Sulla specializzazione: vantaggi, rischi, funzione di governo

Ben lungi dal ritenere che la semplicità costituisca la misura principale della perfezione reale, il sistema intero degli studi biologici concorre a mostrare, al contrario, che la perfezione crescente dell'organismo animale consiste soprattutto nella specializzazione sempre più pronunciata di diverse funzioni compiute dagli organi sempre più distinti e nondimeno sempre esattamente solidali, dei quali esso diventa gradualmente composto, avvicinandosi maggiormente all'organismo umano, col cambiare così sempre più l'unità dello scopo con la diversità dei mezzi. Ora, tale è sostanzialmente il carattere proprio del nostro organismo sociale, e la principale causa della sua superiorità necessaria su ogni organismo individuale. Noi non possiamo senza dubbio ammirare convenientemente un fenomeno che si compie continuamente sotto i nostri occhi, ed al quale partecipiamo noi stessi necessariamente. Ma, isolandosi, per quanto possibile con il pensiero dal sistema abituale dell' economia sociale, si può realmente concepire, nell'insieme dei fenomeni naturali, uno spettacolo più meraviglioso di questa convergenza regolare e continua d'una immensità di individui, dotati ciascuno d'una esistenza pienamente distinta e, ad un certo grado, indipendente, e nondimeno tutti disposti incessantemente, nonostante le differenze più o meno discordanti dei loro talenti e soprattutto dei loro caratteri, a concorrere spontaneamente, con una moltitudine di mezzi diversi, ad uno stesso sviluppo generale, senz'essersi di solito minimamente accordati, ed il più sovente all'insaputa della maggior parte di loro stessi, che non credono di obbedire che ai loro impulsi personali? […]. Questa invariabile conciliazione della separazione dei lavori con la cooperazione degli sforzi, tanto più evidente e più ammirevole quanto più la società si complica e si estende maggiormente, costituisce infatti il carattere fondamentale delle operazioni umane, quando ci si eleva dal semplice punto di vista domestico al vero punto di vista sociale (pp. 359-360, I vol.)[…].

Per valutare convenientemente questa cooperazione e questa distribuzione necessarie, come costituenti la più essenziale condizione della nostra vita sociale, astrazion fatta dalla vita domestica, bisogna considerarla in tutta la sua estensione razionale, cioè applicarla all’insieme di tutte le nostre diverse operazioni, invece di limitarla, come troppo ordinariamente si fa, a semplici usi materiali. Allora essa conduce immediatamente a considerare non soltanto gli individui e le classi, ma anche, sotto molti aspetti, i diversi popoli come partecipanti nel contempo, secondo un modo proprio ed un grado speciale esattamente determinati, ad un'opera immensa e comune, il cui inevitabile sviluppo graduale lega d'altra parte anche i cooperatori attuali alla serie dei loro predecessori ed anche al seguito dei diversi successori. È dunque la ripartizione continua dei diversi lavori umani, ciò che costituisce principalmente la solidarietà sociale, e che diventa la causa elementare dell'estensione e della complessità crescente dell'organismo sociale, così suscettibile d'essere concepito come abbracciante l'insieme della nostra specie. Sebbene l'uomo non possa affatto sussistere in uno stato di isolamento volontario, nondimeno la famiglia, vera unità sociale, può senza alcun dubbio vivere separatamente, poiché essa può realizzare nel suo seno lo schema di divisione del lavoro indispensabile ad una soddisfazione approssimativa dei suoi primi bisogni, cosa di cui la vita selvaggia offre numerosi esempi, sebbene sempre più o meno eccezionali. Ma, con una simile maniera d'esistenza, non v'è ancora vera società e l'avvicinamento spontaneo delle famiglie è incessantemente esposto ad imminenti rotture temporanee, spesso provocate dalle più piccole occasioni. È soltanto quando la ripartizione regolare dei lavori umani è potuta diventare convenientemente estesa che lo stato sociale ha potuto cominciare ad acquisire spontaneamente una consistenza ed una stabilità superiori al progresso qualsiasi delle divergenze particolari. In nessun tempo, i sofìsti che hanno più acremente inveito contro la vita sociale, avrebbero certamente mai potuto essere abbastanza conseguenti con la loro dottrina da dare essi stessi l'esempio di questa esistenza solitaria che avevano tanto esaltata, sebbene nessuno, senza dubbio, si fosse opposto alla loro ritirata; una tale logica non sarebbe praticabile che per i selvaggi, se essi potessero avere tali dottori. L'abitudine di questa cooperazione parziale è in effetti eminentemente atta a sviluppare, per via di reazione intellettuale, l'istinto sociale, ispirando spontaneamente ad ogni famiglia un giusto sentimento continuo della sua stretta dipendenza nei riguardi di tutti gli altri, e, nel contempo, della propria importanza personale, ciascuno potendo allora considerarsi come assolvente, ad un certo grado, una vera funzione pubblica, più o meno indispensabile all’economia generale, ma inseparabile dal sistema totale. Così considerata, l’organizzazione sociale tende sempre più a fondarsi su un'esatta valutazione delle diversità individuali, ripartendo i lavori umani in maniera da applicare ciascuno allo scopo che può meglio realizzare, non soltanto per la propria natura, il più sovente troppo poco pronunciata in qualsiasi senso, ma anche in base alla sua effettiva educazione, la sua posizione attuale, in una parola, secondo l'insieme dei suoi principali caratteri. In tal modo tutte le organizzazioni individuali sono finalmente utilizzate per il bene comune, senza eccettuarne neanche le più difettose o le più imperfette, salvo i soli casi di palese impossibilità: tale è, almeno, il tipo ideale che si deve di conseguenza considerare come un limite fondamentale dell'ordine reale, il quale vi si avvicina necessariamente sempre più, senza potervi nondimeno giungere mai, come ci dirà ben presto lo studio diretto dello sviluppo graduale dell'umanità. È soprattutto in questo senso che l'organismo sociale deve somigliare sempre di più all'organismo domestico, la cui principale proprietà consiste infatti nell'ammirevole spontaneità della duplice subordinazione che lo caratterizza, come abbiamo visto sopra: sebbene sfortunatamente la complessità e l'estensione così grandi del primo non possano in alcun modo permettere di concepirlo mai regolato in base ad un insieme di differenze naturali così grandemente incontestabile, tendente, a prevenire essenzialmente ogni grave incertezza sul vero scopo proprio a ciascuno degli organi, e ogni discussione pericolosa sulla loro rispettiva gerarchia. In tal modo la disciplina sociale deve essere necessariamente molto più artificiale, e a questo titolo, più imperfetta della disciplina domestica, della quale la natura ha fatto anticipatamente tutte le spese essenziali. Sarebbe senza dubbio inutile insistere qui di più sulla indicazione generale degli attributi fondamentali di questa cooperazione distributiva e speciale, principio necessario di tutti i lavori umani, e del quale lo spirito del nostro tempo, salvo alcune aberrazioni eccezionali, è piuttosto portato ad esagerare la potenza, o almeno a misconoscere i limiti e le condizioni. Per completarne sufficientemente l'indispensabile valutazione sociologica noi dobbiamo soprattutto esaminare ora l'insieme delle necessità ch'esso impone, per gli inconvenienti essenziali che gli sono propri, come avevo già accennato, nel 1826, nel secondo articolo delle mie Considerazioni sul potere spirituale. È principalmente su tale esame che mi sembra doversi basare immediatamente la teoria elementare della statica sociale propriamente detta, poiché vi si deve trovare il vero germe scientifico della correlazione necessaria fra l'idea di società e l'idea di governo.

Alcuni economisti hanno già segnalato certi inconvenienti gravi d'una divisione esagerata del lavoro materiale, ma sotto un aspetto troppo secondario, e soprattutto senza risalire in alcun modo fino al principio filosofico d'una tale valutazione. Fin dall'inizio di questo trattato (cfr. la prima lezione), io stesso ho caratterizzato, nel caso ben più importante dell'insieme del lavoro scientifico, le spiacevoli conseguenze intellettuali dello spirito di specializzazione esclusiva che domina oggi, e del quale i volumi precedenti m'hanno fornito molte occasioni fondamentali di constatare l'imminente pericolo filosofico. Si tratta qui, astrazion fatta da ogni verifica più o meno estesa, di valutare direttamente il principio generale d'una simile influenza, per afferrare convenientemente il vero scopo del sistema spontaneo dei mezzi essenziali d'una indispensabile preservazione continua.

Dovendo ogni scomposizione qualsiasi necessariamente tendere a determinare una dispersione corrispondente, la ripartizione fondamentale dei lavori umani non potrebbe evitare di suscitare, ad un grado proporzionale, divergenze individuali, insieme intellettuali e morali, la cui influenza combinata deve esigere, in egual misura, una disciplina permanente, atta a prevenire o a contenere, senza sosta, il loro discordante progresso. Se, infatti, da una parte, la separazione delle funzioni sociali permette allo spirito di dettaglio un felice sviluppo, impossibile in ogni altra maniera, essa tende spontaneamente, dall'altra, a soffocare lo spirito d'insieme, o almeno ad ostacolarlo profondamente. Parimenti, da un punto di vista morale, al tempo stesso che ciascuno è così messo sotto una stretta dipendenza nei confronti della massa, ne è naturalmente distornato dal naturale progresso della sua attività speciale, che lo richiama costantemente al suo interesse privato, del quale egli non vede che molto vagamente la vera relazione con l'interesse pubblico. Per l'uno e per l'altro motivo, gli inconvenienti essenziali della particolarizzazione aumentano necessariamente come i suoi vantaggi caratteristici, senza che ciò sia d'altra parte nello stesso rapporto, durante il corso spontaneo dell'evoluzione sociale. La crescente specializzazione delle idee abituali e delle relazioni quotidiane deve inevitabilmente tendere, in qualunque campo a limitare sempre più l'intelligenza, sebbene l'aguzzi incessantemente in un senso unico, e ad isolare sempre più l'interesse particolare di un interesse comune divenuto sempre più vago e indiretto; mentre, d'altra parte, gli effetti sociali, gradualmente concentrati fra gli individui della stessa professione, vi divengono sempre più estranei a tutte le altre classi, per mancanza d'una sufficiente analogia di costumi e d'idee. È così che lo stesso principio, il solo che ha permesso lo sviluppo e l'estensione della società generale minaccia, sotto un altro aspetto, di scomporla in una moltitudine di corporazioni incoerenti, che sembrano quasi o per niente appartenere alla stessa specie: ed è anche per ciò che la prima causa elementare del progresso graduale dell'abilità umana sembra destinata a produrre questi spiriti molto capaci in un unico campo, ed incredibilmente inetti in tutti gli altri, troppo comuni oggi nei popoli più civili, in cui sollecitano l'ammirazione universale. Se sovente s'è giustamente deplorato, nell'ordine materiale, l'operaio esclusivamente occupato, per tutta la sua vita, alla fabbricazione di manici di coltelli e di teste di spillo, la sana filosofia non deve forse, in fondo, far meno lamentare, nell'ordine intellettuale, l'impiego esclusivo e continuo d'un cervello umano per la risoluzione di qualche equazione o per la classificazione di alcuni insetti: l'effetto morale, nell'un caso e nell'altro, è disgraziatamente molto simile; è sempre tendere essenzialmente ad ispirare una disastrosa indifferenza per il corso generale degli affari umani, ammesso che vi siano sempre equazioni da risolvere e spilli da fabbricare. Sebbene questa specie d'automatismo umano non costituisca fortunatamente che l'estrema influenza dispersiva del principio di specializzazione, la sua realizzazione, già troppo frequente, e d'altra parte sempre più imminente, deve far annettere alla valutazione d'un tal caso una vera importanza scientifica, essendo evidentemente adatta a caratterizzare la tendenza generale ed a manifestare più vivamente l'indispensabile necessità della sua permanente repressione.

In seguito a questa sommaria indicazione filosofica, che il lettore potrà facilmente sviluppare, il fine sociale del governo mi sembra soprattutto consistere nel contenere sufficientemente e nel prevenire per quanto possibile quella fatale disposizione alla dispersione fondamentale delle idee, dei sentimenti e degli interessi, conseguenza inevitabile del principio stesso dello sviluppo umano, e che, se potesse seguire senza ostacoli il suo corso naturale, finirebbe inevitabilmente per arrestare il progresso sociale, sotto tutti i punti di vista importanti. Questo concetto costituisce, a mio avviso, la prima base positiva e razionale della teoria elementare ed astratta del governo propriamente detto, considerato nella più nobile ed intera estensione scientifica, cioè in quanto caratterizzato, in generale, dall'universale reazione necessaria, prima naturale poi regolarizzata, dell'insieme sulle parti. È chiaro infatti che il solo mezzo reale per impedire una simile dispersione consiste nell'erigere quest' indispensabile reazione a nuova funzione speciale capace d'intervenire convenientemente nel compimento abituale di tutte le diverse funzioni particolari dell'economia sociale, per richiamarvi incessantemente il pensiero d'insieme ed il sentimento della solidarietà comune, con tanta più energia quanto maggiormente il progresso più esteso dell'attività individuale debba tendere a cancellarli. È così che dev'essere considerata, mi sembra, l'eminente partecipazione del governo allo sviluppo fondamentale della vita sociale, indipendentemente dalle sommarie attribuzioni d'ordine materiale alle quali si vuol ridurre oggi il suo scopo generale (pp. 365-370, I vol.).