle cause si ritrova anche
negli effetti e la malinconia dell'uno è del tutto diversa da
quella dell'altro. Nel primo è formata da un insanabile senso
di stanchezza e da uno squallido abbattimento espresso in una completa
prostrazione dell'attività che, non potendosi impiegare utilmente,
crolla su se stessa; nel secondo, invece, è fatta di speranza
e si fonda sul fatto che oltre questa vita esistono le migliori prospettive.
E implica anche un entusiasmo e uno slancio di fede impaziente di soddisfarsi
che si afferma in atti di grande energia.
(Ibidem,
p. 275)
Abbiamo
così costituito un secondo tipo di suicidio comprendente anch'esso
tre varietà: il suicidio altruistico obbligatorio, il suicidio
altruistico facoltativo, il suicidio altruistico acuto di cui quello
mistico è il modello perfetto. Nelle varie forme esso contrasta
in modo palese col suicidio egoistico. Legato, quello, alla dura morale
che reputa zero ciò che interessa solo l'individuo, questo è
solidale all'etica raffinata che pone così in alto la personalità
umana da non volerla subordinare a niente. Vi è tra i due tipi
tutta la distanza che separa i popoli primitivi dalle nazioni più
colte.
Tuttavia
anche se le società inferiori sono il terreno per eccellenza
del suicidio altruistico, lo si ritrova anche in civiltà più
recenti. La morte di un certo numero di martiri cristiani può
rientrare in questa categoria. Tutti quei neofiti altro non sono che
suicidi, che pur non uccidendosi da sé, si fanno deliberatamente
uccidere. Pur non dandosi la morte personalmente, la ricercano con tutte
le forze e si comportano in modo i da renderla inevitabile. […]
Ancora
oggi, tuttavia, esiste un ambiente speciale dove il suicidio altruistico
si trova allo stato cronico, ed e l’esercito.
(Ibidem,
pp. 277-278)
In
una parola, il soldato ha il principio della sua condotta fuori da se
stesso, il che costituisce la caratteristica dello stato altruistico.
(Ibidem,
p. 284)
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