Sull’ordine e sul progresso

L'ordine ed il progresso, che l'antichità considerava assolutamente inconciliabili, rappresentano sempre più per la natura della civiltà moderna due condizioni egualmente importanti, la cui intima ed indissolubile combinazione caratterizza ormai e la fondamentale difficoltà e la principale risorsa di ogni vero sistema politico. Nessun ordine reale può più essere stabilito, né soprattutto durare, se non è pienamente compatibile con il progresso; nessun grande progresso potrebbe effettivamente compiersi, se non tendesse infine all'evidente consolidamento dell'ordine. Tutto ciò che sta ad indicare una preoccupazione esclusiva dell'una di queste due necessità fondamentali, a scapito dell'altra, finisce per ispirare alle società attuali una ripugnanza istintiva, poiché misconosce profondamente la vera natura del problema scientifico. Anche la politica positiva sarà soprattutto caratterizzata, nella pratica, dalla sua attitudine talmente spontanea a soddisfare a questa duplice indicazione, che l'ordine ed il progresso vi appariranno direttamente i due aspetti necessariamente inseparabili d'uno stesso principio, secondo la proprietà essenziale già gradualmente realizzata, sotto certi aspetti, per le diverse categorie di idee divenute ora positive. Questo volume nel suo insieme non lascerà, spero, alcun dubbio sull'effettiva estensione alle idee politiche di questo attributo generale del vero spirito scientifico, che rappresenta sempre le condizioni della solidarietà e quelle del progresso come originariamente identiche. Mi basta, in questo momento, indicare rapidamente, a questo proposito, la valutazione fondamentale per cui le nozioni reali di ordine e di progresso devono essere, in fisica sociale, così rigorosamente indivisibili quanto lo sono, in biologia, quelle di organizzazione e di vita, da cui, dal punto di vista scientifico, esse evidentemente derivano.
Ma lo stato presente del mondo politico è ancora troppo lontano da questa inevitabile conciliazione finale. Infatti il principale difetto della nostra situazione sociale consiste, al contrario, nel fatto che le idee d'ordine e quelle di progresso sono oggi profondamente separate e sembrano anche necessariamente opposte. Dopo mezzo secolo che la crisi rivoluzionaria della società moderna sviluppa il suo vero carattere, non ci si può nascondere che uno spirito essenzialmente retrogrado ha costantemente diretto tutti i grandi tentativi in favore dell'ordine, e che i principali sforzi intrapresi per il progresso sono stati condotti da dottrine sostanzialmente anarchiche. Da questo punto di vista fondamentale i reciproci rimproveri che si indirizzano oggi i partiti più opposti non sono, disgraziatamente, che troppo meritati. Tale è il circolo profondamente vizioso nel quale si agita inutilmente l'attuale società e che non ammette altra soluzione finale che l'unanime supremazia di una dottrina al tempo stesso progressiva e gerarchica. Le osservazioni in base alle quali ho delineato qui questa importante valutazione sono, per loro natura, sostanzialmente applicabili a tutte le popolazioni europee, la cui disorganizzazione è stata realmente comune e al tempo stesso simultanea, quantunque a gradi diversi e con diverse modifiche, e che non potrebbero nemmeno essere riorganizzate indipendentemente le une dalle altre neanche se fossero assoggettate ad un ordine determinato. Tuttavia, dobbiamo particolarmente considerare la società francese, non soltanto perché in essa lo stato rivoluzionario si manifesta in maniera più completa e più evidente, ma anche perché, in fondo, malgrado alcune apparenze contrarie, è meglio preparata di qualunque altra, sotto tutti i punti di vista importanti, ad una vera riorganizzazione, come preciserò ulteriormente. (pp. 48-49, I vol.)